Cassazione Civile Sezione II, 03-02-1999 - n. 875
Poiché l'art. 1136 cod. civ. non prescrive particolari modalità
di notifica ai condomini dell'avviso di convocazione per la regolarità delle
relative assemblee, la comunicazione può essere data con
qualsiasi forma idonea al raggiungimento dello scopo, e può essere
provata da univoci elementi dai quali risulti , anche in via presuntiva, che il
condomino ha , in concreto, ricevuta la notizia della convocazione (Nella
specie, il giudice del merito - la cui decisione è stata confermata dalla S.C.
in base all'enunciato principio - aveva considerato raggiunta detta prova alla
stregua della dimostrata spedizione della raccomandata contenente l'avviso di
convocazione attraverso il tempestivo inserimento del relativo avviso nella
casella intestata al condomino destinatario, integrata dalla presunzione che lo
stesso destinatario controllasse assiduamente la presenza al suo interno di
corrispondenza a lui diretta ).
Cassazione Civile Sezione II, 01-10-1999 - n.
10886Prevista all'ordine del giorno di un'assemblea condominiale l'approvazione
di una spesa, l'omessa indicazione dei criteri di ripartizione della medesima,
ancorché quelli adottati divergano da quelli disposti dal codice civile o dal
regolamento - nella specie tabelle millesimali, in proporzione all'uso del bene
per il quale la spesa è stata affrontata - non determina la nullità della
delibera, bensì l'annullabilità, da far valere nei termini stabiliti dall'art.
1137 cod. civ., trattandosi di lacuna formale, incidente sul procedimento di
convocazione e informazione dei condomini, mentre la sanzione di nullità è
comminata se non tutti i condomini sono informati della convocazione; se la
delibera è priva degli elementi essenziali; se ha un oggetto impossibile o
illecito.
Cassazione Civile Sezione II, 02-10-2000 - n. 13013Le delibere condominiali, analogamente a quelle societarie, sono nulle soltanto se hanno un oggetto impossibile o illecito, ovvero che non rientra nella competenza dell'assemblea, o se incidono su diritti individuali inviolabili per legge. Sono invece annullabili, nei termini previsti dall'art. 1137 cod. civ., le altre delibere "contrarie alla legge o al regolamento di condominio", tra cui quelle che non rispettano le norme che disciplinano il procedimento, come ad esempio per la convocazione dei partecipanti, o che richiedono qualificate maggioranze per formare la volontà dell'organo collegiale, in relazione all'oggetto della delibera da approvare.
Considerazioni sull'argomento
Le deliberazioni dell'assemblea trovano forza e giustificazione nel cd. principio di maggioranza, per cui le delibere adottate nel rispetto delle norme di legge e regolamentari sono obbligatorie per tutti i condomini anche se dissenzienti.
Con questo principio si concilia il diritto di ciascun
proprietario di partecipare alla gestione del condominio, con la necessità di
organizzarne il funzionamento.
Pare opportuno sottolineare che - a differenza di quanto si legge in alcune
"sentenze" - l'approvazione a maggioranza della delibera non ne
esclude l'invalidità, ma anzi costituisce il necessario presupposto
logico-giuridico dell'impugnazione!
Le delibere assembleari impugnabili solitamente vengono
qualificate come nulle, annullabili, inesistenti.
Ora, sorvolando tra i criteri e le sfumature in base alle quali le deliberazioni
viziate vengono inserite nell'una o nell'altra categoria (e che nella prassi
danno luogo ad un'amplissima gamma di varianti) si può dire in generale che la
principale distinzione è basata sulla materia della deliberazione, a seconda
cioè che questa riguardi un oggetto su cui l'assemblea abbia potere di
deliberare, o meno (cd. eccesso di potere).
Il problema assume una notevole rilevanza pratica perché
l'impugnazione delle delibere "annullabili" deve essere proposta
necessariamente ed a pena di decadenza entro 30 giorni dalla data della
deliberazione (nel caso ad impugnare siano i condomini presenti all'assemblea),
o dalla data di comunicazione della delibera per gli assenti.
Naturalmente non possono impugnare la delibera i condomini che hanno espresso
voto favorevole ad essa (art. 1137 c.c.).
Il predetto termine di 30 giorni è inderogabile ed il suo decorso non può essere interrotto, perché si tratta di un termine di decadenza e non di prescrizione.
Le delibere "nulle" possono invece essere impugnate in ogni tempo, anche dai condomini presenti alla votazione ed addirittura se essi avevano espresso voto favorevole, poiché queste sono radicalmente contrarie alla legge ed il trascorrere del tempo non basta a sanare il vizio.
