Sentenze e normativa sugli ascensori
Cassazione Civile Ord. Sez. 6 Num. 10850 Anno 2020
Trattandosi, tuttavia, di impianto suscettibile di utilizzazione separata, proprio quando l'innovazione, e cioè la modificazione materiale della cosa comune conseguente alla realizzazione
dell'ascensore, non sia stata approvata in assemblea (come si desume dallo stesso art. 1121 c.c., che, al comma 2, parla di maggioranza dei condomini che abbia "deliberata o accettata"
l'innovazione), essa può essere attuata anche a cura e spese di uno o di taluni condomini soltanto (con i limiti di cui all'art. 1102 c.c.), salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque
tempo ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera (Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20713; Cass. Sez. 2, 18/08/1993, n. 8746;
Cass. Sez. 2, 18/11/1971, n. 3314; Cass. Sez. 2, 13/03/1963, n. 614). A differenza di quanto supposto nella impugnata sentenza della Corte d'Appello di Sassari, dunque, "l'ascensore,
installato nell'edificio dopo la costruzione di quest'ultimo per iniziativa di parte dei condomini, non rientra nella proprietà comune di tutti i condomini, ma appartiene in proprietà a quelli
di loro che l'abbiano impiantato a loro spese. Ciò dà luogo nel condominio ad una particolare comunione parziale dei proprietari dell'ascensore, analoga alla situazione avuta a
mente dall'art. 1123, comma 3, c.c., comunione che è distinta dal condominio stesso, fino a quando tutti i condomini non abbiano deciso di parteciparvi. L'art. 1121, comma 3, c.c. fa,
infatti, salva agli altri condomini la facoltà di partecipare successivamente all'innovazione, divenendo partecipi della comproprietà dell'opera, con l'obbligo di pagarne
pro quota lespese impiegate per l'esecuzione, aggiornate al valore attuale" (così Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20713).
Cassazione con l'ordinanza del 12 settembre 2018, n. 22157.
Anche i proprietari del pianterreno (negozi) devono partecipare alle spese di
manutenzione e ricostruzione dell'ascensore: ... l'impianto di ascensore
in un condominio riveste la qualità di parte comune anche relativamente ai
condomini proprietari di negozi o locali terranei con accesso dalla strada,
poiché pure tali condomini ne fruiscono, quanto meno in ordine alla
conservazione e manutenzione della copertura dell'edificio, con
conseguente obbligo gravante anche su detti partecipanti, di concorrere ai
lavori di manutenzione straordinaria ed eventualmente di sostituzione
dell'ascensore, in rapporto ed in proporzione all'utilità che possono in ipotesi
trarne. Ne
consegue che i criteri di ripartizione, al pari di tutti gli altri criteri
legali di suddivisione delle spese condominiali, possono essere derogati
esclusivamente dal regolamento condominiale contrattuale ovvero da una
deliberazione dell'assemblea approvata con il consenso di tutti i condòmini.
Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 21339
del 14 settembre 2017: L'installazione dell'ascensore limita drasticamente l'uso
del pianerottolo di accesso alla propria unità immobiliare.
"...
Quando l'installazione di un ascensore rappresenti una
innovazione volta al superamento delle barriere architettoniche, queste ai sensi
di quanto disposto dalla legge n. 13 del 1989 devono sempre rispettare i limiti
ed i divieti imposti dall'art. 1120 c.c.... Infatti non si trattava di un
semplice disagio nell'uso di una parte comune, ma di una «concreta
inutilizzabilità della "res communis" secondo la sua naturale fruibilità (cfr.
Cass. Sez. 2, 12/07/2011, n. 15308)»
(Cass. 14 settembre 2014 n. 21339).
Cassazione Civile, sez. II, sentenza 21/02/2017 n° 4436 Preziosa sentenza sull'ascensore nel condominio: i condómini si devono preliminarmente opporre "personalmente" nel caso di ascensore appartenente ad una scala che viene imputato invece a tutto il condominio, non quando la sentenza diventa definitiva: ...
per costante giurisprudenza, la legittimazione ad impugnare la sentenza con l'opposizione di terzo ordinaria (art. 404, primo comma, cod. proc. civ.) presuppone in capo all'opponente la titolarità di un diritto autonomo la cui tutela sia incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla sentenza pronunciata tra altre parti (Cass., Sez. III, 13 marzo 2009, n. 6179; Cass., Sez. Lav., 14 aprile 2010, n. 8888). Va inoltre ribadito che il giudicato formatosi all'esito di un processo in cui sia stato parte l'amministratore di un condominio, fa stato anche nei confronti dei singoli condomini, pure se non intervenuti in giudizio, atteso che il condominio è ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini (Cass., Sez. II, 22 agosto 2002, n. 12343; Cass., Sez. III, 24 luglio 2012, n. 12911). Deve pertanto essere esclusa in capo ai condomini istanti la legittimazione all'opposizione ordinaria ex art. 404 cod. proc. civ., non essendo essi terzi rispetto alla situazione giuridica affermata con la sentenza passata in giudicato ... I condomini opponenti sono parti originarie rispetto alla lite conclusa con la sentenza impugnata con l'opposizione di terzo (Cass., Sez. III, 16 maggio 2011, n. 10717): infatti, è stato citato in giudizio il condominio nella sua interezza ed unitarietà e si è costituito il relativo amministratore senza sollevare eccezioni in relazione alla carenza di legittimazione passiva di una parte dei condomini (i condomini appartenenti alle scale A, B e C), i quali non hanno ritenuto di intervenire in giudizio per eccepire la mancanza di ogni responsabilità a loro carico ... I condomini opponenti avrebbero dovuto intervenire nel giudizio in cui la difesa è stata assunta dall'amministratore o anche avvalersi, in via autonoma, dei mezzi di impugnazione dell'appello o del ricorso per cassazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti del condominio rappresentato dall'amministratore (Cass., n. 10717 del 2011, cit.; Cass., Sez. II, 6 agosto 2015, n. 16562 ... le quali non colgono la ratio decidendi, perché mirano in realtà a vedere accertata, in questa sede, la natura parziale del condominio e la non appartenenza alla comunione della scala D ove si trova l'impianto di ascensore il cui mancato adeguamento alla prescritta disciplina regolamentare è stato riconosciuto essere stato la causa dell'incidente addebitabile al condominio, e ciò senza tenere conto che il condominio parziale è situazione configurabile per la semplificazione dei rapporti gestori interni alla collettività condominiale, che non incide affatto sulla rappresentanza del condominio nella sua unitarietà in capo all'amministratore (cfr. Cass., Sez. II, 17 febbraio 2012, n. 2363).
Corte Cassazione, sentenza n. 24235, pubblicata in data 29.11.2016: Illegittima l'installazione dell'ascensore se preclude o limita il diritto di godimento dei beni comuni ..... in tema di deliberazioni condominiali, l'installazione dell'ascensore, rientrando fra le opere dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all'art. 27 primo comma della legge n. 118/1971 e all'art. 1 primo comma del d.P.R. n. 384/1978, costituisce innovazione che, ai sensi dell'art. 2 legge n. 13/89, è approvata dall'assemblea con la maggioranza prescritta rispettivamente dall'art. 1136 secondo e terzo comma c.c.; tutto ciò ferma rimanendo la previsione del terzo comma del citato art. 2 legge n. 13/1989, che fa salvo il disposto degli artt. 1120 secondo comma e 1121 terzo comma c.c. (Cass. n. 14384/04) .... a condizione di inservibilità del bene comune all'uso o al godimento anche di un solo condomino, che, ai sensi dell'art. 1120, comma secondo, c.c., rende illegittima e quindi vietata l'innovazione deliberata dagli altri condomini, è riscontrabile anche nel caso in cui l'innovazione produca una sensibile menomazione dell'utilità che il condomino precedentemente ricavava dal bene (cfr. Cass. n. 20639/05, che in applicazione di tale principio ha ritenuto illegittima una delibera condominiale che, nel restringere il vialetto di accesso ai garages, rendeva disagevole il transito delle autovetture .... anche nell'ipotesi dell'installazione di un ascensore (Cass. n. 12930/12), ancorché volto a favorire le esigenze di condomini portatori di handicap, ove detta innovazione sia lesiva dei diritti di altro condomino sulla porzione di sua proprietà esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative (Cass. n. 6109/94), ed ove l'installazione renda talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino (Cass. n. 28920/11)
Cassazione Civile, sez. II, sentenza 10/03/2016 n° 4726 Illegale la realizzazione di un nuovo ascensore esterno quando limita la visuale del proprietario nel condominio. Come già specificato da: Corte Cass. sent. 27 agosto 1991 n. 9157 e Corte Cass. sent. 14 dicembre 2007 n. 26468 .... i poteri dell’assemblea non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni che a quelle esclusive, salvo che una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata o nei singoli atti di acquisto o mediante approvazione del regolamento di condominio che la preveda. La sentenza ribadisce che in questo caso non si tratta solo di legittimo uso della cosa comune, ma di "innovazione": ... sicché solo le modificazioni di questa, in quanto consentono il pari uso secondo il diritto di ciascuno, rientrano nella previsione legale, mentre è vietata ogni diversa attività innovatrice.
