Finanziaria 2007, Bersani e decreto fiscale: le risposte delle Entrate alla stampa

Agenzia Entrate , circolare 16.02.2007 n° 11

3 Interventi di recupero del patrimonio edilizio

3.1 Totale demolizione e fedele ricostruzione: aliquota IVA

D. L'art. 3 del DPR 380/2001 ha incluso tra gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui alla lettera d) anche quelli di totale demolizione e fedele ricostruzione di edifici preesistenti. Poiché non è stato, però, soppresso l'art. 31 della legge n. 457/78, si chiede di sapere se la predetta inclusione abbia o meno effetto ai fini dell'applicazione dell'aliquota Iva del 10% ai sensi del n. 127-quaterdecies) della tabella A, parte III, allegata al DPR 633/72.

In caso di risposta affermativa, si chiede di confermare se, qualora l'intervento di totale demolizione e fedele ricostruzione riguardi un fabbricato cd. "Tupini", oppure un'abitazione "prima casa", sia possibile applicare il trattamento di maggior favore (aliquota 4%) previsto per la nuova costruzione di tali fabbricati e abitazioni.

R. La tabella A, parte III, n. 127-quaterdecies), del D.P.R. n. 26 ottobre 1972, n. 633, prevede l'applicazione dell'aliquota Iva ridotta del dieci per cento per le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione di case di abitazione non di lusso, diverse dalle c.d. prime case, e alla realizzazione degli interventi di recupero del patrimonio edilizio, di cui all'art. 31, comma 1, lett. c), d) ed e), della legge n. 457/78, concernenti, rispettivamente, il restauro e il risanamento conservativo, la ristrutturazione edilizia e la ristrutturazione urbanistica.

Le previsioni contenute nella lett. d) dell'art. 31, della legge n. 457/78, sono state integrate per effetto dell'articolo 3 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamenti in materia edilizia, approvato con D.P.R. n. 380/2001, che ha sostituito, con modificazioni, l'art. 31 in discussione.

Ai sensi del comma 1, lett. d), del citato art. 3, nella categoria degli interventi di ristrutturazione sono ricompresi "anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica".

Al riguardo, la scrivente ritiene che, sebbene la tabella A, parte III, n. 127-quaterdecies), del D.P.R. n. 633 del 1972, faccia espresso riferimento all'art. 31 della legge n. 457/78, e non all'art. 3 del D.P.R. n. 380/2001, atteso il carattere interpretativo del predetto art. 3, l'aliquota Iva agevolata del dieci per cento sia applicabile anche ai contratti di appalto relativi alla demolizione e fedele ricostruzione, a condizione che i lavori di ricostruzione dell'edificio avvengano nel rispetto della volumetria e della sagoma di quello preesistente.

Ciò chiarito, in merito al secondo quesito, relativo alla realizzazione di interventi di demolizione e fedele ricostruzione di un fabbricato cd. "Tupini", oppure di una "prima casa", la scrivente ritiene che non possa trovare applicazione il trattamento fiscale di maggior favore, consistente nell'applicazione dell'aliquota Iva agevolata del quattro per cento prevista, ai sensi della tabella A, parte II, del D.P.R. n. 633/72, punto n. 39), per i contratti di appalto relativi alla nuova costruzione di tali fabbricati o abitazioni.

Ciò in considerazione del fatto che a seguito dell'interpretazione autentica operata dal T.U. dell'edilizia, gli interventi di demolizione e fedele ricostruzione non possono essere ricondotti alle ipotesi di nuova costruzione, bensì concretizzano interventi di recupero di edifici preesistenti.

 

3.2 Indicazione in fattura del costo della monodopera

D. La legge finanziaria 2007, nel prorogare le agevolazioni fiscali previste, ai fini dell'Irpef e dell'Iva, per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, ha previsto che le stesse spettino a condizione che in fattura sia indicato il costo della manodopera. Al riguardo, si chiedono chiarimenti circa le tipologie di interventi cui si riferisce l'obbligo in discussione, le modalità con cui debba essere rispettato tale obbligo e le tipologie di contratto interessate.

R. La legge finanziaria 2007 (art. 1, comma 387) ha prorogato per il medesimo anno le agevolazioni fiscali previste, ai fini dell'Irpef e dell'Iva, in materia di interventi di recupero del patrimonio edilizio. Si tratta di una detrazione, riconosciuta ai fini dell'Irpef, in misura pari al trentasei per cento delle spese sostenute ed effettivamente rimaste a carico, nel limite di euro 48.000 per ciascuna unità immobiliare, per la realizzazione degli interventi di cui alle lettere a), b), c), e d), dell'art. 31, primo comma, della legge n. 457/78, e dell'applicazione dell'aliquota Iva ridotta del dieci per cento sulle prestazioni aventi ad oggetto gli stessi interventi.

