Agenzia delle Entrate Circolare n. 28 del 04.08.2006
Oggetto: Decreto - legge n. 223 del 4 luglio 2006 - Primi chiarimenti.
INDICE
1. SOMMINISTRAZIONE DI ALIMENTI E BEVANDE NEI LOCALI DA BALLO - ALIQUOTA IVA (ART. 35, COMMA 1)
2. ACCERTAMENTO VALORE NELLE CESSIONI DI IMMOBILI (ART. 35, COMMI 2, 3, 4 E 23-BIS)
3. DISCIPLINA IVA NEL SUBAPPALTO (ART. 35, COMMI 5, 6, 6-BIS E 6-TER)
4.
NUOVE FATTISPECIE PENALI: OMESSO VERSAMENTO IVA DOVUTA IN BASE ALLA
DICHIARAZIONE ED INDEBITA COMPENSAZIONE (ART. 35, COMMA 7)
5. REVISIONE DEL REGIME FISCALE DI CESSIONE DEI FABBRICATI - RINVIO (ART. 35, COMMI DA 8 A 10-SEXIES)
6. TRATTAMENTO FISCALE DELL'ACQUISTO DI VEICOLI A MOTORE E DELLE RELATIVE SPESE (ART. 35, COMMA 11)
7. OBBLIGHI CONTABILI ESERCENTI ARTI E PROFESSIONI (ART. 35, COMMA 12 E 12-BIS)
8. SOCIETA' ED ENTI ESTEROVESTITI (ART. 35, COMMI 13 E 14)
8.1. Requisiti di applicabilità
8.2. Effetti
8.3. Prova contraria
8.4. Compatibilità con il trattato dell'unione europea e con le convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall'Italia
8.5. Collegamento con l'art. 167 del tuir
8.6. Decorrenza
9. SOCIETA' NON OPERATIVE (ART. 35, COMMI 15 E 16)
10. RETRODATAZIONE DEGLI EFFETTI FISCALI DELLE FUSIONI E DELLE SCISSIONI (ART. 35, COMMI 17 E 18)
11. AGEVOLAZIONI IN MATERIA DI RISTRUTTURAZIONI EDILIZIE (ART. 35, COMMI 19, 20, 35-TER E 35-QUATER)
12. TRASFERIMENTI IMMOBILIARI - DISCIPLINA AI FINI DELL'IMPOSTA DI REGISTRO (ART. 35, COMMI 21, 22 E 23)
13. DETRAZIONE PER ONERI DI INTERMEDIAZIONE IMMOBILIARE (ART. 35, COMMA 22-BIS)
14. RETTIFICA DI VALORE E DI CORRISPETTIVO AI FINI DELL'IMPOSTA DI REGISTRO (ART. 35, COMMA 23-TER):
15. ATTRIBUZIONI E POTERI DEGLI UFFICI DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE AI FINI DELL'IMPOSTA DI REGISTRO (ART. 35, COMMA 24)
16. POTERI DEGLI AGENTI DELLA RISCOSSIONE (ART. 35, COMMI 25, 26 E 26-BIS)
17. SANATORIA CONCESSIONARI DELLA RISCOSSIONE (ART. 35, COMMI 26-TER E 26-QUATER)
18.
IMPUGNABILITA' DELLE ISCRIZIONI IPOTECARIE SU IMMOBILI E DEI
PROVVEDIMENTI DI FERMO AMMINISTRATIVO (ART. 35, COMMA 26-QUINQUIES)
19. COMUNICAZIONI ALL'ANAGRAFE TRIBUTARIA (ART. 35, COMMA 27)
20. RITENUTE E CONTRIBUTI DOVUTI DA APPALTATORI E SUBAPPALTATORI (ART. 35, COMMI DA 28 A 34)
21. INVIO TELEMATICO DEI CONTRATTI RELATIVI AI CALCIATORI PROFESSIONISTI (ART. 35, COMMA 35-BIS)
22. SERVIZI DI TELEFONIA PUBBLICA - ELEVAZIONE ALIQUOTA IVA (ART. 36, COMMA 1)
23. DEFINIZIONE DI AREA FABBRICABILE (ART. 36, COMMA 2)
24. REGIME DI ESCLUSIONE DAL REDDITO DEGLI UTILI PROVENIENTI DAI PAESI A FISCALITA' PRIVILEGIATA (ART. 36, COMMI 3, 4 E 4-BIS)
25. AMMORTAMENTO DEI BENI MATERIALI - ARTICOLO 102 TUIR (ART. 36, COMMI 5, 6, 6-BIS E 6-TER)
26. INDEDUCIBILITA' AMMORTAMENTO TERRENI (ART. 36, COMMI 7 E 8)
27. RIPORTO PERDITE NELLA TRASPARENZA FISCALE (ART. 36, COMMI 9 - 11)
28. DISPOSIZIONE IN MATERIA DI RIPORTO ILLIMITATO DELLE PERDITE (ART. 36, COMMI 12-14)
28.1. Modifiche all'art. 84, comma 2
28.2. Modifiche all'art. 84, comma 3
29.
ABOLIZIONE ALIQUOTA AGEVOLATA PER I TRASFERIMENTI DI BENI IMMOBILI IN
AREE SOGGETTE A PIANI URBANISTICI PARTICOLAREGGIATI (ART. 36, COMMA 15)
30.
MODIFICHE AL REGIME DI TRASPARENZA DELLE SOCIETA' A RESPONSABILITA'
LIMITATA A RISTRETTA BASE PROPRIETARIA (ART. 36, COMMI 16 E 17)
31. MINUSVALENZE DERIVANTI DALL'ASSEGNAZIONE AI SOCI -ARTICOLO 101 TUIR (ART. 36, COMMI 18 E 19)
32. OPERE, FORNITURE E SERVIZI DI DURATA ULTRANNUALE -RIFORMA (ART. 36, COMMI 20 - 21)
33. ESCLUSIONE DELLA NO-TAX AREA PER I SOGGETTI NON RESIDENTI (ART. 36, COMMA 22)
33.1. Decorrenza e adempimenti
34. INCENTIVAZIONE PER L'ESODO DEI DIPENDENTI - MODIFICA AGEVOLAZIONE IRPEF (ART. 36, COMMA 23)
35.
RITENUTA A TITOLO DI ACCONTO PER I REDDITI DERIVANTI DALL'ASSUNZIONE DI
OBBLIGHI DI FARE, DI NON FARE O PERMETTERE (ART. 36, COMMA 24)
36. RIFORMA REGIME FISCALE DELLE C.D. STOCK OPTION (ART. 36, COMMI 25, 25-BIS E 26)
37. PERDITE DI LAVORO AUTONOMO E DI IMPRESE MINORI - REVISIONE REGIME FISCALE (ART. 36, COMMI 27 E 28)
38.
REDDITO DI LAVORO AUTONOMO - PLUSVALENZE E MINUSVALENZE - CESSIONE
CLIENTELA - SPESE SOSTENUTE DAL COMMITTENTE (ART. 36, COMMA 29)
39. CREDITO PER IMPOSTE SU REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE ALL'ESTERO (ART. 36, COMMA 30)
40. CAMPIONE D'ITALIA (ART. 36, COMMA 31)
41. SOSPENSIONE DEI VERSAMENTI PER PUBBLICHE CALAMITA' (ART. 36, COMMI 32 E 33)
42. ACCONTI IRES ED IRAP PER L'ANNO 2006 (ART. 36, COMMA 34)
43. NORMA DI INTERPRETAZIONE AUTENTICA SULLA QUALIFICAZIONE DEI PROVENTI ILLECITI (ART. 35, COMMA 34-BIS)
44.
MISURE URGENTI PER IL CONTRASTO DEL LAVORO NERO E PER LA PROMOZIONE
DELLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO (ART. 36-BIS, COMMA 7 E 8)
45. ATTRIBUZIONE DELLA QUALIFICA DI SOSTITUTO D'IMPOSTA AL CURATORE FALLIMENTARE E AL COMMISSARIO LIQUIDATORE (ART. 37, COMMA 1)
46. ACCERTAMENTO SULLA BASE DEGLI STUDI DI SETTORE (ART. 37, COMMI 2 E 3)
47. COMUNICAZIONE ALL'ANAGRAFE TRIBUTARIA (ART. 37, COMMI 4 E 5)
48. VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DEGLI OPERATORI FINANZIARI (ART. 37, COMMA 6)
49. POTERI DELL'ANAGRAFE TRIBUTARIA (ART. 37, COMMA 7)
50. ELENCO DEI CLIENTI E DEI FORNITORI (ART. 37, COMMI 8 E 9)
51.
MODIFICA DEI TERMINI E DELLE MODALITA' DI TRASMISSIONE DELLE
DICHIARAZIONI E DEI TERMINI DI VERSAMENTO (ART. 37, COMMI 10, 11, 12,
13, 14, 53, 54 E 55)
51.1 Modificazioni al regolamento di cui al
decreto del presidente della repubblica 22 luglio 1998, n. 322, in
materia di termini e modalità di presentazione delle dichiarazioni
(art. 37, comma 10)
51.2 Modificazioni al regolamento di cui al
decreto del presidente della repubblica del 7 dicembre 2001, n. 435, in
materia di termini di versamento delle imposte sui redditi e irap (art.
37, comma 11)
51.3. Modifica dei termini di presentazione e trasmissione del mod. 730 (art. 37, comma 12)
51.4. Adempimenti relativi all'imposta comunale sugli immobili (art. 37, commi 13, 53, 54 e 55)
52. FRANCHIGIA IVA PER CONTRIBUENTI MINIMI (ART. 37, COMMI DA 15 A 17)
52.1. Soggetti destinatari
52.2. Determinazione del volume d'affari
52.3. Casi in cui il regime della franchigia non è applicabile
52.4. Esonero dagli obblighi tributari ai fini iva
52.5. Adempimenti obbligatori
52.6. Esclusione dal diritto di rivalsa e di detrazione
52.7. Passaggio al regime della franchigia e rettifica della detrazione
52.8. Dichiarazione annuale
52.9. Rimborso dell'imposta a credito
52.10. Ulteriori modifiche
53. DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ATTRIBUZIONE DEL NUMERO DI PARTITA IVA (ART. 37, COMMI 18, 19 E 20)
54.
COMUNICAZIONE DATI DELLE IMPRESE DA PARTE DELLE CAMERE DI COMMERCIO,
INDUSTRIA, ARTIGIANATO ED AGRICOLTURA (ART. 37, COMMI 21, 21-BIS, 22 E
23)
55. TERMINI DI DECADENZA DELL'ACCERTAMENTO (ART. 37, COMMI DA 24 A 26)
56.
MODIFICHE ALLA DISCIPLINA DELLE NOTIFICAZIONI DEGLI ATTI TRIBUTARI
NONCHE' ALLA DISCIPLINA DELLE COMUNICAZIONI E NOTIFICAZIONI DEGLI ATTI
PROCESSUALI (ART. 37, COMMA 27 E 28)
57. POTERI ISTRUTTORI DELLA GUARDIA DI FINANZA. SANZIONI (ART. 37, COMMI 29 E 30)
58. COMUNICAZIONI DI VIOLAZIONI TRIBUTARIE (ART. 37, COMMA 31)
59. POTERI DEGLI UFFICI IN MATERIA DI ACCERTAMENTO (ART. 37, COMMA 32)
60. COMUNICAZIONE TELEMATICA DEI CORRISPETTIVI (ART. 37, COMMI DA 33 A 37)
61. PLUSVALENZE DERIVANTI DA CESSIONI DI IMMOBILI OGGETTO DI DONAZIONI (ART. 37, COMMI 38 E 39)
62. NOTIFICA CARTELLE DI PAGAMENTO E TASSAZIONE INDENNITA' DI FINE RAPPORTO (ART. 37, COMMI DA 40 A 43)
63 NOTIFICA DELLE CARTELLE DI PAGAMENTO CONSEGUENTI AI CONDONI (ART. 37, COMMA 44)
64. AMMORTAMENTO DEI BENI IMMATERIALI - ARTICOLO 103 TUIR (ART. 37, COMMI 45 - 46)
65. SPESE RELATIVE A STUDI E RICERCHE (ART. 37, COMMI 47 E 48)
66. VERSAMENTI DOVUTI DAI TITOLARI DI PARTITA IVA (ART. 37, COMMA 49)
67. RIMBORSO TRIBUTI - ESCLUSIONE DELL'ANATOCISMO (ART. 37, COMMA 50)
68. PROGRAMMAZIONE FISCALE CONCORDATA (ART. 37, COMMA 51)
69. ATTI E CONTRATTI STIPULATI O POSTI IN ESSERE NEL GIORNO DI PUBBLICAZIONE DEL DECRETO (ART. 40-BIS)
PREMESSA
La
presente circolare fornisce i primi chiarimenti in merito alle
disposizioni di carattere fiscale contenute nel decreto-legge 4 luglio
2006, n. 223 (di seguito decreto), definitivamente approvato dalla
Camera dei Deputati il 3 agosto 2006 (la legge di conversione è in
corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale), con lo scopo
principale di illustrare il contenuto complessivo del decreto ed
agevolarne la lettura.
Ulteriori problematiche applicative ed
interpretative relative a specifiche disposizioni saranno oggetto di
successivo approfondimento.
1 SOMMINISTRAZIONE DI ALIMENTI E BEVANDE NEI LOCALI DA BALLO - ALIQUOTA IVA (ART. 35, COMMA 1)
Il
comma 1 dell'articolo 35 del decreto, inserendo il comma 6-bis
all'articolo 74-quater del DPR n. 633 del 1972, recante "disposizioni
per le attività spettacolistiche", dispone che, ai fini
dell'individuazione dell'aliquota IVA, le somministrazioni di alimenti
e bevande effettuate nelle sale da ballo e nelle discoteche ed
obbligatoriamente imposte ai frequentatori dei predetti locali si
considerano accessorie alle prestazioni principali di intrattenimento o
spettacolo ivi svolte.
In base all'articolo 12, primo comma, del DPR
n. 633 del 1972, le cessioni di beni o le prestazioni di servizi
"accessorie" ad una cessione o ad una prestazione principale, che siano
effettuate "direttamente dal cedente o prestatore ovvero per suo conto
e a sue spese", non sono soggette autonomamente all'imposta sul valore
aggiunto nei rapporti fra le parti dell'operazione.
Il secondo comma
del medesimo articolo 12 prevede, inoltre, che "se la cessione o
prestazione principale è soggetta all'imposta, i corrispettivi delle
cessioni o prestazioni accessorie imponibili concorrono a formarne la
base imponibile".
Da ciò consegue che le operazioni (cessioni di
beni o prestazioni di servizi) accessorie ad una cessione o prestazione
imponibile ai fini IVA sono assoggettate alla medesima aliquota a
quest'ultima applicabile e che i corrispettivi relativi alle predette
operazioni accessorie concorrono alla formazione della base imponibile
della prestazione o cessione principale.
Tanto premesso, in forza
del citato comma 6-bis dell'articolo 74-quater del DPR n. 633 del 1972,
le consumazioni obbligatoriamente imposte nelle sale da ballo e nelle
discoteche da imprese che svolgono quale attività principale
l'intrattenimento o lo spettacolo sono soggette all'aliquota ordinaria
pari al 20 per cento propria delle prestazioni di intrattenimento e
spettacolo.
Si evidenzia al riguardo che la norma in commento pone
quale elemento qualificante, ai fini dell'assoggettabilità delle
consumazioni all'aliquota IVA nella misura del 20 per cento, la natura
obbligatoria delle stesse.
Sono, pertanto, soggette all'aliquota IVA
del 20 per cento le consumazioni obbligatoriamente imposte; resta
ferma, invece, l'applicabilità alle consumazioni facoltative effettuate
nelle sale da ballo e nelle discoteche, oltre a quella obbligatoria,
della disposizione di cui al numero 121) della Tabella A, parte III,
allegata al DPR n. 633 del 1972, che assoggetta all'aliquota del 10 per
cento le somministrazioni di alimenti e bevande.
La norma in
commento si riferisce alle discoteche e alle sale da ballo, ossia a
quelle imprese che quale attività principale non effettuano
somministrazione di alimenti e bevande, ma svolgono l'attività di
intrattenimento di cui alla Tariffa allegata al decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, o l'attività di spettacolo di
cui al numero 3) della Tabella C allegata al DPR n. 633 del 1972.
La
disposizione di cui trattasi si applica sia nelle ipotesi in cui
l'ingresso nelle discoteche o nelle sale da ballo sia gratuito, sia
nelle ipotesi in cui venga imposto il pagamento di un corrispettivo e,
quindi, in sostanza sia nel caso in cui venga adottata la formula
"ingresso libero e consumazione obbligatoria", sia nell'ipotesi di
ingresso a pagamento e consumazione obbligatoria.
Riguardo alla certificazione dei corrispettivi, si evidenzia quanto segue.
Per
quanto concerne le attività di intrattenimento, con circolare n. 34/E
del 27 giugno 2003 è stato precisato che devono essere certificati,
attraverso titoli di accesso emessi mediante gli appositi misuratori
fiscali o le biglietterie automatizzate di cui al decreto del 13 luglio
2000 e ai provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate del 23
luglio 2001 e del 22 ottobre 2002, come modificati dal provvedimento
del direttore dell'Agenzia delle entrate del 3 agosto 2004, oltre ai
corrispettivi pagati per l'ingresso e per la partecipazione
all'intrattenimento, anche i corrispettivi delle cessioni e delle
prestazioni di servizi obbligatoriamente imposte.
La medesima
circolare ha altresì chiarito che devono essere certificate, mediante
le anzidette modalità, le prestazioni relative alle attività
spettacolistiche di cui alla Tabella C del DPR 26 ottobre 1972, n. 633,
e quelle ad esse accessorie ai sensi dell'art. 12 dello stesso DPR n.
633.
Da ciò consegue che i corrispettivi derivanti dalle
somministrazioni di alimenti e bevande obbligatoriamente imposte devono
essere certificati attraverso i titoli di accesso emessi mediante gli
appositi misuratori fiscali o le biglietterie automatizzate.
Resta
fermo che le consumazioni facoltative continueranno ad essere
certificate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 21
dicembre 1996, n. 696.
In sintesi, il trattamento fiscale delle
attività di intrattenimento e di spettacolo e delle somministrazioni di
alimenti e bevande rese nelle sale da ballo e nelle discoteche, con
riferimento all'individuazione dell'aliquota applicabile ai fini IVA e
dell'imposta sugli intrattenimenti (ISI), è riepilogato nelle tabelle
riportate alla fine del presente paragrafo.
Si ricorda che si ha
intrattenimento, con l'assoggettamento alla relativa imposta e al
regime IVA previsto dall'articolo 74, sesto comma, del DPR n. 633 del
1972, quando l'esecuzione musicale dal vivo sia di durata inferiore al
cinquanta per cento dell'orario complessivo di apertura al pubblico del
locale. Come illustrato dalla circolare n. 165 del 7 settembre 2000,
per qualificare, invece, come spettacolo un'esecuzione musicale è
essenziale la circostanza che la stessa sia effettuata dal vivo e che
questo tipo di esecuzione sia comunque prevalente. A tal fine, quando
l'esecuzione musicale dal vivo sia pari o superiore al cinquanta per
cento della durata complessiva delle esecuzioni musicali, l'attività è
classificata come "spettacolo" ed è, quindi, assoggettata al solo
regime ordinario IVA, anche se effettuata in discoteche e sale da ballo.
1) Attività di intrattenimento di cui alla Tariffa allegata al DPR n. 640 del 1972 | ||
a) ingresso a pagamento con biglietto comprensivo di consumazione | ISI con aliquota del 16 per cento sull'intero corrispettivo | IVA con aliquota del 20 per cento sull'intero corrispettivo |
b) ingresso a pagamento e consumazione obbligatoria | ISI con aliquota del 16 per cento sia sul prezzo dell'ingresso sia sul corrispettivo della consumazione obbligatoria | IVA con aliquota del 20 per cento sia sul prezzo dell'ingresso sia sul corrispettivo della consumazione obbligatoria |
c) ingresso libero e consumazione obbligatoria | ISI con aliquota del 16 per cento sul corrispettivo della somministrazione | IVA con aliquota del 20 per cento sul corrispettivo della somministrazione |
d) ingresso a pagamento e consumazione facoltativa | ISI con aliquota del 16 per cento sul solo prezzo dell'ingresso | IVA con aliquota del 20 per cento sul prezzo dell'ingresso e del 10 per cento sul corrispettivo della somministrazione |
2) Attività di spettacolo di cui al n. 3 della Tabella C allegata al DPR n. 633 del 1972 | |
c) ingresso a pagamento con biglietto comprensivo di consumazione | IVA con aliquota del 20 per cento sull'intero corrispettivo |
b) ingresso a pagamento e consumazione obbligatoria | IVA con aliquota del 20 per cento sia sul prezzo dell'ingresso sia sul corrispettivo della consumazione obbligatoria |
c) ingresso libero e consumazione obbligatoria | IVA con aliquota del 20 per cento sul corrispettivo della somministrazione |
d) ingresso a pagamento e consumazione facoltativa | IVA con aliquota del 20 per cento sul prezzo dell'ingresso e del 10 per cento sul corrispettivo della somministrazione |
2 ACCERTAMENTO VALORE NELLE CESSIONI DI IMMOBILI (Art. 35, commi 2, 3, 4 e 23-bis)
L'articolo
35, comma 2, del decreto, attraverso una modifica dell'articolo 54 del
DPR 26 ottobre 1972, n. 633, incide - ampliandoli - sui poteri di
rettifica esercitabili dall'ufficio in relazione alle dichiarazioni
presentate ai fini dell'imposta sul valore aggiunto.
In particolare,
la nuova disposizione consente all'ufficio - relativamente alle
operazioni aventi ad oggetto la cessione di beni immobili e relative
pertinenze - di rettificare direttamente la dichiarazione annuale IVA
quando il corrispettivo della cessione medesima sia dichiarato in
misura inferiore al "valore normale" del bene.
In relazione alla
determinazione di tale valore occorre riferirsi alla nozione
individuata dall'articolo 14 del DPR n. 633 del 1972, ai sensi del
quale "per valore normale dei beni e dei servizi si intende il prezzo o
il corrispettivo mediamente praticato per beni e servizi della stessa
specie o similari in condizioni di libera concorrenza e al medesimo
stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui è stata
effettuata l'operazione o nel tempo e nel luogo più prossimi".
La
dichiarazione di un corrispettivo inferiore al "valore normale" del
bene, determinato secondo i criteri sopra descritti integra, pertanto,
la prova dell'esistenza di operazioni imponibili o l'inesattezza delle
indicazioni relative alle operazioni che danno luogo a detrazione, di
cui all'articolo 54, comma 3, del DPR n. 633 del 1972.
Al riguardo,
occorre evidenziare che il comma 23-bis dell'articolo 35, inserito
dalla legge di conversione, ha introdotto una presunzione nella
determinazione del valore normale ai fini del citato articolo 54, terzo
comma, prevedendo che per i trasferimenti immobiliari soggetti ad IVA,
finanziati mediante mutui fondiari o finanziamenti bancari, il "valore
normale" - da assumere quale parametro di riferimento ai fini della
eventuale rettifica della dichiarazione - non può comunque essere
inferiore all'ammontare del mutuo o finanziamento erogato.
In
coerenza con il contenuto delle disposizioni in esame, l'articolo 35
del decreto abroga l'articolo 15 del decreto legge 23 febbraio 1995, n.
41, che escludeva la rettifica ai fini IVA del corrispettivo delle
cessioni di fabbricati classificati o classificabili nei gruppi A, B e
C, qualora lo stesso fosse stato indicato nell'atto in misura non
inferiore al valore determinato in base all'articolo 52, commi 4 e 5,
del DPR n. 131 del 1986, cioè al valore catastale.
In modo del tutto
analogo, nel perseguimento della medesima ratio, il legislatore è
intervenuto integrando l'articolo 39, comma 1, del DPR 29 settembre
1973, n. 600 in materia di accertamento delle imposte sui redditi.
Gli
uffici finanziari, pertanto, possono rettificare direttamente il
reddito d'impresa tenendo conto del "valore normale" dei beni immobili
ceduti quando questo risulti superiore al corrispettivo dichiarato,
senza dover preventivamente dimostrare, ad esempio, l'incompletezza,
falsità o inesattezza degli elementi indicati in dichiarazione ovvero
l'irregolare tenuta delle scritture contabili ai sensi del successivo
comma 2 del medesimo articolo 39.
Il "valore normale" dei beni da
assumere come parametro di riferimento ai fini del controllo deve
essere individuato ai sensi dell'articolo 9, comma 3, del TUIR, che
ripropone nella sostanza la medesima disposizione prevista ai fini
dell'imposta sul valore aggiunto.
Una disposizione analoga a quella
appena richiamata, che prevede la rettifica ai fini dell'imposta di
registro sulla base del valore normale, è contemplata al successivo
comma 23-ter dell'articolo 35 (vedi infra paragrafo 14).
3 DISCIPLINA IVA NEL SUBAPPALTO (art. 35, commi 5, 6, 6-bis e 6-ter)
Il
comma 5 dell'articolo 35 del decreto ha aggiunto all'articolo 17 del
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, il
seguente comma sesto: "Le disposizioni di cui al comma precedente si
applicano anche alle prestazioni di servizi, compresa la prestazione di
manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei
confronti delle imprese che svolgono l'attività di costruzione o
ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell'appaltatore
principale o di un altro subappaltatore".
In sostanza, la nuova
disposizione estende alle prestazioni di servizi rese nel settore edile
dai subappaltatori il meccanismo dell'inversione contabile, rendendo
l'appaltatore debitore dell'imposta e obbligandolo al relativo
versamento, se soggetto passivo nel territorio dello Stato.
Le
prestazioni rese dal subappaltatore verranno, quindi, fatturate senza
addebito d'imposta e integrate con l'indicazione dell'aliquota e della
relativa imposta da parte dell'appaltatore, che sarà altresì tenuto ad
annotare le stesse sia nel registro delle fatture di cui all'articolo
23, sia nel registro degli acquisti di cui all'articolo 25 del DPR n.
633 del 1972.
Il meccanismo dell'inversione contabile si applicherà
anche agli eventuali rapporti di subappalto posti in essere dal
subappaltatore.
La norma ha lo scopo di contrastare alcuni fenomeni
evasivi che si manifestano in edilizia, ove non di rado accade che il
subappaltatore non versi l'IVA addebitata all'appaltatore.
