Rumori e odori molesti nel condominio

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Cassazione Civile, sez. II, sentenza 17/01/2018 n° 1025: Per calcolare se un rumore sia "intollerabile" bisogna calcolare con esattezza e nell'orario indicato, anche il "rumore di fondo", il "rumore ambientale", il "rumore residuo" e fare le dovute comparazioni: LEGGI LA SENTENZA

Cass. civ. Sez. II, 12/02/2016, n. 2864  Il superamento della "normale tollerabilità" dei rumori nel condominio può essere accertata anche solo in base alle testimonianze dei vicini. .... quando venga accertata la non tollerabilità delle immissioni, l'esistenza del danno è in re ipsa e, pertanto, il vicino, fino a quando il pregiudizio derivante dalle immissioni intollerabili non venga eliminato, ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno a norma dell'art. 2043 cod. civ. (Vedi: Sez. 2, Sentenza n. 4693 del 18/10/1978, Rv. 394378; Sez. 2, Sentenza n. 2580 del 12/03/1987, Rv. 451713; Sez. 3, Sentenza n. 5844 del 13/03/2007, Rv. 597527)..... qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell'uso, in quanto venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente l'illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi, si rientra nello schema dell'azione generale di risarcimento danni di cui all'art. 2043 c.c. e, specificamente, per quanto concerne il danno alla salute, nello schema del danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell'art. 2059 c.c." (Vedi anche: Cass. civ. Sez. II, 31/10/2014, n. 23283. Vedi anche: Cass. civ. Sez. III, 09/05/2012, n. 7048; Cass. civ. Sez. III Sent., 13/03/2007, n. 5844) .... L'art. 246 cod. proc. civ. prevede la incapacità a testimoniare delle persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio. Nel caso di specie, non risulta che le testimoni assunte, condómini del medesimo edificio, abbiano un tale interesse; interesse che potrebbe sussistere solo ove gli appartamenti da esse abitati si trovassero nella medesima posizione — rispetto all'appartamento dal quale provengono le immissioni rumorose — dell'appartamento dell'attrice ovvero in una posizione assimilabile, tale da consentire di percepire le immissioni rumorose con la medesima intensità. Ciò nel caso di specie non risulta essere stato dedotto. Irrilevante è l'esposto presentato da una delle testimoni alla Questura, diversi essendo i presupposti dell'illecito denunciato con l'esposto rispetto a quello per cui è causa (riferibile alla fattispecie di cui all'art. 844 cod. civ.)..... l'entità delle immissioni rumorose e il superamento del limite della normale tollerabilità possa essere oggetto di deposizione testimoniale (anche in relazione agli orari e alle caratteristiche delle immissioni stesse), spettando poi al giudice valutare, oltre l'attendibilità, anche la congruità delle dichiarazioni rese rispetto al thema probandum.

Rumori del condizionatore possono raffigurarsi illecito amministrativo e sanzionabili, ma non illecito penale se il disturbo venga anche percepito da un numero indeterminato di persone. Cassazione penale , sez. I, sentenza 11.01.2012 n° 270 .........Ne consegue che la contravvenzione in esame non sussiste allorquando i rumori arrechino disturbo, come nel caso di specie, ai soli occupanti di un appartamento, all'interno del quale sono percepiti, e non ad altri soggetti abitanti nel condominio in cui è inserita detta abitazione ovvero nelle zone circostanti; infatti, in tale ipotesi non si produce il disturbo, effettivo o potenziale, della tranquillità di un numero indeterminato di soggetti, ma soltanto di quella di definite persone, sicché un fatto del genere «può costituire, se del caso, illecito civile, come tale fonte di risarcimento di danno, ma giammai assurgere a violazione penalmente sanzionabile ( v, per tutte, Sez. 1, 17.3/17.5.2010, Oppong, Rv 247062; Sez. 1, 12.12.1997/5.2.1998, P.C. e Constantini, Rv. 209694).