T.A.R. Liguria, Genova, sez. I, - sent. 3 dicembre 2015, n. 1002: Un ascensore esterno al fabbricato è lecito anche se non rispetta le distanze da altri immobili ..... "Occorre osservare che la nozione di 'volume tecnico', non computabile nella volumetria ai fini in questione, corrisponde a un'opera priva di qualsivoglia autonomia funzionale, anche solo potenziale, perché è destinata a solo contenere, senza possibilità di alternative e comunque per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, impianti serventi di una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali della medesima. In sostanza, si tratta di impianti necessari per l'utilizzo dell'abitazione che non possono essere in alcun modo ubicati all'interno di questa, come possono essere — e sempre in difetto dell'alternativa — quelli connessi alla condotta idrica, termica o all'ascensore e simili, i quali si risolvono in semplici interventi di trasformazione senza generare aumento alcuno di carico territoriale o di impatto visivo" (vedi Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 31 marzo 2014 n. 1512).
Cassazione civile, sentenza n. 14697 del 14 luglio 2015. Anche i residenti al pianterreno devono partecipare e decidere in merito alle spese per la conservazione e ricostruzione dell'ascensore. ......... La pronuncia citata, dopo aver ribadito che la disciplina contenuta negli artt. 1123-1125 cod. civ., sul riparto delle spese inerenti ai beni comuni, è suscettibile di deroga con atto negoziale, e, quindi, anche con il regolamento condominiale che abbia natura contrattuale, ha affermato che “deve ritenersi legittima non solo una convenzione che ripartisca tali spese tra i condomini in misura diversa da quella legale, ma anche quella che preveda l’esenzione totale o parziale per taluno dei condomini dall’obbligo di partecipare alle spese medesime. In quest’ultima ipotesi, nel caso cioè in cui una clausola del regolamento condominiale stabilisca in favore di taluni condomini l’esenzione totale dall’onere di contribuire a qualsiasi tipo di spese (comprese quelle di conservazione), in ordine a una determinata cosa comune (come ad es. l’ascensore), si ha il superamento nei riguardi della suddetta categoria di condomini della presunzione di comproprietà su quella parte del fabbricato. In assenza di siffatta previsione contrattuale, la proprietà comune del bene impone la partecipazione di tutti i condomini alle decisioni che concernono detto bene.
Modifica alla normativa sugli ascensori pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 19 gennaio 2015
Cass. 1 agosto 2014 n. 17557 ..... secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (Sez. 2, 25 marzo 1999, n. 2833; Sez. 2, 25 marzo 2004, n. 5975; Sez. 2, 17 febbraio 2005, n. 3264) , per le spese di gestione del servizio ascensore è applicabile, per analogia, in mancanza di deroga con patto negoziale intervenuto tra i condomini, la regola posta dall'art. 1124 cod. civ. (nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220), relativa alla ripartizione delle spese di manutenzione e ricostruzione delle scale, secondo cui il riparto avviene, per metà, in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, per l'altra metà in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo. E' invalida, pertanto, la delibera assembleare, adottata a maggioranza, con la quale si stabilisca, come nella specie, a parità di caratura millesimale e di livello di piano, un onere di contribuzione alle spese di gestione dell'impianto di ascensore più elevato a carico dei condomini con famiglia più numerosa, sul presupposto della loro più intensa utilizzazione, rispetto agli altri, del bene comune, e un esonero parziale per i proprietari di unità che l'amministratore abbia accertato essere disabitate.... In conclusione, solo con il criterio dell'unanimità o l'inserimento in un regolamento "contrattuale" si può modificare la ripartizione delle spese per l'ascensore previste dal Codice.
Se l'ascensore "limita" la visuale dalle
finestre di una proprietà privata nel condominio va rimosso Cass. 5 novembre
2013 n. 24760 ..l'esponente invoca una non condivisibile interpretazione
restrittiva della norma di cui all'art. 1120 c.c.; ma non v'è dubbio - anche in
ossequio alla più recente giurisprudenza - che tale disposizione, valutata la
sua ratio, a maggior ragione, può essere riferita anche alla proprietà esclusiva
del singolo condomino: se ne deduce cioè che non sono consentite le innovazioni
che comportino un danno alla proprietà individuale del singolo condomino. Al
riguardo questa S.C., proprio sulla base di siffatto presupposto, ha ritenuto
nulla la delibera dell'assemblea condominiale, la quale, anche se adottata a
maggioranza al fine indicato (nella specie: all'installazione di un impianto di
ascensore nell'interesse comune),
fosse lesiva dei diritti di un condomino sulle parti di sua proprietà esclusiva,
stabilendo che la relativa nullità fosse sottratta al termine di impugnazione
previsto dall'art. 1137 c.c., u.c., potendo essere fatta valere in ogni tempo da
chiunque dimostri di averne interesse, ivi compreso il condomino che abbia
espresso voto favorevole (Cass. Sentenza n. 12930 del 24/07/2012; Cass. n. 6109
del 25/06/1994: nella specie, la S.C. ha confermato la decisione dei giudici di
merito i quali avevano dichiarato la nullità della deliberazione adottata a
maggioranza in base
alla L. n. 13 del 1989, art. 2 cit. di installazione di un ascensore volto a
favorire le esigenze di un condomino portatore di handicap, che comportava
peraltro un sensibile deprezzamento dell'unità immobiliare di altro condomino
sita a piano terra)
Ascensore nell’atrio, non è da considerarsi Innovazione gravosa e limitazione all’utilizzo della cosa comune Cassazione civile sentenza 8 Ottobre 2010 n. 20902 .........Orbene all'esito di tale apprezzamento di fatto sorretto da congrua e logica motivazione, come tale insindacabile in tale sede, deve ritenersi che la sentenza di questa Corte si è correttamente richiamata all'orientamento espresso da questa Corte con la pronuncia 11-2-2000 n. 1529 secondo cui l'installazione di un ascensore in un edificio che ne sia sprovvisto può essere attuata, riflettendo servizio suscettibile di separata utilizzazione, anche a cura e spese di taluni condomini soltanto, purchè sia fatto salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi della innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione dell'impianto ed in quelle di manutenzione dell'opera; nello stesso senso è stato affermato che la limitazione, per alcuni condomini, della originaria possibilità di utilizzazione delle scale e dell'andito occupati dall'impianto di ascensore collocato a cura e spese di altri condomini, non rende l'innovazione lesiva del divieto posto dall'art. 1120 c.c., comma 2, ove risulti che dalla stessa non derivi, sotto il profilo del minor godimento della cosa comune, alcun pregiudizio, non essendo necessariamente previsto che dalla innovazione debba derivare per il condomino dissenziente un vantaggio compensativo (Cass. 4/7/2001 n. 9033; vedi anche Cass. 29-4-1994 n. 4152); da tali considerazioni consegue quindi sotto tale profilo la legittimità della delibera impugnata in quanto adottata con la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136 c.c., comma 5 (richiamato dall'art. 1120 c.c.) e non lesiva dei diritti all'uso ed al godimento delle parti comuni da parte di ciascun condomino ai sensi dell'art. 1120 c.c., comma 2 (che prevede il divieto di innovazioni che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino), considerato che il concetto di inservibilità espresso nel citato articolo va interpretato come sensibile menomazione dell'utilità che il condomino ritraeva secondo l'originaria costituzione della comunione, con la conseguenza che pertanto devono ritenersi consentite quelle innovazioni che, recando utilità a tutti i condomini tranne uno, comportino per quest'ultimo un pregiudizio limitato e che non sia tale da superare i limiti della tollerabilità (Cass. 21-10-1998 n. 10445).
Cassazione Civile,
sezione II, Sentenza 25 marzo 2004 n. 5975
Condominio, solo
l'unanimità può abbattere le barriere architettoniche
Cassazione civile Sentenza 13/06/2005, n. 12705 La menomazione nel
godimento di una cosa materiale prevale sull'handicap fisico. Nel caso di specie,
una barriera architettonica condominiale - ad esempio la mancanza
dell'ascensore che rende più difficile la vita ad un disabile - resta tale se
la sua eliminazione determina impossibilità di uso di un bene comune da parte
anche di un solo condomino.