Il comma
6 prevede che l'efficacia della disposizione è subordinata
all'autorizzazione in deroga alla sesta direttiva comunitaria
(direttiva 77/388/CEE del Consiglio del 17 maggio 1977) da parte degli
organismi comunitari preposti; essa si applicherà, quindi, alle
prestazioni effettuate successivamente alla data di autorizzazione.
Il
comma 6-bis, inserito in sede di conversione in legge del decreto,
estende la facoltà di richiedere il rimborso dell'eccedenza detraibile
risultante dalla dichiarazione annuale IVA, prevista dall'articolo 30,
terzo comma, lettera a), del DPR n. 633 del 1972, anche alle ipotesi in
cui, nel settore edile, siano rese le prestazioni di servizi
disciplinate dal citato sesto comma dell'articolo 17 del medesimo
decreto.
Il successivo comma 6-ter, anch'esso inserito in sede di
conversione, consente esplicitamente al subappaltatore che rientra
nell'ambito applicativo del sesto comma dell'articolo 17 del DPR n. 633
del 1972 di effettuare la compensazione infrannuale ai sensi
dell'articolo 8, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica
14 ottobre 1999, n. 542. Ciò in quanto il subappaltatore, non potendo
fatturare con IVA le prestazioni rese all'appaltatore, avrà normalmente
una posizione IVA a credito.
La norma, inoltre, eleva il limite di
516.456,90 euro, di cui all'articolo 34, comma 1, della legge 23
dicembre 2000, n. 388, ad un milione di euro a favore dei
subappaltatori il cui volume d'affari registrato nell'anno precedente
riguardi per almeno l'80 per cento prestazioni rese "in esecuzione di
contratti di subappalto".
Anche le disposizioni di cui ai richiamati
commi 6-bis e 6-ter si applicheranno successivamente all'autorizzazione
dell'Unione europea prevista dal predetto comma 6 dell'articolo 35.
4 NUOVE FATTISPECIE PENALI: OMESSO VERSAMENTO IVA DOVUTA IN BASE ALLA DICHIARAZIONE ED INDEBITA COMPENSAZIONE (ART. 35, COMMA 7)
L'articolo
35, comma 7, del decreto, mediante l'inserimento degli articoli 10-ter
e 10-quater nel decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, integra il
sistema delle sanzioni tributarie penali, introducendo due fattispecie
delittuose riferite all'omesso versamento dell'IVA e all'utilizzazione
in compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, ove
l'ammontare ecceda cinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta.
In
particolare, l'articolo 10-ter del citato decreto legislativo n. 74
introduce una nuova fattispecie delittuosa diretta a sanzionare
l'omesso versamento dell'IVA dovuta in base alle risultanze della
dichiarazione annuale.
A tale nuova fattispecie è estesa la sanzione
penale prevista per il delitto di omesso versamento di ritenute
certificate dal precedente articolo 10-bis, secondo cui: "E' punito con
la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il
termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di
sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione
rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila
euro per ciascun periodo d'imposta." Il comportamento del soggetto che
non versa l'IVA dichiarata a debito in sede di dichiarazione annuale è,
quindi, assimilato dal legislatore, sotto il profilo sanzionatorio, a
quello del sostituto d'imposta che non versa le ritenute risultanti
dalla certificazione rilasciata ai sostituiti.
Considerato che il
predetto articolo 10-ter stabilisce che la "disposizione di cui
all'articolo 10-bis si applica, nei limiti ivi previsti, anche a
chiunque non versa l'imposta sul valore aggiunto ...", occorre che
l'omesso versamento superi l'importo di cinquantamila euro per ciascun
periodo d'imposta.
Il momento consumativo del reato è individuato
dal citato articolo 10-ter nell'omesso versamento dell'IVA "dovuta in
base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento
dell'acconto relativo al periodo di imposta successivo".
In
proposito si ricorda che l'articolo 6, comma 2, della legge 29 dicembre
1990, n. 405 stabilisce che l'acconto IVA va versato entro il giorno 27
del mese di dicembre.
Conseguentemente, per la consumazione del
reato non è sufficiente un qualsiasi ritardo nel versamento rispetto
alle scadenze previste, ma occorre che l'omissione del versamento
dell'imposta dovuta in base alla dichiarazione si protragga fino al 27
dicembre dell'anno successivo al periodo di imposta di riferimento.
Ne
consegue che il reato si perfeziona quando il contribuente, ad esempio,
non versa entro il 27 dicembre 2007 il debito IVA risultante dalla
dichiarazione relativa all'anno 2006.
Considerato che la
disposizione in commento è entrata in vigore il 4 luglio 2006 e che il
delitto si perfeziona alla data del 27 dicembre di ciascun anno per
l'IVA relativa alla dichiarazione dell'anno precedente, si ritiene che
la nuova previsione sanzionatoria troverà applicazione a partire dai
reati di omesso versamento consumati entro il 27 dicembre 2006
riguardanti l'IVA risultante dalla dichiarazione relativa all'anno 2005.
L'articolo
10-quater (Indebita compensazione) del decreto legislativo n. 74 del
2000 prevede inoltre che "La disposizione di cui all'articolo 10-bis si
applica, nei limiti ivi previsti, anche a chiunque non versa le somme
dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del
decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti o
inesistenti."
Anche questa norma introduce una nuova fattispecie
delittuosa in materia di violazione degli obblighi di versamento, che
punisce la compensazione dei debiti d'imposta con crediti non spettanti
o inesistenti. La norma si applica ai tributi compensabili ai sensi
dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Il
delitto si perfeziona nel momento in cui viene operata la compensazione
per un importo superiore alla soglia di punibilità pari a cinquantamila
euro con riferimento al singolo periodo d'imposta. Tale soglia di
punibilità deriva dal rinvio operato dall'articolo 10-quater in
commento ai "limiti" previsti dal precedente articolo 10-bis.
Pertanto,
nel caso in cui, nel corso di uno stesso periodo d'imposta, siano state
effettuate compensazioni con crediti non spettanti o inesistenti per
importi inferiori alla soglia, il delitto si perfeziona alla data in
cui si procede, nel medesimo periodo d'imposta, alla compensazione di
un ulteriore importo di crediti non spettanti o inesistenti che,
sommato agli importi già utilizzati in compensazione, sia superiore a
cinquantamila euro.
5 REVISIONE DEL REGIME FISCALE DI CESSIONE DEI FABBRICATI - RINVIO (ART. 35, COMMI DA 8 A 10-SEXIES)
Le
disposizioni dei commi da 8 a 10-sexies dell'art. 35, che recano
modifiche al regime fiscale della cessione dei fabbricati, sono oggetto
di commento con separata circolare, in considerazione dell'organicità
dell'intervento normativo e della rilevanza del suo impatto.
6 TRATTAMENTO FISCALE DELL'ACQUISTO DI VEICOLI A MOTORE E DELLE RELATIVE SPESE (ART. 35, COMMA 11)
Il
comma 11 dell'articolo 35 riguarda i "...veicoli, che, a prescindere
dalla categoria di omologazione, risultano da adattamenti che non ne
impediscono l'utilizzo anche ai fini del trasporto privato di persone"
e che, per ciò stesso, vanno assoggettati al regime fiscale proprio
degli autoveicoli destinati al trasporto privato di persone.
La
norma in commento, volta chiaramente a contrastare eventuali abusi,
prevede che i veicoli sopra richiamati siano individuati con un
apposito provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate,
sentito il Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero dei
trasposti.
I veicoli così individuati, ai fini delle imposte sui
redditi, in particolare, saranno assoggettati al regime di deducibilità
limitata previsto dall'articolo 164, comma 1, lettera b), del testo
unico sulle imposte sui redditi approvato con DPR 22 dicembre 1986, n.
917.
Ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, il diritto alla
detrazione dell'imposta afferente agli acquisti dei veicoli in parola
sarà disciplinato dall'articolo 19-bis1, comma 1, lettera c), del DPR
26 ottobre 1972, n. 633, secondo cui non è ammessa in detrazione
l'imposta relativa all'acquisto o all'importazione di ciclomotori,
motocicli, di autovetture e di autoveicoli dei relativi componenti e
ricambi e delle prestazioni di servizio, di impiego, custodia,
manutenzione e riparazione relative ai beni stessi.
7 OBBLIGHI CONTABILI ESERCENTI ARTI E PROFESSIONI (ART. 35, COMMA 12 E 12-BIS)
L'articolo
35, comma 12, del decreto introduce modifiche all'articolo 19 del
decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973, n. 600,
riguardante le scritture contabili degli esercenti arti e professioni.
Più
precisamente, come chiarito anche dalla relazione di accompagnamento al
citato decreto, le nuove regole impongono i seguenti obblighi contabili:
-
i contribuenti esercenti arti e professioni devono tenere uno o più
conti correnti bancari o postali utilizzati per la gestione
dell'attività professionale. Tali conti devono essere utilizzati per
compiere prelevamenti per il pagamento delle spese sostenute e per far
affluire obbligatoriamente i compensi riscossi nell'esercizio della
funzione professionale (nuovo comma 3 dell'articolo 19 del DPR n. 600
del 1973);
- i compensi devono essere riscossi solo mediante
strumenti finanziari tracciabili e non in contanti, fatta eccezione per
somme unitarie inferiori a 100 euro (nuovo comma 4 dell'articolo 19 del
DPR n. 600. del 1973).
In merito al limite dei 100 euro, si segnala
che, il comma 12-bis, dell'articolo 35 in commento, inserito dal Senato
in sede di conversione del provvedimento, prevede che detto limite si
applichi solo a partire dal 1 luglio 2008.
Dall'entrata in vigore
della legge di conversione del decreto e sino al 30 giugno 2007 il
limite al di sotto del quale i compensi possono essere incassati in
contanti è fissato in 1000 euro.
Per il periodo compreso tra il 1 luglio 2007 e il 30 giugno 2008, infine, il limite è stabilito in 500 euro.
Alla
luce delle modifiche apportate dalla legge di conversione del decreto,
è da ritenere che l'obbligo di riscuotere i compensi in argomento
mediante strumenti finanziari "tracciabili", nei limiti appena
richiamati, decorre dalla data di entrata in vigore della predetta
legge di conversione.
Per quanto riguarda l'ambito oggettivo di
applicazione della disposizione in commento, si fa presente che gli
strumenti finanziari utilizzabili per la riscossione dei compensi
conseguiti nell'esercizio dell'attività professionale sono quelli
appositamente individuati dall'articolo 35, comma 12, ovvero:
- gli assegni non trasferibili;
- i bonifici;
- le altre modalità di pagamento bancario o postale;
- i sistemi di pagamento elettronico.
Per
quanto attiene, invece, all'ambito soggettivo di applicazione della
norma, si fa presente che i soggetti obbligati a tenere uno o più conti
bancari o postali sono quelli di cui al primo comma dell'articolo 19
del DPR n. 600 del 1973, ovvero "Le persone fisiche che esercitano arti
e professioni e le società o associazioni fra artisti e professionisti,
di cui alle lettere e) ed f) dell'art. 13...".
L'articolo 13 del DPR
n. 600 del 1973 fa riferimento alle persone fisiche che esercitano arti
e professioni, ai sensi dell'articolo 53, commi primo e secondo del
TUIR, e alle società o associazioni fra artisti e professionisti di cui
all'articolo 5, lettera c), del TUIR.
I conti correnti bancari o
postali, da tenere obbligatoriamente sia per il prelievo di somme
finalizzate al pagamento delle spese sostenute sia per il versamento
dei compensi riscossi, non necessariamente devono essere "dedicati"
esclusivamente all'attività professionale, ma possono eventualmente
essere utilizzati anche per operazioni non afferenti l'esercizio
dell'arte o della professione.
Né la eventuale annotazione nei conti
di operazioni riconducibili nella sfera familiare o extra -
professionale è di ostacolo alla corretta applicazione della norma di
cui all'articolo 32, primo comma, n. 2), del DPR n. 600 del 1973,
secondo cui anche i "prelevamenti" dai predetti conti sono presi a base
della rettifica come "compensi" qualora il contribuente non dimostri
che gli stessi non hanno rilevanza ai fini della determinazione del
reddito.
Invero, i contribuenti interessati possono ritenersi
sollevati dall'onere di fornire la predetta dimostrazione in relazione
a prelievi che, avuto riguardo all'entità del relativo importo ed alle
normali esigenze personali o familiari, possono essere ragionevolmente
ricondotte nella gestione extra - professionale.
8 SOCIETA' ED ENTI ESTEROVESTITI (ART. 35, COMMI 13 E 14)
L'articolo
35, commi 13 e 14, del decreto ha inserito, dopo il comma 5
dell'articolo 73 del TUIR, i commi 5-bis e 5-ter. Essi introducono, nei
casi specificati, una presunzione legale relativa di localizzazione in
Italia della sede della amministrazione, e quindi della residenza, di
società ed enti, invertendo a loro carico l'onere della prova.
Come
è noto, ai sensi dell'articolo 73, comma 3, del TUIR, la residenza
fiscale delle società e degli enti viene individuata sulla base di tre
criteri: la sede legale, la sede dell'amministrazione ed il luogo in
cui è localizzato l'oggetto principale. Tali criteri sono alternativi
ed è sufficiente che venga soddisfatto anche uno solo di essi perchè il
soggetto possa considerarsi residente ai fini fiscali nel territorio
dello Stato.
In particolare, la sede legale si identifica con la
sede sociale indicata nell'atto costitutivo o nello statuto e dà
evidenza ad un elemento giuridico "formale". Diversamente, la
localizzazione dell'oggetto principale o l'esistenza della sede
dell'amministrazione devono essere valutati in base ad elementi di
effettività sostanziale e richiedono - talora - complessi accertamenti
di fatto del reale rapporto della società o dell'ente con un
determinato territorio, che può non corrispondere con quanto
rappresentato nell'atto costitutivo o nello statuto.
In sede
internazionale, ed in particolare nelle "osservazioni" contenute nel
Commentario all'articolo 4 del Modello OCSE, l'Amministrazione
finanziaria italiana si è - da sempre - preoccupata di salvaguardare i
principi di effettività, richiamati nell'ordinamento domestico,
ritenendo che la sede della "direzione effettiva" di un ente debba
definirsi non soltanto come il luogo di svolgimento della sua
prevalente attività direttiva e amministrativa, ma anche come il luogo
ove è esercitata l'attività principale.
Coerentemente con quanto
affermato dalla Corte di Cassazione con la risalente sentenza 22
gennaio 1958, n. 136, la sede effettiva della società deve considerarsi
come "il luogo in cui la società svolge la sua prevalente attività
direttiva ed amministrativa per l'esercizio dell'impresa, cioè il
centro effettivo dei suoi interessi, dove la società vive ed opera,
dove si trattano gli affari e dove i diversi fattori dell'impresa
vengono organizzati e coordinati per l'esplicazione ed il
raggiungimento dei fini sociali".
La novella legislativa del comma
5-bis dell'art. 73 del TUIR viene a collocarsi in questo contesto. Essa
consente all'Amministrazione finanziaria di presumere ("salvo prova
contraria") l'esistenza nel territorio dello Stato della sede
dell'amministrazione di società ed enti che detengono direttamente
partecipazioni di controllo in società di capitali ed enti commerciali
residenti, quando, alternativamente:
a) sono controllati, anche
indirettamente, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma del codice
civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
b) sono
amministrati da un consiglio di amministrazione o altro organo di
gestione equivalente, formato in prevalenza da consiglieri residenti
nel territorio dello Stato.
A titolo di esempio, la società H si presume (con presunzione relativa) residente nel territorio dello Stato, quando:
(immagine omissis)
oppure quando:
(immagine omissis)
Gli
elementi di collegamento con il territorio dello Stato individuati
dalla norma sono astrattamente idonei a sorreggere la presunzione di
esistenza nel territorio dello Stato della sede dell'amministrazione
delle società in esame. Si tratta, infatti, di elementi già valorizzati
nella esperienza interpretativa e applicativa, sia a livello
internazionale che nazionale. Essi si ispirano sia a criteri di
individuazione dell'effective place of management and control elaborati
in sede OCSE, sia ad alcuni indirizzi giurisprudenziali.
La norma
prevede, in definitiva, l'inversione, a carico del contribuente,
dell'onere della prova, dotando l'ordinamento di uno strumento che
solleva l'amministrazione finanziaria dalla necessità di provare
l'effettiva sede della amministrazione di entità che presentano
elementi di collegamento con il territorio dello Stato molteplici e
significativi. In tale ottica la norma persegue l'obiettivo di
migliorare l'efficacia dell'azione di contrasto nei confronti di
pratiche elusive, facilitando il compito del verificatore
nell'accertamento degli elementi di fatto per la determinazione della
residenza effettiva delle società. In particolare, essa intende porre
un freno al fenomeno delle cosiddette esterovestizioni, consistenti
nella localizzazione della residenza fiscale delle società in Stati
esteri al prevalente scopo di sottrarsi agli obblighi fiscali previsti
dall'ordinamento di appartenenza; a tal fine la norma valorizza gli
aspetti certi, concreti e sostanziali della fattispecie, in luogo di
quelli formali, in conformità al principio della "substance over form"
utilizzato in campo internazionale.
8.1 Requisiti di applicabilità
Come
sottolinea la Relazione illustrativa, le disposizioni in esame si
applicano alle società ed enti che presentano due rilevanti e
continuativi elementi di collegamento con il territorio dello Stato, in
quanto:
- detengono partecipazioni di controllo, di diritto o di
fatto ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, del codice civile, in
società ed enti residenti;
- sono, a loro volta, controllati anche indirettamente ovvero amministrati da soggetti residenti.
La
norma è applicabile anche nelle ipotesi in cui tra i soggetti residenti
controllanti e controllati si interpongano più sub-holding estere. La
presunzione di residenza in Italia della società estera che
direttamente controlla una società italiana, renderà operativa,
infatti, la presunzione anche per la società estera inserita
nell'anello immediatamente superiore della catena societaria;
quest'ultima si troverà, infatti, a controllare direttamente la
sub-holding estera, considerata residente in Italia.
Ai sensi del
comma 5-ter, il presupposto per la sussistenza del controllo (dei
soggetti residenti sull'entità estera e di questa su società e enti
residenti) - e quindi della localizzazione in Italia della sede
dell'amministrazione - dovrà valutarsi con riferimento alla data di
chiusura dell'esercizio della entità controllata localizzata all'estero.
Il
medesimo comma precisa che, per le persone fisiche, devono essere
computati anche i voti spettanti al coniuge, ai familiari entro il
terzo grado ed agli affini entro il secondo.
Nel suo complesso la
previsione normativa vale a circoscrivere l'inversione dell'onere della
prova alle ipotesi in cui il collegamento con il territorio dello Stato
è particolarmente evidente e continuativo. Ovviamente, la norma non
preclude all'amministrazione la possibilità di dedurre - anche in altri
casi e assumendosene l'onere - la residenza in Italia di entità
esterovestite.
8.2 Effetti
In applicazione della
norma, il soggetto estero si considera, ad ogni effetto, residente nel
territorio dello Stato e sarà quindi soggetto a tutti gli obblighi
strumentali e sostanziali che l'ordinamento prevede per le società e
gli enti residenti. A titolo esemplificativo, gli effetti di più
immediato impatto per le sub-holding esterovestite riguarderanno i
capital gain realizzati dalla cessione di partecipazioni da
assoggettare al regime di imponibilità o di esenzione previsti dagli
articoli 86 e 87 del TUIR; le ritenute da operare sui pagamenti di
interessi dividendi e royalty corrisposti a non residenti o sui
pagamenti di interessi e royalty corrisposti a soggetti residenti fuori
del regime di impresa; il concorso al reddito in misura pari al 100 per
cento del loro ammontare degli utili di partecipazione provenienti da
società residenti in Stati o territori a fiscalità privilegiata. Al
contrario, i predetti soggetti non dovranno subire ritenute sui flussi
di dividendi, interessi e royalty in uscita dall'Italia e potranno
scomputare in sede di dichiarazione annuale le ritenute eventualmente
subite nel periodo di imposta per il quale sono da considerare
residenti, anche se - ad inizio - operate a titolo di imposta.
8.3 Prova contraria
Il
contribuente, per vincere la presunzione, dovrà dimostrare, con
argomenti adeguati e convincenti, che la sede di direzione effettiva
della società non è in Italia, bensì all'estero.
Tali argomenti e
prove dovranno dimostrare che, nonostante i citati presupposti di
applicabilità della norma, esistono elementi di fatto, situazioni od
atti, idonei a dimostrare un concreto radicamento della direzione
effettiva nello Stato estero.
8.4 Compatibilità con il Trattato dell'Unione europea e con le convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall'Italia
Sotto
il profilo della compatibilità comunitaria, la norma è coerente con
l'orientamento della Corte di Giustizia, che nella sentenza Centros
(Causa C-81/87) ha affermato il principio secondo cui gli Stati membri
sono liberi di determinare il criterio di collegamento di una società
con il territorio dello Stato. Principio che risulta, indirettamente,
confermato anche dalla più recente sentenza emessa nella Causa
C-208/00, relativa ad una controversia concernente una società olandese
che, in base all'ordinamento tedesco, era stata considerata residente
in Germania a partire dal momento in cui le sue quote di maggioranza
erano state acquistate da cittadini ivi residenti.
Inoltre, la
possibilità di fornire la prova contraria garantisce la valutazione
case by case e dunque la proporzionalità della norma rispetto al fine
perseguito, necessario a mitigare, secondo la suprema Corte, la portata
generale delle disposizioni antielusive.
Né si ravvisano profili di
contrasto con le convenzioni contro le doppie imposizioni, stipulate
dall'Italia. Queste ultime, infatti, non interferiscono con i
differenti criteri di collegamento soggettivo che ciascuno Stato
seleziona per stabilire la residenza di un soggetto sul proprio
territorio, limitandosi a indicare quali elementi e circostanze devono
essere, prioritariamente, valutati in ipotesi di doppia residenza.
L'effettiva sede della amministrazione è uno di questi elementi. Per di
più, esso è - nella gran parte delle convenzioni - quello determinante
per l'attribuzione della residenza di soggetti diversi dalle persone
fisiche. La reale presenza della sede della amministrazione nell'uno o
nell'altro ordinamento implica, poi, accertamenti di merito e diventa
una mera questione di prova da valutare sulla base dei principi
interpretativi, affermatisi a livello internazionale e rinvenibili
nello stesso Commentario al Modello OCSE di Convenzione. Gli elementi
su cui si fonda la presunzione - relativa - introdotta dalla norma in
esame si richiamano a quei principi, senza escludere che possano essere
di volta in volta valutati altri aspetti, dati e circostanze.
8.5 Collegamento con l'art. 167 del TUIR
Merita,
infine, precisare in quali termini la disposizione del nuovo comma
5-bis dell'art. 73 del TUIR può interferire sulla applicabilità del
successivo articolo 167, nell'ipotesi in cui un soggetto residente
controlli una società o un ente residente o localizzato in Stati o
territori a fiscalità privilegiata che, a sua volta, detenga
partecipazioni di controllo in società di capitali o enti commerciali
residenti in Italia.
E' evidente che la presunzione di residenza nel
territorio dello Stato dell'entità estera rende - in punto di principio
- inoperante la disposizione dell'art. 167. Non sarà imputabile al
soggetto controllante il reddito che la controllata stessa, in quanto
residente, è tenuta a dichiarare in Italia. Qualora, tuttavia, sia
fornita la prova contraria, atta a vincere la presunzione di residenza
in Italia, la controllata non residente rimane attratta - ricorrendone
le condizioni - alla disciplina dell'art. 167. In altri termini, il
reddito della controllata estera non assoggettato a tassazione in
Italia in dipendenza del suo - comprovato - status di società non
residente resta imputabile per trasparenza al soggetto controllante ai
sensi del citato art. 167. L'effettiva localizzazione della sede della
amministrazione della controllata estera fuori del territorio dello
Stato, e quindi la sua autonomia decisionale e di gestione, non
escludono, infatti, che il suo reddito sia da considerare nella
disponibilità economica del controllante residente.
8.6 Decorrenza
In
merito alla decorrenza delle predette disposizioni, il comma 14
dell'articolo 35 stabilisce che gli effetti del comma 13 decorrono dal
periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto.
9 SOCIETA' NON OPERATIVE (ART. 35, COMMI 15 E 16)
L'articolo
35, comma 15, del decreto modifica il regime delle c.d. "società di
comodo", previsto dall'articolo 30, della legge del 23 dicembre 1994,
n. 724.
Come si evince dalla relazione di accompagnamento, le
modifiche apportate dalla norma in commento hanno la finalità di
rendere più efficaci le disposizioni che contrastano l'attività delle
società non operative.
A tal fine, sono stati effettuati i seguenti interventi:
-
innalzamento delle percentuali utilizzate per stabilire se una società
possa rientrare nel novero delle società non operative (modifiche al
comma 1, dell'articolo 30, sopra citato, disposte dalla lett. a) della
norma in commento);
- innalzamento delle percentuali utilizzate per
stabilire l'entità del reddito minimo che deve essere obbligatoriamente
dichiarato dalle società non operative (modifiche al comma 3
dell'articolo 30, disposte dalla lett. b) della norma in commento);
-
impossibilità di chiedere a rimborso, di cedere o di utilizzare in
compensazione ai sensi dell'articolo 17 del D. Lgs. 9 luglio 1997, n.
241, l'IVA a credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini
dell'imposta sul valore aggiunto. Lo stesso credito, inoltre, in
assenza, per tre periodi di imposta consecutivi, di operazioni attive
rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, non potrà più
essere "riportato in avanti", dalla società o ente non operativo, a
scomputo dell'IVA a debito, relativa ai periodi d'imposta successivi:
(modifiche al comma 4 dell'articolo 30, disposte dalla lett. c) della norma in commento);
-
possibilità di chiedere, al direttore regionale dell'Agenzia delle
entrate, ai sensi dell'articolo 37-bis, comma 8, del DPR 29 settembre
1973, n. 600, la disapplicazione delle norme antielusive in commento
qualora il contribuente evidenzi situazioni straordinarie che di fatto
hanno reso impossibile il conseguimento dei parametri e degli obiettivi
previsti dalle medesime disposizioni. Al riguardo, si fa presente che
si riconduce in tale ambito anche la causa di esclusione collegata
all'esistenza di un periodo di "non normale svolgimento dell'attività",
che, in assenza della modifica in commento, avrebbe operato in modo
automatico in quanto ricompresa tra le cause di esclusione di cui al
previdente articolo 30 (introduzione del nuovo comma 4-bis, disposta
dalla lett. d) della norma in commento).