Panificio rumoroso: condannabile solo se disturba un numero "indeterminato" di persone; Cassazione penale , sez. I, sentenza 05.09.2011 n° 33072. ..... Con riguardo, poi, alla pur ritenuta concorrente sussistenza della violazione di cui al comma primo dell’art. 659 cod. pen., la decisione impugnata fonda il ritenuto disturbo al riposo delle persone sul superamento dei limiti prescritti di emissioni sonore, che, come si è detto, nei termini contestati, è fattispecie depenalizzata, e sulle dichiarazioni del B. circa il disturbo notturno sofferto da lui e dai suoi congiunti conviventi (moglie e due figli) a causa delle lavorazioni attuate nel vicino panificio, senza alcun apprezzamento in concreto dell’idoneità del fatto ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, ciò che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, costituisce elemento essenziale del ritenuto reato previsto dall’art. 659, comma primo, cod. pen. (c.f.r., tra le molte, Sez. 1, n. 246 del 13/12/2007, dep. 07/01/2008, Guzzi, Rv. 238814). In conclusione, alla stregua di quanto precede, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Immissioni rumorose intollerabili anche se non superano i limiti di legge Cassazione civile , sez. II, sentenza 17.01.2011 n° 939 L'avvocato M..C. , costituito di persona ex art. 86 c.p.c., nella qualità di proprietario in abitato di XXXXXXX di un immobile adibito ad abitazione e studio professionale, con atto notificato il 6.9.01 citò al giudizio del locale Giudice di Pace la ditta Libreria ..... in persona della titolare P.M., conduttrice di un immobile adiacente, al fine di sentirla condannare alla eliminazione delle intollerabili immissioni prodotte da un "grande ventilatore", di cui chiedeva la rimozione, installato in un'apertura lucifera esistente nel muro comune dividente i due immobili e collegato all'impianto di climatizzazione del negozio-libreria. Deduceva in particolare l'attore che la suddetta installazione era avvenuta "abusivamente ed arbitrariamente" e che le immissioni provocate dal ventilatore, di calore, di esalazioni e sonore, oltre a provocare "fastidi, stress e disturbi alla quiete ed alla salute delle persone" abitanti e lavoranti nel proprio immobile, "in violazione dei diritti di proprietà dell’esponente”, superavano anche i limiti di accettabilità previsti dalle dal D.P.C.M. 14.11.97 e dalla L. 26.10.95 n. 447 in materia di inquinamento acustico ed ambientale.         In particolare va ribadito il principio, a termini del quale "in materia di immissioni, mentre è senz'altro illecito il superamento dei limiti di accettabilità stabiliti dalla leggi e dai regolamenti che, disciplinando le attività produttive, fissano nell'interesse della collettività le modalità di rilevamento dei rumori e i limiti massimi di tollerabilità, l'eventuale rispetto degli stessi non può far considerare senz'altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi a stregua dei principi di cui all’art. 844 c.c." (Cass. 1418706).    Tale principio, nella sua prima parte, si basa sull'evidente considerazione che, se le emissioni acustiche superano, per la loro particolare intensità e capacità diffusiva, la soglia di accettabilità prevista dalla normativa speciale a tutela di interessi della collettività, così pregiudicando la quiete pubblica, a maggior ragione le stesse, ove si risolvano in immissioni nell'ambito della proprietà del vicino, ancor più esposto degli altri, in ragione della vicinanza, ai loro effetti dannosi, devono per ciò solo considerarsi intollerabili ai sensi dell'art. 844 c.c. e pertanto illecite anche sotto il profilo civilistico. Tanto non è stato considerato dal giudice di merito, che pur avendo rilevato che al livello dei locali a piano terra dell'immobile XXXXXXXX erano percepibili emanazioni sonore eccedenti la soglia legale di accettabilità, ne ha escluso l'intollerabilità ex art. 844 c.c., non tenendo conto che, pur nel "tempo strettamente necessario al loro utilizzo" (come detto in sentenza), chi si trovasse in tali ambienti, sarebbe stato comunque esposto a rumori che, per presunzione normativa, devono comunque ritenersi nocivi per le persone, così finendo con il disattendere anche l'altro principio, ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, nel conflitto tra le esigenze della produzione, pur contemplate dall'art. 844 c.c., ed il diritto alla salute, un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma civilistica deve attribuire necessaria prevalenza al secondo, dovendo il limite della relativa tutela ritenersi intrinseco all'attività produttiva (v. in particolare, Cass. nn. 5564/10, 8420/06).     Per quanto attiene poi alla tollerabilità delle immissioni ai piani superiori, il giudice di merito ha ritenuto esaustiva la semplice circostanza che le propagazioni sonore a quel livello fossero al di sotto (peraltro senza precisare il relativo margine) della citata soglia di accettabilità prevista dalla legge speciale, incorrendo così nell'ulteriore errore di attribuire tout court rilevanza decisiva, in contrasto con la seconda parte del principio in precedenza citato, a tale mancato superamento, e nell'omissione di quella specifica ed approfondita indagine, richiesta dall'art. 844 c.c. e ribadita dalla costante giurisprudenza di questa Corte, evidenziante il carattere non assoluto del limite civilistico di tollerabilità delle immissioni (v., tra le più recenti, Cass. n. 3438/10), al fine di stabilire se in concreto, avuto riguardo alla particolare situazione dei luoghi {nella specie caratterizzata dalla destinazione a studio ed abitazione dei piani superiori dell'immobile dell'attore) le stesse fossero compatibili con lo svolgimento delle ordinarie e quotidiane attività di vita professionale e domestica dell'attore e della sua famiglia. La sentenza impugnata va, conclusivamente, cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio per nuovo giudizio di appello ad altro magistrato del Tribunale di Sulmona, cui si demanda anche il regolamento delle spese del presente grado di giudizio.