Ad averla vinta è stata invece una coppia di inquilini dello stesso stabile,
che aveva sostenuto che l'ascensore aveva impedito loro di utilizzare una parte
non trascurabile del terreno condominiale.
Nei regolamenti condominiali, accettati in seno agli atti di acquisto delle singole unità immobiliari. hanno natura negoziale solo quelle disposizioni che incidono nella sfera dei diritti soggettivi dei condomini, mentre hanno natura tipicamente regolamentare quelle che concernono le modalità d 'uso delle cose comuni e, in genere, l’organizzazione e il funzionamento dei servizi condominiali, e che non riguardano quindi il diritto alloro godimento, né qualsivoglia altro diritto spettante ai condomini come tali. Le disposizioni oggettivamente regolamentari, a differenza di quelle a contenuto negoziale, possono essere modificate con deliberazione assembleare maggioritaria, ai sensi dell'art. 1136 c.c., pur se formalmente inserite in un regolamento a tipo contrattuale. (Nella specie, la Suprema Corte ha affermato le legittimità della deliberazione assembleare maggioritaria, che aveva disposto l'installazione di una gettoniera nell'ascensore, in deroga alla disposizione a contenuto regolamentare, fissata in un regolamento condominiale a tipo contrattuale, prevedente un sistema diverso di pagamento delle spese relative all'ascensore stesso).
Cass. civ., sez. II, 12 marzo 1976. n. 864.I condomini che non usufruiscono dell'ascensore non pagano le spese di pulizia e di esercizio Trib. civ. Genova, sez. III, 2 maggio 2003, n. 1512 In assenza di prova circa l'esistenza di un regolamento contrattuale o convenzionale che stabilisca criteri derogatori, deve applicarsi il criterio legale secondo cui anche i proprietari di unità immobiliari poste al piano terra che non usufruiscono dell'ascensore, essendo comunque comproprietari dell'impianto comune, sono tenuti a contribuire alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria e a quelle di ricostruzione, mentre gli stessi sono esonerati ex art. 1123, secondo comma, c.c., dal contribuire alle spese di esercizio e di pulizia di tale impianto.
Cass. Civ. 24.03.2004 n. 5899 – Installazione di
ascensore.
Di particolare interesse in merito all’installazione di ascensore, ma sotto
altra prospettiva giuridica, è la pronuncia della Corte di cassazione del 24
marzo 2004 n.5899, che, cassando la sentenza del giudice di merito che aveva
ritenuto non incidere sul decoro architettonico del condominio l’istallazione di
ascensore interno in quanto comportante alterazione di una parte circoscritta di
edificio e non percepibile all’esterno. Per i giudici di legittimità, invece,
l’alterazione del decoro di cui è fatta menzione all’art. 1120 c.c. in tema di
innovazioni, può derivare anche dalla modifica dell’originario aspetto di
singoli elementi o singole parti dell’edificio suscettibili di autonoma
valutazione, in essi rientrando, quindi, anche il vano ascensore.
Cass. Civ. 25.03.2004 n. 5975 – L’adeguamento
dell’ascensore non è innovazione
La Corte di Cassazione – con sentenza. 25 Marzo 2004, n. 5975 - ha stabilito
che gli interventi tesi all’adeguamento dell’impianto ascensore alla normativa
CEE non configurano opera nuova, ma attengono all’aspetto funzionale dello
stesso. Di conseguenza non possono essere configurati alla stregua di
innovazioni ex art. 1120 c.c.
Si ripete ancora una volta che per rientrare nel campo delle innovazioni,
l’opera deve consistere in modificazioni di entità tale da incidere sull’aspetto
quantitativo e qualitativo della struttura, venendo ad alterarne la precedente
la destinazione.
Pertanto non può considerarsi innovazione la sostituzione di ascensore già
esistente con uno nuovo, non essendo mutata la destinazione. Costituisce
viceversa innovazione ex art. 1120 c.c., l’installazione ex novo di ascensore
laddove precedentemente non esistesse.
Al riguardo si confronti anche Cass. 16 luglio 1981 n. 4646.
Confronta anche Cass.civ.25.03.1999
n.2833. In base all’art.1124 c.c. le spese di manutenzione e ricostruzione delle
scale e, quindi, dell’ascensore, sono assimilate e soggette alla stessa
disciplina.
Ne consegue che la clausola di regolamento condominiale convenzionale che
esoneri una determinata categoria di condomini dal pagamento delle spese di
manutenzione, ove sia tesa a modificare tale assimilazione legale tra scale ed
ascensore, vada adeguatamente motivata.
Nell’ipotesi, invece di costruzione ex novo dell’ascensore, trova applicazione
la disciplina prevista dall’art. 1123, 1° comma, c.c., per la ripartizione delle
spese relative alle innovazioni deliberate dalla maggioranza, così come aveva
già disposto anche la Cass civ. 16.05.1991 n. 5479. Ne consegue che il riparto
per le spese inerenti ai beni comuni è derogabile con atto negoziale e, quindi,
anche con regolamento condominiale di natura convenzionale.
Pertanto va considerata legittima sia una convenzione che ripartisca tali spese
tra i condomini in misura diversa da quella legale, sia quella che preveda
l’esenzione totale o parziale dalla contribuzione a di uno o più condomini alle
spese di manutenzione, ricostruzione ed installazione dell’ascensore. In tale
ultima ipotesi si ha il superamento – per questa categoria di condomini - della
presunzione di comproprietà su quella parte del fabbricato.
5) Locali macchina;
6) Manutenzione e conservazione;
8) Proprietari dei locali al piano terreno;
10) Sostituzione;
Se in un unico complesso condominiale esiste una pluralità di servizi di cose comuni, ciascuna delle quali serve, per obiettiva destinazione, in modo esclusivo all'uso e al godimento di una parte soltanto dell'immobile, essa cosa o servizio deve considerarsi comune non già alla totalità dei condomini, bensì soltanto a quella parte di essi al cui uso comune è funzionalmente e strutturalmente destinata. (Nella specie, in relazione ad un edificio condominiale fornito di due scale, ciascuna delle quali destinata a servire esclusivamente gli appartamenti cui dà accesso, è stato escluso che, deliberata la installazione dell'ascensore in una delle scale, potesse opporvisi un condomino proprietario di appartamento servito dall'altra scala).
Cass. civ., 26 gennaio 1971, n. 196.
In un condominio ove siano due scale è da applicarsi per il
collocamento dell'ascensore il condominio parziale; inoltre in applicazione
dell'art.
Trib. civ. Milano, 12 aprile 1990.
In un condominio multiscale e dovendo occupare gli ascensori parte del cortile comune le decisioni spettano all'assemblea globale. Per il vantaggio che l'innovazione porta può essere sacrificato 1'uso degli spazi occupati dagli impianti degli ascensori stessi.
Trib. civ. Milano, 21 dicembre 1989.
Gli ascensori e gli impianti di riscaldamento, comprese le caldaie ed i bruciatori, sono parti integranti degli edifici nei quali sono installati, e non semplici pertinenze; essi, infatti, non hanno una funzione propria, ancorché complementare e subordinata rispetto a quella degli edifici, ma partecipano alla funzione complessiva ed unitaria degli edifici medesimi, quali elementi essenziali alla loro destinazione, da ciò consegue che l'ascensore e l'impianto di riscaldamento non sono pignorabili, come beni mobili, separatamente dall'edificio in cui sono installati, e che l'opposizione con la quale il debitore deduca detta impignorabilità, in quanto tendente a contestare il diritto del creditore di agire esecutivamente su quei beni, configura, ai sensi dell'art. 615 c.p.c., opposizione all'esecuzione, e non opposizione agli atti esecutivi.
Cass. civ., sez. III, 27 febbraio 1976, n. 654; e conf. Cass. 27 febbraio 1976, n. 653.