Il comma 16 dell'articolo
35 del decreto, nel disciplinare la decorrenza delle disposizioni in
commento, dispone che le stesse si applicano a decorrere dal periodo di
imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto medesimo.
10 RETRODATAZIONE DEGLI EFFETTI FISCALI DELLE FUSIONI E DELLE SCISSIONI (ART. 35, COMMI 17 E 18)
L'articolo
35, comma 17, del decreto modifica la disciplina dei limiti al riporto
delle perdite nell'ipotesi di retrodatazione degli effetti fiscali
delle operazioni di fusione e scissione.
Con riguardo alla fusione,
in caso di retrodatazione degli effetti fiscali ai sensi del comma 9
dell'articolo 172 del TUIR, era consentito - in via ordinaria - alle
società che vi partecipavano compensare tra loro i risultati positivi e
i risultati negativi relativi al periodo d'imposta interessato
dall'operazione straordinaria, senza incorrere nelle limitazioni di cui
al comma 7 in tema di riporto delle perdite.
In altri termini, per
effetto della predetta retrodatazione nell'esercizio interessato dalla
fusione non si originavano autonomi e distinti periodi d'imposta, ma al
contrario un unico periodo d'imposta ed un unico reddito in capo alla
società risultante dalla fusione (o incorporante), alla cui
determinazione partecipavano i "flussi reddituali" di tutte le società
coinvolte nell'operazione. Ciò consentiva di compensare risultati di
segno diverso, teoricamente attribuibili alle diverse società
partecipanti alla fusione.
Come detto, prima della modifica
normativa, gli eventuali risultati negativi di periodo non erano
assoggettati ai limiti previsti dall'articolo 172, comma 7, del TUIR in
relazione al riporto delle c.d. perdite pregresse.
L'articolo 35,
comma 17, del decreto aggiunge al comma 7 dell'articolo 172 del TUIR il
seguente periodo: "in caso di retrodatazione degli effetti fiscali
della fusione ai sensi del comma 9, le limitazioni del presente comma
si applicano anche al risultato negativo, determinabile applicando le
regole ordinarie, che si sarebbe generato in modo autonomo in capo ai
soggetti che partecipano alla fusione in relazione al periodo che
intercorre tra l'inizio del periodo d'imposta e la data antecedente a
quella di efficacia giuridica della fusione."
Per effetto di tale
disposizione, in caso di retrodatazione degli effetti fiscali, tutte le
società partecipanti alla fusione, compresa la società incorporante,
dovranno determinare un proprio "risultato di periodo", relativo
all'intervallo temporale che intercorre tra l'inizio del periodo
d'imposta e la data antecedente a quella di efficacia giuridica della
fusione. L'eventuale perdita sarà assoggettata, insieme alle perdite
fiscali pregresse del soggetto partecipante alla fusione, alle
disposizioni di cui all'articolo 172, comma 7 del TUIR.
La ratio
della modifica in commento deve ricondursi alla volontà del legislatore
di contrastare tutte quelle operazioni elusive poste in essere al fine
di realizzare un utilizzo strumentale di siffatti risultati negativi
"di periodo".
Tale disposizione, infatti, obbligando tutte le
società partecipanti alla fusione a subordinare il diritto al riporto
delle eventuali perdite "di periodo" alla verifica della sussistenza
sia degli "indici di vitalità" sia del limite quantitativo del
patrimonio netto, disconosce, in assenza dei predetti requisiti, la
possibilità di compensare i teorici risultati "di periodo" che la
retrodatazione implicitamente produceva.
Tale nuovo regime è
applicabile, per espressa previsione del comma 18 dell'articolo 35 del
decreto, alle operazioni di fusione deliberate dalle assemblee delle
società partecipanti successivamente alla data di entrata in vigore del
decreto stesso, e cioè successivamente al 4 luglio 2006.
Per quelle
deliberate antecedentemente, il medesimo comma 18, precisa che
"...resta ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all'art.
37-bis del DPR 29 settembre 1973, n. 600". In definitiva, le modifiche
recate dal comma 17 non si applicano alle operazioni già deliberate
che, in caso di retrodatazione, hanno determinato la compensazione, in
tutto o in parte, dei risultati negativi di periodo con quelli positivi
delle società partecipanti alla fusione. Tali operazioni, comunque,
rimangono soggette al giudizio di legittimità da parte
dell'Amministrazione Finanziaria, laddove, ai sensi dell'articolo
37-bis del DPR n. 600 del 1973, si ravvisassero quei profili di
elusività che la disposizione in esame intende comunque contrastare,
anche per le operazioni pregresse.
La disposizione in commento trova
applicazione anche per le operazioni di scissione in forza
dell'espresso rinvio all'articolo 172, comma 7, del TUIR, effettuato
dall'articolo 173, comma 10, del TUIR.
11 AGEVOLAZIONI IN MATERIA DI RISTRUTTURAZIONI EDILIZIE (ART. 35, COMMI 19, 20, 35-TER E 35-QUATER)
L'articolo
35, commi 19, 20, 35-ter e 35-quater, del decreto ha modificato la
disciplina delle agevolazioni in materia di ristrutturazioni edilizie.
In particolare:
-
il comma 19 ha inserito nell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005,
n. 266, il comma 121-bis, il quale stabilisce che: "Le agevolazioni di
cui al comma 121 spettano a condizione che il costo della relativa mano
d'opera sia evidenziato in fattura";
- il comma 20 prevede che: "Le
disposizioni del comma 19 si applicano in relazione alle spese
sostenute a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente
decreto";
- il comma 35- ter prevede che: "E' prorogata per l'anno
2006, nella misura e alle condizioni ivi previste, l'agevolazione
tributaria in materia di recupero del patrimonio edilizio relativa alle
prestazioni di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), della legge 23
dicembre 1999, n. 488, fatturate dal da 1 ottobre 2006";
- il comma
35- quater inserisce nell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n.
266, dopo il comma 121-bis, il comma 121-ter, il quale stabilisce che:
"A decorrere dal 1 ottobre 2006 la quota di cui al comma precedente è
pari al 36 per cento nei limiti di quarantottomila euro per abitazione."
Per
quanto riguarda la prima delle modifiche introdotte (comma 19), viene
disposta una nuova ipotesi di decadenza dalle agevolazioni fiscali per
gli interventi di ristrutturazione edilizia, disciplinati dagli
articoli 2, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e 9, comma
2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
Tali agevolazioni consistono:
-
nella detrazione dall'imposta lorda ai fini dell'IRPEF per un importo
percentuale delle spese sostenute fino ad un massimo di spese di
48.000,00 euro, per interventi di recupero di immobili abitativi da
parte delle persone fisiche;
- nell'analoga detrazione prevista per
i soggetti che acquistano unità abitative comprese in fabbricati, sui
quali le imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare o le
cooperative edilizie hanno eseguito interventi di recupero edilizio. In
questo caso, i lavori di ristrutturazione devono essere eseguiti entro
il 31 dicembre 2006 e la alienazione o assegnazione dell'immobile deve
avvenire entro il 30 giugno 2007.
La disposizione introdotta con il
comma 19 integra quella contenuta nel comma 121 dell'articolo 1 della
legge 23 dicembre 2005, n. 266, che ha prorogato, per l'anno 2006, le
detrazioni dall'imposta lorda previste in materia di recupero del
patrimonio edilizio, elevando la quota detraibile al 41 per cento degli
importi effettivamente rimasti a carico del contribuente.
Per
effetto dell'entrata in vigore della norma recata dal decreto, ai casi
di diniego dell'agevolazione elencati, tassativamente, nell'articolo 4
del decreto interministeriale 18 febbraio 1998, n. 41 - quali, ad
esempio, l'esecuzione delle opere edilizie difformi da quelle oggetto
di comunicazione o l'esecuzione dei pagamenti secondo modalità diverse
da quelle previste - ne viene aggiunto un altro consistente
nell'inosservanza dell'obbligo, a carico dell'impresa che esegue i
lavori, di evidenziare in fattura, in maniera distinta, il costo della
manodopera utilizzata.
Si tratta di una disposizione che, ai sensi
del successivo comma 20, si rende applicabile in relazione alla spese
sostenute dal 4 luglio 2006, data di entrata in vigore del decreto.
Con
la modifica apportata dal comma 35-ter viene ripristinata, per le
prestazioni fatturate dal 1 ottobre 2006, l'applicazione dell'aliquota
IVA agevolata in riferimento agli interventi di recupero del patrimonio
edilizio di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), della legge n. 23
dicembre 1999, n. 488.
Si ricorda che l'aliquota IVA agevolata al 10
per cento (in luogo del 20 per cento) per gli interventi di recupero
del patrimonio edilizio abitativo è stata introdotta dal predetto
articolo 7, comma 1, lettera b), della legge n. 488 del 1999, il quale,
in attuazione della direttiva comunitaria n. 1999/85 del 22 ottobre
1999, consente agli stati membri di prevedere, per un periodo massimo
di tre anni, aliquote IVA ridotte per settori ad alta intensità di
manodopera. Con successivi provvedimenti, l'agevolazione è stata
prorogata fino al 31 dicembre 2005.
In assenza di autorizzazione
comunitaria, dal 1 gennaio 2006 l'aliquota IVA è stata ricondotta alla
misura ordinaria del 20 per cento. Sempre a partire dalla stessa data,
la percentuale di detrazione dell'IRPEF è stata innalzata dal 36 al 41
per cento, al fine di compensare il venir meno dell'applicazione
dell'aliquota IVA agevolata.
Il ripristino dell'aliquota IVA al 10
per cento è stato reso possibile per effetto della emanazione della
Direttiva europea approvata il 14 febbraio 2006, che ha prorogato fino
al 2010 il regime dell'IVA agevolata sui servizi ad alta intensità di
manodopera.
Coerentemente con l'intervento recato dal comma
35-quater, sempre a decorrere dal 1 ottobre (e fino al 31 dicembre
2006, come già ricordato), la quota di detrazione dall'IRPEF viene
ridotta dal 41 al 36 per cento.
Si ritiene che le disposizioni
(riguardanti, rispettivamente, la riduzione della misura dell'aliquota
IVA al 10 per cento e l'abbattimento della misura della detrazione
dall'IRPEF al 36 per cento) siano strettamente correlate, di tal che è
necessario che, in relazione alla stessa spesa, le percentuali
dell'aliquota IVA e della detrazione IRPEF siano applicate,
rispettivamente, nella misura predetta per ciascuna. In sostanza, la
detrazione dall'IRPEF nella misura del 41 per cento può essere fruita
solo ed esclusivamente in corrispondenza di lavori fatturati con
l'aliquota del 20 per cento. Coerentemente, per i lavori fatturati con
l'aliquota del 10 per cento dovrà essere applicata la detrazione
dall'IRPEF nella misura del 36 per cento.
Sempre con il comma
35-quater il limite di spesa viene fissato in 48.000 euro per ogni
singola abitazione, a decorrere dal 1 ottobre 2006.
L'articolo 1
della legge n. 449 del 1997, che ha introdotto l'agevolazione in
questione, stabilisce che: "Ai fini dell'imposta sul reddito delle
persone fisiche, si detrae dall'imposta lorda, fino alla concorrenza
del suo ammontare, una quota delle spese sostenute sino ad un importo
massimo delle stesse di lire 150 milioni ed effettivamente rimaste a
carico, per la realizzazione degli interventi di cui alle lettere a),
b), c) e d) dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, sulle
parti comuni di edificio residenziale di cui all'articolo 1117, n. 1),
del codice civile, nonché per la realizzazione degli interventi di cui
alle lettere b), c) e d) dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n.
457, effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali di
qualsiasi categoria catastale, anche rurali, possedute o detenute e
sulle loro pertinenze."
La circolare n. 57/E del 24 febbraio 1998 ha
al riguardo chiarito che il limite di spesa su cui applicare la
percentuale di detrazione (che nel corso degli anni ha subito
variazioni, fino all'importo di 48.000 euro fissato dalla legge 27
dicembre 2002, n. 289), va riferito alla persona fisica e alla singola
unità immobiliare sulla quale sono stati effettuati gli interventi di
recupero. In caso di comproprietà o contitolarità del diritto reale o
di coesistenza di più diritti reali, ciascun comproprietario o
contitolare, indipendentemente dalla percentuale di possesso, poteva
calcolare la detrazione sempre, nei limiti sopra indicati, in relazione
alle spese sostenute ed effettivamente rimaste a carico.
Con la
modifica introdotta dal comma 35-quater, il limite sul quale calcolare
la detrazione IRPEF è ora fissato espressamente nella sua misura
massima e complessiva in relazione all'immobile e va suddiviso tra i
soggetti che hanno diritto alla detrazione.
Per quanto riguarda la
decorrenza della nuova disposizione, per espressa previsione normativa
la stessa trova applicazione a decorrere dal 1 ottobre 2006. Al
riguardo deve farsi riferimento alla spese sostenute a decorrere da
tale data.
12 TRASFERIMENTI IMMOBILIARI - DISCIPLINA AI FINI DELL'IMPOSTA DI REGISTRO (ART. 35, COMMI 21, 22 E 23)
La
legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006),
all'articolo 1, comma 497, ha introdotto - in deroga all'articolo 43
del DPR 26 aprile 1986, n. 131 - un criterio di determinazione della
base imponibile, ai fini dell'imposta di registro, ipotecaria e
catastale, applicabile alle cessioni di immobili ad uso abitativo e
relative pertinenze che intervengano fra persone fisiche che non
agiscono nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o
professionali.
In tali ipotesi, ovvero in presenza dei requisiti
soggettivo e oggettivo richiesti dalla norma, la parte acquirente può
richiedere - con dichiarazione resa al notaio e recepita nell'atto -
che la predetta base imponibile sia costituita dal valore catastale
dell'immobile, determinato ai sensi dell'articolo 52, commi 4 e 5, del
DPR n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo indicato
nell'atto medesimo.
Ai sensi di tale disposizione, pertanto, il
corrispettivo pattuito dalle parti nell'atto diviene irrilevante ai
fini della tassazione indiretta in quanto la base imponibile viene
sempre determinata tenendo conto del dato catastale.
Tale
disciplina, come previsto espressamente dal legislatore, deroga
all'articolo 43 del DPR n. 131 del 1986, il quale dispone che per i
contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali la
base imponibile è costituita dal valore del bene. Ai sensi
dell'articolo 51, comma 1, del medesimo DPR si assume come valore dei
beni o dei diritti, fatti salvi i poteri accertatori dell'ufficio,
quello dichiarato dalle parti nell'atto e, in mancanza o se superiore,
il corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto.
Il
successivo comma 2 del citato articolo 51 dispone che per gli atti che
hanno per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari si intende
per valore il valore venale in comune commercio.
Il comma 21
dell'articolo 35 del decreto integra e modifica parzialmente il
richiamato comma 497 ed il successivo 498 dell'articolo 1 della legge
n. 266 del 2005.
In particolare, viene espressamente ribadito che le
parti hanno l'obbligo di indicare nell'atto l'effettivo corrispettivo
pattuito per la cessione, fermo restando che la tassazione ai fini
delle imposte di registro, ipotecaria e catastale avviene sulla base
del valore catastale.
Tale criterio "agevolato" di determinazione
della base imponibile, tuttavia, viene meno nell'ipotesi in cui le
parti occultino, anche in parte, il corrispettivo effettivamente
pattuito e lo dichiarino nell'atto in misura inferiore.
In tal caso,
le parti dovranno corrispondere le imposte calcolate sull'intero
corrispettivo effettivamente pattuito, con applicazione della sanzione
amministrativa dal cinquanta al cento per cento della differenza tra
l'imposta dovuta e quella già applicata in base al corrispettivo
dichiarato, detratto l'importo della sanzione eventualmente irrogata ai
sensi dell'articolo 71 DPR n. 131 del 1986.
Inoltre, il comma 21 in
esame ha disposto una ulteriore riduzione degli onorari notarili dal 20
per cento previsto originariamente dalla legge finanziaria 2006 al 30
per cento previsto dal 497 novellato.
Il comma 22 dell'articolo 35
del decreto introduce un adempimento a carico delle parti che pongono
in essere cessioni di beni immobili.
All'atto della cessione
dell'immobile, anche nei casi di operazioni soggette ad IVA, le parti
devono rendere una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che
indichi:
- le modalità di pagamento
- l'eventuale ricorso ad attività di mediazione
-
le eventuali spese per le suddette attività di mediazione, con le
modalità di pagamento e l'indicazione della partita IVA o del codice
fiscale dell'agente immobiliare.
Se tale dichiarazione viene omessa
o resa in modo mendace o incompleto i beni trasferiti vengono
assoggettati ad accertamento di valore ai sensi dell'art. 52 del DPR n.
131 del 1986, oltre all'applicazione di una sanzione amministrativa da
euro 500 a 10.000.
Per quanto concerne, infine, la decorrenza delle
disposizioni richiamate di cui ai commi 21 e 22, si precisa che le
stesse - come disposto dal comma 23 dell'articolo 35 - trovano
applicazione per gli atti pubblici formati e le scritture private
autenticate a decorrere dal secondo giorno successivo alla
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto, cioè dal 6 luglio
2006.
13 DETRAZIONE PER ONERI DI INTERMEDIAZIONE IMMOBILIARE (ART. 35, COMMA 22-BIS)
L'articolo 35, comma 22-bis, apporta modifiche al TUIR, aggiungendo all'art. 15, comma 1, la lettera b-bis).
In
particolare, la norma stabilisce che, a partire dal 1 gennaio 2007, è
possibile detrarre dall'imposta lorda il 19 per cento degli oneri
sostenuti per i compensi corrisposti ai soggetti di intermediazione
immobiliare per l'acquisto dell'unità immobiliare da adibire ad
abitazione principale, per un importo, comunque, non superiore a mille
euro per ciascuna annualità.
Si tratta, in tutta evidenza, di una
modifica normativa collegata a quella del precedente comma 22 appena
commentato, il quale ha previsto l'obbligo di indicare negli atti di
cessione degli immobili l'eventuale importo relativo alle spese di
intermediazione.
Anche alla luce della relazione tecnica di
accompagnamento relativa agli effetti sulla finanza pubblica, si
ritiene che l'importo di 1000 euro costituisca il limite massimo cui
commisurare la detrazione in relazione all'intera spesa sostenuta per
il compenso versato agli intermediatori immobiliari per l'acquisto
dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale e che la
possibilità di portare in detrazione quest'onere si esaurisca in un
unico anno di imposta.
Inoltre, se l'acquisto è effettuato da più
proprietari, la detrazione, nel limite complessivo di 1000 euro, dovrà
essere ripartita tra i comproprietari in ragione della percentuale di
proprietà.
14 RETTIFICA DI VALORE E DI CORRISPETTIVO AI FINI DELL'IMPOSTA DI REGISTRO (ART. 35, COMMA 23-TER):
Il
comma 23-ter dell'articolo 35, inserito nel testo del decreto in sede
di conversione, introduce un ulteriore comma 5-bis all'articolo 52 del
DPR n. 131 del 1986, recante disposizioni in tema di rettifica del
valore degli immobili.
Ai sensi del predetto comma 5-bis, le
disposizioni dei commi 4 e 5 dell'articolo 52 citato non si applicano
relativamente alle cessioni di immobili e relative pertinenze diverse
da quelle disciplinate dall'articolo 1, comma 497, della legge n. 266
del 2005, cioè alle cessioni diverse da quelle che intervengono fra
persone fisiche che non agiscono nell'esercizio di attività
commerciali, artistiche o professionali aventi ad oggetto immobili ad
uso abitativo e relative pertinenze.
Si ricorda che il comma 4
dell'articolo 52, esclude - per gli immobili iscritti in catasto con
attribuzione di rendita - il potere dell'ufficio di rettificare il
valore dell'immobile se dichiarato in misura non inferiore all'importo
risultante dalla moltiplicazione della rendita per determinati
coefficienti (conformemente, cioè, al valore catastale).
Per effetto
della rimozione del predetto limite alla potestà di rettifica, agli
atti prima richiamati tornano applicabili le disposizioni generali
enunciate all'articolo 52, comma 1, del citato DPR n. 131, che
consentono all'ufficio di rettificare il valore dichiarato sulla base
del valore venale dell'immobile.
15 ATTRIBUZIONI E POTERI DEGLI UFFICI DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE AI FINI DELL'IMPOSTA DI REGISTRO (ART. 35, COMMA 24)
Il
comma 24 dell'articolo 35 del decreto ha inserito nel DPR n. 131 del
1986 l'articolo 53-bis recante "Attribuzioni e poteri degli uffici".
Per
effetto di tale disposizione vengono estesi - ai fini dell'esercizio
dei poteri di controllo nell'ambito dell'imposta di registro e delle
imposte ipotecaria e catastale - le attribuzioni e poteri degli uffici
disciplinati dal DPR 29 settembre 1973, n. 600 con riferimento
all'accertamento delle imposte sui redditi.
Il successivo comma 24
introduce altresì il comma 1-bis nell'articolo 74 del DPR n. 131 del
1986, che estende l'applicazione delle disposizioni sanzionatorie di
cui al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 alle violazioni
conseguenti alle richieste di cui all'articolo 53-bis.
16 POTERI DEGLI AGENTI DELLA RISCOSSIONE (ART. 35, COMMI 25, 26 E 26-BIS)
Il
comma 25 del decreto riconosce ai dipendenti di Riscossione s.p.a. e
delle società dalla stessa partecipate, denominate "agenti della
riscossione", la possibilità di utilizzare i dati di cui dispone
l'Agenzia delle entrate ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del decreto
del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605.
Si tratta
dei dati che le banche, le poste e gli altri intermediari finanziari,
sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza relativamente a qualsiasi
soggetto che intrattenga con loro rapporti o effettui, per conto
proprio ovvero per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di
natura finanziaria.
L'accesso a tali dati è consentito ai soli fini
della riscossione mediante ruolo e previa autorizzazione rilasciata dai
direttori generali degli agenti della riscossione.
Il successivo
comma 26, consente, ai soli fini della riscossione tramite ruolo, agli
agenti della riscossione di accedere a tutti i restanti dati rilevanti,
presentando un'apposita richiesta, anche in via telematica, ai soggetti
pubblici e privati, che li detengono, con l'ulteriore facoltà di
prendere visione e di estrarre copia degli atti riguardanti i predetti
dati, nonché di ottenere le relative certificazioni in carta libera.
Ai
sensi del comma 26-bis, inserito in sede di conversione del decreto,
per l'attuazione di questa facoltà di accesso, l'Agenzia delle entrate
individua in modo selettivo i dipendenti degli agenti della riscossione
che possono accedere ai dati ed utilizzarli.
17 SANATORIA CONCESSIONARI DELLA RISCOSSIONE (ART. 35, COMMI 26-TER E 26-QUATER)
L'articolo
35, commi 26-ter e 26-quater, interviene sulla disciplina della
sanatoria delle irregolarità amministrative commesse dai concessionari
del servizio nazionale della riscossione e dai commissari governativi
delegati provvisoriamente alla riscossione, di cui al decreto
legislativo 13 aprile 1999, n. 112, integrando le disposizioni
originariamente contenute nei commi 426 e 426-bis dell'articolo unico
della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005). In
particolare, questi ultimi hanno introdotto per i concessionari del
servizio nazionale della riscossione ed i commissari governativi
delegati provvisoriamente alla riscossione la "facoltà di sanare le
responsabilità amministrative derivanti dall'attività svolta fino al 30
giugno 2005".
Per l'efficacia della sanatoria è richiesto il
versamento di 3 euro per ciascun abitante residente negli ambiti
territoriali ad essi affidati in concessione alla data del 1 gennaio
2004, da effettuarsi, con le modalità stabilite dal decreto del
Ministro dell'Economia e delle Finanze 7 febbraio 2006, n. 112, in
unica soluzione entro il 29 dicembre 2005, ovvero in tre rate di cui
- la prima, pari al 40% del totale, da versare il 29 dicembre 2005;
- la seconda, pari al 30% del totale, da versare entro il 30 giugno 2006;
- la terza, pari al 30% del totale, da versare entro il 27 dicembre 2006.
In
argomento, l'Agenzia delle Entrate, con circolare del 4 aprile 2006, n.
12 ha chiarito che la sanatoria riguarda solo la responsabilità
amministrativa derivante dalle violazioni che comportano l'irrogazione
delle sanzioni. Non produce effetti per quel che concerne il pagamento
delle somme dovute, non riversate, e dei relativi interessi.
Il
comma 26-ter dell'articolo 35 del decreto dispone che sono considerati
efficaci i versamenti della prima e seconda rata, se eseguiti
tardivamente rispetto alle date sopra indicate, ma entro il termine del
10 luglio 2006.
La efficacia della tardiva definizione è
condizionata al pagamento altresì degli interessi legali, calcolati
dalla data di scadenza della rata a quella del pagamento della stessa.
Il
successivo comma 26-quater è una norma di interpretazione autentica,
volta a precisare che la sanatoria di cui ai citati commi 426 e 426-bis
della legge finanziaria 2005 non produce effetti sulla responsabilità
amministrativa delle società concessionarie della riscossione o dei
commissari governativi, relativamente a:
- provvedimenti
sanzionatori e di diniego del diritto al rimborso o al discarico per
inesigibilità per i quali non era pendente ricorso amministrativo o
giurisdizionale alla data del 30 giugno 2005;
- irregolarità
consistenti in falsità di atti redatti dai dipendenti, se queste sono
state accertate in sede penale, con sentenza definitiva, prima della
data di entrata in vigore della legge n. 311 del 2004.
18
IMPUGNABILITA' DELLE ISCRIZIONI IPOTECARIE SU IMMOBILI E DEI
PROVVEDIMENTI DI FERMO AMMINISTRATIVO (ART. 35, COMMA 26-QUINQUIES)
Il
comma 26-quinquies dell'articolo 35 del decreto modifica il comma 1
dell'articolo 19 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546,
rubricato "Atti impugnabili e oggetto del ricorso", prevedendo, dopo la
lettera e), le seguenti due ulteriori ipotesi per le quali è
proponibile ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale:
e-bis):
l'iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all'articolo 77 del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e
successive modificazioni;
e-ter): il fermo di beni mobili registrati
di cui all'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni.