 

 Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell'ambiente Decreto Legge , testo coordinato 30.12.2008 n° 208 , G.U. 28.02.2009 Art. 6-ter  Normale tollerabilità delle immissioni acustiche  1. Nell'accertare la normale tollerabilità delle immissioni e delle emissioni acustiche, ai sensi dell'articolo 844 del codice civile, sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e di regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità di un determinato uso.

Determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici D.P.C.M. 5 dicembre 1997  Il cittadino può rivolgersi al Giudice di Pace (art.7 C.P.C.) per ottenere il rispetto dell’art.844 del Codice Civile che, regolando i rapporti di vicinato, vieta le immissioni, le esalazioni, i rumori e gli scuotimenti che superano la "normale tollerabilità". Non è necessaria l’assistenza di un patrocinatore legale e per questa materia il Giudice di Pace è competente qualsiasi sia il valore della controversia. Avvalendosi di un consulente tecnico d’ufficio per gli accertamenti, il Giudice potrà inibire immediatamente l’attività rumorosa, oppure imporre, se tecnicamente possibile, determinati accorgimenti che riducano il fastidio provocato.
Il trasgressore potrà essere condannato al risarcimento dei danni nei confronti di coloro che hanno dovuto subire il fastidio provocato dal rumore.
Nei confronti di chi provoca rumore può anche essere intentata anche una causa penale sulla base dell’art.659 del Codice Penale:
il disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone (ad esempio a causa di schiamazzi notturni provenienti dai frequentatori di un locale, abuso di strumenti sonori o segnalazioni acustiche);
L’art.659 C.P. è disposto a tutela della quiete pubblica e privata e colui che viene riconosciuto colpevole di reato è sottoposto ad una serie di "spiacevoli" conseguenze. L’azione penale inizia con un atto di denunzia-querela presentato alla Polizia Giudiziaria (ad es. Carabinieri, Polizia) che lo trasmette immediatamente alla Pretura (competente in base all’art.7 c.p.p.) perché proceda agli accertamenti volti a verificare la sussistenza del reato.

L'ente certificatore dei livelli sonori è l'ARPA.
Il suo intervento può essere richiesto dal comune cittadino o dal giudice ed è oneroso per il richiedente.
L’A.R.P.A., che è l’ente tecnico competente alla misurazione dei livelli di rumore, provvederà a contattare l’esponente per poter effettuare i rilievi ed i controlli di merito; se risultano superati i limiti previsti dalla legge, il verbale di rilevamento viene trasmesso al Comune, affinché con opportuni provvedimenti sia imposto al titolare dell’attività rumorosa di adeguarsi ai valori limite di rumore previsti dalla legge.
I tecnici dell’ARPA verificheranno in seguito se è avvenuto il risanamento e, nel caso in cui accertino la continuazione dell’attività rumorosa, è prevista una sanzione amministrativa da € 258 a € 10.329 ai sensi dell’art. 10 co.3 L.Q. 447/95 e può essere inoltrata l’informativa di reato all’Autorità Giudiziaria competente (giudice unico) ai sensi dell’art.650 del Codice Penale, per inosservanza di un provvedimento legalmente dato dall’autorità.