La installazione in un edificio in condominio (o in una parte di esso) di un ascensore di cui prima esso era sprovvisto costituisce, ai sensi dell'art. 1120. primo comma, c.c., una innovazione, con la conseguenza che la relativa deliberazione deve essere presa con la maggioranza di cui al quinto comma dell'art. 1136 c.c., secondo cui l'approvazione deve avvenire "con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio". L'installazione di un ascensore in un edificio in condominio (o parte autonoma di esso), che ne sia sprovvisto, può essere attuata, riflettendo un servizio suscettibile di separata utilizzazione, anche a cura e spese di taluni condomini soltanto, purché sia fatto salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi della innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione dell'impianto ed in quelle di manutenzione dell'opera. Sono innovazioni vietate, che, quindi, debbono essere approvate dalla unanimità dei condomini, soltanto quelle che, pur essendo volute dalla maggioranza nell'interesse del condominio, compromettono la facoltà di godimento di uno o di alcuni condomini in confronto degli altri, mentre non lo sono quelle che compromettono qualche facoltà di godimento per tutti i condomini. A meno che il danno che subiscono alcuni condomini non sia compensato dal vantaggio. Pertanto, qualora, al posto della tromba delle scale e dell'andito corrispondente a pianterreno, si immette un impianto di ascensore, a cura e spese di alcuni condomini soltanto, il venir meno dell'utilizzazione di dette parti comuni dell'edificio nell'identico modo originario non contrasta con la norma del secondo comma dell'art. 1120 c.c. perché, se pur resta eliminata la possibilità di un certo tipo di godimento, al suo posto se ne offre uno diverso, ma di contenuto migliore, onde la posizione dei dissenzienti è salvaguardata dalla possibilità di entrare a far parte della comunione del nuovo impianto.
Cass. civ., sez. II, 9 luglio 1975, n. 2696.
L'art. 1120 cc., nel richiedere che le innovazioni della cosa comune siano approvate dai condomini con determinate maggioranze, mira essenzialmente a disciplinare l'approvazione di innovazioni che comportino una spesa da ripartire fra tutti i condomini su base millesimale, mentre qualora non debba farsi luogo ad un riparto di spesa, per essere stata questa assunta interamente a proprio carico da un condomino, trova applicazione la norma generale di cui all'art. 1102 c.c., che contempla anche le innovazioni, e secondo cui ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto e può apportare a tal fine a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa medesima. Ricorrendo le suddette condizioni, pertanto, un condomino ha facoltà di installare nella tromba delle scale dell'edificio condominiale un ascensore, ponendolo a disposizione degli altri condomini, e può far valere il relativo diritto con azione di accertamento, in contraddittorio degli altri condomini che contestino il diritto stesso, indipendentemente dalla mancata impugnazione della delibera assembleare che abbia respinto la sua proposta al riguardo.
Cass. civ., sez. II, 12febbraio 1993, n. 1781.
Il pregiudizio, per alcuni condomini, della originaria possibilità di utilizzazione delle scale e dell'andito occupati dall'impianto di ascensore collocato a cura e spese di altri condomini, non rende l'innovazione lesiva del divieto posto dall'art. 1120, secondo comma, c.c., ove risulti che alla possibilità dell'originario godimento della cosa comune è offerto un godimento migliore, anche se di diverso contenuto.
Cass. civ., sez. II, 29aprile 1994, n. 4152.
L'opera nuova può dare luogo ad una innovazione anche quando, oltre che la cosa comune o sue singole parti, interessi beni o parti a questa estranei ma ad essa funzionalmente collegati. Anche in tal caso, quindi, se l'opera, pur essendo utilizzabile da tutti i condomini, è stata costruita esclusivamente a spese di uno solo dei condomini, questo ne rimane proprietario esclusivo solo fino alla richiesta degli altri di partecipare ai vantaggi della stessa contribuendo, ai sensi dell'art. 1120 c.c., alle spese per la sua costruzione e manutenzione. (Nella specie, si trattava di un ascensore per il collegamento dell'androne dell'edificio condominiale con una strada posta ad un livello notevolmente inferiore, costruito con opere che interessavano, oltre che l'androne ed il sottosuolo comuni, anche un terreno in proprietà esclusiva del condomino che le aveva eseguite).
Cass. civ., sez. II, 1 aprile 1995, n. 3840.
L'installazione di un servizio in precedenza inesistente, suscettibile di uso separato ed a spese del solo condomino interessato non richiede l'approvazione da parte dell'assemblea con la maggioranza qualificata richiesta per le innovazioni ex art. 1120 cod. civ., trovando, in questo caso, applicazione l'art. 1102 cod. civ. (nella fattispecie, trattavasi dell'installazione di un ascensore da parte di un condomino portatore di handicap, il quale si era accollato l'intero onere delle spese).
Trib. civ. Milano, Il maggio 1989 e cond. 1990, 325.
Allorché l’uso della cosa comune, pur comportando innovazione, venga effettuato dal singolo condomino a sue spese e non risulti alterata la destinazione della cosa né ne sia impedito l'uso agli altri condomini, non è necessaria una preventiva delibera assembleare di approvazione (nella specie è stata accolta, in base al suddetto principio, la richiesta di provvedimento d'urgenza avanzata da soggetto affetto da incapacità deambulatoria che lamentava il rifiuto opposto all'installazione di un impianto di ascensore nel condominio ove risiedeva).
Pret. civ. Milano, ord. 19 maggio 1987, e cond. 1988, 197.
La norma dell'art. 1120 c.c., nel richiedere che le innovazioni della cosa comune siano approvate dai condomini con determinate maggioranze, mira essenzialmente a disciplinare l'approvazione di innovazioni che comportino per tutti i condomini delle spese, ripartite su base millesimale. Ove non si faccia questione di spese, torna applicabile la norma generale dell'art. 1102 c.c. - che contempla anche le innovazioni - secondo cui ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, ed, a tal fine, può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa comune, come (nel caso di specie) applicare nella tromba delle scale dell'edificio condominiale un ascensore, ponendolo a disposizione di tutti i condomini.
Cass. civ., sez. II, 5 aprile 1977, n. 1300.
Sussiste, alla stregua dell'art. 1102 cod. civ., il diritto del condomino di installare, a proprie cure e spese, un impianto di ascensore nel vano delle scale in cui è ubicata la propria unità immobiliare, salva la facoltà di ogni altro condomino interessato di richiedere la partecipazione all'utilizzo dell'opera, previa corresponsione delle quote di spesa dovute secondo legge.
Trib. civ. Milano, sez. VIII, 12 ottobre 1989 e cond. 1990, 543.
L'installazione dell'ascensore, riflettendo un servizio suscettibile di separata utilizzazione, può essere attuata anche a cura e spese di taluni condomini soltanto, salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi della innovazione contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera.
Pret. civ. Taranto, ord. 5 ottobre 1993 e cond. 1994. 383.
In tema di condominio negli edifici, la delibera assembleare, che, pur senza approvare uno specifico progetto e preventivo di spesa, autorizzi l'installazione di un ascensore ad opera ed a spese di un singolo condomino. ma con salvezza del diritto degli altri condomini di partecipare in qualunque momento ai vantaggi dell'installazione medesima, tramite contributo ai costi di esecuzione e manutenzione, configura innovazione diretta al miglioramento della cosa comune, e come tale, è validamente adottata con le maggioranze prescritte dall'art. 1136 quinto comma. c.c.. Né, sulla legittimità di detta delibera incide l'indicata mancanza di progetto e di preventivo, la quale comporta soltanto la necessità che la delibera stessa venga integrata da successive decisioni assembleari, per determinare le modalità di attuazione ed esecuzione dell'innovazione, nel rispetto dei limiti e dei divieti fissati dal secondo comma dell'art. 1120 c.c..
Cass. civ., sez. II, 14 novembre 1977, n. 4921.
Costituisce innovazione vietata ex art. 1120, secondo comma, c.c., 1'installazione di un impianto di ascensore che, rispettando le dimensioni minime della cabina previste dalle prescrizioni tecniche sia della legge nazionale che di quella regionale, comporti una riduzione del piano di calpestio dei vari piani.
Trib. civ. Milano, 23 settembre 1991 e cond. 1992, 138.
Ciascun condomino può procedere alla installazione, a proprie cure e spese, di un impianto di ascensore, salva la facoltà degli altri condomini di chiedere la partecipazione all'uso previa corresponsione della quota di spesa, e sempreché non venga alterata la destinazione della cosa comune e non venga impedito agli altri condomini di farne parimenti uso.
Pret. civ. Messina, ord. 7 dicembre
Nel caso in cui i condomini siano gravati, in base ad un atto pubblico di acquisto, dalla servitù passiva di installazione di un ascensore a favore di una singola porzione immobiliare, non occorre una nuova manifestazione di volontà in sede di assemblea condominiale per autorizzare tale installazione e la realizzazione delle relative opere.
Pret. civ. Roma, sez. IV, 28giugno 1994, n.4191, 1994, 846.
Le norme della L. n. 13/89 che prevedono una deroga alle maggioranze stabilite dal codice civile per le innovazioni consistenti nella realizzazione di un ascensore in un edificio condominiale al fine dell'eliminazione delle barriere architettoniche sono applicabili indipendentemente dalla presenza o meno di portatori di handicap nell'immobile.