In via
preliminare, è opportuno rilevare che l'indicata modifica normativa è
stata introdotta in sede di conversione del decreto e, pertanto, il
nuovo testo dell'articolo 19, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992,
entra in vigore unitamente alla legge di conversione.
Per quanto
concerne l'ipotesi di cui alla nuova lettera e-bis), si osserva che
l'articolo 77 del DPR n. 602 del 1973 prevede che decorso inutilmente
il termine di sessanta giorni dalla notifica della cartella di
pagamento, il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca sui beni
immobili del debitore e dei coobbligati. In sostanza, quindi, al
concessionario è riconosciuta una garanzia di tipo reale mediante
l'iscrizione di ipoteca legale sugli immobili del debitore e dei
coobbligati.
Al riguardo va tenuto presente che, ai sensi del comma
3 dello medesimo articolo 19, ognuno degli atti autonomamente
impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri e che la mancata
notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati
precedentemente all'atto notificato, ne consente l'impugnazione
unitamente a quest'ultimo.
L'altra innovazione introdotta dal comma
26-quinquies dell'articolo 35 è rappresentata dalla possibilità di
proporre ricorso al giudice tributario avverso il fermo di beni mobili
registrati di cui all'articolo 86 del DPR n. 602 del 1973.
In
proposito si ricorda che, ai sensi del predetto articolo 86, il
concessionario, decorso il termine di sessanta giorni dalla notifica
della cartella di pagamento, può disporre il fermo dei beni mobili
iscritti in pubblici registri appartenenti al debitore o ai
coobbligati; l'iscrizione del provvedimento di fermo nei registri
mobiliari va comunicata ad opera del concessionario al soggetto nei
confronti del quale è disposto il fermo stesso.
19 COMUNICAZIONI ALL'ANAGRAFE TRIBUTARIA (art. 35, comma 27)
L'articolo
35, comma 27, del decreto ha modificato l'articolo 7 del DPR 29
settembre 1973, n. 605, recante disposizioni relative all'anagrafe
tributaria e al codice fiscale.
In particolare, all'articolo 7 del
citato decreto, è stato introdotto l'obbligo per le imprese, gli
intermediari assicurativi e tutti gli altri operatori del settore delle
assicurazioni, di effettuare comunicazioni al sistema informativo
dell'anagrafe tributaria.
Il nuovo comma 13 prevede che: "Le
imprese, gli intermediari e tutti gli altri operatori del settore delle
assicurazioni che erogano, in ragione dei contratti di assicurazione di
qualsiasi ramo, somme di denaro a qualsiasi titolo nei confronti dei
danneggiati, comunicano in via telematica all'anagrafe tributaria,
anche in deroga a contrarie disposizioni legislative, l'ammontare delle
somme liquidate, la causale del predetto versamento, il codice fiscale
o la partita IVA del beneficiario e dei soggetti le cui prestazioni
sono state valutate ai fini della quantificazione della somma
liquidata."
Obiettivo della nuova norma è quello di aumentare il
patrimonio informativo a disposizione dell'Amministrazione finanziaria
al fine di acquisire dati e notizie rilevanti ai fini dell'attività di
controllo, con riferimento al significativo flusso di importi liquidati
dalle compagnie assicurative ai danneggiati. Al riguardo, la
disposizione introdotta prevede che "i dati acquisiti ai sensi del
presente comma sono utilizzati prioritariamente nell'attività di
accertamento effettuata nei confronti dei soggetti le cui prestazioni
sono state valutate ai fini della quantificazione della somma
liquidata".
Sono tenuti ad effettuare la comunicazione all'anagrafe
tributaria le imprese, gli intermediari assicurativi e tutti gli altri
operatori del settore delle assicurazioni. Si tratta delle categorie di
soggetti che possono essere autorizzati all'esercizio dell'attività
assicurativa ai sensi delle disposizioni contenute nel codice delle
assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005,
n. 209.
L'obbligo di comunicazione sorge per effetto dell'erogazione
di somme di denaro, a qualsiasi titolo, nei confronti dei danneggiati
in ragione dei contratti di assicurazione di qualsiasi ramo, stipulati
con i loro clienti dalle imprese di assicurazione, dagli intermediari
assicurativi e dagli altri soggetti operanti nel settore assicurativo.
Il nuovo disposto normativo prevede, in particolare, che siano comunicati al sistema informativo dell'anagrafe tributaria:
- l'ammontare delle somme liquidate;
- il codice fiscale o la partita Iva del beneficiario;
-
il codice fiscale e la partita Iva dei soggetti le cui prestazioni sono
state valutate ai fini della quantificazione della somma liquidata.
Dal
tenore letterale della disposizione in esame si evince che devono
essere comunicati all'anagrafe tributaria due diverse tipologie di
informazioni:
- ammontare delle somme liquidate e codice fiscale o partita Iva del danneggiato;
-
gli stessi dati riferiti ai soggetti le cui prestazioni sono state
valutate ai fini della quantificazione della somma liquidata (ad
esempio, il professionista che ha fornito assistenza al danneggiato).
In
altri termini, non si deve comunicare solo l'importo della somma
liquidata al beneficiario, ma si deve anche specificare - indicando i
relativi dati -se per la determinazione dell'importo si è tenuto anche
conto delle prestazioni di soggetti terzi.
La nuova "disposizione si
applica con riferimento alle somme erogate a decorrere dal 1 ottobre
2006". Ne consegue che la comunicazione dei dati menzionati è
obbligatoria per le somme erogate dal 1 ottobre 2006, anche se relative
liquidazioni effettuate e contratti stipulati anteriormente.
Le
comunicazioni all'anagrafe tributaria dovranno essere effettuate
esclusivamente in via telematica, dopo che saranno definite, con
provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, "il contenuto,
le modalità ed i termini delle trasmissioni mediante posta elettronica
certificata, nonché le specifiche tecniche del formato...".
20 RITENUTE E CONTRIBUTI DOVUTI DA APPALTATORI E SUBAPPALTATORI (ART. 35, COMMI DA 28 A 34)
I
commi da 28 a 34 dell'articolo 35 del decreto recano disposizioni
dirette sia ad incrementare il livello di adempimento degli obblighi
fiscali, previdenziali e assicurativi cui sono tenuti le imprese che
operano in qualità di appaltatori e subappaltatori sia a migliorare le
garanzie per gli enti impositori e previdenziali di riscuotere i propri
crediti.
I commi da 28 a 31 affermano la responsabilità solidale
degli appaltatori per l'effettuazione ed il versamento delle ritenute
fiscali e dei contributi previdenziali ed assicurativi obbligatori
dovuti dai subappaltatori per i propri dipendenti.
La responsabilità
solidale in esame non può eccedere l'ammontare del corrispettivo dovuto
dall'appaltatore al subappaltatore. Essa viene meno ove l'appaltatore
verifichi, tramite l'acquisizione della necessaria documentazione,
l'effettuazione ed il versamento delle ritenute fiscali sui redditi di
lavoro dipendente ed il versamento dei contributi previdenziali e dei
contributi assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali a cui è tenuto il subappaltatore in relazione
alle prestazioni di lavoro dipendente concernenti l'opera, la fornitura
o il servizio affidati. Fino a quando il subappaltatore non esibisce
all'appaltatore la predetta documentazione, quest'ultimo avrà facoltà
di sospendere la corresponsione dei corrispettivi dovuti al
subappaltatore.
Il comma 31 specifica, inoltre, che "gli atti che
devono essere notificati entro un termine di decadenza al
subappaltatore sono notificati entro lo stesso termine anche al
responsabile in solido. La competenza degli uffici degli enti
impositori e previdenziali è comunque determinata in rapporto alla sede
del subappaltatore."
I successivi commi 32 e 33 prevedono che il
committente paghi il corrispettivo dovuto all'appaltatore dopo aver
verificato, tramite l'acquisizione della relativa documentazione,
l'esatto adempimento degli obblighi concernenti l'effettuazione ed il
versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente ed
il versamento dei contributi previdenziali e dei contributi
assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali a cui è tenuto il subappaltatore in relazione alle
prestazioni di lavoro dipendente concernenti l'opera, la fornitura o il
servizio affidati.
L'inosservanza del nuovo obbligo è punita con la
sanzione amministrativa da euro 5.000 a euro 200.000, qualora i
predetti adempimenti non sono stati correttamente eseguiti
dall'appaltatore. La competenza dell'ufficio che irroga la presente
sanzione è comunque determinata in rapporto alla sede dell'appaltatore.
Il
comma 34, come modificato dalla legge di conversione, infine,
differisce l'applicazione di tutte le disposizioni di cui si tratta
all'approvazione di un decreto di attuazione "che stabilisca la
documentazione attestante l'assolvimento degli adempimenti di cui al
comma 28, in relazione ai contratti di appalto e subappalto di opere,
forniture e servizi conclusi da soggetti che stipulano i predetti
contratti nell'ambito di attività rilevanti ai fini dell'imposta sul
valore aggiunto di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 633, con esclusione dei committenti non esercenti
attività commerciale, e, in ogni caso, dai soggetti di cui agli
articoli 73 e 74 del testo unico delle imposte dirette, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917".
Per
effetto dell'ultimo periodo del comma 34 viene comunque fatto salvo
quanto previsto dall'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10
settembre 2003, n. 276, secondo cui "in caso di appalto di opere o di
servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in
solido con l'appaltatore, entro il limite di un anno dalla cessazione
dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e
i contributi previdenziali dovuti", con la specificazione che il
precetto del suddetto articolo "deve intendersi esteso anche per la
responsabilità solidale per l'effettuazione ed il versamento delle
ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente".
21 INVIO TELEMATICO DEI CONTRATTI RELATIVI AI CALCIATORI PROFESSIONISTI (Art. 35, comma 35-bis)
Con
il dichiarato intento di contrastare fenomeni di evasione ed elusione
fiscale, il comma 35-bis dell'art. 35, introdotto dalla legge di
conversione, impone l'obbligo alle società di calcio professionistiche
di inviare per via telematica all'Agenzia delle entrate copia dei
contratti di acquisizione delle prestazioni professionali degli atleti
professionisti (quelli relativi all'acquisizione del c.d. "cartellino"
del calciatore da altra società), nonché copia dei contratti
riguardanti i compensi periodicamente pattuiti con il calciatore per le
prestazioni sportive.
Tale obbligo decorre, ovviamente,
successivamente all'adozione da parte dell'Agenzia delle entrate dei
necessari provvedimenti finalizzati alla acquisizione telematica dei
predetti contratti.
La norma delega, altresì, il Ministro
dell'economia e delle finanze ad acquisire informazioni sui medesimi
contratti dalle Federazioni calcistiche estere, in relazione ad
operazioni effettuate da società sportive professionistiche residenti
in Italia, anche indirettamente, con analoghe società estere.
22 SERVIZI DI TELEFONIA PUBBLICA - ELEVAZIONE ALIQUOTA IVA (ART. 36, COMMA 1)
L'art.
36, comma 1, stabilisce che "Nella Tabella A, Parte III, allegata al
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633,
concernente i beni e servizi soggetti all'aliquota del 10 per cento, è
soppressa le voce di cui al numero 123-bis)".
Per effetto di tale
modifica normativa i servizi telefonici resi attraverso posti
telefonici pubblici e telefoni a disposizione del pubblico, individuati
dalla soppressa voce 123-bis, che in precedenza scontavano l'IVA nella
misura del 10 per cento, scontano ora l'IVA nella misura ordinaria del
20 per cento.
La nuova misura fiscale trova applicazione ai suddetti servizi fatturati a partire dal 4 luglio 2006.
23 DEFINIZIONE DI AREA FABBRICABILE (Art. 36, comma 2)
Il
comma 2 dell'articolo 36 del decreto chiarisce la portata della
locuzione "area fabbricabile" da assumere ai fini dell'imposta sul
valore aggiunto, dell'imposta di registro, delle imposte sui redditi e
dell'imposta comunale sugli immobili.
In sostanza, la disposizione
sopra richiamata estende alle imposte sui redditi, all'IVA e al
registro, il concetto di "area fabbricabile" contenuto nell'articolo
11-quaterdecies, comma 16, del D.L. 30 settembre 2005, n. 203,
convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, il
cui ambito applicativo era riservato alla sola imposta comunale sugli
immobili di cui al D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504.
Si tratta, in
definitiva, di una norma recante disposizioni di natura interpretativa,
secondo cui un'area è da considerarsi fabbricabile se utilizzabile a
scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato
dal Comune, a prescindere dall'approvazione della Regione o
dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo.
24 REGIME DI ESCLUSIONE DAL REDDITO DEGLI UTILI PROVENIENTI DAI PAESI A FISCALITA' PRIVILEGIATA (Art. 36, commi 3, 4 e 4-bis)
I
commi 3 e 4 dell'art. 36 del decreto modificano l'art. 47, comma 4, del
TUIR, con riferimento agli utili provenienti dai Paesi a fiscalità
privilegiata.
Più precisamente, la norma ripristina la formulazione
originaria del citato articolo (introdotta dal decreto legislativo 12
dicembre 2003, n. 344, recante la riforma dell'imposta sul reddito
delle società) che era stata modificata dall'art. 2, comma 2, lett. b),
del decreto legislativo18 novembre 2005, n. 247 (c.d. correttivo IRES).
Come
è noto, l'art. 47 del TUIR prevede, ai commi 1 e 2, un regime di
parziale concorso alla formazione del reddito imponibile, degli utili e
proventi equiparati di fonte italiana ed estera, percepiti da persone
fisiche al di fuori dell'esercizio di impresa, con riferimento a
partecipazioni qualificate.
Coerentemente con la sua funzione, volta
ad evitare la doppia imposizione degli utili societari, la predetta
disciplina non opera qualora gli utili siano distribuiti da soggetti
residenti in Paesi o territori a fiscalità privilegiata, come
individuati dal D.M. 21 novembre 2001. In siffatta ipotesi, gli utili
relativi a partecipazioni qualificate e non qualificate concorrono
integralmente alla formazione del reddito imponibile, a meno che gli
stessi non siano già stati imputati al socio, per trasparenza, ai sensi
degli articoli 167, comma 1, e 168 del TUIR, ovvero sia stata data
dimostrazione, in seguito all'esercizio dell'interpello, che dalle
partecipazioni non è stato conseguito, sin dall'inizio del periodo di
possesso, l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in
cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati.
In base alla
formulazione originaria della norma, la menzionata disciplina risultava
applicabile in tutte le ipotesi in cui gli utili di partecipazione
erano comunque "provenienti" da società residenti in Paesi c.d. black
list. In altri termini, ai fini della integrale sottoposizione a
tassazione degli utili distribuiti da soggetti residenti in Stati a
fiscalità privilegiata, non aveva rilievo la circostanza che le
partecipazioni fossero detenute direttamente o per il tramite di altre
società, quali anelli intermedi della catena partecipativa.
Il c.d.
correttivo IRES aveva modificato la norma in esame, prevedendo che la
tassazione integrale dei predetti utili operasse con esclusivo
riferimento a quelli "corrisposti" dalle partecipate residenti nei c.d
paradisi fiscali. Tale modifica aveva ridotto il campo di applicazione
dell'art. 47, comma 4, del TUIR, limitandolo alle sole remunerazioni
corrisposte direttamente dalle partecipate che avevano fruito di regimi
fiscali privilegiati residenti ed escludendo le remunerazioni comunque
provenienti dalle predette società, ma distribuite tramite società
intermedie (sub-holding) residenti in Stati a fiscalità ordinaria.
L'art.
36, comma 3, del decreto, per contrastare facili manovre elusive, ha
ripristinato l'originaria formulazione della norma. Per effetto di tale
modifica, pertanto, il regime di tassazione integrale riguarderà non
solo gli utili e i proventi equiparati distribuiti direttamente dai
soggetti residenti nel paradiso fiscale, ma anche quelli - da essi
generati - che fluiscono tramite società intermedie.
Al riguardo, si
precisa che la medesima disciplina continua a rendersi applicabile sia
agli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio
di società o enti soggetti all'imposta sul reddito delle società, sia
ai proventi dei titoli e degli strumenti finanziari di cui all'articolo
44, comma 2, lettera a) del TUIR. Si ritiene, infatti, che il sintetico
riferimento letterale agli "utili", ora contenuto nel comma 4 dell'art.
47 del TUIR, debba essere interpretato - per motivi di coerenza
sistematica - nella sua accezione più vasta e generale. Tale
conclusione è indirettamente confermata dalla relazione illustrativa al
provvedimento che valorizza, in relazione al nuovo testo normativo, la
sostituzione del termine "corrisposti" con "provenienti".
E' appena
il caso di sottolineare che la modifica in discorso trova applicazione
- per effetto del rinvio all'art. 47 del TUIR operato dal successivo
art. 59 - anche relativamente agli utili e ai proventi equiparati
percepiti da persone fisiche nell'esercizio di impresa e a quelli
percepiti da società di persone commerciali. Inoltre, la modifica
apportata all'art. 89, comma 3, del TUIR dal nuovo comma 4-bis,
introdotto nel decreto dalla legge di conversione, chiarisce che il
menzionato regime di integrale concorso alla formazione del reddito
riguarda anche gli utili e i proventi equiparati "provenienti" da
società e enti di ogni tipo residenti in Stati o territori a fiscalità
privilegiata, percepiti da soggetti IRES.
In sede di applicazione
della norma, con particolare riguardo alla ipotesi di partecipazioni
indirette tramite sub-holding, si rende necessario individuare, nel
complesso degli utili distribuiti, quelli generati dalle partecipate
nel "paradiso".
Per un corretto inquadramento del problema, occorre
tenere presente che la disposizione svolge, fondamentalmente, una
funzione di chiusura del sistema contro le triangolazioni sui dividendi
che consentono ai soci di percepire utili provenienti dai paradisi
fiscali attraverso società intermedie, sostanzialmente interposte.
Ne
consegue che - in presenza di partecipazioni in società residenti in
paesi a fiscalità privilegiata indirettamente detenute - il regime di
integrale tassazione si rende applicabile ai soli utili che - in
coerenza con il dato testuale della disposizione - si possono
considerare da esse "provenienti".
Nelle ipotesi estreme di
sub-holding intermedie qualificabili come mere conduit company,
l'intero utile da esse distribuito potrà infatti ritenersi generato nel
paradiso fiscale in cui è localizzata la società operativa. Del pari,
sarà possibile individuare - ragionevolmente - la fonte degli utili
erogati da holding statiche o da società che non svolgono una effettiva
attività economica, limitandosi alla mera detenzione delle
partecipazioni.
In ultimo, si ricorda che i possessori di
partecipazioni in società residenti in paesi a fiscalità privilegiata
(anche se diverse da quelle di controllo o collegamento) potranno
ottenere la disapplicazione della normativa summenzionata qualora
forniscano la dimostrazione - tramite l'esercizio dell'interpello
secondo le modalità del comma 5, lettera b), dell'art. 167 del TUIR -
che dalle partecipazioni non sia stato conseguito, sin dall'inizio del
periodo di possesso, l'effetto di localizzare i redditi in Stati o
territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati.
E',
invece, irrilevante l'eventuale parere favorevole alla disapplicazione
della normativa CFC, emesso dall'Agenzia delle Entrate in base alla
esimente di cui alla lettera a), del comma 5, del citato articolo 167,
a fronte della dimostrazione dell'esercizio di una effettiva attività
commerciale della partecipata. Tale irrilevanza trova giustificazione
ove si consideri che il regime di parziale concorso alla formazione del
reddito previsto per gli utili societari non costituisce
un'agevolazione, bensì il rimedio contro la doppia imposizione degli
utili medesimi, riservato alle solo ipotesi in cui essa può prodursi.
Come
precisato dal comma 4 dell'art. 36 del decreto, la disposizione si
applica a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata
in vigore del decreto stesso e quindi agli utili e ai proventi
equiparati distribuiti a decorrere dal medesimo periodo di imposta,
anche prima di detta data.
25 AMMORTAMENTO DEI BENI MATERIALI - ARTICOLO 102 TUIR (ART. 36, COMMI 5, 6, 6-BIS E 6-TER)
L'articolo
36, commi 5 e 6, del decreto, modificando l'articolo 102 del TUIR,
esclude la possibilità di dedurre quote di ammortamento anticipato per
taluni mezzi di trasporto a motore utilizzati nell'esercizio d'impresa.
Più
in particolare, il comma 5, novellando il comma 3, secondo periodo, del
citato articolo 102 del TUIR, prevede che l'esclusione
dell'ammortamento anticipato si applica ai beni di cui all'articolo
164, comma 1, lettera b), del TUIR, vale a dire "alle autovetture ed
autocaravan, di cui alle...lettere a) ed m) dell'articolo 54 del citato
decreto legislativo n. 285 del 1992, ai ciclomotori e motocicli il cui
utilizzo è diverso da quello indicato alla lettera a), numero 1)",
ovvero non sono "destinati ad essere utilizzati esclusivamente come
beni strumentali nell'attività propria dell'impresa".
Detta
esclusione, pertanto, non si applica se tali beni sono destinati
esclusivamente all'esercizio dell'attività d'impresa, rimanendo così
applicabile ai soli beni appartenenti a tali categorie utilizzati
"promiscuamente" dall'imprenditore.
Le predette modifiche
all'articolo 102 si applicano, ai sensi del comma 6 dell'articolo 36
del decreto, a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di
entrata in vigore del decreto medesimo (4 luglio 2006), ai soggetti
passivi IRES, nonché ai titolari di reddito d'impresa ai fini IRPEF e
riguardano anche i beni "acquistati nel corso di precedenti periodi
d'imposta", come previsto espressamente dal citato comma 6.
In
sostanza, la disposizione non consente di continuare ad effettuare
l'ammortamento anticipato iniziato nel periodo d'imposta precedente.
Con
riferimento alla deducibilità dei canoni di leasing riferibili ai beni
in questione, il comma 6-bis, inserendo una nuova disposizione nel
comma 7 dell'art. 102 del TUIR, subordina la deduzione fiscale alla
condizione che il relativo contratto di leasing non sia inferiore al
periodo di ammortamento corrispondente all'applicazione delle aliquote
previste dal D.M. 31 dicembre 1988 al costo del bene e non alla metà
del periodo di ammortamento, come in precedenza previsto.
Tale
ultima modifica normativa si applica, come stabilito dal comma 6-ter,
ai canoni relativi a contratti di locazione finanziaria stipulati a
decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione
del decreto.
26 INDEDUCIBILITA' AMMORTAMENTO TERRENI (ART. 36, COMMI 7 E 8)
L'articolo
36, comma 7, stabilisce che ai fini del calcolo delle quote di
ammortamento deducibili, il costo dei fabbricati strumentali deve
essere assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione
e di quelle che ne costituiscono pertinenza. Il costo delle predette
aree è quantificato in misura pari al valore risultante da apposita
perizia di stima, redatta da soggetti iscritti agli albi degli
ingegneri, degli architetti, dei geometri e dei periti industriali
edili e comunque non inferiore al 20 per cento e, per i fabbricati
industriali, al 30 per cento del costo complessivo.
Rientrano
nell'ambito oggettivo di applicazione della disposizione i fabbricati
strumentali per destinazione e per natura ai sensi dell'art. 43, commi
1 e 2 del TUIR. Ne sono esclusi, pertanto, gli impianti e i macchinari
ancorché infissi al suolo.
Il successivo comma 8 prevede che le
disposizioni del precedente comma si applicano a decorrere dal periodo
d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto, anche
per le quote di ammortamento relative ai fabbricati costruiti o
acquistati nel corso di periodi di imposta precedenti.
27 RIPORTO PERDITE NELLA TRASPARENZA FISCALE (ART. 36, COMMI 9 - 11)
L'articolo
36, comma 9, del decreto modifica il comma 3 dell'articolo 115 del
TUIR, aggiungendo alla fine il seguente periodo: "Le perdite fiscali
dei soci relative agli esercizi anteriori all'inizio della tassazione
per trasparenza non possono essere utilizzate per compensare i redditi
imputati dalle società partecipate".
A seguito della modifica
normativa appena richiamata, il comma 10 dell'art. 36 del decreto
modifica il comma 2 dell'art. 116 del TUIR, al fine di rendere
applicabile la medesima disposizione anche ai soci (persone fisiche)
delle società a ristretta base personale che optano per il regime della
trasparenza.
Scopo della disposizione è quello di introdurre un
limite all'utilizzo delle perdite fiscali anteriori alla tassazione per
trasparenza, conformemente a quanto previsto per il regime delle
perdite adottato nel consolidato fiscale.
Anteriormente alla
modifica in commento, infatti, a differenza di quanto avviene nel
consolidato, la società partecipante che ha esercitato l'opzione per la
trasparenza aveva la possibilità di utilizzare le perdite pregresse sia
per compensare i propri redditi che per compensare i redditi imputati
per trasparenza dalla società partecipata.
La modifica contrasta
fenomeni di pianificazione fiscale consistenti nel ridurre le
partecipazioni detenute in una società al fine di accedere alla
tassazione per trasparenza anziché al consolidato fiscale, all'interno
del quale non è consentito l'utilizzo di perdite pregresse.
Ai sensi
del comma 11 dell'articolo 36 in esame, le disposizioni hanno effetto
dal periodo d'imposta dei soci in corso alla data di entrata in vigore
del decreto, ma solo con riferimento ai redditi delle società
partecipate relativi a periodi d'imposta chiusi a partire dalla
predetta data. Ad esempio, in ipotesi di società partecipata, che
chiude il periodo di imposta al 31 luglio 2006, e di soci con periodo
d'imposta coincidente con l'anno solare (1 gennaio-31 dicembre 2006),
la modifica normativa trova applicazione. Diversamente, nel caso in cui
il periodo di imposta della partecipata chiude il 30 giugno 2006, la
nuova norma non trova applicazione.
28 DISPOSIZIONE IN MATERIA DI RIPORTO ILLIMITATO DELLE PERDITE (ART. 36, COMMI 12-14)
L'art.
36, commi da 12 a 14, del decreto modifica significativamente il
contenuto dell'articolo 84 del TUIR in materia di riporto e utilizzo
delle perdite fiscali.
28.1 Modifiche all'art. 84, comma 2
In
particolare, l'articolo 36, comma 12, lett. a) modifica le disposizioni
contenute nel comma 2 dell'art. 84, specificando che i primi tre
periodi d'imposta, in relazione ai quali è consentito il riporto
illimitato delle perdite realizzate, devono decorrere "dalla data di
costituzione" della società ed introducendo la condizione che le
perdite "si riferiscano ad una nuova attività produttiva".