SENTENZA

Poiché nel nostro Paese mancano norme di legge circa l'isolamento acustico e i rumori ammissibili nelle abitazioni, la giurisprudenza, necessitata a supplire alla carenza legislativa, ha elaborato, al fine di stabilire i livelli di tollerabilità delle immissioni, un criterio comparativo-relativo che "determina" come punto di riferimento il rumore di fondo e ritiene intollerabili le immissioni che lo superano di oltre 3 dB. Poiché il decibel, unità di misura dell'intensità del suono, ha scala logaritmica, il limite massimo ammissibile di 3 dB sul rumore di fondo comporta un raddoppio della intensità del rumore e significa che la componente del rumore immesso, considerata da sola, non può superare il rumore di fondo.
* Corte app. civ. Milano, sez. IV, 17 luglio 1992, n. 1351, Di Corleto c. Rimini e altri e Soc. Negri Immobiliare, in Arch. Loc. e Cond.1993, 496.

Condominio, disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone: devono incidere sulla tranquillità pubblica, per essere penalmente rilevanti, il rumore e gli schiamazzi vietati.
Tribunale di Caltagirone Sezione Penale - Sentenza n. 641/02 R.S.del 13/12/2002
In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, il rumore e gli schiamazzi vietati, per essere penalmente rilevanti, debbono incidere sulla tranquillità pubblica – essendo l’interesse specificatamente tutelato dal legislatore quello della pubblica tranquillità sotto l’aspetto della pubblica quiete – di guisa che gli stessi debbono avere la potenzialità di essere percepiti da un numero indeterminato di persone, pur se, in concreto, soltanto alcune se ne possono lamentare.
Ne consegue che la contravvenzione in esame non sussiste allorquando i rumori arrechino disturbo ai soli occupanti di un appartamento, all’interno del quale sono percepiti, e non ad altri soggetti abitanti nel condominio in cui è inserita detta abitazione ovvero nelle zone circostanti; infatti, in tale ipotesi non si produce disturbo della tranquillità di un numero indeterminato di soggetti, sicché un fatto del genere può costituire, se del caso, illecito civile, come tale fonte di risarcimento di danno, ma giammai assurge a violazione penalmente sanzionabile (cfr. cassazione 12 dicembre 1997 n. 1406).

Suprema Corte, Cass. pen., sez. I, 19/04/2001, “Rispondono del reato di cui all'art. 659 comma 1 c.p. un uomo e una donna che non impediscono il molesto abbaiare, anche in ore notturne, di due cani di loro proprietà, custoditi nel cortile di un edificio condominiale”.

Risarcibile chi non dorme per il cane che abbaia   (Cassazione 26107/2006) Chi non riesce a dormire a causa dell’abbaiare ininterrotto dei cani ha diritto ad un risarcimento. Lo ha stabilito la Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, che hanno accordato un risarcimento di mille euro ad un signore di Catania che, certificati medici alla mano, aveva dimostrato che il continuo abbaiare, anche di notte, dei due cani del vicino, avevano impedito il suo riposo. La Suprema Corte ha in proposito sottolineato che “il ridotto ambito delle molestie non esclude la sussistenza del reato potendo esso ravvisarsi anche nel caso in cui rimanga leso l’interesse di una persona singola”, considerato che, oltretutto, “l’abbaiare di cani, specialmente di notte, è un fatto potenzialmente idoneo a disturbare il riposo o l’occupazione delle persone che risiedono nelle vicinanze della fonte del rumore”.