Trib. civ. Milano, 19 settembre 1991 e cond. 1992, 138.
Una modesta compressione del diritto di cui all'art. 1102 c.c. deve ritenersi tollerabile quando sia giustificato dall'interesse altrui ad un più proficuo uso della cosa comune e non rechi in concreto alcun serio pregiudizio o grave sacrificio (fattispecie in tema di installazione di un ascensore comportante un limitato restringimento dello spazio di passaggio comune).
Trib. civ. Milano, 9settembre 1991 e cond. 1992, 138.
Non sussiste alcun concreto interesse ad impugnare una deliberazione dell'assemblea condominiale che si limiti a disporre l'installazione di un ascensore rinviando ad una successiva riunione l'approvazione della spesa e la relativa ripartizione, non potendo affatto escludersi che l'assemblea non approvi la spesa e non potendo in ogni caso prefigurarsi quale potrebbe essere l'effettivo contenuto di una futura deliberazione sulla materia.
Trib. civ. Milano. 18 aprile 1991 e cond. 1992. 154.
Quando l'installazione di un ascensore consiste in un uso più intenso della cosa comune, senza alterazione della sua destinazione e senza sottrazione agli altri condomini del pari uso della cosa, si ha uso della cosa comune ai sensi dell'art. 1102 e non innovazione ex art. 1120.
Trib. civ. Foggia 29 giugno 1991 e cond. 1992, 373.
L'installazione di ascensore nella tromba delle scale, pur comportando la riduzione o il venire meno dell'utilizzazione di dette parti comuni dell'edificio nel modo originario, non contrasta con la norma dell'art. 1120 comma 2 c.c., in quanto, pur se resta eliminata la possibilità di un certo tipo di godimento, al suo posto se ne offre uno diverso e di contenuto migliore, anche alla luce della L. n. 13 del 1989, mentre la posizione dei dissenzienti è salvaguardata dalla possibilità di entrare a far parte della comunione del nuovo impianto. Pertanto non sussiste una vera alterazione della destinazione, né si compromette la facoltà di godimento della cosa comune da parte di tutti i condomini.
Pret. civ. Catania. ord. 14 maggio
L 'installazione dell'ascensore costituisce una delle eccezioni alla regola dell'applicabilità delle norme sulle distanze in campo condominiale in quanto l'ascensore va considerato alla stregua di un impianto indispensabile ai fini di una civile abitabilità in sintonia con l'evoluzione delle esigenze generali dei cittadini.
Trib. civ. Napoli, 16 novembre 1991, n.13008 e cond. 1992, 373.
La disciplina in materia di distanze non opera per quegli
impianti che devono considerarsi indispensabili ai fini di una reale
abitabilità dell'appartamento e che riflettono l'evoluzione delle esigenze
generali dei cittadini. Inoltre, l'art. 3 comma
Pret. civ. Catania, ord. 20 marzo
La nullità di una delibera assembleare che abbia disposto l'installazione di un ascensore in uno stabile condominiale non impedisce che tale installazione possa essere realizzata autonomamente da uno o più singoli condomini.
Trib. civ. Napoli, 1 ottobre 1991 e cond. 1992, 373.
L'impianto dell'ascensore costituisce uno degli interventi volti ad eliminare una barriera architettonica rendendo possibile ai soggetti in minorate condizioni fisiche che abitano l'immobile o che possono frequentarlo la vita di relazione interpersonale.
Trib. civ. Firenze, 19 maggio 1992, n. 849, e cond. 1992, n. 4.
È nulla la delibera, adottata secondo la maggioranza prevista dall'art. 2 della L. n. 13/1989, di installazione di un ascensore volto a favorire le esigenze di un condomino portatore di handicap, qualora ciò comporti un sensibile deprezzamento dell'unità immobiliare di altro condomino.
Corte app. civ. Napoli, sez. II, 27 dicembre 1994. n. 3074 e cond. 1995, 393.
L'installazione dell'ascensore non può comportare un pregiudizio intollerabile o un danno apprezzabile ad un singolo condominio, nel qual caso l'innovazione non può essere considerata legittima, e ciò vale anche se l'ascensore viene installato a norma dell'art. 3 della L. 9 gennaio 1989, n. 13.
Trib. civ. Napoli, 16 novembre 1991, n. 13008 e cond. 1992, 373.
Ai sensi della L. n. 13/1989 anche se l'ascensore è da considerarsi innovazione per la sua approvazione sono sufficienti le semplici maggioranze del secondo e terzo comma dell'art. 1136 e non quelle del quinto comma del citato articolo.
Trib. civ. Milano, 14 novembre 1991
Anche nel condominio degli edifici trova applicazione, relativamente ai beni comuni, il principio, desumibile dall'art. 1102 cod. civ., che consente al singolo condomino di usare della cosa comune anche per un suo fine particolare, con conseguente possibilità di ritrarre dal bene una specifica utilità aggiuntiva rispetto a quelle generali ridondanti a favore degli altri condomini, con il solo limite che non ne derivi una lesione del pari diritto spettante a questi ultimi. Da tanto consegue che in difetto di specifiche limitazioni stabilite dal regolamento di condominio, l'uso dell'ascensore per il trasporto di materiale edilizio può essere legittimamente inibito al singolo condomino solo qualora venga concretamente e specificatamente accertato che esso risulti dannoso, sia compromettendo la buona conservazione delle strutture portanti e del relativo abitacolo, sia ostacolando la tempestiva e conveniente utilizzazione del servizio da parte degli altri condomini, in relazione alle frequenze giornaliere, alla durata e all'eventuale orario di esercizio del suddetto uso particolare, alle cautele adoperate per la custodia delle cose trasportate, tenendo conto di ogni altra circostanza rilevante per accertare le eventuali conseguenze pregiudizievoli che, in ciascun caso concreto, possono derivare dal suddetto uso particolare dell'ascensore.
Cass. civ., sez. II, 6 aprile l982, n. 2ll7.
Integra una molestia possessoria la regolamentazione dell'uso delle cose comuni da parte dell'amministratore di un condominio, anche se adottata nel convincimento di agire nel legittimo esercizio delle attribuzioni a lui devolute dall'art. 1130 n. 2 cod. civ., in difetto di esplicite limitazioni stabilite nel regolamento di condominio e sempre che tale regolamentazione non risulti giustificata da particolari ragioni connesse, ad esempio, alla sicurezza dei condomini o dei terzi o alla salvaguardia della stessa conservazione della cosa comune, che attenti al contenuto del diritto che su di esse compete a ciascun condomino, in violazione dei principi che regolano l'uso delle cose comuni da parte dei singoli partecipanti alla comunione. È pertanto, illegittimo il divieto dell'uso del lastrico solare per limitate e temporanee esigenze connesse al trasporto di alcuni mobili da un appartamento all'altro dello stesso fabbricato, nonché il divieto di usare l'ascensore per il trasporto di materiale edilizio, ove non si accerti che tale uso risulti concretamente dannoso, sia compromettendo la buona conservazione delle strutture portanti e del relativo abitacolo, sia ostacolando la tempestiva e conveniente utilizzazione del servizio da parte degli altri condomini, in relazione alla frequenza giornaliera del suddetto uso particolare e agli inconvenienti che possono derivarne al decoro dell'edificio, tenuto conto delle cautele che vengono o meno adoperate in ciascun caso concreto per la custodia del materiale trasportato, del numero degli utenti che normalmente si servono dell'ascensore per accedere alle varie unità immobiliari, nonché di ogni altra circostanza rilevante per accertare le eventuali conseguenze pregiudizievoli che, in ciascun caso concreto, possono realmente derivare dal su indicato uso particolare dell'ascensore.
Cass. civ. sez. II, 6 febbraio 1982, n. 686.
Le innovazioni di cui all'art. 1120, primo comma, cod. civ. (nella specie, consistenti nella collocazione di una porta sulla scala condominiale e nel blocco con chiave della pulsantiera dell'ascensore), realizzate dall'amministratore del condominio in assenza di preventiva delibera assembleare, in quanto idonee a turbare il pacifico godimento e l'utilizzazione del singolo condomino su alcune parti comuni dell'edificio, rendono ammissibile l'azione di manutenzione a tutela del (com)possesso (delle menzionate parti comuni) proposta da quest'ultimo. Peraltro l'adozione, nel corso del giudizio possessorio, di una delibera condominiale che ratifichi, con la maggioranza qualificata prevista dall'art. 1136, quinto comma. cod. civ., le spese relative alle eseguite innovazioni e sostanzialmente autorizzi le innovazioni medesime, legittima, sia pure tardivamente, sotto il profilo dell'esercizio del possesso, la condotta posta in essere dall'amministratore suddetto, facendo venir meno i connotati della molestia e turbativa in essa (condotta) originariamente ravvisabili, con conseguente rigetto nel merito della domanda di manutenzione come sopra proposta.