Nell'attuale formulazione, il comma 2 dell'articolo 84 consente, quindi, il riporto illimitato qualora le perdite:
a) siano prodotte da una nuova società nei primi tre periodi d'imposta dalla data della costituzione;
b) si riferiscano ad un'attività produttiva effettivamente "nuova".
La
modifica in commento ha introdotto un requisito "oggettivo", quello
della nuova iniziativa produttiva, in aggiunta a quello "soggettivo",
riferito alla società neo-costituita, al fine di agevolare l'effettivo
avvio di una nuova attività imprenditoriale, piuttosto che la
continuazione di una "vecchia" attività in capo ad un "nuovo" soggetto.
Il
previgente comma 2 dell'articolo 84, invece, riconosceva il diritto al
riporto illimitato nel tempo delle perdite generate nei primi tre
periodi d'imposta, prescindendo dalla novità dell'iniziativa
produttiva.
Per effetto dell'art. 41, che disciplina l'entrata in
vigore del decreto, la norma, così modificata, si applica a decorrere
dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del
decreto medesimo e, quindi, per i soggetti con periodo d'imposta
coincidente con l'anno solare, dal periodo d'imposta 2006.
Il comma
13 dell'art. 36 in commento, con norma di carattere transitorio, ha
disposto che i requisiti prima richiamati sub a) e b) devono essere
verificati anche con riferimento alle perdite illimitatamente
riportabili (secondo la previgente disciplina) relativi a periodi
d'imposta precedenti che non siano state ancora utilizzate alla data di
entrata in vigore del decreto. Qualora tali requisiti non dovessero
sussistere, le perdite "possono essere computate in diminuzione del
reddito dei periodi d'imposta successivi a quello di formazione, con le
modalità previste al comma 1 del medesimo art. 84, ma non oltre
l'ottavo."
In pratica, il contribuente deve verificare la
sussistenza dei requisiti introdotti con la modifica in commento con
riferimento alle perdite già prodotte e non ancora compensate alla data
di entrata in vigore del decreto. In mancanza delle suddette (nuove)
condizioni cui la norma subordina il diritto al riporto illimitato
delle perdite pregresse, le stesse si considerano perdite limitatamente
riportabili, fino all'ottavo periodo di imposta successivo a quello di
formazione delle stesse.
28.2 Modifiche all'art. 84, comma 3
L'articolo 36, comma 12, lett. b) del decreto sopprime la lett. a) del comma 3 dell'art. 84 del TUIR.
Come
è noto il comma 3 dell'art. 84 impedisce il riporto delle perdite
pregresse al contestuale verificarsi delle condizioni di seguito
indicate:
1) trasferimento a terzi della maggioranza delle
partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie della
società che riporta le perdite;
2) modifica dell'attività principale in fatto esercitata nel periodo d'imposta di maturazione delle perdite.
La
lett. a) del citato comma 3 consentiva, tuttavia, alle società
appartenenti ad un gruppo il riporto delle perdite pregresse anche in
presenza delle condizioni ostative riportate sub 1) e 2). Con
l'abrogazione di tale norma si impedisce anche alle società
appartenenti ad un gruppo il riporto delle perdite pregresse in
presenza delle predette condizioni.
Ai sensi del comma 14 dell'art.
36 del decreto, la modifica in commento - soppressione della lett. a)
dell'art. 84, comma 3 - si applica ai soggetti le cui partecipazioni
sono acquisite da terzi a decorrere dalla data di entrata in vigore del
presente decreto.
29 ABOLIZIONE ALIQUOTA AGEVOLATA PER I
TRASFERIMENTI DI BENI IMMOBILI IN AREE SOGGETTE A PIANI URBANISTICI
PARTICOLAREGGIATI (ART. 36, COMMA 15)
L'articolo 36, comma 15,
del decreto testualmente recita: "l'articolo 33, comma 3, della legge
23 dicembre 2000, n. 388, è abrogato, ad eccezione che per i
trasferimenti di immobili in piani urbanistici particolareggiati,
diretti all'attuazione dei programmi prevalentemente di edilizia
residenziale convenzionata pubblica, comunque denominati, realizzati in
accordo con le amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi
di cessione e dei canoni di locazione. Il periodo precedente ha effetto
per gli atti pubblici formati e le scritture private autenticate a
decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto".
La
norma abrogata prevedeva un regime di favore che si sostanziava
nell'applicazione dell'aliquota agevolata dell'1 per cento ai fini
dell'imposta di registro e la misura fissa ai fini delle imposte
ipotecarie e catastali relativamente ai trasferimenti di immobili
compresi in piani urbanistici particolareggiati, a condizione che
l'utilizzazione edificatoria avvenisse entro 5 anni dal trasferimento,
anche nel caso in cui l'acquirente non disponesse in precedenza di
altro immobile compreso nello stesso piano urbanistico, come precisato
successivamente dall'articolo 76 della legge n. 448 del 28 dicembre
2001 (legge finanziaria 2002).
L'estensione alla generalità dei
trasferimenti di immobili ricompresi in piani urbanistici
particolareggiati, ha fatto venir meno la ratio della norma agevolativa
della legge 388 del 2000, inducendo pertanto il legislatore, con il
citato comma 15 dell'articolo 36, ad abolire il regime di favore: come
espressamente enunciato dal citato comma 15, la norma trova
applicazione per gli atti pubblici formati e le scritture private
autenticate a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto.
Per
quanto riguarda il trattamento fiscale cui assoggettare i trasferimenti
oggetto della abrogata agevolazione, si fa presente che gli stessi
sconteranno l'imposta di registro nella misura proporzionale dell'8%, e
l'ipotecaria e catastale rispettivamente nella misura del 2% e dell'1%.
La
portata abrogativa della norma tuttavia non è assoluta, dato che
l'agevolazione resta in vigore per i trasferimenti di immobili compresi
in piani urbanistici particolareggiati, diretti all'attuazione dei
programmi prevalentemente di edilizia residenziale convenzionata
pubblica, comunque denominati, realizzati in accordo con le
amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi di cessione e
dei canoni di locazione.
30 MODIFICHE AL REGIME DI
TRASPARENZA DELLE SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA A RISTRETTA BASE
PROPRIETARIA (ART. 36, COMMI 16 E 17)
L'art. 36, comma 16, del
decreto apporta alcune modifiche all'art. 116 del TUIR che disciplina
il regime di trasparenza delle società a responsabilità limitata a
ristretta compagine sociale.
La lettera a) del comma 16 modifica il
comma 1 dell'art. 116 del TUIR eliminando la specifica causa di
inapplicabilità o di esclusione dal regime consistente nel possesso o
acquisto di partecipazioni che si qualificano per la participation
exemption.
Le predette cause di inapplicabilità o esclusione del
regime, avevano la funzione di evitare che soci persone fisiche
fruissero del regime agevolato di tassazione delle plusvalenze da
partecipazioni riservato alle sole società di capitali. Tali
limitazioni, alla luce delle modifiche apportate dal medesimo comma in
esame e di seguito descritte, non trovano ora più giustificazione.
La
lettera b) del comma 16, in commento, stabisce che per le società in
regime di trasparenza gli utili percepiti, di cui all'art. 89 del TUIR,
e le plusvalenze realizzate, di cui all'art. 87 del TUIR, concorrono a
formare il reddito nella misura del 40 per cento prevista per i
soggetti IRPEF ai sensi dell'art. 58, comma 2, e dell'articolo 59.
Ne
consegue che per una persona fisica la partecipazione indiretta in una
società di capitali, per il tramite di una società a responsabilità
limitata trasparente avrà il medesimo trattamento fiscale delle
partecipazioni detenute direttamente. In altre parole, la norma non
consente alle persone fisiche di fruire del regime di esenzione delle
plusvalenze o di esclusione dei dividendi previsto per i soggetti IRES,
per il solo fatto di possedere partecipazioni, non direttamente, ma
attraverso un'altra società a responsabilità limitata in regime di
trasparenza.
Ai sensi del comma 17, dette modifiche normative trovano applicazione a partire dal periodo d'imposta in corso al 4 luglio 2006.
Quindi,
con riferimento sia all'esercizio dell'opzione sia al trattamento
fiscale delle distribuzioni di utili e della plusvalenze, dette
modifiche trovano applicazione in relazione al periodo d'imposta non
ancora chiuso al 3 luglio 2006. Ne consegue che per il medesimo periodo
di imposta le società interessate possono esercitare l'opzione per il
regime di trasparenza anche se ne erano escluse sulla base della
previgente formulazione della norma. Allo stesso modo, l'opzione già
esercitata da soggetti che abbiano acquisito partecipazioni che si
qualificano per la p.ex. prima dell'entrata in vigore della norma non
perde efficacia.
Infine, gli utili e le plusvalenze relative al
periodo di imposta nel quale si applica la disposizione sono
assoggettate alle nuove regole di tassazione, ancorchè rispettivamente
percepiti o realizzate prima dell'entrata in vigore della disposizione
medesima.
31 MINUSVALENZE DERIVANTI DALL'ASSEGNAZIONE AI SOCI - ARTICOLO 101 TUIR (ART. 36, COMMI 18 E 19)
Il
comma 18 dell'articolo 36 del decreto modifica il comma 1,
dell'articolo 101 del TUIR, eliminando la lett. c), introdotta con la
riforma dell'IRES, che consentiva la deduzione delle minusvalenze
derivanti dalla destinazione dei beni ai soci o a finalità estranee
all'esercizio dell'impresa.
Sono, pertanto, indeducibili le
minusvalenze in argomento, costituite dalla differenza tra il valore
normale e il costo non ammortizzato dei beni.
Tale modifica, ai
sensi del successivo comma 19, si applica a partire dal periodo di
imposta in corso al 4 luglio 2006, data di entrata in vigore del
decreto.
32 OPERE, FORNITURE E SERVIZI DI DURATA ULTRANNUALE -RIFORMA (ART. 36, COMMI 20 - 21)
Il
comma 20 dell'articolo 36, del decreto, ha abrogato il comma 3
dell'articolo 93 del TUIR, secondo cui il valore delle rimanenze finali
delle opere, forniture e servizi - determinato sulla base dei
corrispettivi pattuiti, "può essere ridotto per rischio contrattuale, a
giudizio del contribuente, in misura non superiore al 2 per cento. Per
le opere, le forniture ed i servizi eseguiti all'estero, se i
corrispettivi sono dovuti da soggetti non residenti, la misura massima
della riduzione è elevata al 4 per cento"
E' soppressa, pertanto, la
facoltà per il contribuente di dare rilevanza fiscale alla svalutazione
delle rimanenze finali di opere, forniture e servizi di durata
ultrannuale, operata per tenere conto del rischio contrattuale.
Il
comma 21, dell'articolo 36, del decreto stabilisce che le disposizioni
in commento si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso
alla data di entrata in vigore del presente decreto (4 luglio).
33 ESCLUSIONE DELLA NO-TAX AREA PER I SOGGETTI NON RESIDENTI (Art. 36, comma 22)
Il
comma 22, alle lettere a) e b), apporta modifiche alle disposizioni
contenute negli articoli 3 e 24 del TUIR, relative alla determinazione
della base imponibile per i soggetti non residenti.
In particolare,
la lettera a) sostituisce l'art. 3, comma 1, del TUIR, concernente la
determinazione del reddito complessivo, prevedendo l'esclusione, per i
redditi prodotti in Italia dai soggetti non residenti,
dall'applicazione dei benefici fiscali di cui agli articoli 10, 11 e 12
del TUIR. Tali benefici consistono, rispettivamente, nella deduzione
per oneri, nella deduzione per assicurare la progressività e nella
deduzione per familiari a carico.
Peraltro, con riferimento alla
esclusione dall'applicazione dell'art. 10 del TUIR, riguardante gli
oneri deducibili, si fa presente che la modifica apportata all'art. 3
del TUIR non reca innovazioni sostanziali.
Dalla lettura combinata
dell'art. 3 e dell'art. 24 del TUIR, che non ha subito modifiche al
comma 2, si evince che continuano ad essere esclusi dal reddito
complessivo dei soggetti non residenti i soli oneri deducibili di cui
alle lettere a), g), h), i) e l) del comma 1, dell'art. 10 del TUIR
(canoni, livelli e censi che gravano sui redditi degli immobili,
contributi, donazioni e oblazioni in favore delle organizzazioni non
governative, indennità corrisposte al conduttore per la perdita di
avviamento, erogazioni liberali in denaro in favore del clero italiano,
erogazioni liberali in denaro di cui all'art. 29, comma 2, della legge
n. 516/88, all'art. 21, comma 1, della legge n. 517/88, e all'art. 3,
comma 2, della legge n. 409/93).
Pertanto, come nel previgente
regime, i soggetti non residenti continuano a fruire del beneficio
fiscale di cui all'art. 10 esclusivamente per gli oneri indicati
nell'art. 24, comma 2.
Di carattere sostanziale è, invece, la
modifica normativa che prevede l'esclusione dalla deduzione per
assicurare la progressività dell'imposta di cui all'art. 11 del TUIR.
L'applicazione
della no-tax area per i soggetti non residenti è stata esclusa in
ragione del fatto che la deduzione in discorso, compresa la quota base,
prevista nella misura di tremila euro, che opera in favore di tutti i
contribuenti a prescindere dalla tipologia di reddito prodotta, è
finalizzata a garantire la progressività dell'imposizione e per tale
ragione si commisura al reddito complessivo di ciascun contribuente.
Il
reddito complessivo però, è un attendibile segnalatore della situazione
economica del contribuente solo per i soggetti residenti, i quali, come
è noto, sono tassati in Italia con riferimento a tutti i loro redditi,
ovunque prodotti.
Ciò non accade invece per i non residenti, il cui
reddito, per la quota percepita in Italia, costituisce solo una parte
del reddito complessivo che viene assoggettato a tassazione nel paese
di residenza e quindi costituisce un parametro insufficiente della
capacità contributiva complessiva.
Per tale motivo, il legislatore
ha ritenuto opportuno escludere l'applicazione della no-tax area per il
non residente, sul presupposto che sarà il suo Stato di residenza, che
conosce (e tendenzialmente assoggetta ad imposizione) tutti i suoi
redditi, ovunque prodotti, a riconoscergli eventuali benefici collegati
alla capacità reddituale complessiva.
In merito alle deduzioni per
oneri di famiglia, di cui all'art. 12 del TUIR, si fa presente che i
non residenti erano già esclusi dalla fruizione di tale beneficio
fiscale.
Ai sensi dell'art. 24, comma 3, ultimo periodo, del TUIR,
concernente la determinazione dell'imposta dovuta dai non residenti,
quest'ultimi erano, infatti, già esclusi dal diritto a fruire delle
detrazioni per carichi familiari.
All'atto della trasformazione del
beneficio fiscale in discussione, da detrazione d'imposta a deduzione,
avvenuta a decorrere dal 1 gennaio 2005, la scrivente, con circolare 6
giugno 2005, n. 31, ha chiarito che "in base ad una interpretazione
logico sistematica, si deve ritenere che le nuove deduzioni non
modifichino in maniera sostanziale le regole di tassazione previste per
i soggetti non residenti: se, difatti, ai sensi dell'art. 24 del TUIR
le detrazioni per oneri di famiglia...non erano riconosciute in
riduzione dell'imposta lorda dovuta dai soggetti non residenti,
analogamente le nuove deduzioni non devono operare in riduzione del
reddito da assoggettare a tassazione nel territorio dello Stato".
Ne
consegue che la norma di nuova introduzione, diretta a prevedere
l'esclusione dall'applicazione dell'art. 12 per i redditi prodotti in
Italia dai non residenti, deve ritenersi una norma di coordinamento
formale.
In ragione del passaggio dalle detrazioni alle deduzioni
per carichi di famiglia, si fa presente altresì che l'art. 36 in
discussione, al comma 22, lett. b), prevede l'abrogazione dell'ultimo
periodo del comma 3 dell'art. 24 del TUIR, che, come sopra ricordato,
escludeva la spettanza, per i non residenti, delle detrazioni per
carichi di famiglia.
33.1 Decorrenza e adempimenti
La
norma in esame, poiché riferita alla determinazione dell'IRPEF, imposta
dovuta per anni solari, trova applicazione a decorrere dal periodo
d'imposta 2006.
Con riferimento agli adempimenti a carico del
sostituto d'imposta, si fa presente che la norma trova applicazione
immediata e che, pertanto, sulle retribuzioni corrisposte a decorrere
dal 4 luglio 2006 il sostituto non dovrà più riconoscere la deduzione
per assicurare la progressività dell'imposta.
Per quanto concerne il
recupero delle quote di deduzione riconosciute nel periodo antecedente
l'entrata in vigore del d.l. in commento, il sostituto può provvedere
in sede di conguaglio di fine anno, ovvero al momento della cessazione
del rapporto di lavoro, se interviene nel corso d'anno, ovvero può
anche distribuire il maggior onere fiscale sui periodi di paga al fine
di evitare un aggravio per i contribuenti interessati.
34 INCENTIVAZIONE PER L'ESODO dei dipendenti - modifica agevolazione irpef (Art. 36, comma 23)
Il
comma 23 dispone l'abrogazione del comma 4-bis dell'articolo 19 del
TUIR, che prevedeva un'agevolazione, ai fini dell'IRPEF, concernente le
somme corrisposte ai dipendenti per incentivarne l'esodo.
In
particolare, l'art. 19, comma 4-bis, del TUIR, prevedeva l'applicazione
dell'aliquota prevista per la tassazione del trattamento di fine
rapporto in misura ridotta alla metà quando i soggetti beneficiari
delle somme, corrisposte al fine di incentivare la cessazione
anticipata del rapporto di lavoro, fossero donne con più di 50 anni di
età o uomini di età superiore a 55 anni.
Al fine di salvaguardare i
diritti di coloro che hanno già contrattato un piano incentivato di
esodo, la norma prevede un regime transitorio applicabile ai piani
d'incentivo all'esodo concordati prima dell'entrata in vigore del
decreto.
Più precisamente, la disciplina di cui al comma 4-bis
dell'art. 19 del TUIR continua ad applicarsi con riferimento alle somme
corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati prima della data
di entrata in vigore del decreto (4 luglio 2006), nonché con
riferimento alle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro
cessati anche successivamente all'entrata in vigore del decreto
medesimo, purché in attuazione di accordi o atti che abbiano data certa
anteriore alla data di entrata in vigore del decreto.
35
RITENUTA A TITOLO DI ACCONTO PER I REDDITI DERIVANTI DALL'ASSUNZIONE DI
OBBLIGHI DI FARE, DI NON FARE O PERMETTERE (ART. 36, COMMA 24)
L'articolo
36, comma 24, del decreto modifica l'articolo 25, primo comma, primo
periodo, del DPR n. 600/1973 inserendo dopo le parole "o nell'interesse
di terzi" le seguenti "o per l'assunzione di obblighi di fare, di non
fare o permettere".
Per effetto di detta modifica, l'obbligo per i
sostituti d'imposta di effettuare la ritenuta a titolo di acconto
dell'IRPEF sui compensi per prestazioni di lavoro autonomo, anche non
abituali, è esteso ai casi in cui vengano erogati compensi derivanti
dall'assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere, che ai
sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera l), del TUIR, rientrano nella
categoria dei redditi diversi.
La ritenuta va effettuata, all'atto
del pagamento, con obbligo di rivalsa e a titolo di acconto dell'IRPEF
nella misura del 20 per cento del compenso.
Si sottolinea che il
comma 24 in esame completa, anche sotto il profilo dell'applicazione
delle ritenute, l'equiparazione tra redditi derivanti da attività di
lavoro autonomo non esercitate abitualmente e redditi derivanti
dall'assunzione di obblighi di fare, di non fare o di permettere, già
esistente sotto il profilo della determinazione delle modalità di
concorso al reddito nella categoria dei redditi diversi (articolo 71,
comma 2, del TUIR).
L'obbligo di operare la ritenuta sorge per i
compensi corrisposti a partire dal 4 luglio 2006, data di entrata in
vigore del decreto, ai sensi dell'art. 41 del decreto stesso.
Le ritenute operate dovranno essere versate nei tempi e nei modi ordinari.
36 RIFORMA REGIME FISCALE DELLE C.D. STOCK OPTION (ART. 36, COMMI 25, 25-BIS E 26)
Il
testo originario dell'articolo 36, comma 25, del decreto ha abrogato la
lettera g-bis) dell'articolo 51, comma 2, del TUIR. La legge di
conversione del decreto ha reintrodotto tale disposizione, subordinando
tuttavia la sua applicazione al verificarsi di determinate ulteriori
condizioni e limiti.
Si ricorda che la lettera g-bis) disciplina il
regime delle stock option, strumento attraverso il quale fidelizzare o
premiare determinate categorie di dipendenti. In particolare, la norma
prevede che, in sede di determinazione del reddito di lavoro
dipendente, non concorre alla formazione di tale categoria reddituale
"la differenza tra il valore delle azioni al momento dell'assegnazione
e l'ammontare corrisposto dal dipendente, a condizione che il predetto
ammontare sia almeno pari al valore delle azioni stesse alla data
dell'offerta; se le partecipazioni, i titoli o i diritti posseduti dal
dipendente rappresentano una percentuale di diritti di voto
esercitabili nell'assemblea ordinaria o di partecipazione al capitale o
al patrimonio superiore al 10 per cento, la predetta differenza
concorre in ogni caso interamente a formare il reddito".
In
sostanza, in base alla citata disposizione "la differenza tra il valore
delle azioni al momento dell'assegnazione e l'ammontare corrisposto dal
dipendente" non concorre a formare reddito di lavoro dipendente a
condizione che:
- il prezzo pagato dal dipendente sia almeno pari al valore delle azioni stesse al momento dell'offerta;
-
le partecipazioni, i titoli o i diritti posseduti dal dipendente
rappresentino una percentuale di diritto di voto esercitabile in
assemblea ordinaria o di partecipazione al capitale non superiore al
10%.
Non verificandosi entrambe le condizioni, la differenza costituisce reddito di lavoro dipendente imponibile.
Ciò
posto, il nuovo comma 25 dell'art. 36 del decreto, oltre a reintrodurre
la predetta lettera g-bis), ha integrato il comma 2-bis dell'articolo
51 del TUIR, aggiungendo i seguenti periodi: "La disposizione di cui
alla lettera g-bis) del comma 2 si rende applicabile a condizione che
le azioni offerte non siano comunque cedute nè costituite in garanzia
prima che siano trascorsi cinque anni dalla data dell'assegnazione e
che il valore delle azioni assegnate non sia superiore complessivamente
nel periodo d'imposta alla retribuzione lorda annua del dipendente
relativa al periodo d'imposta precedente. Qualora le azioni siano
cedute o date in garanzia prima del predetto termine, l'importo che non
ha concorso a formare il reddito al momento dell'assegnazione concorre
a formare il reddito ed è assoggettato a tassazione nel periodo di
imposta in cui avviene la cessione ovvero la costituzione della
garanzia. Se il valore delle azioni assegnate è superiore al predetto
limite, la differenza tra il valore delle azioni al momento
dell'assegnazione e l'ammontare corrisposto dal dipendente concorre a
formare il reddito.".
Ciò comporta che l'agevolazione è ora
subordinata al verificarsi di due ulteriori condizioni, ossia che il
dipendente non ceda le azioni ricevute nei cinque anni successivi alla
data dell'assegnazione e che nello stesso periodo quinquennale su di
esse non siano costituite garanzie in qualsiasi forma (es.: pegno,
disposizioni di mandato a vendere).
Per quanto riguarda la
condizione temporale richiesta dalla norma per l'esclusione dal reddito
imponibile del fringe benefit, si rileva che le azioni non devono
essere cedute nè riacquistate dal datore di lavoro o dalla società
emittente nè essere utilizzate quali garanzia per l'ottenimento di
finanziamenti o essere oggetto di mandato a vendere.
Il mancato
rispetto di tale condizione, ossia la cessione delle azioni o la loro
costituzione in garanzia prima che siano trascorsi cinque anni dalla
assegnazione, comporta l'obbligo di tassazione nel periodo d'imposta in
cui si verifica la cessione o la costituzione della garanzia, quale di
reddito di lavoro dipendente. In tal modo, l'importo che non ha
concorso a formare il reddito al momento dell'assegnazione è
assoggettato a tassazione nel periodo di imposta in cui avviene la
cessione o la costituzione della garanzia.
E' opportuno evidenziare
che in caso di cessione o di costituzione in garanzia anche di parte
delle azioni il regime agevolativo non è applicabile con riguardo alla
totalità delle azioni oggetto della medesima assegnazione.
Ai fini
dell'individuazione del momento impositivo, assume rilevanza la
notizia, acquisita dal datore di lavoro, dell'avvenuta cessione delle
azioni da parte del dipendente, semprechè il cessionario non sia lo
stesso datore di lavoro o la società emittente. Pertanto, il datore di
lavoro deve applicare le relative ritenute nel primo periodo di paga
utile, successivo all'avvenuta conoscenza del presupposto impositivo,
anche per effetto di un'apposita comunicazione del dipendente.
Trattandosi,
quindi, dell'applicazione di una norma agevolativa che condiziona i
suoi presupposti alla sussistenza di un determinato requisito giuridico
- temporale (possesso delle azioni per almeno un quinquennio), il
datore di lavoro-sostituto d'imposta è tenuto ad informare i
destinatari dell'assegnazione agevolata circa l'obbligo di comunicare
tempestivamente allo stesso le eventuali cessioni delle azioni, anche
successivamente all'eventuale cessazione del rapporto di lavoro.
Nell'ipotesi
in cui il contribuente che ha ricevuto l'assegnazione delle azioni
abbia cessato il rapporto di lavoro, intraprendendone uno nuovo con
altro datore di lavoro ovvero sia collocato a riposo, il precedente
datore di lavoro deve comunicare al nuovo datore di lavoro o all'ente
che eroga il trattamento pensionistico l'importo del valore che questi
deve assumere a tassazione, unitamente al reddito di lavoro dipendente
o al trattamento pensionistico erogato (cfr. C.M. n. 326/E del 23
dicembre 1997 e ris. n. 186/E del 12 giugno 2002). In mancanza o in
caso di ritardata comunicazione da parte del precedente datore di
lavoro, il nuovo datore di lavoro o l'ente pensionistico, informato dal
dipendente della sussistenza di un fringe benefit derivante dal
precedente rapporto di lavoro, è tenuto ad attivarsi al fine di
conoscere il predetto importo.
