Sentenze riguardanti l'impugnazione delle delibere condominiali
Cass. civ., sez. II, 18-04-2002, n. 5626
La nullità di una delibera condominiale è disciplinata dall'art. 1421 cod. civ., a norma del quale chiunque vi ha interesse può farla valere e quindi anche il condomino che abbia partecipato, con il suo voto favorevole, alla formazione di detta delibera, salvo che con tale voto egli si sia assunto o abbia riconosciuto una sua personale obbligazione.

Cass. civ., sez. II, 20-04-2001, n. 5889
L'omessa indicazione di un argomento , poi deliberato, nell'ordine del giorno di un'assemblea condominiale non può essere rilevata dal condomino dissenziente nel merito, se non ha preliminarmente eccepito in quella sede l'irregolarità della convocazione.

Cass. civ., sez. II, 20-04-2001, n. 5889
Il sindacato dell'Autorità giudiziaria sulle delibere delle assemblee condominiali non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo del potere discrezionale che l'assemblea esercita quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, deve comprendere anche l'eccesso di potere, ravvisabile quando la decisione sia deviata dal suo modo di essere, perché in tal caso il giudice non controlla l'opportunità o la convenienza della soluzione adottata dalla delibera impugnata, ma deve stabilire solo che essa sia o meno il risultato del legittimo esercizio del potere discrezionale dell'organo deliberante.

Cassazione Civile Sezione II, 27-03-2003 - n. 4531    In tema di condominio di edifici, la nullità della delibera assembleare per omessa comunicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea può essere fatta valere da ciascun condomino, trattandosi di nullità assoluta, ma quando il condomino nei cui confronti la comunicazione è stata omessa è presente in assemblea si presume che ne abbia avuto comunque notizia, rimanendo l'eventuale irregolarità della sua convocazione conseguentemente sanata.

Cassazione Civile Sezione II, 19-08-1998 - n. 8199
      E a carico del condominio - o supercondominio - convenuto dal condomino per la declaratoria di nullità, assoluta e insanabile, della delibera perché adottata senza convocarlo, l'onere di dimostrare, anche mediante presunzioni, che invece tutti i condomini sono stati tempestivamente avvisati, ai sensi degli artt. 1105, terzo comma, e 1136, penultimo comma, cod. CIV..

Cassazione Civile Sezione II, 03-02-1999 - n. 875      Poiché l'art. 1136 cod. civ. non prescrive particolari modalità di notifica ai condomini dell'avviso di convocazione per la regolarità delle relative assemblee, la comunicazione può essere data con qualsiasi forma idonea al raggiungimento dello scopo, e può essere provata da univoci elementi dai quali risulti , anche in via presuntiva, che il condomino ha , in concreto, ricevuta la notizia della convocazione (Nella specie, il giudice del merito - la cui decisione è stata confermata dalla S.C. in base all'enunciato principio - aveva considerato raggiunta detta prova alla stregua della dimostrata spedizione della raccomandata contenente l'avviso di convocazione attraverso il tempestivo inserimento del relativo avviso nella casella intestata al condomino destinatario, integrata dalla presunzione che lo stesso destinatario controllasse assiduamente la presenza al suo interno di corrispondenza a lui diretta ).
Cassazione Civile Sezione II, 01-10-1999 - n. 10886Prevista all'ordine del giorno di un'assemblea condominiale l'approvazione di una spesa, l'omessa indicazione dei criteri di ripartizione della medesima, ancorché quelli adottati divergano da quelli disposti dal codice civile o dal regolamento - nella specie tabelle millesimali, in proporzione all'uso del bene per il quale la spesa è stata affrontata - non determina la nullità della delibera, bensì l'annullabilità, da far valere nei termini stabiliti dall'art. 1137 cod. civ., trattandosi di lacuna formale, incidente sul procedimento di convocazione e informazione dei condomini, mentre la sanzione di nullità è comminata se non tutti i condomini sono informati della convocazione; se la delibera è priva degli elementi essenziali; se ha un oggetto impossibile o illecito.