Pret. civ. Gallarate, 16 gennaio 1990, e cond. 1990, 361.
La servitù di accesso ai locali macchina degli ascensori attraverso il seminterrato di proprietà di un condomino, comprende il diritto del condominio, e per esso dell'amministratore, ad avere copia delle chiavi di accesso a detto locale.
Trib. civ. Napoli, sez. III, 30 ottobre 1993, n. 10600,
Corte app. civ. Bologna, Sez. II, 1 aprile 1989, n. 273.
È da ritenersi inefficace e non produttivo di alcuna conseguenza giuridica in capo al condominio un contratto decennale di manutenzione degli ascensori stipulato dall'amministratore condominiale senza la preventiva delibera dell'assemblea, trattandosi di atto eccedente l'ordinaria amministrazione.
Pret. civ. Bologna, 28 novembre 1992, n. 948.
L'area di base del vano di corsa dell'ascensore deve considerarsi parte comune dell'edificio, ai sensi dell'art. 1117, n. 3, cc., ed ogni condomino è legittimato a far valere il suo diritto reale sulle aree condominiali e far cessare occupazioni illecite od usi non consentiti.
Trib. Civ. Napoli, 15 novembre 1989.
L'ascensore quando non sia installato originariamente nell'edificio all'atto della sua costruzione e vi venga installato successivamente per iniziativa di tutti o parte dei condomini non costituisce proprietà comune di tutti i condomini, bensì appartiene in proprietà a quei condomini che l'hanno impiantato a loro spese, salvo la facoltà degli altri condomini, prevista dall'art. 1121 ultimo comma c.c., di partecipare successivamente all'innovazione.
Cass. civ., 18 novembre 1971, n. 3314.
Non risultando il contrario dai titoli di acquisto delle singole proprietà individuali, l'ascensore deve considerarsi di proprietà comune anche dei condomini proprietari di negozi siti al piano terreno, poiché occorre far riferimento non all'utilizzo in concreto, ma alla potenzialità del medesimo.
Corte app. civ. Bologna, sez. II, 1 aprile 1989. n. 273.
Il proprietario di unità immobiliari sue al piano terreno o aventi accesso separato mediante scala in proprietà esclusiva, è tenuto a concorrere nelle spese di manutenzione e ricostruzione delle scale o degli ascensori comuni, limitatamente a quella parte di oneri che viene suddivisa, ai sensi dell 'art. 1124 cod. civ., in ragione del valore del piano o della porzione di piano: non è invece dovuta alcuna quota di quella parte di spese ripartite, in base alla medesima norma, in misura proporzionale alla distanza dei piani dal suolo.
Trib. civ. Monza, 12 novembre 1985.
L'ascensore è una parte comune anche per i proprietari delle unità condominiali site al piano terra poiché essi possono trarre utilità dall'impianto, che è idoneo a valorizzare l'intero immobile e normalmente permette di raggiungere più comodamente parti superiori che sono comuni a tutti.
Trib. civ. Milano. sez. VIII, 16marzo 1989.
In caso di installazione da parte di un condomino di un ascensore suscettibile di suo separato godimento, trova applicazione l'art. 1102 cod. civ., a mente del quale il singolo condomino può apportare alla cosa comune le modificazioni necessarie al migliore godimento, e non l'art. 1120 cod. civ. dettato per le ipotesi di innovazione della cosa comune, per cui non pare necessaria l'approvazione da parte dell'assemblea con la maggioranza qualificata richiesta per le innovazioni e le spese di installazione sono esclusivamente a carico dell'interessato.
Trib. civ. Milano. 1l maggio 1989.
Nel condominio di edificio, in caso di godimento separato di servizi comuni, ai fini della validità delle deliberazioni assembleari, è configurabile una maggioranza limitata ai soli condomini della parte di edificio alla quale è destinato il servizio in separato godimento. (nella specie, in un edificio in condominio, provvisto di tre scale, ciascuna fornita di proprio ascensore, la deliberazione assembleare di sostituzione dell'ascensore di una scala, vecchio, con un ascensore nuovo, era stata presa con maggioranza limitata ai condomini di quella parte di edificio servita dall'ascensore da sostituire).
Cass. civ., sez. II, 4 ettembre 1970, n. 1188.
In caso di godimento separato di servizi comuni all'interno di un unico condominio, ai fini della validità delle delibere assembleari è configurabile una maggioranza limitata ai soli condomini della parte di edificio alla quale è destinato il servizio in separato godimento. (Fattispecie in tema di installazione di un ascensore).
Trib. civ. Milano. 12 aprile 1990.
La sostituzione di ascensori usurati e non più agibili con ascensori nuovi, anche di tipo e marca diversi, conformi alle nuove tecniche, non costituisce innovazione poiché le cose comuni oggetto delle modifiche (strutture del vano ascensore e locali annessi, cabina) non subiscono alcuna sostanziale trasformazione e conservano la loro destinazione strumentale al servizio, anche se si realizzano mutamenti alla loro conformazione.
Corte app. civ. Milano, sez. I, 9 ottobre 1987, n. 1983.
In tema di condominio degli edifici, la disciplina di cui agli arti. 1123, 1125 cod. civ. sul riparto delle spese inerenti ai beni comuni, è suscettibile di deroga con patto negoziale, e, quindi, anche con il regolamento condominiale, ove abbia natura convenzionale, e sia di conseguenza vincolante nei confronti di tutti i partecipanti. Pertanto, con riguardo alla ripartizione delle spese per la manutenzione degli ascensori, deve ritenersi valida ed operante la disposizione del suddetto regolamento, che preveda il concorso di tutti i condomini, inclusi quelli abitanti al piano terreno, in base ai millesimi delle rispettive proprietà.
Cass. civ., sez. II, 6 novembre 1986, n. 6499.
Gli interventi di adeguamento dell'ascensore alla normativa CEE, essendo diretti al conseguimento di obiettivi di sicurezza della vita umana e incolumità delle persone, onde proteggere efficacemente gli utenti e i terzi, non attengono all'ordinaria manutenzione dello stesso o al suo uso e godimento, bensì alla straordinaria manutenzione, riguardando l'ascensore nella sua unità strutturale. Le relative spese devono quindi essere sopportate da tutti i condomini, in ragione dei rispettivimillesimi di proprietà, compresi i proprietari degli appartamenti sui al piano terra.
Trib. civ. Parma, sez. II, 29 settembre 1994, n. 859.
Le spese che ineriscono al mantenimento e all'uso dell'ascensore, ossia della comodit, vanno ripartite proporzionalmente fra i condomini in ragione dei diversi piani cui lo stesso è posto al servizio, mentre quelle che attengono all’impianto come tale, per modificazioni e migliorie, vanno sopportate dai comproprietari in ragione dei rispettivi millesimi. (Nel caso di specie i giudici hanno ritenuto che la spesa per la sostituzione dell’argano e del motore dell’ascensore debba essere ripartita tra i condomini in ragione delle rispettive proprietà millesimali).
Trib. civ. Bologna, sez. V, 27 febbraio 1986, n. 357.
CONSULENTE IMMOBILIARE - IL SOLE 24 ORE PIROLA 15 novembre 1995 Numero 526
L’ascensore, ai sensi dell’art. 1117 cod. civ., punto 3, è considerato una parte comune dell’edificio e, in quanto tale, appartenente a ciascun piano o porzione di piano in ragione del relativo valore, se il contrario non risulta dal titolo.
Trattandosi di un bene a utilizzazione differenziata, l’unico riferimento legislativo inerente alla ripartizione delle relative spese è contenuto nell’art. 1123 cod. civ., comma 2, ove si dice: "Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne". Essendo, peraltro, tale norma derogabile per espresso patto negoziale, sono ritenute valide e operanti le deliberazioni assembleari e/o le preesistenti disposizioni contrattuali aventi per oggetto criteri di ripartizione delle spese di ascensore difformi rispetto al dettato dell’art. 1123 cod. civ. (Cass. n. 154 del 6 novembre 1968).
Circa le spese cui fa riferimento il predetto art. 1123, è importante operare una distinzione fra spese ordinarie e spese straordinarie, tanto più che, dal punto di vista legislativo, esiste al riguardo una certa approssimazione.