Qualora il contribuente non
intrattenga un altro rapporto di lavoro dipendente o assimilato ovvero
non percepisca un trattamento pensionistico, le ritenute relative al
reddito di lavoro dipendente derivante dalla cessione delle azioni o
dalla loro costituzione in garanzia devono essere operate dal datore di
lavoro che aveva assegnato le azioni, previa comunicazione dell'evento
da parte del lavoratore cessato e corresponsione della relativa
provvista.
La nuova disposizione stabilisce inoltre che il valore
delle azioni assegnate non deve superare l'importo della retribuzione
lorda annua relativa al periodo d'imposta precedente a quello
dell'assegnazione, vale a dire la retribuzione annua calcolata al lordo
di imposte, contributi e deduzioni, quale risulta dal CUD. Pertanto,
l'agevolazione non spetta se il valore delle azioni assegnate è
superiore al limite reddituale di riferimento: in tal caso la
differenza tra il valore delle azioni assegnate e l'importo pagato dal
dipendente concorre interamente alla formazione del reddito di lavoro
dipendente.
Si rileva inoltre che si deve tener conto della sola
retribuzione relativa al rapporto di lavoro con riferimento al quale
viene erogato il fringe benefit, escludendo quindi eventuali redditi di
lavoro dipendente o assimilati erogati da altri datori di lavoro e
conguagliati dal datore di lavoro che assegna le azioni.
In mancanza
della possibilità di individuazione del parametro della retribuzione
lorda annua dell'anno precedente, ad esempio nel caso in cui in detto
anno il soggetto assegnatario delle azioni percepisca un trattamento
pensionistico, si ritiene che si debba fare riferimento all'ultima
retribuzione lorda annua relativa al rapporto di lavoro per il quale il
fringe benefit è stato erogato.
Ai sensi dell'art. 36, comma 26, del
decreto, le nuove disposizioni si applicano alle assegnazioni di azioni
effettuate successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo
decreto (quindi successivamente al 4 luglio 2006), anche se i relativi
piani sono stati deliberati anteriormente al 5 luglio 2006.
La legge
di conversione del decreto ha, altresì, introdotto all'articolo 36, il
comma 25-bis, con cui è stato previsto che: "Il reddito derivante
dall'applicazione del comma 25 rileva anche ai fini contributivi con
esclusivo riferimento alle assegnazioni effettuate in virtù di piani di
incentivazione deliberati successivamente alla data di entrata in
vigore del presente decreto e con esclusivo riferimento, ai fini del
calcolo delle prestazioni, alle anzianità maturate in data successiva
alla data di entrata in vigore del presente decreto".
Pertanto, con
riferimento ai piani di stock option deliberati a decorrere dal 5
luglio 2006, qualora non siano rispettate le nuove condizioni previste
dal secondo periodo del comma 2-bis dell'articolo 51 del TUIR, il
reddito di lavoro dipendente così determinatosi viene preso in
considerazione ai fini della determinazione della base contributiva
anche quando la cessione delle azioni avvenga successivamente alla
cessazione del rapporto di lavoro, in deroga a quanto previsto per i
piani di azionariato deliberati antecedentemente. Tuttavia, è previsto
un temperamento ai fini pensionistici in base al quale, per il calcolo
delle prestazioni, il fringe benefit in questione rileva ai soli fini
delle anzianità maturate in data successiva alla data di entrata in
vigore del decreto.
37 PERDITE DI LAVORO AUTONOMO E DI IMPRESE MINORI - REVISIONE REGIME FISCALE (ART. 36, COMMI 27 E 28)
Il comma 27 dell'art. 36 ha riformulato l'articolo 8 del TUIR in materia di perdite di lavoro autonomo e di imprese minori.
Più
precisamente, attraverso una modifica dei commi 1 e 3 del richiamato
art. 8, è stata eliminata la possibilità per i soggetti che producono
reddito di lavoro autonomo e per le imprese minori di cui all'art. 66
del TUIR, di portare in deduzione le perdite d'esercizio dal proprio
reddito complessivo. Si ricorda che tale compensazione poteva avvenire
unicamente nel periodo d'imposta in cui le perdite si erano prodotte,
escludendo, quindi, la possibilità di riportarle in esercizi successivi
(c.d. riporto in avanti).
La nuova disciplina introdotta dal decreto
ha previsto anche per tali contribuenti, come già avviene per i
soggetti in contabilità ordinaria, la possibilità di dedurre le perdite
unicamente dai redditi della stessa categoria di quella che le ha
generate. Le stesse perdite possono essere scomputate, pertanto, sempre
dai redditi della stessa specie, nei successivi periodi d'imposta ma
non oltre il quinto. Si passa, in sostanza, da un regime di
compensazione orizzontale ad uno verticale che diventa, pertanto, il
regime normale delle perdite per la generalità dei contribuenti.
Il
comma 2 dell'articolo 8 non ha subito rilevanti modificazioni. Viene
confermato il principio per cui le perdite delle società di persone e
delle associazioni di cui all'articolo 5 del TUIR sono imputate
direttamente ai singoli soci (proporzionalmente alla quota di
partecipazione agli utili) i quali potranno dedurle nell'esercizio in
cui sono realizzate e, per la parte eccedente, negli esercizi
successivi, ma non oltre il quinto, dai redditi appartenenti alla
stessa categoria di reddito dalla quale derivano.
Tale disciplina,
nel caso di perdite di società in accomandita semplice che eccedono
l'ammontare del capitale sociale, si applica unicamente nei confronti
dei soci accomandatari.
Si ritiene opportuno precisare che il comma
3, dell'art. 8, così come modificato dal decreto, dispone che anche nei
confronti delle imprese minori e degli esercenti arti e professioni
trovi applicazione il comma 2 e, limitatamente alle società in nome
collettivo ed in accomandita semplice, il comma 3 dell'articolo 84 del
TUIR (così come modificati dall'art. 36, commi 12, 13 e 14 del decreto)
che rispettivamente disciplinano il riporto illimitato delle perdite
realizzate nei primi tre esercizi di attività e l'applicazione della
norma antielusiva diretta ad evitare un uso distorto del beneficio
temporale previsto dal comma 2 (cfr. par. 28).
A tal proposito si fa
presente che il comma 2 dell'articolo 84 del TUIR, richiamato dal
modificato comma 3 dell'articolo 8, si riferisce alla possibilità di
computare le perdite realizzate nei primi tre periodi d'imposta in
diminuzione del reddito complessivo. Il riferimento al reddito
complessivo, peraltro, è stato introdotto nella norma quando la stessa
si riferiva ai soggetti IRES (già IRPEG).
Per quanto concerne i
soggetti indicati nell'art. 66 del TUIR ed i professionisti, il
richiamo alla nozione di reddito complessivo non può che essere
riferito al reddito della specie di appartenenza.
L'art. 36, comma
28, del decreto regola la decorrenza delle disposizioni di cui al comma
27 e dispone che queste ultime si applicano ai redditi ed alle perdite
realizzati dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in
vigore del decreto.
38 REDDITO DI LAVORO AUTONOMO -
PLUSVALENZE E MINUSVALENZE - CESSIONE CLIENTELA - SPESE SOSTENUTE DAL
COMMITTENTE (ART. 36, COMMA 29)
Il comma 29 dell'art. 36 del decreto ha modificato in modo incisivo le regole di determinazione del reddito di lavoro autonomo.
I
nuovi commi 1-bis e 1-ter inseriti nell'art. 54 del TUIR, innovando la
disciplina, prevedono la rilevanza reddituale delle plusvalenze e delle
minusvalenze realizzate attraverso l'estromissione dei beni strumentali
dall'ambito dell'attività di lavoro autonomo. Sono escluse le cessioni
di beni il cui costo di acquisto non è ammortizzabile, come ad esempio
gli immobili e gli oggetti d'arte, d'antiquariato o da collezione.
Le
plusvalenze e le minusvalenze concorrono alla formazione del reddito
quando sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso, mediante il
risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il
danneggiamento dei beni o quando i beni vengono destinati al consumo
personale o familiare dell'esercente l'arte o la professione o a
finalità estranee all'arte o professione.
Ai sensi del nuovo comma
1-ter, le plusvalenze e le minusvalenze sono date dalla differenza,
positiva o negativa, tra il corrispettivo o l'indennità percepiti ed il
costo non ammortizzato ovvero, in assenza di corrispettivo, dalla
differenza tra il valore normale del bene ed il costo non ammortizzato.
Nell'ipotesi di beni il cui costo non sia integralmente deducibile, le
plusvalenze e le minusvalenze patrimoniali rilevano nella stessa
proporzione esistente tra l'ammontare dell'ammortamento fiscalmente
dedotto e quello complessivamente effettuato.
Si ritiene, inoltre,
che, in applicazione del criterio di imputazione temporale dei redditi
di lavoro autonomo fondato sul principio di cassa ed in mancanza di un
espresso riferimento normativo, non vi sia la possibilità per il
professionista di rateizzare in più esercizi la plusvalenza realizzata,
come previsto, invece, dall'art. 86, comma 4, del TUIR.
Il comma 29
in esame, inoltre, ha aggiunto il comma 1-quater all'art. 54 del TUIR.
In base a tale norma, concorrono a formare il reddito del
professionista anche i corrispettivi percepiti a seguito di cessione
della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili
all'attività artistica o professionale. Nel caso in cui il compenso
derivante dalla cessione della clientela o di elementi immateriali, sia
riscosso in un'unica soluzione, la nuova lettera g-ter, del comma 1
dell'art. 17 del TUIR, inserita dal citato comma 29, prevede la
possibilità per il contribuente di assoggettare tali importi a
tassazione separata.
Infine, il comma 29 ha regolato espressamente
la fattispecie relativa alla deducibilità delle spese per prestazioni
alberghiere e somministrazioni di alimenti e bevande in pubblici
esercizi sostenute dal committente per conto del professionista e da
questi addebitate nella fattura. Fermo restando la natura di compenso
dei rimborsi spese, in base alla nuova formulazione del comma 5
dell'art. 54 del TUIR, le spese di vitto e alloggio sostenute dal
committente per conto del professionista e da questi addebitate in
fattura per l'importo effettivamente pagato dal committente, sono
integralmente deducibili dal reddito di lavoro autonomo e, quindi, non
soggiacciono al limite del 2% previsto dalla prima parte del comma 5.
Dal
punto di vista degli adempimenti, il committente riceverà da colui che
presta il servizio alberghiero o di ristorazione, il documento fiscale
a lui intestato con l'esplicito riferimento al professionista che ha
usufruito del servizio. Il committente comunicherà al professionista
l'ammontare della spesa effettivamente sostenuta e invierà allo stesso
copia della relativa documentazione fiscale. In questo momento il costo
non è deducibile per l'impresa committente. Il professionista emetterà
la parcella comprensiva dei compensi e delle spese pagate al
committente e considererà il costo integralmente deducibile, qualora
siano state rispettate le predette condizioni. L'impresa committente,
ricevuta la parcella, imputa a costo la prestazione, comprensiva dei
rimborsi spese.
39 CREDITO PER IMPOSTE SU REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE ALL'ESTERO (ART. 36, COMMA 30)
L'articolo
36, comma 30, del decreto contiene un'importante disposizione in
materia di quantificazione del credito per le imposte pagate all'estero
in relazione al lavoro dipendente ivi svolto. La norma formula
un'interpretazione autentica dell'articolo 165, comma 10, del TUIR, in
relazione all'articolo 51, comma 8-bis), del TUIR.
Come è noto, ai
sensi dell'articolo 51, comma 8-bis), il reddito di lavoro dipendente
per un'attività lavorativa svolta all'estero, in via continuativa e
come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro, per un periodo superiore
a 183 giorni, non viene determinato su una base analitica, bensì
partecipa alla base imponibile complessiva del lavoratore residente
soltanto nel limite delle retribuzioni convenzionali definite
annualmente con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche
sociali.
Pertanto, il reddito effettivo prodotto all'estero non
concorre interamente a formare il reddito complessivo in Italia del
lavoratore residente, ma soltanto nel limite della retribuzione
convenzionale forfetariamente determinata.
Secondo la disposizione
in esame, il credito per le imposte pagate all'estero sul predetto
reddito prodotto oltre frontiera deve essere riconosciuto soltanto
proporzionalmente alla quota - parte che concorre alla formazione della
base imponibile, secondo quanto disposto dall'articolo 165, comma 10,
del TUIR.
40 CAMPIONE D'ITALIA (Art. 36, comma 31)
L'abrogato
articolo 188 del TUIR prevedeva un particolare sistema di calcolo che
era basato sull'utilizzo di un tasso di cambio convenzionale per la
conversione in euro, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone
fisiche, dei redditi prodotti in franchi svizzeri, per un ammontare non
superiore a duecento mila franchi, di coloro che risiedevano nel comune
e nel territorio di Campione d'Italia.
Tale sistema ebbe origine in
uno specifico periodo storico, al fine di perequare la pressione
fiscale nei confronti dei cittadini di Campione d'Italia che operavano
in un contesto economico sostanzialmente assimilabile a quello
svizzero, caratterizzato cioè dall'utilizzo del franco svizzero e da un
costo della vita superiore a quello registrato in Italia e che
sarebbero stati penalizzati dalla conversione dei redditi in lire
secondo le modalità ordinarie previste dall'articolo 9 del TUIR.
Oggigiorno
la distanza fra il costo della vita in Svizzera e in Italia, se pure
esistente all'epoca in cui è stato previsto il beneficio, è
sostanzialmente venuta meno.
La nuova norma prevede, quindi, l'eliminazione di questa eccezione relativa solo ai cittadini di Campione.
In
base al principio consolidato della unitarietà del periodo d'imposta, i
criteri di determinazione del reddito introdotti dal decreto si rendono
applicabili all'intero periodo d'imposta e quindi a partire dal 1
gennaio 2006.
41 SOSPENSIONE DEI VERSAMENTI PER PUBBLICHE CALAMITA' (ART. 36, COMMI 32 E 33)
Il
comma 32 dell'articolo 36 del decreto prevede che nei periodi d'imposta
in cui è sospeso, a causa di calamità pubbliche, il versamento di
contributi, è comunque consentita la deducibilità degli stessi o la
relativa non concorrenza alla formazione del reddito, se tale
deducibilità o non concorrenza è ordinariamente prevista da
disposizioni di legge.
Nel periodo d'imposta in cui avviene il
versamento, a seguito della cessazione dei termini di sospensione,
detti contributi non possono essere ulteriormente dedotti o esclusi dal
reddito.
Tale disposizione costituisce una deroga al principio
secondo il quale i contributi concorrono alla base imponibile nell'anno
in cui avviene il versamento ("per cassa").
La ratio sottostante la
norma è quella di evitare che il contribuente, proprio nel periodo in
cui si manifestano gli effetti negativi della calamità, subisca un
aggravio di prelievo; nel contempo, però, la norma è anche volta ad
evitare un doppio beneficio che potrebbe ottenersi nel momento in cui
il contributo sospeso, oltre a non concorrere alla base imponibile
nell'anno di sospensione, fosse, anche, successivamente dedotto
nell'anno di pagamento del contributo.
E' stata introdotta anche una
disposizione di carattere transitorio, che prevede la possibilità per
coloro che, durante la sospensione disposta per calamità pubbliche, non
hanno dedotto (o dal cui reddito non sono stati esclusi) i contributi,
di dedurre (o escludere gli stessi) dal reddito relativo al periodo
d'imposta in cui, cessata la sospensione, sarà effettuato il versamento.
La
finalità insita nella predetta disposizione di carattere transitorio è
quella di non penalizzare chi non ha dedotto i contributi nei periodi
d'imposta in cui ha operato la sospensione.
Il successivo comma 33
ha contestualmente abrogato le norme che erano state adottate in
passato allo scopo di disciplinare le modalità di deduzione dei
contributi e dei tributi relativamente alle ipotesi in cui fossero
stabilite sospensioni dei relativi versamenti in conseguenza di
calamità pubbliche. In particolare, l'abrogazione riguarda:
- l'articolo 13, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449;
- l'articolo 11 della legge 18 febbraio 1999, n. 28;
- l'articolo 28 della legge 13 maggio 1999, n. 133;
-
l'articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 791,
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 46.
42 ACCONTI IRES ED IRAP PER L'ANNO 2006 (ART. 36, COMMA 34)
L'articolo
36, comma 34, del decreto dispone, in deroga all'articolo 3 della legge
27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), che
nella determinazione dell'ammontare dell'acconto dovuto dai soggetti
all'imposta sul reddito delle società (di cui all'articolo 73 del testo
unico delle imposte sui redditi, approvato con DPR 22 dicembre 1986, n.
917), per il periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore
del decreto (4 luglio 2006), si assume quale imposta del periodo
precedente quella rideterminata in base alle disposizioni contenute nel
medesimo decreto; eventuali conguagli sono versati insieme alla seconda
o unica rata dell'acconto.
Questa regola vale non solo per la
determinazione dell'acconto ai fini dell'imposta sul reddito delle
società (IRES) ma anche ai fini dell'imposta regionale sulle attività
produttive (IRAP).
La disposizione recata dal comma 34 in commento,
che riguarda la determinazione dell'acconto con il metodo storico, ha
ad oggetto l'acconto dovuto ai fini IRES e, pertanto, si applica ai
contribuenti soggetti a tale imposta, con la conseguenza che restano
fuori dal capo di applicazione della norma i contribuenti persone
fisiche e le società di persone anche se esercenti attività di impresa.
L'obbligo
di calcolare la prima rata di acconto sulla base delle disposizioni in
vigore per il 2006 riguarda gli acconti per i quali non siano scaduti i
termini per effettuare il versamento alla data di entrata in vigore
della norma in esame. Ne consegue che, per l'acconto IRES, si deve
tenere conto della data di entrata in vigore del decreto, ossia il 4
luglio 2006, mentre per l'acconto IRAP si fa riferimento alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del decreto, posto che la
rideterminazione dello stesso è stata introdotta dalla legge di
conversione. I contribuenti per i quali sono trascorsi i termini
predetti devono dunque applicare le nuove disposizioni per il
versamento della seconda o unica rata di acconto.
Tale soluzione
interpretativa torna applicabile anche nell'ipotesi in cui i
contribuenti, essendo scaduto il termine per il versamento, si siano
avvalsi della facoltà di effettuarlo entro il trentesimo giorno
successivo ai termini di scadenza, con la maggiorazione dello 0,40 per
cento, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, del decreto del Presidente
della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 435.
Per converso devono
adeguarsi alle nuove disposizioni fin dal primo versamento in acconto i
soggetti che versano la prima rata successivamente all'entrata in
vigore dei disposti normativi in esame (a titolo esemplificativo:
soggetti con esercizio a cavallo e i soggetti che, per legge, possono
approvare il bilancio oltre il termine dei quattro mesi dalla chiusura
dell'esercizio e versano il saldo entro il ventesimo giorno del mese
successivo a quello stabilito per l'approvazione del bilancio).
43 NORMA DI INTERPRETAZIONE AUTENTICA SULLA QUALIFICAZIONE DEI PROVENTI ILLECITI (ART. 35, COMMA 34-BIS)
L'articolo 36, comma 34 bis, del decreto interpreta autenticamente l'articolo 14, comma 4, della legge 24 dicembre 1993, n. 537.
Quest'ultimo,
in particolare, stabilisce il principio per cui nelle categorie di
reddito di cui all'articolo 6, comma 1, del TUIR, se in esse
classificabili, devono intendersi ricompresi anche i proventi derivanti
da atti, fatti ed attività qualificabili come illecito civile, penale o
amministrativo, se non già sottoposti a sequestro o confisca penali. I
redditi, classificati nelle specifiche categorie, vengono determinati
alla luce delle regole generali dettate, per ciascuna di esse, dallo
stesso Testo unico.
Interpretando autenticamente il testo della
disposizione riportata, il comma 34 bis dell'articolo 36 stabilisce che
qualora i proventi illeciti non siano classificabili nelle altre
categorie di cui all'articolo 6, comma 1, sopra richiamato, i medesimi
vengono inquadrati, anche ai fini della loro determinazione, nella
categorie dei redditi diversi di cui agli articoli 67 e seguenti del
TUIR.
44 MISURE URGENTI PER IL CONTRASTO DEL LAVORO NERO E
PER LA PROMOZIONE DELLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO (ART. 36-BIS,
COMMA 7 E 8)
L'articolo 36-bis, inserito dalla legge di
conversione, al comma 7, lettere a) e b), modifica, rispettivamente, i
commi 3 e 5 dell'articolo 3 del decreto legge 22 febbraio 2002, n. 12,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73. Le
modifiche apportate interessano le sanzioni in materia di utilizzazione
di lavoratori irregolari e quelle concernenti gli organi competenti
alla loro applicazione. Per la vigenza della norma occorre fare
riferimento all'entrata in vigore della legge di conversione.
Per
effetto della prima modifica, la sanzione prevista dal citato comma 3
per l'utilizzo di lavoro irregolare non è più fissata in misura
proporzionale ("... dal 200 al 400 per cento dell'importo, per ciascun
lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei
vigenti contratti collettivi nazionali, per il periodo compreso tra
l'inizio dell'anno e la data di constatazione della violazione"), ma
quantificata in un una somma che varia "... da euro 1.500 a euro 12.000
per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di
lavoro effettivo".
La nuova misura sanzionatoria non appare più
commisurata al costo del lavoro calcolato "per il periodo compreso tra
l'inizio dell'anno e la data di constatazione della violazione", ma è
determinata in misura fissa, maggiorata di 150 euro per ogni giornata
di lavoro effettivo.
La modifica introdotta con il decreto appare
coerente con il principio stabilito dalla Corte Costituzionale con
sentenza del 14 aprile 2005, n. 144, che aveva dichiarato
incostituzionale l'articolo 3, comma 3, del D.L. n. 12 del 2002, nella
parte in cui non ammetteva la possibilità di provare che il rapporto di
lavoro irregolare avesse avuto inizio successivamente al 1 gennaio
dell'anno nel quale è stata constatata la violazione.
La successiva
lettera b) dell'articolo 36-bis, comma 7, in commento, ha invece
modificato il comma 5 dell'articolo 3 del decreto legge n. 12 del 2002.
Tale
ultima norma prevedeva che "Competente alla irrogazione della sanzione
amministrativa di cui al comma 3 è l'Agenzia delle Entrate. Si
applicano le disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n.
472, e successive modificazioni, ad eccezione del comma 2 dell'articolo
16".
In base alla pregressa formulazione dell'articolo 3, comma 5,
alla sanzione in argomento si applicavano i principi generali
introdotti con il decreto legislativo n. 472 del 1997, con l'unica
esclusione della preventiva notifica dell'atto di contestazione
previsto al comma 2 dell'articolo 16.
La norma attribuiva, peraltro,
il potere sanzionatorio all'Agenzia delle Entrate. Di conseguenza,
l'eventuale contenzioso riguardante il provvedimento ricadeva
automaticamente nell'ambito della giurisdizione delle Commissioni
tributarie, posto che, secondo l'articolo 2, comma 1, del decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, così come modificato
dall'articolo 12, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, essa
comprende. "... tutte le controversie aventi ad oggetto ... le sanzioni
amministrative, comunque irrogate da Uffici finanziari ...".
La
modifica apportata dal comma 7, lettera b), ha integralmente sostituito
l'articolo 3, comma 5, del D.L. n. 12 del 2002, prevedendo che "Alla
irrogazione della sanzione amministrativa di cui al comma 3 provvede la
Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente. Nei
confronti della sanzione non è ammessa la procedura di diffida di cui
all'art. 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124".
Non è
stato modificato, invece, il comma 4 dell'articolo 3 del decreto legge
n. 12 del 2002, in base alla quale "Alla constatazione della violazione
procedono gli organi preposti ai controlli in materia fiscale,
contributiva e del lavoro".
Il comma 8 dell'articolo 36-bis del
decreto stabilisce che "le agevolazioni di cui all'articolo 29 del
decreto-legge 23 giugno 1995, n. 244, convertito, con modificazioni,
dalla legge 8 agosto 1995, n. 341, trovano applicazione esclusivamente
nei confronti dei datori di lavoro del settore edile in possesso dei
requisiti per il rilascio della certificazione di regolarità
contributiva anche da parte delle Casse edili. Le predette agevolazioni
non trovano applicazione nei confronti dei datori di lavoro che abbiano
riportato condanne passate in giudicato per la violazione in materia di
sicurezza e salute nei luoghi di lavoro per la durata di cinque anni
dalla pronuncia della sentenza".
Per effetto della disposizione
introdotta, viene subordinato l'accesso alle agevolazioni contributive
vigenti per i datori di lavoro nel settore edile al possesso dei
requisiti per il rilascio della certificazione di regolarità
contributiva rilasciata dall'INPS, dall'INAIL e, nei casi in cui sia
presente apposita convenzione, anche da parte delle Casse edili.
La
disciplina di favore per i soggetti in precedenza individuati, che si
sostanzia nell'applicazione di una riduzione percentuale sull'ammontare
dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti all'INPS ed
all'INAIL, è quella contenuta nell'articolo 29 del decreto-legge 23
giugno 1995, n. 244, così come convertito dalla legge 8 agosto 1995, n.
341.
Viene prevista inoltre l'esclusione, per la durata massima di
cinque anni, dagli stessi benefici per i datori di lavoro che abbiano
riportato condanne passate in giudicato per la violazione della
normativa in materia di sicurezza sul lavoro.
45 ATTRIBUZIONE DELLA QUALIFICA DI SOSTITUTO D'IMPOSTA AL CURATORE FALLIMENTARE E AL COMMISSARIO LIQUIDATORE (Art. 37, comma 1)
L'articolo
37, comma 1, del decreto modifica l'articolo 23, primo comma, del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600,
inserendo, dopo le parole "le persone fisiche che esercitano arti e
professioni", le seguenti: "il curatore fallimentare, il commissario
liquidatore".
Per effetto di detta modifica il curatore fallimentare
ed il commissario liquidatore acquistano la qualifica di sostituti
d'imposta non solo in relazione all'obbligo di ritenuta stabilito per i
redditi di lavoro dipendente dall'articolo 23, primo comma, del DPR n.
600 del 1973, ma anche in relazione agli obblighi di ritenuta previsti
per le altre tipologie di reddito dalle disposizioni che rinviano al
medesimo articolo 23, primo comma, per l'individuazione dei sostituti
d'imposta.