Nel prorogare le agevolazioni fiscali sopra citate, detta legge finanziaria ha previsto, altresì, al comma 388, che le stesse spettino a condizione che il costo della relativa manodopera sia evidenziato in fattura.

Tale obbligo - inizialmente previsto dall'art. 35, comma 19, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, per la sola detrazione ai fini Irpef delle spese sostenute a decorrere dal 4 luglio 2006 - è stato introdotto al fine di contrastare il lavoro irregolare nel settore dell'edilizia.

La legge finanziaria 2007 ha previsto che l'obbligo di evidenziazione in fattura del costo della manodopera sia necessario anche per la fruizione dell'agevolazione di cui all'art. 7, comma 1, lett. b), della legge 23 dicembre 1999, n. 488, consistente nell'applicazione dell'aliquota Iva ridotta del 10 per cento agli interventi di recupero del patrimonio edilizio di cui alle lettere a), b), c), e d) della legge n. 457 del 1978.

Circa le modalità con cui deve essere rispettato l'obbligo in discussione si fa presente, in primo luogo, che il costo della manodopera può essere indicato quale dato complessivo, senza che sia necessaria una evidenziazione puntuale in ordine ai singoli dipendenti impiegati.

Inoltre, si precisa che nel caso di una ditta individuale, che renda la prestazione di servizio attraverso l'attività del solo titolare, non andrà indicato alcun costo per la manodopera da lui prestata. Peraltro dovrà essere fatta menzione di tale circostanza nella fattura emessa.

Nel caso di un'impresa con dipendenti, in cui anche il datore di lavoro partecipa alle fasi di lavoro, l'imprenditore avrà l'obbligo di specificare il costo della manodopera impiegata, al netto del costo riferibile al proprio apporto di lavoro.

Circa le tipologie di contratto interessate, non espressamente indicate nella norma, si precisa che anche nel caso in cui i lavori siano effettuati dalla ditta incaricata, avvalendosi, in tutto o in parte, delle prestazioni lavorative rese da un soggetto non dipendente che opera in forza di un contratto di opera o di un subappalto, nella fattura dovrà essere fatta menzione di tale circostanza, evidenziando sia il costo della manodopera impiegata direttamente, sia quello della manodopera impiegata da eventuali appaltatori o subappaltatori, secondo l'ammontare da questi ultimi comunicato.

Ciò in quanto il predetto costo rileva, comunque, come costo complessivo della manodopera per l'esecuzione dell'intervento oggetto dell'agevolazione fiscale in materia di recupero del patrimonio edilizio.

Infine, si ritiene che la norma debba intendersi applicabile, oltre che ai contratti d'appalto e d'opera, anche alle ipotesi contrattuali riconducibili alla categoria delle cessioni di beni con posa in opera degli stessi.

 

4 IVA

 

4.1 Requisiti per il regime di franchigia Iva

D. Tra i requisiti di accesso al regime speciale di cui all'art. 32-bis del DPR 633/72, vi è l'assenza di cessioni all'esportazione. Si chiede di chiarire la portata di tale nozione, ovverosia se essa identifichi le sole operazioni di cui all'art. 8, primo comma, lettere a) e b), del DPR 633/72, oppure anche quelle della lettera c), quelle assimilate di cui agli articoli 71 e 72, quelle di cui agli articoli 8-bis e 9.

R. L'art. 32-bis del D.P.R. n. 633 del 1972, nello stabilire i requisiti di accesso al regime dei contribuenti minimi in franchigia, esclude che possano rientrare in detto regime i soggetti che effettuano cessioni all'esportazione.

Nella norma si fa generico riferimento alle cessioni all'esportazione; pertanto, attesa l'ampia formulazione, deve ritenersi che essa voglia ricomprendere non solo le cessioni di cui all'articolo 8, primo comma, lettere a) e b), del D.P.R. n. 633 del 1972, ma anche quelle di cui alla lettera c) dello stesso articolo, nonché quelle disciplinate rispettivamente dall'articolo 8-bis (operazioni assimilate alle cessioni all'esportazione), dall'articolo 9 (servizi internazionali o connessi con gli scambi internazionali), dall'articolo 71 (operazioni con lo Stato della Città del Vaticano e con la Repubblica di San Marino) e dall'articolo 72 (trattati e accordi internazionali) del medesimo decreto.