Sotto il profilo tecnico, si può affermare che la manutenzione ordinaria riguarda quelle spese di interesse immediato necessarie per assicurare il buon uso costante delle parti comuni e il regolare funzionamento degli impianti: fra queste, oltre alla piccola manutenzione, vanno considerate anche le spese di esercizio (forza motrice, illuminazione ecc.). La manutenzione straordinaria, viceversa, riveste carattere di eccezionalità e riguarda spese che vengono effettuate a distanza di tempo, alle volte di entità considerevole per ricostruzione o sostituzione di parti importanti dell’impianto logorate dal tempo (motori, cabina ecc.). Sia pur rientrando, in linea di principio, nella straordinaria manutenzione, vanno considerate come categoria a parte le spese di adeguamento dell’impianto di ascensore alle normative di sicurezza.
Nella prassi, per comodità di trattazione, possono distinguersi le seguenti diverse tipologie di spesa:
– per installazione di nuovo ascensore;
– per adeguamento dell’impianto di ascensore a normative speciali (internazionali, di sicurezza ecc.);
– per manutenzione e ricostruzione.
Spese di installazione di nuovo ascensore
L’installazione di un ascensore in un edificio che ne sia originariamente privo è considerata una innovazione ai sensi dell’art. 1120 cod. civ., e pertanto le delibere assembleari che ne dispongano l’attuazione vanno prese con le maggioranze previste dall’art. 1136 cod. civ.
Circa i criteri di riparto delle relative spese,
Ne deriva quindi che la ripartizione delle spese per la installazione ex novo di un impianto di ascensore in un edificio deve essere effettuata in proporzione dei valori di proprietà contenuti nella tabella millesimale principale denominata tabella A.
Possono assumere la spesa per l’innovazione anche soltanto alcuni condomini (la giurisprudenza più recente attribuisce tale facoltà anche a un solo condomino), i quali, di conseguenza, diventano esclusivi proprietari dell’ascensore. Resta salvo, comunque, il diritto per gli altri condomini, in qualunque momento, di richiedere la partecipazione all’utilizzo del bene, previa corresponsione delle quote di spesa di esecuzione e manutenzione loro spettanti (Cass. n. 2696 del 9 luglio 1965).
Anche nel caso in cui l’ascensore venga installato a spese solo di alcuni condomini, il rapporto di valore, e quindi la relativa quota di spesa da attribuire a coloro che traggono utilità dal bene, può essere stabilita in base ai coefficienti millesimali indicati nella tabella (A), previa l’esecuzione delle operazioni aritmetiche occorrenti per calcolare il nuovo rapporto di proporzione (Cass. n. 1435 del 30 maggio 1966).
Spese di adeguamento dell’impianto di ascensore a normative speciali (internazionali, di sicurezza ecc.)
Le spese per l’esecuzione dei lavori di adeguamento degli ascensori a normative speciali, come detto in premessa, rappresentano una particolare categoria di spesa. Esse, infatti, non rientrano nella disciplina delle spese usualmente definite di manutenzione e ricostruzione a causa del fatto che non rispondono alla necessità di mantenere in funzione, riparare o ricostruire parti più o meno importanti dell’impianto, essendo, invece, dettate dalla necessità di adeguare l’impianto a criteri tecnici più avanzati aventi finalità di ordine generale, quali la pubblica sicurezza e la tutela dell’incolumità degli utenti.
Il problema del relativo riparto riveste una rilevante importanza, specialmente in considerazione del fatto che dal 30 aprile 1995 tutti gli ascensori (e non solo) devono essere adeguati alle nuove normative sulla sicurezza degli impianti, di cui alla legge 46 del 5 marzo 1990 e relativo regolamento di attuazione (D.P.R. 447 del 6 dicembre 1991).
Essendovi tesi contrastanti riguardo alle modalità di
riparto di dette spese, e, in assenza di disposizioni specifiche, occorre fare
riferimento ad alcune sentenze del giudice di merito al proposito. La prima, in
ordine cronologico, stabilisce che "le spese da sopportare in applicazione
del nuovo regolamento degli ascensori (decreto 1497 del 29 maggio 1963) e cioè
le apparecchiature tecniche, vanno ripartite in ragione del valore delle
rispettive proprietà e non in ragione della diversità dell’uso, secondo i
piani" (Trib.
Sembra pertanto di poter affermare che le spese di adeguamento degli ascensori a speciali norme di legge devono essere ripartite, fra tutti i partecipanti al condominio, in base alla tabella principale (A) dei valori condominiali delle proprietà individuali.
Spese di manutenzione e ricostruzione
In assenza di disposizioni nel regolamento di condominio, in base al disposto dell’art. 1123, comma 2 cod. civ., bisogna ripartire dette spese in ragione dell’uso che ciascun condomino può potenzialmente effettuare del bene e del servizio ascensore.
Essendo tale disposizione di legge alquanto vaga, vi sono state varie pronunce giurisprudenziali, che apparentemente hanno posto fine ai dubbi esistenti al riguardo.
In linea con gli orientamenti consolidatisi
precedentemente, infatti,
Anche la maggior parte degli autori di pubblicazioni tecniche specializzate, che nel tempo si era espressa in modo piuttosto difforme, sembra essersi ultimamente orientata in linea con le tesi della magistratura.
Non essendo del tutto d’accordo con le attuali tendenze in atto, sembra doveroso esprimere alcune più approfondite considerazioni al riguardo.
L’applicazione dell’art. 1124 non appare particolarmente motivata poiché se il legislatore avesse voluto adottare un unico criterio per entrambi i servizi (scale e ascensore) avrebbe intitolato l’art. 1124 cod. civ. "Manutenzione e ricostruzione delle scale e degli ascensori", anziché semplicemente "Manutenzione e ricostruzione delle scale"; né si può pensare che tale omissione possa derivare dalla assenza o scarsa diffusione di tale servizio nel 1942, cioè all’epoca della promulgazione dell’attuale codice civile. Si deve presumere quindi che il legislatore abbia voluto, di proposito, separare il criterio di ripartizione relativo alle scale da quello relativo agli ascensori, e che in seguito la magistratura, in assenza di norme precise, sia stata in qualche modo costretta a pronunciarsi rifacendosi alle disposizioni che riguardano il servizio delle scale, che, a un esame non accuratamente profondo, sembra essere assai simile a quello dell’ascensore. Parificando, infatti, i criteri di ripartizione delle spese inerenti alle scalinate a quelle per gli ascensori si presuppone che l’uso relativo dei due servizi, fra i vari condomini, possa considerarsi, tutto sommato, equivalente (identica ratio). Ma ciò non è assolutamente vero. O meglio, mentre tale principio può essere accettato per i condomini dei piani prossimi al suolo (per i quali salire a piedi o prendere l’ascensore può essere indifferente), non altrettanto può dirsi per coloro che devono raggiungere gli ultimi piani di un fabbricato dotato di molti piani. Per i condomini dei piani più alti, infatti, la collocazione altimetrica dei propri appartamenti fa assumere una valenza sempre maggiore al servizio di ascensore rispetto a quello della scalinata. Si pensi per esempio al condomino del decimo piano: per costui raggiungere il proprio appartamento, a piedi anziché per mezzo dell’ascensore, più che una questione indifferente, può essere considerata una vera e propria scelta di vita.
Per una opportuna formulazione dei criteri di riparto, sembra, quindi, necessario tenere in debito conto il fatto innegabile e importantissimo che l’ascensore, rispetto all’uso alternativo della scalinata, apporta, ai piani superiori, vantaggi di gran lunga maggiori.
Ne deriva di conseguenza che occorre dare molta più importanza al fattore altezza di quanto non avvenga applicando i criteri stabiliti dall’art. 1124 cod. civ. per le scalinate (50% in base all’altezza e 50% in base al valore): solo così facendo si potrà ottemperare con obiettività alle disposizioni di legge che parlano soltanto di proporzionalità all’uso (art. 1123 cod. civ.).
Metodi di compilazione della tabella C per l’ascensore
Onde ottenere una equa incidenza dei due fattori, altezza e valori, si consiglia, quindi, di attribuire i millesimi per piano in misura direttamente proporzionale all’altezza di ciascuno di essi rispetto al piano di partenza dell’ascensore, ovvero al numero ordinale di piano (per edifici con piani aventi tutti la stessa altezza), e, quindi successivamente, di ripartire i millesimi di piano fra le varie unità in funzione dei rispettivi valori (di tabella A).
Le relative operazioni di calcolo possono essere sintetizzate, rispettivamente, nelle seguenti formule risolutive:
millesimi m = 1000.(h/Sh)-(v/Sv);
millesimi m = 1000.(n/Sn).(v/Sv);
nelle quali:
h = altezza di ogni piano rispetto a quello di partenza dell’ascensore;
Sh = somma di tutte le altezze h;
n = numero ordinale di piano (1 per il 1°, 2 per il 2° ecc.);
Sn = somma di tutti i numeri di piano;
v = valore di ogni unità immobiliare in decimali (dalla tabella A);
Sv = somma dei valori per ogni piano.