Il curatore fallimentare ed il commissario liquidatore
sono tenuti ad effettuare le ritenute anche sulle somme corrisposte in
sede di riparto parziale o finale, i cui presupposti si verificano a
partire dal 4 luglio 2006, data di entrata in vigore del decreto, ai
sensi dell'articolo 41 del decreto stesso.
Le ritenute operate vanno
versate nei tempi e nei modi ordinari entro il giorno 16 del mese
successivo a quello di effettuazione delle stesse.
Il curatore
fallimentare ed il commissario liquidatore devono altresì adempiere
agli obblighi di certificazione - tra cui il rilascio della
certificazione unica modello Cud ai soggetti interessati - e di
presentazione della dichiarazione annuale previsti per i sostituti
d'imposta.
46 ACCERTAMENTO SULLA BASE DEGLI STUDI DI SETTORE (art. 37, commi 2 e 3)
L'articolo
37, commi 2 e 3, del decreto dispone l'abrogazione dei commi 2 e 3
dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, che reca
disposizioni in materia di accertamento sulla base degli studi di
settore.
Detta abrogazione opera a partire dal periodo di imposta
per il quale il termine di presentazione della dichiarazione scade
successivamente alla data di entrata in vigore del decreto; quindi per
i contribuenti con periodo di imposta coincidente con l'anno solare
anche con riferimento al periodo di imposta 2005.
Attraverso tale
modifica, il legislatore dispone l'applicazione generalizzata
dell'accertamento sulla base degli studi di settore nei confronti dei
contribuenti titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo,
prescindendo dal regime di contabilità adottato.
In precedenza, ai
sensi delle norme abrogate, l'Amministrazione finanziaria poteva
procedere all'accertamento sulla base degli studi di settore nei
confronti degli esercenti attività d'impresa in regime di contabilità
ordinaria (anche per opzione), e degli esercenti arti e professioni, se:
-
in almeno due periodi d'imposta su tre consecutivi considerati,
compreso quello da accertare, l'ammontare dei compensi o dei ricavi
determinabili sulla base degli studi di settore risultava superiore
all'ammontare dei compensi o ricavi dichiarati con riferimento agli
stessi periodi d'imposta";
- nel caso di rilevanti situazioni di
incoerenza rispetto ad indici di natura economica, finanziaria o
patrimoniale (limitatamente ai soggetti esercenti attività di impresa);
-
in caso di inattendibilità della contabilità ordinaria, in base ai
criteri stabiliti con il regolamento approvato con DPR 16 settembre
1996, n. 570.
In altri termini, con l'abrogazione delle norme
citate, per sottoporre ad accertamento i contribuenti interessati, è
sufficiente che gli stessi non risultino congrui anche per una sola
annualità rispetto agli studi di settore.
Il comma 3 dell'articolo
37 del decreto dispone che, con riferimento al primo periodo di imposta
per il quale il termine di presentazione della dichiarazione scade
successivamente alla data di entrata in vigore del decreto medesimo,
l'adeguamento alle risultanze degli studi di settore può essere
effettuato entro il termine di presentazione della dichiarazione, con
le modalità previste dall'articolo 2 del decreto del Presidente della
Repubblica del 31 maggio 1999, n. 195.
Ciò comporta, ad esempio, che
per i contribuenti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare,
il predetto adeguamento potrà essere eseguito già con riferimento
all'anno 2005.
Si ritiene, infine, che il richiamo espresso operato
dalla norma all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica
del 31 maggio 1999, n. 195 comporta che in sede di adeguamento la
maggiorazione del 3 per cento commisurata ai ricavi e compensi non
annotati si applica qualora la differenza tra ricavi e compensi
annotati nelle scritture contabili e quelli risultanti dagli studi di
settore sia superiore al 10 per cento dei ricavi e compensi annotati.
47 COMUNICAZIONE ALL'ANAGRAFE TRIBUTARIA (art. 37, commi 4 e 5)
L'articolo
37, commi 4 e 5, del decreto interviene sulle disposizioni relative
all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti di cui
all'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 605.
In particolare, i citati commi 4 e 5 si ricollegano
alle disposizioni concernenti gli adempimenti a carico delle banche e
degli altri soggetti richiamati al citato articolo 7 del DPR n. 605,
aggiungendo, al medesimo articolo 7, il seguente periodo: "...;
l'esistenza dei rapporti, nonché la natura degli stessi sono comunicati
all'anagrafe tributaria, ed archiviate in apposita sezione, con
l'indicazione dei dati anagrafici dei titolari, compreso il codice
fiscale."
Per effettori tale intervento, le banche, la società Poste
italiane, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli
organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di
gestione del risparmio e ogni altro intermediario finanziario devono
comunicare telematicamente all'Anagrafe tributaria l'elenco, completo
di codice fiscale, dei soggetti con i quali intrattengono rapporti, con
la specificazione della natura di quest'ultimi. Tali dati saranno
acquisiti dall'Anagrafe tributaria in un'apposita sezione.
L'obbligo
di comunicazione telematica, come puntualizzato nel successivo comma 5,
dovrà riguardare i soggetti con i quali le banche e gli altri soggetti
tenuti alla comunicazione abbiano instaurato rapporti ancora in essere
alla data del 1 gennaio 2005, non rilevando la circostanza che
successivamente a tale data essi siano cessati; per converso l'obbligo
non è configurabile in relazione a soggetti con i quali il rapporto sia
cessato prima del 1 gennaio 2005.
Come disposto dallo stesso comma 5
dell'articolo 37, la decorrenza operativa della procedura di
comunicazione all'anagrafe tributaria è subordinata alla emanazione di
un apposito provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate che
definisca "...le specifiche tecniche, le modalità e i termini per la
comunicazione delle informazioni (...) relative ai rapporti posti in
essere a decorrere dal 1 gennaio 2005, ancorché cessati, nonché per
l'aggiornamento periodico delle medesime informazioni."
48 VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DEGLI OPERATORI FINANZIARI (art. 37, comma 6)
L'articolo
37, comma 6, del decreto ha modificato l'articolo 10 del decreto
legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, che disciplina le sanzioni per le
violazioni da parte degli operatori finanziari degli obblighi
scaturenti da richieste dell'Amministrazione finanziaria nell'esercizio
dei poteri inerenti all'accertamento delle imposte dirette o
dell'imposta sul valore aggiunto.
Le modifiche intervenute hanno
adeguato il sistema sanzionatorio relativo agli operatori finanziari al
mutato quadro normativo conseguente alle modifiche in materia di
indagini economiche finanziarie operate con la legge 30 dicembre 2004,
n. 311 (finanziaria 2005) agli articoli 32 del DPR 29 settembre 1973,
n. 600, e 51 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633.
Per effetto della
nuova formulazione dell'articolo 32, comma 1, numero 7), del DPR n. 600
del 1973 ed analogamente dell'articolo 51, comma 2, numero 7), del DPR
n. 633 del 1972 gli uffici dell'Amministrazione finanziaria possono
richiedere "alle banche, alla società Poste italiane s.p.a., per le
attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle
imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del
risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società
fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto
intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati,
con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi."
Ciò
premesso, l'articolo 10, comma 1, del d.lgs. 471 del 1997 dispone
attualmente che "se viene omessa la trasmissione dei dati delle notizie
e dei documenti richiesti ai sensi dell'articolo 32, primo comma,
numero 7, del decreto del Presidente della Repubblica 20 settembre
1973, n. 600, e dell'articolo 51, secondo comma, numero 7, del decreto
del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 nell'esercizio
dei poteri inerenti all'accertamento delle imposte dirette o
dell'imposta sul valore aggiunto ovvero i documenti trasmessi non
rispondono al vero o sono incompleti, si applica la sanzione
amministrativa da lire quattro milioni a lire quaranta milioni."
L'articolo
37, comma 6, lettera b) del decreto ha inoltre inserito nel menzionato
articolo 10, il comma 1-bis, secondo cui "la sanzione prevista al comma
1 si applica nel caso di violazione degli obblighi di comunicazione
previsti dall'articolo 7, sesto comma, del decreto del presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 605."
Risultano quindi ampliate le condotte punibili ai sensi del citato articolo 10 del d.lgs. n. 471 del 1997.
La
disposizione del comma nuovo comma 1-bis ha portata innovativa, giacché
estende l'applicabilità della sanzione amministrativa alle ipotesi di
violazioni dei nuovi obblighi di comunicazione all'anagrafe tributaria
previsti a carico degli operatori finanziari dall'articolo 7, sesto
comma, del DPR n. 605 del 1973, secondo cui "...l'esistenza dei
rapporti, nonché la natura degli stessi sono comunicati all'anagrafe
tributaria, ed archiviate in apposita sezione, con l'indicazione dei
dati anagrafici dei titolari, compreso il codice fiscale."
49 POTERI DELL'ANAGRAFE TRIBUTARIA (art. 37, comma 7)
L'articolo
37, comma 7, del decreto ha modificato l'articolo 8, primo comma, del
DPR 29 settembre 1973, n. 605, recante disposizioni relative
all'anagrafe tributaria e al codice fiscale.
Per effetto della
novella, il citato articolo 8, primo comma, prevede che "l'anagrafe
tributaria può inviare questionari a qualsiasi soggetto, mediante
raccomandata con avviso di ricevimento, e può richiedere la
presentazione di allegati alle dichiarazioni dei redditi e dell'Iva, da
redigersi in conformità a modelli stabiliti con decreto del Ministro
per le finanze, allo scopo di acquisire o verificare gli elementi di
identificazione necessari per l'attribuzione del numero di codice
fiscale e tutti gli altri elementi contenuti nelle domande di
attribuzione di cui al precedente art. 4, nonché gli altri dati utili
per una completa individuazione del soggetto ovvero ai fini
dell'accertamento di tributi o contributi."
L'anagrafe tributaria
può inviare questionari qualora sia necessario acquisire o verificare
gli elementi utili per una completa individuazione del contribuente.
Tale procedura, per effetto delle modifiche apportate, adesso sarà
utilizzabile anche solo per l'acquisizione di dati utili all'attività
di controllo.
In particolare, l'Amministrazione finanziaria potrà
inviare a qualsiasi soggetto questionari predisposti dall'anagrafe
tributaria, con invito a restituirli compilati e sottoscritti entro un
termine prescritto, ogni qual volta dai dati in possesso dell'anagrafe
tributaria risulteranno situazioni tali da giustificare la richiesta di
chiarimenti, dati, notizie e documenti rilevanti ai fini
dell'accertamento di tributi o contributi.
Al riguardo, si osserva
che tali questionari possono essere inviati anche a soggetti terzi in
possesso di informazioni utili ai fini dell'accertamento nei confronti
di un determinato contribuente.
50 ELENCO DEI CLIENTI E DEI FORNITORI (ART. 37, COMMI 8 E 9)
L'articolo
37, comma 8, del decreto introduce nell'articolo 8-bis del DPR 22
luglio 1998, n. 322, riguardante la comunicazione dati IVA, il nuovo
comma 4-bis, che dispone nei confronti dei contribuenti IVA l'obbligo
di presentare all'Amministrazione finanziaria, esclusivamente per via
telematica, l'elenco dei soggetti nei confronti dei quali sono state
emesse fatture (clienti) e l'elenco dei soggetti dai quali sono stati
effettuati acquisti (fornitori).
La disposizione è volta ad incrementare gli strumenti di controllo e di contrasto all'evasione tributaria.
Il
nuovo adempimento, che ha cadenza annuale, deve essere assolto entro
sessanta giorni dal termine previsto per la presentazione della
comunicazione annuale dati IVA e, quindi, entro il 29 aprile di ciascun
anno con riferimento alle operazioni relative all'anno d'imposta
precedente.
Per quanto riguarda i soggetti da includere negli
elenchi, il citato comma 4-bis ricomprende tra i clienti tutti coloro
nei cui confronti è stata emessa fattura. Tuttavia in sede di prima
applicazione, al fine di rendere meno oneroso il nuovo adempimento, il
comma 9 dell'articolo 37 del decreto prevede per l'anno d'imposta 2006
l'indicazione dei soli clienti titolari di partita IVA.
Nell'elenco
dei fornitori occorre indicare esclusivamente i soggetti titolari di
partita IVA da cui sono stati effettuati acquisti rilevanti ai fini
dell'imposta sul valore aggiunto. Pertanto, non rilevano gli acquisiti
di beni e servizi esclusi dal campo di applicazione dell'IVA.
I dati
che devono essere riportati negli elenchi per ciascun soggetto
riguardano l'indicazione del codice fiscale, l'importo complessivo
delle operazioni effettuate, tenendo conto delle variazioni di cui
all'articolo 26 del DPR n. 633 del 1972, con evidenziazione
dell'imponibile, dell'imposta, nonché delle operazioni non imponibili e
di quelle esenti.
Con successivo provvedimento del Direttore
dell'Agenzia delle entrate saranno individuati gli elementi informativi
da indicare nei predetti elenchi nonché le modalità di presentazione
per via telematica degli stessi. E' inoltre prevista la possibilità di
differire, con il citato provvedimento, il termine di presentazione
degli elenchi in esame nei confronti di determinate categorie di
contribuenti ovvero per prevenire o fronteggiare problematiche di
natura tecnica, anche in considerazione dei dati da trasmettere.
Ai
fini sanzionatori, l'omessa presentazione degli elenchi, nonché l'invio
degli stessi con dati falsi o incompleti, comporta l'applicazione della
sanzione amministrativa in misura fissa (da un minimo di 258 ad un
massimo di 2.065 euro) prevista dall'articolo 11 del D.Lgs. n. 471 del
1997.
Al riguardo, si precisa che si rende applicabile l'istituto
del ravvedimento operoso di cui all'articolo 13 del decreto legislativo
18 dicembre 1997, n. 472.
51 MODIFICA DEI TERMINI E DELLE
MODALITA' DI TRASMISSIONE DELLE DICHIARAZIONI E DEI TERMINI DI
VERSAMENTO (ART. 37, COMMI 10, 11, 12, 13, 14, 53, 54 E 55)
Con
i commi da 10 a 14 e da 53 a 55 dell'articolo 37 del decreto il
legislatore ha provveduto a ridefinire i termini di diversi adempimenti
fiscali, con effetto dal 1 maggio 2007. Con la medesima decorrenza è
stata, altresì, ampliata la platea dei soggetti tenuti alla
trasmissione delle dichiarazioni fiscali esclusivamente attraverso il
canale telematico. Il complesso degli interventi in commento consente
una più razionale distribuzione dei termini di presentazione delle
dichiarazioni e dei versamenti ed una complessiva accelerazione della
disponibilità delle dichiarazioni per l'Amministrazione finanziaria.
51.1
Modificazioni al regolamento di cui al Decreto del Presidente della
Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, in materia di termini e modalità di
presentazione delle dichiarazioni (art. 37, comma 10)
Rilevanti
innovazioni sono state apportate dal decreto in tema di termini e
modalità di presentazione delle dichiarazioni previste nel regolamento
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n.
322.
In particolare, l'articolo 37, comma 10, lettera a) del
decreto, modificando il comma 1 dell'articolo 1 del DPR n. 322 del
1998, stabilisce che ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta
regionale sulle attività produttive le dichiarazioni sono redatte, a
pena di nullità, su modelli conformi a quelli approvati entro il 31
gennaio dell'anno di utilizzo. Tale termine era precedentemente fissato
al 15 febbraio.
I modelli devono essere utilizzati per le
dichiarazioni dei redditi e dell'IRAP relative all'anno precedente
ovvero, in caso di periodo di imposta non coincidente con l'anno
solare, per le dichiarazioni relative al periodo di imposta in corso
alla data del 31 dicembre dell'anno precedente a quello di approvazione.
A
tal proposito, con riferimento ai soggetti con periodo di imposta non
coincidente con l'anno solare, il decreto ha aggiunto il seguente
periodo: "relativamente ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 2".
Con questa specificazione il legislatore ha inteso riferire tale
disposizione esclusivamente ai soggetti IRES di cui all'articolo 73 del
TUIR.
L'articolo 37, comma 10, lettera b) del decreto, modificando
l'articolo 2 del citato DPR n. 322, ha previsto che le persone fisiche
e le società o le associazioni di cui all'articolo 6 del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 presentino la
dichiarazione in forma cartacea, per il tramite di una banca o di un
ufficio della Poste italiane S.p.a., tra il 1 maggio ed il 30 giugno ed
in via telematica entro il 31 luglio. In precedenza la disposizione
prevedeva per la modalità cartacea il termine finale del 31 luglio e
quello del 31 ottobre per la modalità telematica.
La medesima
disposizione, relativamente a tutti i soggetti IRES, modificando il
comma 2 dell'articolo 2 del DPR n. 322 del 1998, ha stabilito che la
presentazione della dichiarazione avviene esclusivamente in via
telematica, entro l'ultimo giorno del settimo mese successivo a quello
di chiusura del periodo d'imposta o dell'evento straordinario in caso
di fallimento, trasformazione, fusione e scissione, escludendo
definitivamente la presentazione a mezzo banca o di un ufficio della
Poste italiane S.p.a..
Ne consegue che il termine di presentazione
della dichiarazione è unico e non è più legato alla modalità di
presentazione mentre, in precedenza, il termine era fissato all'ultimo
giorno del settimo ovvero del decimo mese successivi alla chiusura del
periodo d'imposta o dell'evento straordinario, in funzione della
modalità di presentazione utilizzata, cartacea ovvero telematica.
L'articolo
37, comma 10, lettera c) del decreto, modificando il comma 1
dell'articolo 3 del DPR n. 322 del 1998, ne ha abrogato il terzo
periodo, il quale prevedeva che "la dichiarazione dei sostituti di
imposta, comprese le Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento
autonomo, di cui all'articolo 4 può essere inclusa nella dichiarazione
unificata". Per la presentazione della dichiarazione dei sostituti
d'imposta (Modelli 770) non è più prevista la possibilità di
ricomprendere nella dichiarazione unificata il "modello 770 Ordinario"
(analogamente a quanto già previsto per il "modello 770 Semplificato").
La
medesima disposizione, modificando il comma 2 dell'articolo 3 del DPR
n. 322 del 1998, stabilisce ora che le dichiarazioni sopra menzionate,
compresa quella unificata, sono presentate in via telematica
all'Agenzia delle entrate - direttamente o tramite gli incaricati di
cui ai commi 2-bis e 3, del medesimo articolo 3 - da tutti i soggetti
tenuti, per il periodo d'imposta cui si riferiscono le predette
dichiarazioni, alla presentazione della dichiarazione relativa
all'imposta sul valore aggiunto.
Infatti, con l'eliminazione
dell'inciso relativo all'esclusione dall'obbligo all'invio telematico
delle persone fisiche che hanno realizzato nel periodo d'imposta un
volume di affari inferiore o uguale ad euro 10.000, nonché con
l'inserimento nel comma del riferimento ai "parametri", il canale
telematico diviene, quindi, obbligatorio anche per le persone fisiche
tenute alla dichiarazione IVA, a prescindere dal volume d'affari, e per
i soggetti con attività soggette a parametri.
L'articolo 37, comma
10, lettera c) del decreto, modificando infine il comma 7 dell'articolo
3 del DPR n. 322 del 1998, ha stabilito che le banche e la Poste
italiane S.p.a. trasmettano in via telematica all'Agenzia delle entrate
le dichiarazioni cartacee ricevute, entro quattro mesi dalla data di
scadenza del termine di presentazione delle stesse ovvero, per le
dichiarazioni presentate oltre tale data, dalla data dell'effettiva
presentazione. Il termine di quattro mesi era precedentemente fissato
in cinque mesi.
L'articolo 37, comma 10, lettera d) del decreto ha
stabilito al 31 marzo il termine previsto dall'articolo 4, comma 3-bis
del DPR n. 322 del 1998, al quale i sostituti d'imposta, comprese le
Amministrazioni dello Stato, che effettuano le ritenute sui redditi a
norma degli articoli 23, 24, 25, 25-bis e 29 del DPR n. 600 del 1973,
tenuti al rilascio delle certificazioni di cui ai commi 6-ter e
6-quater dell'articolo 4 del DPR n. 322 del 1998, devono adeguarsi
all'atto della trasmissione in via telematica all'Agenzia delle entrate
dei dati fiscali e contributivi contenuti nelle predette
certificazioni, nonché degli ulteriori dati necessari per l'attività di
liquidazione e controllo dell'Amministrazione finanziaria e degli enti
previdenziali e assicurativi. In precedenza tale trasmissione doveva
effettuarsi entro il 30 settembre dell'anno successivo a quello di
erogazione.
La nuova scadenza trova applicazione anche per la
trasmissione in via telematica dei dati contenuti nelle certificazioni
rilasciate ai soli fini contributivi e assicurativi nonché di quelli
relativi alle operazioni di conguaglio effettuate a seguito
dell'assistenza fiscale prestata ai sensi del decreto legislativo 9
luglio 1997, n. 241.
Sempre in materia di sostituti d'imposta la
medesima disposizione, modificando il comma 4-bis dell'articolo 4 del
DPR n. 322 del 1998, stabilisce che i sostituti di imposta, comprese le
Amministrazioni dello Stato, anche con ordinamento autonomo, gli
intermediari e gli altri soggetti di cui al comma 1, presentano in via
telematica la dichiarazione relativa all'anno solare precedente entro
il 31 marzo di ciascun anno. Tale termine era in precedenza stabilito
al 31 ottobre.
Infine, la citata lettera d) del comma 10
dell'articolo 37 del decreto modifica il termine previsto dal comma
6-quater dell'articolo 4 del DPR n. 322 del 1998; conseguentemente le
certificazioni di cui ai commi 6-ter e 6-quater dello stesso articolo
(il CUD e le altre certificazioni quali quelle di lavoro autonomo,
provvigioni e redditi diversi ovvero degli utili e dei proventi
equiparati) devono essere consegnate da parte dei sostituti d'imposta
entro il 28 febbraio (non più entro il 15 marzo).
L'articolo 37,
comma 10, lettera e) del decreto ha completato il coordinamento delle
disposizioni sulle modalità di presentazione delle dichiarazioni anche
per i casi di liquidazione di società o enti soggetti all'IRES, di
società o associazioni di cui all'articolo 5 del TUIR e di imprese
individuali. In tali ipotesi l'articolo 5 del DPR n. 322 del 1998
stabilisce che il liquidatore o, in mancanza, il rappresentante legale,
presenti, secondo le disposizioni di cui all'articolo 3 del DPR n. 322
del 1998, la dichiarazione relativa al periodo compreso tra l'inizio
del periodo d'imposta e la data in cui ha effetto la deliberazione di
messa in liquidazione esclusivamente in via telematica entro l'ultimo
giorno del settimo mese successivo alla data di deliberazione di messa
in liquidazione. In precedenza, il termine di presentazione era fissato
entro l'ultimo giorno del settimo mese successivo a tale data per il
tramite di una banca o un ufficio postale, ovvero entro l'ultimo giorno
del decimo mese successivo in via telematica.
Analoga anticipazione
è stata prevista anche nei casi di fallimento o di liquidazione coatta
amministrativa; pertanto, le dichiarazioni devono essere presentate,
anche se si tratta di imprese individuali, dal curatore o dal
commissario liquidatore, in via telematica, avvalendosi del servizio
telematico Entratel, direttamente o tramite i soggetti incaricati di
cui all'articolo 3, comma 3, entro l'ultimo giorno del settimo mese
successivo a quello, rispettivamente, della nomina del curatore e del
commissario liquidatore, e della chiusura del fallimento e della
liquidazione.
La lettera f), comma 10 dell'articolo 37 del decreto,
modificando l'articolo 5-bis del DPR n. 322 del 1998, in tema di
modalità di presentazione della dichiarazione dei redditi per le
ipotesi di trasformazione di una società non soggetta all'IRES in
società soggetta a tale imposta, o viceversa, deliberata nel corso del
periodo d'imposta, ha previsto che la dichiarazione relativa alla
frazione di esercizio compresa tra l'inizio del periodo d'imposta e la
data in cui ha effetto la trasformazione deve essere presentata,
esclusivamente in via telematica, entro l'ultimo giorno del settimo
mese successivo alla data in cui ha effetto la trasformazione. In
precedenza, anche in tali ipotesi, il termine di presentazione era
fissato entro l'ultimo giorno del settimo mese successivo a tale data
per il tramite di una banca o un ufficio postale, ovvero entro l'ultimo
giorno del decimo mese successivo in via telematica.
La lettera g)
del comma 10 dell'articolo 37 del decreto, modificando l'articolo 8 del
DPR n. 322 del 1998, coordinandosi con le modifiche effettuate alle
disposizioni sopra descritte, ribadisce che la dichiarazione IVA va
presentata esclusivamente in via telematica, anticipando il termine di
presentazione della stessa al 31 luglio.
Le disposizioni in esame, come già detto, entreranno in vigore a decorrere dal 1 maggio 2007.
Per
una sintetica consultazione dei termini e delle modalità di
presentazione delle dichiarazioni, si veda il seguente prospetto.