A queste conclusioni si è pervenuti anche in considerazione del fatto che, sul piano della traslazione dell'imposta, differenti sono gli effetti dell'applicazione del regime di franchigia rispetto a quello di non imponibilità.

Nel primo caso, infatti, gli operatori non addebitano l'imposta in via di rivalsa e non hanno diritto alla detrazione dell'IVA assolta a monte, la quale è incorporata nel prezzo sotto forma di c.d. "IVA occulta"; nel secondo caso, invece, i soggetti non addebitano l'imposta a valle ma hanno diritto a detrarre l'IVA assolta a monte.

Pertanto, i soggetti in franchigia che intendessero effettuare operazioni in regime di non imponibilità ai sensi del citato articolo 8, primo comma, lettera c), devono necessariamente uscire dal regime ed assoggettarsi alle regole normali di applicazione dell'imposta; resta fermo che le medesime operazioni possono essere realizzate come cessioni interne in regime di franchigia, atteso che non comportano la spedizione dei beni al fuori del territorio nazionale.

A conferma di ciò, si richiama la disposizione di cui all'articolo 41, comma 2-bis, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, che stabilisce espressamente che le cessioni di beni effettuate dai soggetti in franchigia non sono cessioni intracomunitarie e sono, così, trattate alla stregua di cessioni interne senza diritto di rivalsa (cfr. circolare n. 28/E del 4 agosto 2006, paragrafo 52.10).

 

4.2 Detrazione Iva in occasione di congressi: ambito soggettivo

D. In relazione alle modifiche apportate dalla legge finanziaria 2007 all'art. 19-bis1, lett. e), del DPR n. 633 del 1972, si chiede se sia corretto che il diritto di detrazione dell'Iva sulle somministrazioni di pasti e sulle prestazioni alberghiere erogate in occasione di convegni, congressi e simili competa a tutti i soggetti passivi (es. partecipanti, relatori), fermi restando, naturalmente, i presupposti dell'inerenza e dell'afferenza del costo.

R. L'art. 19-bis1 del DPR n. 633 del 1972, in deroga a quanto previsto dall'art. 19 dello stesso decreto, disciplina i casi di esclusione o di riduzione della detrazione dell'Iva relativa all'acquisto di determinati beni e servizi per i quali risulta difficile stabilire la loro inerenza all'attività esercitata dal contribuente e la loro utilizzazione per l'effettuazione di operazioni che danno il diritto alla detrazione.

In particolare, l'art. 19-bis1 del DPR n. 633 del 1972 sopra citato, nel testo vigente fino al 31 dicembre 2006, prevedeva al comma 1, lett. e), la non detraibilità dell'Iva relativa a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande, ad eccezione dell'ipotesi in cui le stesse formassero oggetto dell'attività propria dell'impresa.

L'art. 1, comma 304, della legge finanziaria 2007 ha modificato il comma 1, lett. e), dell'art. 19-bis1 sopra citato, prevedendo la detraibilità dell'imposta relativa alle prestazioni alberghiere, alle somministrazioni di alimenti e bevande, inerenti alla partecipazioni a convegni, congressi e simili, erogate nei giorni di svolgimento degli stessi.

Il successivo comma 305 precisa però che, per l'anno 2007, la detrazione sopra indicata spetta solo nella misura del cinquanta per cento.

Al riguardo, si fa presente che, in base alle nuove disposizioni, sono ammessi a fruire del diritto alla detrazione dell'Iva, addebitata in relazione alle somministrazioni di pasti e alle prestazioni alberghiere erogate in occasione di convegni, congressi e simili, tutti i soggetti passivi che acquistano le predette prestazioni per lo svolgimento dell'attività di impresa, arte o professione esercitata.

E' possibile quindi che, sussistendo i richiamati presupposti, anche i relatori possano esercitare il diritto alla detrazione dell'Iva.

 

4.3 Detrazione Iva in occasione di congressi: ambito temporale

D. L'articolo 1, comma 304, della legge finanziaria 2007 ha parzialmente derogato alla previsione di indetraibilità oggettiva riportata nell'art. 19-bis1, lettera e), del D.P.R. n. 633/72 e consente di detrarre l'IVA assolta sulle prestazioni alberghiere e sulle somministrazioni di alimenti e bevande "inerenti alla partecipazione a convegni, congressi e simili, erogate nei giorni di svolgimento degli stessi".