Cani in condominio: abbaiano troppo forte? Si paga anche se disturbano un solo vicino Cassazione – Sezione prima penale (up) – sentenza 8 luglio-13 settembre 2004, n. 36241    Non ha importanza se a lamentarsi per i latrati dei cani e' un solo vicino. A fare scattare la responsabilita' del proprietario dell'animale, infatti, non e' ''l'effettivo raggiungimento di plurime persone'', ma la ''potenzialita' diffusiva'' dell'abbaiare dell'animale. Contravvenzione all’articolo 659 Cp - Latrato dei cani, che di giorno e di notte rendevano impossibile il riposo e la quiete delle persone (Cassazione – Sezione prima penale (up) – sentenza 8 luglio-13 settembre 2004, n. 36241)Cassazione – Sezione prima penale (up) – sentenza 8 luglio-13 settembre 2004, n. 36241 Osserva Con la sentenza di cui in epigrafe, il Tribunale dichiarava il Cxxxxxx colpevole di contravvenzione all’articolo 659 Cp, condannandolo alla pena di 170 euro di ammenda, oltre alle pronunce accessorie, dichiarava invece l’improcedibilità dell’azione penale nei suoi confronti quanto al reato di minacce lievi, per mancanza di querela. Osservava il primo giudice che sia il denunciante Santarnecchi, sia il teste Licciardi, avevano confermato che il Cxxxxxx non aveva impedito il latrato dei propri cani, che di giorno e di notte rendevano impossibile il riposo e la quiete delle persone; si trattava di un fatto diffusivo – al di là del concreto numero delle persone raggiunte dai rumori molesti – che quindi integrava la contravvenzione contestata. Avverso tale pronuncia ricorreva per cassazione il Cxxxxxx, che denunciava violazione di legge e vizio della motivazione. Il reato in addebito sussiste solo quando la fonte sonora denunciata attinga un numero indeterminato di persone di media sensibilità; nella specie, i latrati disturbavano il solo Santarnecchi e non altri, come il confinante, che aveva deposto in proposito. Il luogo del reato era in campagna, lontano da altre abitazioni ed edifici, con la conseguente inidoneità della lamentata turbativa ad integrare una ipotesi penalmente rilevante.  Doveva altresì rilevarsi che, per quanto il capo d’imputazione contenesse una specifica data di accertamento, nessuna indagine era stata fatta in proposito, facendo la sentenza impugnata generico riferimento al fatto contestato, senza alcuna localizzazione cronologica. Il ricorso è infondato.  Contrariamente a quanto ritiene il ricorrente, la contravvenzione addebitatagli non si realizza per l’effettivo raggiungimento di plurime persone, da parte della fonte rumorosa, idonea a realizzare la turbativa lamentata in concreto dal denunciante; ciò che rileva penalmente è la potenzialità diffusiva della fonte stessa, che deve essere oggettivamente idonea – al di là delle caratteristiche soggettive della fattispecie – a disturbare le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero della generalità di soggetti che fossero attinti dai rumori (nella specie, dai latrati); infatti, il reato in questione colpisce il  bene giuridico dell’ordine e della “tranquillità” pubblici. Nel caso in esame, la sentenza impugnata motiva senza incorrere in vizi logico-giuridici e alla stregua del compendio testimoniale esaminato su tale potenzialità; né a questa Corte è dato procedere ad una rivisitazione del quadro probatorio, che è indagine fattuale istituzionalmente interdetta al giudice della legittimità. Quanto alla collocazione nel tempo nell’ipotesi contravvenzionale in questione, la censura di un difetto di indagine sul giorno del contestato accertamento è speciosa, giacché quella data segna la denuncia del fatto lesivo, poi retrospettivamente accertato a mezzo appunto dell’indagine dibattimentale, cui la decisione gravata di ricorso fa richiamo. Il ricorso stesso deve dunque essere rigettato, colle ulteriori statuizioni indicate nel dispositivo. PQM  Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel presente giudizio, che liquida in complessivi euro 1600 di cui euro 1200 per onorari.

Vicino rumoroso? anche un solo inquilino può farlo condannare
Cass. Sez. I penale, sentenza n° 41478
L'inquilino rumoroso che se ne infischia dei "richiami bonari" del dirimpettaio la cui quiete viene turbata, può essere condannato penalmente anche se la lamentela è partita da un solo condomino. La rivoluzionaria sentenza riguarda il caso di un salernitano, che era solito fare con i suoi cani "un gioco induttivo del loro frequente abbaio" e suonare uno strumento elettrico anche a tarda ora.
La Prima sezione penale ha convalidato la condanna del condomino anche in ragione della "indifferenza" dell'inquilino rumoroso" a qualsivoglia bonario richiamo", sottolineando "l'irrilevanza della mancata proposizione di doglianza da parte di altri condomini".
Sicché, "pur quando dell'evento di disturbo si sia lamentata anche solo una persona, ben può ravvisarsi il reato di disturbo allorché i rumori abbiano determinato oggettivamente, in ragione della loro potenzialità diffusiva, una situazione tale da poter recare disturbo ad una pluralità di soggetti".
Per questo motivo, invano è stato il ricorso dell'inquilino rumoroso (già multato dal Tribunale di Salerno per il reato previsto dall'art. 659 c.c.) in Cassazione facendo notare che il "maggioritario indirizzo giurisprudenziale" prevede che in tema di disturbo del riposo e delle occupazioni delle persone, il disturbo deve essere segnalato da una "pluralità di persone" altrimenti si resta nell'illecito civile.