A prescindere dall'oggetto della delibera, sussiste un
contrasto giurisprudenziale in materia di impugnazione per mancato rispetto
delle procedure che disciplinano la convocazione ed il funzionamento
dell'assemblea (come nel caso di superamento del numero massimo di deleghe
consentite dal regolamento), per cui alcune sentenze affermano che in questi
casi si verterebbe in materia di annullabilità e non di nullità.
Per i motivi già visti è consigliabile adottare una linea di estrema prudenza
in ipotesi di questo tipo, considerando la delibera "annullabile"
anziché "nulla" per non incorrere nelle già vedute decadenze.
Tutte le delibere impugnabili possono comunque essere
sostituite da una successiva delibera conforme alla legge ed al regolamento: in
tal caso la delibera viziata perde efficacia e non avrebbe più alcun senso
proporre impugnazione contro di essa: la sostituzione deve comunque essere
esplicita ed integrale.
In ogni caso la sostituzione però dovrebbe essere deliberata dall'assemblea
prima della proposizione di un'impugnazione, perché se successiva potrebbe
comportare una responsabilità del condominio convenuto in ordine al pagamento
delle spese legali relative al giudizio (oltre all'eventuale condanna per difesa
temeraria).
Ovviamente non può essere sostituita una delibera che sia stata già dichiarata
invalida dall'Autorità Giudiziaria.
E' alquanto discusso se l'impugnativa debba essere effettuata
con atto di citazione o con ricorso: la scelta dello strumento deve essere
attentamente soppesata perché implica talune conseguenze sul piano processuale
in ordine al rispetto del già visto termine di 30 giorni.
Comunque l'impugnazione si propone nei confronti di tutti gli altri condomini o
dell'amministratore innanzi al Tribunale territorialmente competente: non avanti
il Giudice di Pace la cui competenza in materia condominiale è limitata ad una
casistica molto ristretta (cd. rapporti di vicinato) !
Il regolamento condominiale può anche prevedere una clausola compromissoria che attribuisca ad un arbitro (anziché al Tribunale) la competenza a giudicare dell'impugnazione; il regolamento può inoltre prevedere lo svolgimento di un tentativo di conciliazione prima di adire il Tribunale.
L'amministratore deve prontamente informare l'assemblea dell'impugnativa proposta da un condomino, qualora non sia dotato del potere di resistere autonomamente in giudizio: in mancanza può essere revocato e tenuto a risarcire il danno arrecato; il provvedimento giurisdizionale che annulla la delibera impugnata rimane comunque efficace nei confronti dei condomini, anche se ignari della lite.
L'onere di provare il vizio che affligge la deliberazione impugnata è a carico del condomino impugnante.
L'impugnazione può essere proposta anche da uno solo dei proprietari in comunione (pro-indiviso) di uno degli immobili condominiali.
Il conduttore può impugnare solamente le deliberazioni riguardanti le materie su cui la legge gli riconosce diritto di voto (non, ad es., le deliberazioni di nomina dell'amministratore, di approvazione del regolamento di condominio e del bilancio preventivo). Si ritiene invece che l'usufruttuario possa impugnare qualsiasi delibera riguradante l'ordinaria amministrazione ed il godimento delle cose e servizi comuni, essendo assimilabile al proprietario (art. 67 disp. att. c.c.).
Si discute se il controllo effettuato dal Tribunale riguardi i soli profili di legittimità, o possa estendersi al merito della deliberazione: non pare comunque si possa escludere l'accertamento della situazione di fatto presupposta dalla delibera, che sia necessario al fine di valutarne la legittimità.
Il Tribunale può sospendere (per gravi e comprovati motivi)
l'efficacia della delibera impugnata per il tempo in cui il giudizio è in
corso, ma comunque questo non è un effetto immediato ed automatico
dell'impugnazione.
I relativi provvedimenti pronunciati dal giudice devono essere eseguiti
dall'amministratore.
Le norme di cui all'art. 1137 c.c. non possono essere assolutamente derogate dal regolamento condominiale (art. 1138).
Occorre sottolineare che l'annullamento della delibera assembleare impugnata non pregiudica assolutamente i diritti che in base ad essa sono stati acquistati in buna fede dai terzi quali ad es. i fornitori o gli appaltatori (cfr. art. 1445 c.c.).
Qualora l'impugnazione venga proposta dall'amministratore
(nella sua veste di comproprietario), si può procedere a nominare un curatore
(art. 78 c.p.c.) che rappresenti in giudizio il condominio, dato il conflito tra
gli interessi del rappresentante legale e del rappresentato.