Si chiede di sapere se la detrazione può essere effettuata oltre che per tutte le prestazioni alberghiere e di ristorazione erogate nelle giornate durante le quali si svolgono le manifestazioni anche per quelle relative alla notte precedente e alla notte seguente al congresso.

R. L'art. 1, comma 304, della legge finanziaria 2007 prevede la detraibilità dell'Iva pagata sulle prestazioni alberghiere e sulla somministrazione di alimenti e bevande, in occasione di partecipazione a convegni, congressi ed eventi similari.

Riferendosi alle prestazioni erogate nei giorni di svolgimento dei convegni, detta norma intende permettere la detrazione dell'Iva assolta con riferimento alle spese alberghiere e di ristorazione strettamente inerenti e necessarie ai fini della partecipazione alle attività congressuali.

Le modalità di organizzazione dell'evento o la localizzazione dello stesso rispetto al domicilio dei partecipanti possono rendere necessario sostenere tali spese nel giorno immediatamente antecedente al suo svolgimento o nel periodo immediatamente successivo.

Ai fini del riconoscimento della detrazione si ritiene, pertanto, che possano essere considerate non soltanto le spese per le prestazioni alberghiere e di ristorazione che sono erogate nei giorni di svolgimento dell'evento (a cui testualmente fa riferimento la norma), ma anche le spese, relative agli stessi servizi, il cui sostenimento è comunque necessario per la partecipazione alle attività congressuali.

 

4.4 Iva nel periodo di vigenza del D.L. n 223/06

D. L'art. 1, comma 292, della legge finanziaria 2007 dispone fra l'altro che le cessioni di fabbricati strumentali poste in essere nel periodo compreso tra il 4 luglio e l'11 agosto 2006, in base alle disposizioni contenute nel d.l. n. 223 del 2006 non convertite in legge, devono essere considerate esenti come in effetti è avvenuto in tale periodo.

Tuttavia la legge consente la facoltà di optare per l'applicazione dell'Iva dandone comunicazione nella prossima dichiarazione annuale Iva.

La norma nulla dispone però in ordine all'addebito dell'Iva al cliente, al diritto di rivalsa, nonché al diritto alla detrazione da parte dell'acquirente.

Si chiede pertanto quale siano le modalità di applicazione dell'Iva per le cessioni di fabbricati strumentali poste in essere dal 4 luglio all' 11 agosto 2006 da parte delle imprese che intendono optare per l'applicazione dell'Iva ed entro quale termine debba avvenire la predetta regolarizzazione.

R. La legge finanziaria 2007, all'art. 1, comma 292, disciplina l'efficacia di talune norme contenute nel d.l. n. 223 del 2006, oggetto di modifica da parte della relativa legge di conversione. Tali norme riguardano, in particolare il trattamento da riservare, ai fini dell'Iva e dell'imposta di registro, alle cessioni e locazioni, anche finanziarie, di immobili.

In particolare, il citato comma 292 fa salvi gli effetti prodotti dall'applicazione delle norme, non convertite, contenute nell'art. 35, commi 8, lettera a), e 10, del d.l. n. 223 del 2006, le quali, in sintesi, prevedevano l'applicazione generalizzata del regime di esenzione da Iva alle cessioni e locazioni, anche finanziarie, di immobili, consentendo, tuttavia, per le cessioni di immobili strumentali poste in essere tra il 4 luglio e l'11 agosto (giorno anteriore all'entrata in vigore della legge di conversione) la facoltà di esercitare l'opzione prevista dalla legge di conversione per l'imponibilità ad Iva.

Con la previsione normativa in discorso, in sostanza, da un lato sono stati salvaguardati i rapporti economici sorti nel periodo di vigenza del decreto legge e, dall'altro, attraverso il riconoscimento della possibilità di optare per l'imposizione, sono state evitate disparità di trattamento fiscale tra coloro che hanno compiuto operazioni nel periodo di vigenza del decreto e coloro che hanno agito successivamente all'entrata in vigore della legge di conversione.

Con riferimento ai profili applicativi della norma, il cedente, qualora voglia optare per l'imposizione, dovrà operare una variazione in aumento dell'imposta ai sensi dell'art. 26, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972. L'emissione della apposita fattura integrativa (nota di addebito) per l'Iva dovuta dal cessionario rappresenta il comportamento concludente che esprime l'esercizio dell'opzione.