 

Inquinamento acustico e potere regolamentare del comune  Cassazione , sez. I civile, sentenza 01.09.2006 n° 18953 Se nessun ente locale può disapplicare le disposizioni della legge n. 447/1995, introducendo, in specie, fuori dei casi espressamente consentiti (v. l’articolo 6, comma 1, lettera h), in relazione allo svolgimento di attività e manifestazioni temporanee) valori limite di emissione o di immissione dei rumori diversi e, comunque, inferiori rispetto a quelli risultati dai decreti emanati a norma dell’articolo 3, comma 1, lettera a) della legge statale (cfr. articoli 3 e 4 del Dpcm 14 novembre 1997), ciò non impedisce, tuttavia, ai comuni di adottare una più specifica regolamentazione dell’emissione e dell’immissione dei rumori nel loro territorio, la quale, nel rispetto dei vincoli derivanti dalla legge n. 447/1995, prenda in considerazione, non già il dato oggettivo del superamento di una certa sogli di rumorosità considerato, per presunzione assoluta, come generativo di un fenomeno di inquinamento acustico, a prescindere dall’accertamento dell’effettiva lesione del complesso di valori indicati nell’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge, ma i concreti effetti negativi provocati dall’impiego di determinate sorgenti sonore sulle occupazioni o sul riposo delle persone e, quindi, sulla tranquillità pubblica o privata.   E' quanto stabilito dai giudici della Corte di Cassazione con la sentenza 1 settembre 2006, n. 18953.  La disposizione di cui all’articolo 51 del Regolamento di Polizia urbana del Comune di Jesolo rientra per l’appunto nell’ambito della disposizioni dianzi indicate: inserita nel Titolo IV, dedicato alla «quieto e sicurezza nel centro abitato», e non già nel successivo Titolo V, specificamente finalizzato alla «tutela dall’inquinamento acustico», essa è rivolta infatti a salvaguardare la tranquillità degli abitanti del comune in confronto alla offese concretamente recate tramite l’inopportuno impiego, nell’ambito dall’«esercizio di locali da ballo», di «apparecchi per la riproduzione o l’amplificazione del suono o delle voci o delle attrazioni musicali o della esibizioni».    E ciò a prescindere dall’avvenuto obiettivo superamento dei limiti di rumorosità fissati dalla legge 447/95 e dal Dpcm 14 novembre 1997. integrativo dell’autonoma violazione prevista dall’articolo 10 della legge statale, che nella specie non è stata infatti contestata al ricorrente.    Pertanto, non si trattava di stabilire se fossero stati osservati i limiti massimi al riguardo introdotti da detto Dpcm, né di compiere le rilevazioni nelle località e con i criteri individuati dalle norma dianzi indicate, tali da richiedere l’utilizzazione di appositi apparecchi di precisione; bensì di accertare se il rumore generato dalla condotta ascrivibile al ricorrente fosso idoneo a determinare l’evento di disturbo della tranquillità pubblica avuto di mira dalla norma regolamentare.   In tale prospettiva, la sentenza impugnata ha dunque legittimamente fondato la verifica circa la sussistenza dell’illecito sugli accertamenti al riguardo compiuti dalla Polizia municipale, la quale ha evidenziato come le casse acustiche posta nel parcheggio antistante il parco acquatico ......, all’entrata dell’esercizio di intrattenimento e svago ...... esercizio riconducibile al novero dei locali da ballo agli affetti dell’articolo 51 del regolamento diffondessero musica a volume tale da poter essere udita, anche in presenza di traffico veicolare, fino ad una distanza di settanta metri, ossia fino all’incrocio, munito di semaforo, tra le Vie Buonarroti e Padania (circostanza, questa, peraltro incontestata), cosi da recare disturbo e molestia alle vicine abitazioni residenziali, ubicate ad una distanza inferiore a quella dell’accertamento.

Esalazioni maleodoranti - Integrabilità del reato di cui all'art. 674 c.p  
Cass. pen., sez. III, 31 gennaio 2006, n. 3678
Anche le emissioni di esalazioni maleodoranti possono integrare il reato di cui all'art. 674 c.p., getto pericoloso di cose, a condizione che presentino un carattere non del tutto momentaneo e siano "intollerabili o almeno idonee a cagionare un fastidio fisico apprezzabile (es. nausea, disgusto) ed abbiano un impatto negativo, non necessariamente fisico ma anche anche psichico, sull'esercizio delle normali attività quotidiane di lavoro e di relazione (es. necessità di tenere le finestre chiuse, difficoltà di ricevere ospiti, ecc.)

 

Vedi anche:

http://www.filodiritto.com/diritto/privato/civile/art844rumorimolestiantonini.htm

http://www.diritto.it/articoli/civile/alpa_bessone_fusaro1.html

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