Cassazione Civile Sezione II, 02-10-2000 - n. 13013Le delibere condominiali, analogamente a quelle societarie, sono nulle soltanto se hanno un oggetto impossibile o illecito, ovvero che non rientra nella competenza dell'assemblea, o se incidono su diritti individuali inviolabili per legge. Sono invece annullabili, nei termini previsti dall'art. 1137 cod. civ., le altre delibere "contrarie alla legge o al regolamento di condominio", tra cui quelle che non rispettano le norme che disciplinano il procedimento, come ad esempio per la convocazione dei partecipanti, o che richiedono qualificate maggioranze per formare la volontà dell'organo collegiale, in relazione all'oggetto della delibera da approvare.

Considerazioni sull'argomento

Le deliberazioni dell'assemblea trovano forza e giustificazione nel cd. principio di maggioranza, per cui le delibere adottate nel rispetto delle norme di legge e regolamentari sono obbligatorie per tutti i condomini anche se dissenzienti.

Con questo principio si concilia il diritto di ciascun proprietario di partecipare alla gestione del condominio, con la necessità di organizzarne il funzionamento.
Pare opportuno sottolineare che - a differenza di quanto si legge in alcune "sentenze" - l'approvazione a maggioranza della delibera non ne esclude l'invalidità, ma anzi costituisce il necessario presupposto logico-giuridico dell'impugnazione!

Le delibere assembleari impugnabili solitamente vengono qualificate come nulle, annullabili, inesistenti.
Ora, sorvolando tra i criteri e le sfumature in base alle quali le deliberazioni viziate vengono inserite nell'una o nell'altra categoria (e che nella prassi danno luogo ad un'amplissima gamma di varianti) si può dire in generale che la principale distinzione è basata sulla materia della deliberazione, a seconda cioè che questa riguardi un oggetto su cui l'assemblea abbia potere di deliberare, o meno (cd. eccesso di potere).

Il problema assume una notevole rilevanza pratica perché l'impugnazione delle delibere "annullabili" deve essere proposta necessariamente ed a pena di decadenza entro 30 giorni dalla data della deliberazione (nel caso ad impugnare siano i condomini presenti all'assemblea), o dalla data di comunicazione della delibera per gli assenti.
Naturalmente non possono impugnare la delibera i condomini che hanno espresso voto favorevole ad essa (art. 1137 c.c.).

Il predetto termine di 30 giorni è inderogabile ed il suo decorso non può essere interrotto, perché si tratta di un termine di decadenza e non di prescrizione.

Le delibere "nulle" possono invece essere impugnate in ogni tempo, anche dai condomini presenti alla votazione ed addirittura se essi avevano espresso voto favorevole, poiché queste sono radicalmente contrarie alla legge ed il trascorrere del tempo non basta a sanare il vizio.

A prescindere dall'oggetto della delibera, sussiste un contrasto giurisprudenziale in materia di impugnazione per mancato rispetto delle procedure che disciplinano la convocazione ed il funzionamento dell'assemblea (come nel caso di superamento del numero massimo di deleghe consentite dal regolamento), per cui alcune sentenze affermano che in questi casi si verterebbe in materia di annullabilità e non di nullità.
Per i motivi già visti è consigliabile adottare una linea di estrema prudenza in ipotesi di questo tipo, considerando la delibera "annullabile" anziché "nulla" per non incorrere nelle già vedute decadenze.

Tutte le delibere impugnabili possono comunque essere sostituite da una successiva delibera conforme alla legge ed al regolamento: in tal caso la delibera viziata perde efficacia e non avrebbe più alcun senso proporre impugnazione contro di essa: la sostituzione deve comunque essere esplicita ed integrale.
In ogni caso la sostituzione però dovrebbe essere deliberata dall'assemblea prima della proposizione di un'impugnazione, perché se successiva potrebbe comportare una responsabilità del condominio convenuto in ordine al pagamento delle spese legali relative al giudizio (oltre all'eventuale condanna per difesa temeraria).
Ovviamente non può essere sostituita una delibera che sia stata già dichiarata invalida dall'Autorità Giudiziaria.