Il comma 292 dispone che l'opzione esercitata deve essere comunicata nella dichiarazione Iva per l'anno 2006.

Il termine di presentazione della dichiarazione costituisce, pertanto, il termine ultimo entro cui esercitare l'opzione per l'imponibilità. Tuttavia, al fine di garantire la certezza dei rapporti giuridici sorti nel periodo di vigenza delle norme oggetto di mancata conversione, sarà opportuno che l'addebito dell'Iva alla controparte, da parte del cedente, avvenga tempestivamente.

 

5 REVERSE CHARGE IVA IN EDILIZIA

 

5.1 Soggetti esteri

D. In seguito alla modifica dell'art. 17, sesto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, introdotta dall'art. 1, comma 44, della legge finanziaria per il 2007, il meccanismo dell'inversione contabile (c.d. reverse-charge) è stato esteso alle prestazioni di servizi rese, nel settore dell'edilizia, da soggetti subappaltatori nei confronti di imprese che svolgono attività di costruzione e ristrutturazione di immobili, ovvero nei confronti dell'appaltatore principale o di un altro subappaltatore.

In considerazione dell'estensione dell'ambito soggettivo di applicazione del meccanismo di reverse-charge, si pongono i seguenti quesiti:

- nel caso in cui sia l'appaltatore principale che il subappaltatore siano soggetti esteri non stabiliti in Italia, sono entrambi tenuti ad identificarsi o a nominare il rappresentante fiscale per assolvere gli obblighi del tributo, ovvero, è sufficiente che acquisisca la partita IVA soltanto l'appaltatore (o il subappaltatore) debitore dell'imposta che applica il meccanismo dell'inversione contabile di cui all'art. 17, comma sesto, del D.P.R. n. 633 del 1972?

- il subappaltatore che è un soggetto comunitario, senza stabile organizzazione in Italia, e che effettua solo prestazioni edili nei confronti di appaltatori o subappaltatori stabiliti e, quindi, solo prestazioni assoggettate ad imposta con il meccanismo del reverse-charge, può chiedere il rimborso ai sensi della VIII direttiva comunitaria recepita nell'art. 38-ter del D.P.R. n. 633 del 1972?

- nel caso in cui una fattura, relativa ad una prestazione di subappalto, che avrebbe dovuto essere assoggettata ad imposta dal committente con il meccanismo del reverse-charge, sia stata emessa erroneamente con IVA, è possibile correggere l'errore emettendo una nota di credito ai sensi dell'art. 26 del D.P.R. n. 633 del 1972 ed emettere una nuova fattura corretta? La variazione può intervenire anche oltre il termine di un anno di cui al terzo comma del richiamato art. 26?

R. Il meccanismo del reverse-charge trasferisce dal cedente al cessionario gli obblighi connessi all'assolvimento dell'IVA, in deroga alla disposizione normativa contenuta nel primo comma dell'art. 17 del D.P.R. n. 633 del 1972.

Il meccanismo sopra descritto è stato esteso, ad opera dei recenti provvedimenti normativi, anche alle operazioni poste in essere nel settore edile tra subappaltatore e appaltatore (o altro subappaltatore). Si ritiene che, nel caso in cui l'appaltatore ed il subappaltatore siano entrambi soggetti esteri, non stabiliti in Italia, soltanto l'appaltatore, in quanto debitore d'imposta in virtù dell'applicazione del regime di reverse-charge, sia tenuto ad identificarsi direttamente in Italia, ovvero, in alternativa, a nominare un rappresentante fiscale, ai sensi dell'art. 17, secondo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972. Questa soluzione si muove nell'ottica di una semplificazione degli adempimenti e tende ad evitare una duplicazione di obblighi senza effettivi vantaggi per il fisco.

Per quanto riguarda il secondo quesito, si ritiene che il subappaltatore, ove sia un soggetto comunitario senza stabile organizzazione in Italia, che abbia effettuato esclusivamente prestazioni di servizi nell'ambito del settore edile (assoggettate al regime di reverse-charge) nei confronti di un appaltatore (o altro subappaltatore) stabilito in Italia, potrà chiedere il rimborso ai sensi della VIII direttiva comunitaria, recepita nell'art. 38-ter del D.P.R. n. 633 del 1972.