Analogo provvedimento può essere adottato in caso di impugnativa proposta
contro la delibera di un condominio privo di amministratore: in questo caso il
curatore dovrebbe prontamente convocare l'assemblea.
Si ritiene ammissibile l'impugnazione da parte del condomino presente alla deliberazione, ma astenutosi al momento di votare; analogamente da parte di chi, presente all'assemblea, si sia allontanato prima della votazione.
Alcune problematiche giuridiche si pongono qualora il termine per impugnare scada in giorno festivo (art. 155 c.p.c.), oppure con riguardo alla decorrenza del termine di trenta giorni durante il periodo (1° agosto - 15 settembre) delle ferie giudiziarie: la Corte Costituzionale, con sentenza 2 febbraio 1990 n. 49, ha dichiarato l' illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742 (Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale) nella parte in cui non dispone che la sospensione ivi prevista si applichi anche al termine di trenta giorni per l' impugnazione delle delibere dell' assemblea di condominio
Si ricorda che contro i provvedimenti dell'amministratore ogni condomino può ricorrere all'assemblea (art. 1133 c.c.) senza pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall'art. 1137.
Alcune sentenze hanno stabilito che in caso di lite giudiziaria tra il condominio ed un condomino, quest'ultimo non può essere tenuto a contribuire alle spese sostenute contro di lui.
Miniguida al condominio per il Sole 24 ore: l’amministratore e le sue responsabilità
Amministratore: nomina
L’amministratore rimane in carica un anno. La maggioranza per la nomina, la riconferma o la revoca (che può avvenire in qualsiasi momento, anche prima della scadenza, e senza motivazioni) è quella dei presenti in assemblea che possiedano almeno metà dei millesimi. Però se l’amministratore non viene sostituito dopo l’anno continua ad esercitare nella pienezza delle sue funzioni, fino a quando verrà scelto un successore. Cosa che capita più spesso di quanto si creda, anche perché non è facile, in certi condomini, raggiungere le maggioranze per la revoca o la nuova nomina.
L’amministratore non riconfermato che non pretende dai condomini una decisione definitiva sul suo incarico, oppure la nomina di un sostituto, non è però una persona seria. Nel periodo di proroga, anzi, sarebbe bene che si limitasse a trattare questioni di ordinaria amministrazione, salve urgenze particolari.
Amministratore: revoca
Un caso particolare di revoca è quella per “giusta causa”, da parte dell’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino. Può accadere se l’amministratore:
a) essendo stato destinatario di una citazione o di un provvedimento, anche se esula dalle sue attribuzioni, non ne abbia dato comunicazione all’assemblea dei condomini;
b) se non ha reso conto della sua gestione per due anni;
c) se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità.
Con "fondati sospetti di gravi irregolarità " si intende, in genere, forti indizi che l'amministratore stia agendo per il soddisfacimento di interessi propri. L’interpretazione di quando ciò accada resta, comunque, rimessa alle valutazioni del giudice. La revoca con giusta causa esclude la richiesta di risarcibilità di eventuali danni da parte del professionista e apre spesso la strada al condominio per chiedere a sua volta eventuali danni.
Amministratore: responsabilità
I compiti dell’amministratore si vanno moltiplicando nel tempo. Vi sono quelli derivanti dal codice civile. Primi tra tutti l’esecuzione delle delibere, la cura dell’osservanza del regolamento di condominio e la tutela delle parti comuni. Egli deve in particolare provvedere immediatamente nell’imminenza di pericoli di crolli, anche se l’assemblea per questioni di risparmio abbia rinviato i lavori necessari. Vi è poi la riscossione delle spese, la rappresentanza in giudizio del condominio e la firma dei contratti condominiali.
Le norme sul lavoro rendono poi più chiare le sue responsabilità in merito al versamento dei contributi dei dipendenti dl condominio (per esempio il portiere) e la tutela della loro sicurezza (legge n. 626 del 1994, contratto di lavoro).
Le leggi sul risparmio energetico e sicurezza degli impianti aggiungono ulteriori compiti e responsabilità, compresa quella di minacciare le proprie dimissioni (e anche metterle in pratica) se gli impianti stessi non sono a norma.
La finanziaria 1998 ha poi imposto che il condominio e, per lui, l’amministratore o altri professionisti, si occupino delle ritenute alla fonte su dipendenti e professionisti incaricati. E’ invece sempre l’amministratore la a dover comunicare annualmente all'anagrafe tributaria l'ammontare dei beni e dei servizi acquistati dal condominio e i dati identificativi dei relativi fornitori (escluse le spese inferiori a 258,23 euro affrontate con un singolo fornitore).