E' alquanto discusso se l'impugnativa debba essere effettuata con atto di citazione o con ricorso: la scelta dello strumento deve essere attentamente soppesata perché implica talune conseguenze sul piano processuale in ordine al rispetto del già visto termine di 30 giorni.
Comunque l'impugnazione si propone nei confronti di tutti gli altri condomini o dell'amministratore innanzi al Tribunale territorialmente competente: non avanti il Giudice di Pace la cui competenza in materia condominiale è limitata ad una casistica molto ristretta (cd. rapporti di vicinato) !

Il regolamento condominiale può anche prevedere una clausola compromissoria che attribuisca ad un arbitro (anziché al Tribunale) la competenza a giudicare dell'impugnazione; il regolamento può inoltre prevedere lo svolgimento di un tentativo di conciliazione prima di adire il Tribunale.

L'amministratore deve prontamente informare l'assemblea dell'impugnativa proposta da un condomino, qualora non sia dotato del potere di resistere autonomamente in giudizio: in mancanza può essere revocato e tenuto a risarcire il danno arrecato; il provvedimento giurisdizionale che annulla la delibera impugnata rimane comunque efficace nei confronti dei condomini, anche se ignari della lite.

L'onere di provare il vizio che affligge la deliberazione impugnata è a carico del condomino impugnante.

L'impugnazione può essere proposta anche da uno solo dei proprietari in comunione (pro-indiviso) di uno degli immobili condominiali.

Il conduttore può impugnare solamente le deliberazioni riguardanti le materie su cui la legge gli riconosce diritto di voto (non, ad es., le deliberazioni di nomina dell'amministratore, di approvazione del regolamento di condominio e del bilancio preventivo). Si ritiene invece che l'usufruttuario possa impugnare qualsiasi delibera riguradante l'ordinaria amministrazione ed il godimento delle cose e servizi comuni, essendo assimilabile al proprietario (art. 67 disp. att. c.c.).

Si discute se il controllo effettuato dal Tribunale riguardi i soli profili di legittimità, o possa estendersi al merito della deliberazione: non pare comunque si possa escludere l'accertamento della situazione di fatto presupposta dalla delibera, che sia necessario al fine di valutarne la legittimità.

Il Tribunale può sospendere (per gravi e comprovati motivi) l'efficacia della delibera impugnata per il tempo in cui il giudizio è in corso, ma comunque questo non è un effetto immediato ed automatico dell'impugnazione.
I relativi provvedimenti pronunciati dal giudice devono essere eseguiti dall'amministratore.

Le norme di cui all'art. 1137 c.c. non possono essere assolutamente derogate dal regolamento condominiale (art. 1138).

Occorre sottolineare che l'annullamento della delibera assembleare impugnata non pregiudica assolutamente i diritti che in base ad essa sono stati acquistati in buna fede dai terzi quali ad es. i fornitori o gli appaltatori (cfr. art. 1445 c.c.).

Qualora l'impugnazione venga proposta dall'amministratore (nella sua veste di comproprietario), si può procedere a nominare un curatore (art. 78 c.p.c.) che rappresenti in giudizio il condominio, dato il conflito tra gli interessi del rappresentante legale e del rappresentato.
Analogo provvedimento può essere adottato in caso di impugnativa proposta contro la delibera di un condominio privo di amministratore: in questo caso il curatore dovrebbe prontamente convocare l'assemblea.

Si ritiene ammissibile l'impugnazione da parte del condomino presente alla deliberazione, ma astenutosi al momento di votare; analogamente da parte di chi, presente all'assemblea, si sia allontanato prima della votazione.