Infatti, sebbene le prestazioni di servizi di costruzione non rientrino tra le operazioni espressamente indicate dall'art. 38-ter, la cui effettuazione nello Stato non preclude la possibilità di ottenere il rimborso, è necessario interpretare la normativa nazionale alla luce della disciplina prevista dalla direttiva comunitaria n. 2006/112/CEE. In particolare, secondo il combinato disposto degli articoli 171 e 199 della suddetta direttiva, deve ammettersi il rimborso dell'IVA a favore dei soggetti passivi che abbiano posto in essere, nello Stato membro in cui effettuano acquisti di beni e servizi gravati da imposta, unicamente operazioni attive rispetto alle quali il destinatario di tali operazioni sia stato designato come debitore dell'imposta in virtù del meccanismo di reverse-charge.

Con riferimento all'ultimo quesito, si ritiene che, nel caso in cui il subappaltatore abbia emesso erroneamente con IVA una fattura relativa ad una prestazione che avrebbe dovuto essere assoggettata ad imposta dal committente secondo il meccanismo del reverse-charge, sia possibile correggere l'errore emettendo una nota di accredito entro il termine di un anno dall'effettuazione dell'operazione, ai sensi dell'art. 26, terzo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, che obbliga il committente alle conseguenti variazioni.

In altri termini, il rispetto del termine previsto dal richiamato articolo 26, terzo comma, è necessario, in quanto l'indicazione di un ammontare di imposta differente rispetto a quello reale concretizza l'ipotesi di inesattezza della fatturazione prevista dalla norma in discorso.

 

5.2 Rilevanza della destinazione ultima della prestazione.

D. Si domanda se il meccanismo dell'inversione contabile trova o meno applicazione nelle ipotesi in cui il committente principale dei lavori edili è un impresa alberghiera che effettua la ristrutturazione o la manutenzione del fabbricato strumentale, o nel caso di un professionista che provvede alla manutenzione del proprio studio.

R. Il meccanismo del reverse charge in edilizia, si applica alle prestazioni di servizi rese da un soggetto subappaltatore che opera in uno dei settori indicati nella sezione F delle tabelle di classificazione delle attività economiche ATECOFIN (2004), nei confronti di un altro soggetto IVA, operante nel settore edile, che agisce a sua volta quale appaltatore o subappaltatore.

Non assume rilevanza, invece, la qualità del soggetto che si pone quale committente principale, nè il settore economico in cui lo stesso opera.

Infatti, il nuovo comma 6 dell'art. 17 del D.P.R. 633 del 1972, ai fini dell'applicazione del regime del reverse charge non richiede che il committente principale sia necessariamente un'impresa che opera nel settore della costruzione o ristrutturazione di immobili. Come chiarito con la circolare n. 37/E del 29 dicembre 2006, affinché il sistema dell'inversione contabile trovi applicazione, occorre che ricorrano requisiti soggettivi specifici, relativi all'appartenenza al comparto edilizio, solo in capo ai soggetti appaltatori e subappaltatori e non anche a coloro che risultano committenti degli interventi edili.

Pertanto il regime dell'inversione contabile deve trovare applicazione, ricorrendo i presupposti sopra richiamati, anche nelle ipotesi in cui il committente dei lavori sia una impresa alberghiera o un professionista, ma ovviamente non nei suoi confronti (l'appaltatore applicherà regolarmente l'IVA nei suoi confronti, in quanto il rapporto tra committente e appaltatore non è interessato dalla norma di cui all'art. 17, comma 6).

 

5.3 Costruzione e installazione infissi

D. Si chiede di confermare se la produzione di infissi, accompagnata dalla posa in opera, rientrando fra le attività di falegnameria (c.a. 20.30.2), non sia soggetta al reverse charge, indipendentemente dalla circostanza che il rapporto contrattuale con il committente si configuri come fornitura con posa in opera oppure appalto.

R. La circolare n. 37 del 2006, individua le prestazioni per le quali deve essere adottato il sistema del reverse-charge attraverso il riferimento alla tabella di classificazione delle attività economiche ATECOFIN (2004). Più precisamente, occorre far riferimento alla sezione F, che individua le prestazioni rese nell'ambito del settore edile, intitolata "Costruzioni".

Il meccanismo del reverse-charge è applicabile, quindi, solo nei casi in cui il soggetto subappaltatore opera nel quadro di un'attività riconducibile alla predetta sezione F.

La produzione di infissi, rientrante nell'attività di falegnameria di cui alla voce 20.30.2, non è riconducibile al settore edile e, pertanto, non è soggetta al reverse-charge a prescindere dalla tipologia contrattuale che lega il prestatore e il committente.

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