La relativa tabella millesimale (C), così costituita, non esclude, comunque, la possibilità di uniformarsi in tutto o in parte ai criteri di ripartizione sanciti dalla giurisprudenza (art. 1124 cod. civ.); basterà in tal caso suddividere le spese in due quote, non necessariamente uguali (l’assemblea condominiale ha facoltà di stabilire anche altre proporzioni, per esempio 60-40% o 70-30%), di cui una da ripartire in base alla tabella C (altezza) qui proposta e una da ripartire in base ai valori (proprietà) della tabella A.
Aspetti particolari
Alquanto controversa è la questione relativa all’obbligo di partecipazione alle spese di ascensore da parte dei proprietari dei pianterreni, siano essi adibiti ad abitazioni che a negozi.
La giurisprudenza di merito, nel tempo, si è al proposito contraddetta.
In precedenza (App. Bologna 25 maggio 1963 e Trib. Genova 10 febbraio 1968) è prevalsa la tesi secondo la quale – in base al disposto del comma 2 dell’art. 1123 cod. civ. – il presupposto perché un condomino sia tenuto a concorrere alle spese di un impianto, è dato dal fatto che tale impianto esso utilizzi o abbia bisogno di usare; se questo non si verifica, dunque, non sussiste l’onere di spesa: pertanto le spese di ricostruzione dell’ascensore non gravano sui proprietari a piano terra.
Di recente, invece, si è delineata la tesi contraria (Trib. Milano 16 marzo 1989 e App. Bologna 1° aprile 1989) secondo la quale essendo l’impianto di ascensore annoverato fra le parti comuni di un edificio – ai sensi dell’art. 1117 cod. civ. punto 3 –, in assenza di titolo che disponga il contrario, i proprietari dei negozi e degli appartamenti in pianterreno, potendo trarre utilità dall’esistenza stessa dell’impianto (in quanto elemento di valorizzazione dell’immobile), sono anch’essi tenuti a partecipare alle spese di rifacimento e manutenzione.
Un punto di equilibrio fra gli opposti orientamenti potrebbe essere quello di effettuare una separazione fra spese ordinarie e spese straordinarie e ripartire: le prime in proporzione all’uso – essendo le stesse strettamente collegate con il quotidiano utilizzo del servizio – escludendo dalla partecipazione tutte le unità immobiliari che per loro natura non usano in alcun modo il servizio (pianterreni); le seconde, invece, trattandosi di spese necessarie per il mantenimento in funzione di un bene comune all’intero stabile, andrebbero ripartite (in proporzione dei valori), fra tutti i partecipanti al condominio, compresi i proprietari dei pianterreni.
Nel caso in cui l’impianto di ascensore sia stato installato successivamente alla costruzione dell’edificio e appartenga soltanto ai condomini che ne abbiano assunto l’onere (v. sopra), le relative spese, siano esse ordinarie che straordinarie, vanno ripartite fra i soli comproprietari dell’impianto.
Altro aspetto particolare riguarda quegli edifici provvisti di piani interrati, lastrici, solari, soffitte, ripostigli ecc., raggiungibili mediante ascensore.
è opportuno, in questi casi, compilare la tabella C in sezioni separate, di cui una per il riparto delle spese relative alla corsa "normale" dell’ascensore, una per la corsa "straordinaria" di accesso al o agli interrati e un’altra per la corsa "straordinaria" che conduce al lastrico o alla soffitta ecc.
In primo luogo bisognerà individuare la frazione di millesimi totali da attribuire alle corse straordinarie rispetto a quella normale. Non essendovi parametri obiettivi atti a definire esattamente la proporzione di utilizzo dell’ascensore per accedere al o ai piani interrati rispetto a quelli per raggiungere i piani di elevazione, si potrebbe far riferimento al rapporto esistente fra i valori condominiali delle due parti del fabbricato, applicando la seguente formula risolutiva:
Mi = (Vi.1000) : (SVi + SVe)
in cui
Mi = millesimi relativi alla corsa straordinaria per il raggiungimento del o dei piani interrati;
SVi = somma dei valori condominiali (tabella A) delle unità site al o ai piani interrati;
SVe = somma dei valori condominiali (tabella A) delle unità immobiliari site nei piani in elevazione (con esclusione di pianterreni e negozi).
Si procederà quindi alla ripartizione dei millesimi Mi fra le varie unità interrate con lo stesso metodo proposto in precedenza per i piani in elevazione (altezza di piano e valori), tenendo presente che:
– quando il piano interrato è uno solo – come nella maggioranza dei casi –, essendovi una sola altezza, la ripartizione avverrà esclusivamente in proporzione ai valori millesimali di proprietà;
– in presenza di più piani interrati (più raramente), la proporzione di spesa per piano dovrà aumentare in ragione della distanza verticale fra la quota degli interrati e il livello del piano di partenza della corsa "normale" dell’ascensore (altezza negativa), così che il secondo piano sotterraneo contribuirà in misura doppia del primo ecc.
In caso di esistenza di lastrico solare accessibile, di soffitta comune o divisa in locali-ripostiglio ecc. nel determinare i millesimi da attribuire alla relativa corsa straordinaria, bisognerà, caso per caso, verificare quali funzioni svolge la pertinenza, e, in rapporto a questo, stabilire nel regolamento di condominio una certa quota sulla cui entità non è possibile fornire indicazioni generalmente valide; si può soltanto aggiungere che dovrà trattarsi comunque di una quota "in modica misura", così come suggerisce l’art. 225 del R.D. 1165 del 28 aprile 1938.
Il riparto dei millesimi fra le varie unità, in questo caso, avverrà in proporzione delle altezze intercorrenti fra il livello a cui è sita la pertinenza e i vari piani, e, nell’ambito di questi ultimi, in ragione dei valori delle singole proprietà, con esclusione della o delle unità immobiliari che, per contratto o per regolamento, non hanno diritto di accesso alla pertinenza.
Un’ultima considerazione va fatta a proposito dei condomini in cui è consentita la destinazione degli appartamenti anche a uso ufficio.
Di regola, in questi casi, il regolamento di condominio prevede una opportuna maggiorazione per le unità adibite a ufficio che tiene conto del maggior uso dell’ascensore in conseguenza dell’afflusso di pubblico ai detti locali.
mancanza di disposizioni regolamentari, sarà l’assemblea condominiale che, con le opportune maggioranze, potrà deliberare un aggravio di oneri a carico dei proprietari delle unità immobiliari destinate a uffici.
Altre informazioni si possono trovare qui:
http://www.studioimpreza.it/Documenti/Normative/Ascensore_condominiale.pdf
Ascensori: maggioranze più basse sull’installazione per disabili
L’installazione di un ascensore è considerata un innovazione gravosa da approvare sia in prima che in
seconda convocazione, deve con il voto favorevole della maggioranza dei condòmini e di due terzi dei millesimi di proprietà. Resta
facoltà dei singoli installarsi l’ascensore a proprie spese a norma
dell’articolo 1102 del codice civile.
La legge 13/89 sull’eliminazione delle barriere
architettoniche permette però una riduzione del quorum assembleare.
Allora la maggioranza necessaria si abbassa, e cioè in
seconda convocazione dell’assemblea, a un terzo dei condòmini
e a un terzo del valore dell’edificio. Decorsi tre mesi dalla richiesta del
disabile, se l'assemblea non si pronuncia lui, o chi ne eserciti
la tutela o potestà, potrà installare l’ascensore o, per ragioni di risparmio,
installerà un servoscala o altre strutture mobili
facilmente rimovibili, a proprie spese. Se è un
inquilino, dovrà però avere l'assenso del proprietario. La giurisprudenza ha comunque chiarito che, per far uso della legge 13/89 non
occorre che il portatore di handicap abiti nel palazzo: ha infatti preso
rilievo la necessità di rendere accessibile il condominio anche a visitatori
esterni.
L’ascensore, per essere giudicato accessibile
agli handicappati, deve avere tutte le caratteristiche previste dalle norme
tecniche in materia. Primo tra tutti il Decreto Ministeriale
dei Lavori Pubblici 4 giugno 1989 n. 236, che stabilisce criteri di larghezza delle
porte aperte, di dimensioni della cabina, di ampiezza dei pianerottoli
antistanti, di posizione delle bottoniere, di tempi di apertura e chiusura
delle porte automatiche e così via ..