Alcune problematiche giuridiche si pongono qualora il termine per impugnare scada in giorno festivo (art. 155 c.p.c.), oppure con riguardo alla decorrenza del termine di trenta giorni durante il periodo (1° agosto - 15 settembre) delle ferie giudiziarie: la Corte Costituzionale, con sentenza 2 febbraio 1990 n. 49, ha dichiarato l' illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742 (Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale) nella parte in cui non dispone che la sospensione ivi prevista si applichi anche al termine di trenta giorni per l' impugnazione delle delibere dell' assemblea di condominio

Si ricorda che contro i provvedimenti dell'amministratore ogni condomino può ricorrere all'assemblea (art. 1133 c.c.) senza pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall'art. 1137.

Alcune sentenze hanno stabilito che in caso di lite giudiziaria tra il condominio ed un condomino, quest'ultimo non può essere tenuto a contribuire alle spese sostenute contro di lui.

Miniguida al condominio per il Sole 24 ore: l’amministratore e le sue responsabilità

 

Amministratore: nomina

L’amministratore rimane in carica un anno. La maggioranza per la nomina, la riconferma o la revoca (che può avvenire in qualsiasi momento, anche prima della scadenza, e senza motivazioni) è quella dei presenti in assemblea che possiedano almeno metà dei millesimi. Però se l’amministratore non viene sostituito dopo l’anno continua ad esercitare nella pienezza delle sue funzioni, fino a quando verrà scelto un successore. Cosa che capita più spesso di quanto si creda, anche perché non è facile, in certi condomini, raggiungere le maggioranze per la revoca o la nuova nomina.

L’amministratore non riconfermato che non pretende dai condomini una decisione definitiva sul suo incarico, oppure la nomina di un sostituto, non è però una persona seria. Nel periodo di proroga, anzi, sarebbe bene che si limitasse a trattare questioni di ordinaria amministrazione, salve urgenze particolari.

 

Amministratore: revoca

Un caso particolare di revoca è quella per “giusta causa”, da parte dell’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino. Può accadere se l’amministratore:

a) essendo stato destinatario di una citazione o di un provvedimento, anche se esula dalle sue attribuzioni, non ne abbia dato comunicazione all’assemblea dei condomini;

b) se non ha reso conto della sua gestione per due anni;

c) se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità.

Con "fondati sospetti di gravi irregolarità " si intende, in genere, forti indizi che l'amministratore stia agendo per il soddisfacimento di interessi propri. L’interpretazione di quando ciò accada resta, comunque, rimessa alle valutazioni del giudice. La revoca con giusta causa esclude la richiesta di risarcibilità di eventuali danni da parte del professionista e apre spesso la strada al condominio per chiedere a sua volta eventuali danni.

 

Amministratore: responsabilità

I compiti dell’amministratore si vanno moltiplicando nel tempo. Vi sono quelli derivanti dal codice civile. Primi tra tutti l’esecuzione delle delibere, la cura dell’osservanza del regolamento di condominio e la tutela delle parti comuni. Egli deve in particolare provvedere immediatamente nell’imminenza di pericoli di crolli, anche se l’assemblea per questioni di risparmio abbia rinviato i lavori necessari. Vi è poi la riscossione delle spese, la rappresentanza in giudizio del condominio e la firma dei contratti condominiali.

Le norme sul lavoro rendono poi più chiare le sue responsabilità in merito al versamento dei contributi dei dipendenti dl condominio (per esempio il portiere) e la tutela della loro sicurezza (legge n. 626 del 1994, contratto di lavoro).

Le leggi sul risparmio energetico e sicurezza degli impianti aggiungono ulteriori compiti e responsabilità, compresa quella di minacciare le proprie dimissioni (e anche metterle in pratica) se gli impianti stessi non sono a norma.

La finanziaria 1998 ha poi imposto che il condominio e, per lui, l’amministratore o altri professionisti, si occupino delle ritenute alla fonte su dipendenti e professionisti incaricati. E’ invece sempre l’amministratore la a dover comunicare annualmente all'anagrafe tributaria l'ammontare dei beni e dei servizi acquistati dal condominio e i dati identificativi dei relativi fornitori (escluse le spese inferiori a 258,23 euro affrontate con un singolo fornitore).