Termine precedente del DPR n. 322 del 1998 | Nuovo termine del DPR n. 322 del 1998 | |
Termine di approvazione dei modelli di dichiarazione Art. 1, comma 1 | Entro il 15 febbraio dell'anno di utilizzo | Entro il 31 gennaio dell'anno di utilizzo |
Presentazione della dichiarazione Art. 2 | In forma cartacea, per il tramite di una banca o di un ufficio della Poste italiane S.p.a.: - tra il 1 maggio ed il 31 luglio ed in via telematica: - entro il 31 ottobre. | In forma cartacea, per il tramite di una banca o di un ufficio della Poste italiane S.p.a.: - tra il 1 maggio ed il 30 giugno ed in via telematica: - entro il 31 luglio. |
Presentazione della dichiarazione Soggetti IRES Art. 2, comma 2 | In forma cartacea entro l'ultimo giorno del settimo mese successivo alla chiusura del periodo d'imposta o dell'evento straordinario in caso di fallimento, trasformazione, fusione e scissione, in funzione della modalità di presentazione utilizzata, in via telematica entro l'ultimo giorno del decimo mese | in via telematica, entro l'ultimo giorno del settimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta o dell'evento straordinario in caso di fallimento, trasformazione, fusione e scissione |
Dichiarazioni e certificazioni dei sostituti d'imposta Art. 4, commi 1 e 2 | Modello 770 Semplificato 30 settembre Modello 770 Ordinario 31 ottobre (con possibilità di inserimento nella dichiarazione unificata) Consegna CUD e altre certificazioni 15 marzo | Modello 770 Semplificato 31 marzo Modello 770 Ordinario 31 marzo (presentazione solo in via autonoma per entrambe i modelli) Consegna CUD e altre certificazioni 28 febbraio |
Trasmissione telematica delle dichiarazioni all'Agenzia delle Entrate per le banche e la Poste italiane S.p.a. Art. 3, comma 7 | Entro il termine di 5 mesi decorrente dalla data di scadenza del termine di presentazione ovvero, per le dichiarazioni tardive dalla data dell'effettiva presentazione | Entro il termine di 4 mesi decorrente dalla data di scadenza del termine di presentazione ovvero, per le dichiarazioni tardive dalla data dell'effettiva presentazione |
Trasmissione in via telematica all'Agenzia delle Entrate dei dati fiscali e contributivi dei sostituti d'imposta Articolo 4, comma 3-bis | Entro il 30 settembre | Entro il 31 marzo |
Presentazione in via telematica della dichiarazione dei sostituti di imposta Articolo 4, comma 4-bis | Entro il 31 ottobre di ciascun anno | Entro il 31 marzo di ciascun anno |
Consegna da parte dei sostituti d'imposta delle certificazioni CUD, e le altre certificazioni quali quelle di lavoro autonomo provvigioni e redditi diversi ovvero degli utili e dei proventi equiparati Articolo 4, comma 6-quater | Entro il 15 marzo | Entro il 28 febbraio |
Presentazione delle dichiarazioni per i casi di liquidazione di società o enti soggetti all'IRES, di società o associazioni di cui all'articolo 5 del TUIR e di imprese individuali Articolo 5 | Entro l'ultimo giorno del settimo mese successivo alla data di deliberazione di messa in liquidazione per il tramite di una banca o un ufficio postale, ovvero Entro l'ultimo giorno del decimo mese successivo in via telematica. | Entro l'ultimo giorno del settimo mese successivo alla data di deliberazione di messa in liquidazione in via telematica |
Presentazione delle dichiarazioni nei casi di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa Articolo 5 | Entro l'ultimo giorno del settimo mese successivo alla data della dichiarazione di fallimento o di deliberazione di messa in liquidazione per il tramite di una banca o un ufficio postale, ovvero Entro l'ultimo giorno del decimo mese successivo in via telematica. | Entro l'ultimo giorno del settimo mese successivo alla data della dichiarazione di fallimento o di deliberazione di messa in liquidazione in via telematica |
Presentazione della dichiarazione dei redditi per le ipotesi di trasformazione di una società non soggetta all'IRES in società soggetta a tale imposta, o viceversa Art. 5-bis | Entro l'ultimo giorno del settimo mese successivo a tale data per il tramite di una banca o un ufficio postale, ovvero Entro l'ultimo giorno del decimo mese successivo in via telematica. | Entro l'ultimo giorno del settimo mese successivo la data in cui ha effetto la trasformazione in via telematica |
Presentazione della dichiarazione relativa all'imposta sul valore aggiunto Art. 8 | In forma cartacea, tra il 1 febbraio e il 31 luglio ovvero, in caso di presentazione in via telematica, entro il 31 ottobre di ciascun anno | Tra il 1 febbraio e il 31 luglio, in via telematica |
51.2
Modificazioni al regolamento di cui al Decreto del Presidente della
Repubblica del 7 dicembre 2001, n. 435, in materia di termini di
versamento delle imposte sui redditi e IRAP (art. 37, comma 11)
Il
comma 11 dell'art. 37 del decreto, modificando l'articolo 17, comma 1,
del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7
dicembre 2001, n. 435, anticipa al 16 giugno il termine per il
versamento del saldo dovuto con riferimento alla dichiarazione dei
redditi ed a quella dell'imposta regionale sulle attività produttive da
parte delle persone fisiche e delle società o associazioni di cui
all'articolo 5 del TUIR, compresa quella unificata. Tale termine era
precedentemente fissato al 20 giugno.
Analogamente, anche per quanto
concerne il versamento del saldo dovuto in base alla dichiarazione
relativa all'IRES ed a quella dell'IRAP, compresa quella unificata, il
termine è stato anticipato al giorno 16 (in precedenza era fissato
anch'esso al giorno 20) del sesto mese successivo a quello di chiusura
del periodo d'imposta.
Per i soggetti che, in base a disposizioni di
legge, approvano il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla
chiusura dell'esercizio, il termine di versamento del saldo dovuto in
base alla dichiarazione relativa all'IRES ed a quella dell'IRAP,
compresa quella unificata, è stabilito al giorno 16 (in precedenza era
fissato anch'esso al giorno 20) del mese successivo a quello di
approvazione del bilancio. Si rammenta che anche in caso di bilancio
non approvato nel termine stabilito il versamento è ora comunque
effettuato entro il giorno 16 del mese successivo a quello di scadenza
del termine stesso.
Tutti i contribuenti possono eseguire i versamenti nei trenta giorni successivi con la maggiorazione dello 0,40 per cento.
Si ricorda che il comma 14 dell'articolo 37 del decreto stabilisce la decorrenza della predetta disposizione al 1 maggio 2007.
La
prima rata dell'acconto eventualmente dovuto va versata entro i nuovi
termini sopra illustrati; restano comunque fermi i termini per il
versamento del secondo acconto.
51.3 Modifica dei termini di presentazione e trasmissione del Mod. 730 (art. 37, comma 12)
Per
il modello 730, l'anticipo dei termini di presentazione e trasmissione
telematica è stato previsto dal comma 12 dell'articolo 37 del decreto.
Tale
disposizione, nel novellare l'articolo 13, comma 1, lettera b) del D.M.
31 maggio 1999, n. 164, recante norme sull'assistenza fiscale, anticipa
al 31 maggio il termine ultimo entro il quale il contribuente può
presentare al CAF-dipendenti o al professionista abilitato la
dichiarazione dei redditi Mod. semplificato 730. Tale termine risultava
precedentemente fissato al 15 giugno.
La successiva trasmissione
telematica all'Agenzia delle entrate delle dichiarazioni sia da parte
dei sostituti d'imposta (assistenza diretta) che dei CAF-dipendenti e
dei professionisti (assistenza indiretta) dovrà essere effettuata entro
il 31 luglio in luogo del 20 ottobre. Quest'ultimo termine risulta
modificato per effetto della correzione apportata dal decreto agli
articoli 16, comma 1, lettera c) e 17, comma 1, lettera c) del D.M. n.
164 del 1999.
Anche le predette modifiche decorrono dal 1 maggio
2007, secondo quanto previsto dal comma 14 dell'articolo 37 del decreto
e pertanto incideranno sul modello da presentare nel 2007 relativo al
periodo d'imposta 2006.
51.4 Adempimenti relativi all'Imposta Comunale sugli Immobili (Art. 37, commi 13, 53, 54 e 55)
L'articolo
37, comma 13, del decreto modifica i termini di versamento dell'imposta
comunale sugli immobili (ICI) di cui all'articolo 10, comma 2 del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.
I soggetti tenuti al
pagamento dell'ICI, indicati dall'articolo 3 del citato decreto
legislativo n. 504, provvedono ad effettuare, al comune dove sono
ubicati gli immobili, il versamento dell'imposta complessivamente
dovuta per l'anno in corso in due rate.
L'importo della prima rata
dell'ICI, pari al 50 per cento dell'imposta dovuta calcolata sulla base
dell'aliquota e delle detrazioni dei dodici mesi dell'anno precedente,
a seguito della nuova disposizione, deve essere pagato entro il 16
giugno (non più entro il 30 giugno). L'importo della seconda rata, pari
al saldo dell'ICI dovuta per l'intero anno, calcolato sulla base delle
aliquote e delle detrazioni deliberate dall'ente locale per l'anno in
corso e quindi comprensivo di eventuali conguagli sulla prima rata,
deve essere versato dal 1 al 16 dicembre (non più dal 1 al 20 dicembre).
E'
facoltà del contribuente provvedere al pagamento dell'imposta
complessivamente dovuta in un'unica soluzione, entro il 16 giugno.
La
finalità della norma in esame è quella di allineare le date di
versamento dell'ICI a quelle delle altre imposte, per consentire la
contestualità dei vari versamenti.
Il comma 53 dell'articolo 37 del
decreto elimina l'obbligo di presentazione della dichiarazione ICI,
prevista dall'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del
1992, nonché della comunicazione prevista dall'articolo 59, comma 1,
lettera l), n. 1), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.
Tale
adempimento era finora obbligatorio per il contribuente che avesse
effettuato durante l'anno l'acquisto di un immobile o per il quale
durante il corso dell'anno si fossero verificate delle modificazioni
dei dati e degli elementi precedentemente dichiarati cui conseguisse un
diverso ammontare dell'imposta dovuta relativamente agli immobili
posseduti.
La finalità di tale disposizione è di eliminare la
duplicazione degli adempimenti posti a carico del contribuente in tema
di dichiarazione dei dati relativi ai propri immobili.
Restano comunque fermi gli adempimenti attualmente previsti in materia di riduzione dell'imposta.
Il
comma 54 dell'articolo 37 del decreto stabilisce che la circolazione e
la fruizione dei dati catastali gestiti dall'Agenzia del territorio
deve essere assicurata entro il 31 dicembre 2006, attuando le
disposizioni di cui all'articolo 59, comma 7-bis, del decreto
legislativo 7 marzo 2005, n. 82, così come modificato dall'articolo 25
del decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 159.
Sono a carico delle
regioni, province e comuni i costi inerenti alla connessione alle
banche dati catastali gestite dall'Agenzia del territorio.
Fino alla
data di effettiva operatività del sistema di circolazione e fruizione
dei dati catastali, da accertare con provvedimento del Direttore
dell'Agenzia del territorio, rimane in vigore l'obbligo di
presentazione della dichiarazione ai fini dell'imposta comunale sugli
immobili (ICI) ovvero della comunicazione.
Infine con il comma 55
dell'articolo 37, il decreto introduce la possibilità per tutti i
contribuenti di effettuare il pagamento dell'ICI utilizzando il modello
di pagamento F24, contenente la sezione denominata "ICI ed altri
tributi locali", approvato con il provvedimento del Direttore
dell'Agenzia delle entrate del 20 giugno 2002.
Tutti i contribuenti
pertanto, a partire dal 1 maggio 2007, avranno la possibilità in sede
di versamento di compensare il debito ICI con le eventuali eccedenze di
imposta, utilizzando, ad esempio, un credito IRPEF risultante dalla
dichiarazione dei redditi.
Tale possibilità, ad oggi, era consentita
soltanto ai contribuenti proprietari di immobili nei comuni che hanno
stipulato con l'Agenzia delle entrate un'apposita convenzione per la
riscossione dell'imposta comunale sugli immobili a mezzo del modello
unificato di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997,
n. 241.
Con successivo provvedimento del Direttore dell'Agenzia
delle entrate, sentita la conferenza Stato - città ed autonomie locali,
saranno definiti i termini e le modalità per l'attuazione delle
disposizioni in commento.
52 FRANCHIGIA IVA PER CONTRIBUENTI MINIMI (ART. 37, COMMI DA 15 A 17)
L'articolo
37, comma 15, del decreto inserisce nel decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l'articolo 32-bis che introduce un
nuovo regime IVA (c.d. "regime della franchigia"), applicabile a
decorrere dall'anno 2007. Esso prevede l'esclusione dal campo di
applicazione dell'imposta sul valore aggiunto dei contribuenti che
nell'anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio
attività, prevedono di realizzare un volume d'affari non superiore a
7.000 euro (c.d. contribuenti minimi).
52.1 Soggetti destinatari
Il
regime è destinato, in particolare, alle persone fisiche esercenti
attività commerciali, agricole e professionali residenti nel territorio
dello Stato, che non hanno effettuato o non prevedono di effettuare
esportazioni, e che realizzano un ridotto volume d'affari.
Sono,
invece, esclusi dal regime della franchigia, qualunque sia il volume
d'affari realizzato, i soggetti non residenti che operano nel
territorio dello Stato per il tramite di rappresentanti fiscali o
mediante identificazione diretta nonché i soggetti che si avvalgono di
regimi speciali di determinazione dell'imposta quale, ad esempio, il
regime dettato per il settore agricolo, per l'editoria, per le agenzie
di viaggio e turismo, per i rottami e operazioni similari, per i
giochi, spettacoli ed intrattenimenti, per i beni usati, oggetti
d'arte, di antiquariato o da collezione.
Come accennato, il regime
in esame non si sovrappone alle disposizioni "speciali" dettate
dall'articolo 34 del DPR n. 633 del 1972 per i produttori agricoli, le
quali continueranno pertanto ad applicarsi, anche nella parte
riguardante l'"esonero" di cui al comma 6 del medesimo articolo.
La
franchigia IVA trova applicazione, invero, esclusivamente per i
produttori agricoli che hanno optato per l'applicazione dell'imposta
nei modi ordinari, ai sensi dall'articolo 34, comma 11 del DPR n. 633
del 1972.
Sono, altresì, esclusi dal regime di semplificazione in
argomento i contribuenti che, in via esclusiva o prevalente, effettuano
operazioni di cessione di fabbricati o porzioni di fabbricato e terreni
edificabili di cui all'articolo 10, n. 8), del DPR n. 633 del 1972,
ovvero di mezzi di trasporto nuovi di cui all'articolo 53, comma 1, del
d.l. 30 agosto 1993, n. 331.
I soggetti cui si applica il regime
della franchigia sono individuati attraverso un numero speciale di
partita IVA. In particolare, i commi 5 e 6 del nuovo articolo 32-bis
stabiliscono che, per i contribuenti già in attività il numero speciale
è attribuito direttamente dall'Agenzia delle entrate a seguito della
prima comunicazione dei dati, mentre per i soggetti che iniziano
l'attività e che ritengono di versare nelle condizioni previste dalla
normativa in commento, l'attribuzione avviene a seguito della
presentazione della dichiarazione di inizio attività di cui
all'articolo 35.
52.2 Determinazione del volume d'affari
Il
regime della franchigia si applica ai contribuenti che hanno realizzato
nell'anno solare precedente, o prevedono di realizzare, in caso di
inizio attività, un volume d'affari non superiore a 7.000 euro. Per la
determinazione del volume d'affari occorre fare riferimento, ai sensi
dell'articolo 20 del DPR n. 633 del 1972, all'ammontare complessivo
delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi effettuate,
registrate o soggette a registrazione con riferimento all'anno solare
precedente - tenendo conto della variazioni di cui all'articolo 26 del
DPR n. 633 - con esclusione delle cessioni di beni ammortizzabili e dei
passaggi di beni e di servizi tra attività separate nell'ambito della
stessa impresa (cfr articolo 36, ultimo comma, del DPR n. 633).
Nel
caso in cui il soggetto svolga più attività occorre considerare il
volume d'affari complessivo relativo a tutte le attività esercitate,
anche se gestite con contabilità separata ai sensi del menzionato
articolo 36, o assoggettate, dalla normativa IVA, a regimi speciali
espressamente disciplinati. Al calcolo del limite di cui al comma 1
concorrono, quindi, anche i corrispettivi ed i compensi afferenti le
attività escluse dal regime in commento in quanto assoggettate a regimi
speciali.
52.3 Casi in cui il regime della franchigia non è applicabile
a) Disapplicazione per opzione
Il
regime della franchigia rappresenta il regime naturale per i
contribuenti che versano nelle condizioni sopra elencate, salva la
facoltà di optare per l'applicazione dell'imposta nei modi ordinari, ai
sensi del comma 7 dell'articolo 32-bis.
Secondo le regole dettate
dal regolamento approvato con DPR 10 novembre 1997, n. 442, l'opzione
vincola il contribuente per un triennio (articolo 3) e, trascorso il
periodo minimo di permanenza nel regime prescelto, la scelta resta
valida per ciascun anno successivo, fino a quando è concretamente
applicata. Il regolamento stabilisce che l'opzione sia comunicata con
la prima dichiarazione annuale IVA da presentare successivamente alla
scelta operata; fino a tale momento la scelta si desume dal
comportamento concludente tenuto dal contribuente.
Le medesime
disposizioni si applicano in caso di revoca dell'opzione, che ha
effetto dall'anno nel corso del quale è operata. In tale evenienza,
atteso che l'applicazione del regime della franchigia comporta
l'esonero per il contribuente dalla presentazione della dichiarazione
annuale IVA (vedi infra), la scelta è comunicata presentando unitamente
alla dichiarazione dei redditi ed entro gli stessi termini, il "quadro
VO" (comunicazioni delle opzioni e delle revoche) rinvenibile nella
dichiarazione annuale IVA (articolo 2, comma 2, del DPR n. 442 del
1997).
b) Disapplicazione di diritto
La norma prevede
la fuoriuscita dal regime qualora sia superato anche uno dei limiti
fissati nel comma 1, ossia quando il volume d'affari realizzato supera
i 7.000 euro ovvero sono effettuate cessioni all'esportazione.
Al
riguardo, l'articolo 32-bis, comma 14, prevede che il regime cessa di
avere efficacia a decorrere dall'anno solare successivo a quello in cui
è superato uno dei limiti, ovvero a decorrere dal medesimo anno solare
se la soglia viene superata per oltre il cinquanta per cento del limite
stesso. Ad esempio, se il volume d'affari realizzato nel 2007 è pari a
9.000 euro il contribuente calcolerà l'imposta nei modi ordinari a
decorrere dall'anno 2008; se, invece, il volume d'affari realizzato nel
2007 è pari a 11.000 euro, il contribuente dovrà applicare l'imposta
nei modi ordinari già a decorrere dall'anno 2007. In tal caso,
l'imposta andrà applicata secondo le regole ordinarie fin dall'inizio
dell'anno e, pertanto, il contribuente dovrà calcolare e versare l'IVA
a debito relativa alle operazioni effettuate nell'anno 2007 dopo aver
detratto l'imposta sugli acquisti relativi al medesimo periodo.
52.4 Esonero dagli obblighi tributari ai fini IVA
Il
nuovo regime naturale prevede che i soggetti in parola siano esonerati
dagli obblighi di liquidazione e versamento dell'imposta periodica e
annuale (articoli 27 e 30 del DPR n. 633 del 1972 e articoli 17 - 20
del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 322) e da qualunque altro adempimento
previsto dal DPR n. 633 del 1972, ossia:
- registrazione delle fatture emesse (articolo 23),
- registrazione dei corrispettivi (articolo 24)
- registrazione degli acquisti (articolo 25)
- dichiarazione e comunicazione annuale (articoli 8 e 8-bis del DPR 22 luglio 1998, n. 322)
- compilazione ed invio del nuovo elenco clienti e fornitori (articolo 37, commi 8 e 9 del decreto)
-
tenuta e conservazione dei registri e documenti (articolo 39) fatta
eccezione per le fatture di acquisto e le bollette doganali di
importazione.
52.5 Adempimenti obbligatori
Permangono, comunque, alcuni adempimenti in capo ai contribuenti minimi in franchigia, quali:
- l'obbligo di numerazione e conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali;
- l'obbligo di certificazione dei corrispettivi;
- l'obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi all'Agenzia delle entrate;
-
l'obbligo di integrare la fattura per gli acquisti intracomunitari e
per le altre operazioni di cui risultano debitori di imposta (ad es.
inversione contabile) con l'indicazione dell'aliquota e della relativa
imposta;
- l'obbligo di versamento dell'imposta di cui al punto
precedente entro il giorno 16 del mese successivo a quello di
effettuazione delle operazioni.
Per ciò che concerne i primi due
adempimenti, nulla risulta innovato rispetto all'ordinario regime degli
obblighi documentali previsti dalle norme che regolano gli adempimenti
tributari ai fini dell'IVA.
Le modalità ed i termini con cui dovrà
essere adempiuto l'obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi
saranno stabiliti con il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle
entrate previsto dal comma 15 dell'articolo in commento.
In
relazione agli acquisti intracomunitari ed alle altre operazioni per le
quali risultano debitori d'imposta i soggetti a cui si applica il
regime dei contribuenti minimi in franchigia sono tenuti a integrare le
fatture di acquisto con l'indicazione dell'aliquota applicabile e della
relativa imposta, ed a versare la stessa entro il giorno 16 del mese
successivo all'effettuazione dell'operazione.
Per tutti gli
adempimenti tributari i contribuenti in parola possono farsi assistere
dall'ufficio locale dell'Agenzia delle entrate competente in ragione
del domicilio fiscale del contribuente; qualora decidano di avvalersi
di tale facoltà i contribuenti dovranno dotarsi di un'apparecchiatura
informatica, corredata da accessori idonei, da utilizzare per la
connessione con il sistema informativo dell'Agenzia delle entrate.
52.6 Esclusione dal diritto di rivalsa e di detrazione
La
normativa in commento, nel semplificare gli adempimenti tributari posti
a carico dei predetti contribuenti minori, dispone altresì, che i
medesimi non possano addebitare l'imposta a titolo di rivalsa nè
esercitare il diritto alla detrazione dell'imposta assolta sugli
acquisti, nazionali e comunitari, nonché sulle importazioni, pur
restando obbligati alla certificazione dei corrispettivi.
Pertanto la ricevuta o lo scontrino emessi per certificare i corrispettivi non dovranno recare l'addebito dell'imposta.
Come
già chiarito nel paragrafo precedente, l'indetraibilità soggettiva
assoluta dell'imposta corrisposta sugli acquisti fa sì che nei casi in
cui detti contribuenti, in relazione ad operazioni passive, assumono la
qualità di debitori d'imposta nei confronti dell'Erario (ad esempio,
nell'ipotesi di acquisti intracomunitari o di acquisti per i quali si
applica il reverse charge), essi sono obbligati ad integrare la fattura
con indicazione dell'aliquota e della relativa imposta ed a versarla
entro il termine stabilito per i contribuenti che liquidano l'imposta
con periodicità mensile, ossia entro il giorno 16 del mese successivo a
quello di effettuazione delle operazioni (cfr articolo 32-bis, comma
11).
52.7 Passaggio al regime della franchigia e rettifica della detrazione
L'applicazione
del regime della franchigia comporta la rettifica dell'IVA già detratta
negli anni in cui si è applicato il regime ordinario, ai sensi
dell'articolo 19-bis2 del DPR n. 633 del 1972. La fattispecie è
disciplinata al comma 3 del predetto articolo, che regola - appunto -
le ipotesi in cui nel corso dell'attività esercitata interviene una
modifica al regime d'applicazione dell'imposta. In tale circostanza,
l'IVA relativa a beni e servizi non ancora ceduti o non ancora
utilizzati deve essere rettificata in un'unica soluzione, senza
attendere il materiale impiego degli stessi, fatta eccezione per i beni
ammortizzabili, compresi i beni immateriali, la cui rettifica va
eseguita se non sono ancora trascorsi quattro anni da quello della loro
entrata in funzione, ovvero dieci anni dalla data di acquisto o di
ultimazione se trattasi di fabbricati o loro porzioni. A tal riguardo,
si segnala che il comma 5 dell'articolo 19-bis2 stabilisce che la
rettifica non si applica ai beni ammortizzabili di costo unitario non
superiore a 516,46 euro e ai beni il cui coefficiente di ammortamento
stabilito ai fini delle imposte del reddito è superiore al 25 per cento.
Per
effettuare la rettifica sarà necessario predisporre un'apposita
documentazione nella quale vanno indicate, per categorie omogenee, la
quantità e i valori dei beni facenti parte del patrimonio aziendale,
anche al fine di permettere i controlli da parte dell'Amministrazione
finanziaria (si veda in proposito la circolare del 24 dicembre 1997, n.
328/E).
Analoga rettifica va applicata quando il contribuente transita, anche per opzione, nel regime ordinario dell'IVA.
Per
ovviare alla presumibile onerosità di tale rettifica, l'articolo
32-bis, comma 8, dispone che l'imposta dovuta sia versata in tre rate
annuali da corrispondere entro il termine previsto per il versamento
del saldo a decorrere dall'anno in cui è avvenuta la modifica del
regime. In sede di prima applicazione della norma, la prima rata è
anticipata al 27 dicembre 2006. Pertanto, i contribuenti che transitano
nel regime della franchigia a decorrere dal 1 gennaio 2007, devono
versare l'IVA che deriva dalla rettifica entro i seguenti termini:
- prima rata: 27 dicembre 2006;
- seconda rata: 16 marzo 2008;
- terza rata: 16 marzo 2009.
La
norma prevede, inoltre, la facoltà di estinguere il debito mediante lo
strumento della compensazione di cui all'articolo 17 del d.lgs. 9
luglio 1997, n. 241, ovvero con eventuali crediti risultanti dalle
liquidazioni periodiche. Il mancato versamento di ogni singola rata è
punibile con la sanzione prevista dall'articolo 13 del d.lgs. 18
dicembre 1997, n. 471 (pari al trenta per cento dell'importo non
versato) e costituisce titolo per la riscossione coattiva.
Le
rettifiche della detrazione vanno effettuate nell'ultima dichiarazione
annuale presentata, ossia, quella relativa all'anno precedente al
transito nel regime in commento. Ad esempio, un contribuente che
transita nel nuovo regime il 1 gennaio 2007 deve evidenziare le
rettifiche della detrazione conseguenti al passaggio nella
dichiarazione annuale per il 2006.
52.8 Dichiarazione annuale
Al
fine di rendere neutrali gli effetti prodotti dal transito dal regime
ordinario di applicazione dell'IVA al regime della franchigia, nel
quale i soggetti sono esonerati dalla liquidazione e dal versamento
dell'imposta, il comma 9 dell'articolo in commento dispone che con
l'ultima dichiarazione annuale presentata deve essere corrisposta anche
l'imposta relativa alle operazioni ad esigibilità differita di cui
all'articolo 6 del DPR n. 633 del 1972, ancorché non se ne sia ancora
verificata l'esigibilità. Trattasi dell'imposta relativa alle cessioni
di beni e alle prestazioni di servizi fatte, ad esempio, allo Stato,
agli organi dello Stato anche se dotati di personalità giuridica, agli
enti pubblici territoriali, per le quali l'esigibilità dell'imposta è
generalmente differita al momento del pagamento del corrispettivo.
52.9 Rimborso dell'imposta a credito
Sempre
con riferimento all'ultima dichiarazione annuale IVA relativa al
periodo di applicazione dell'imposta nei modi ordinari, qualora,
eseguite le opportune rettifiche previste dall'articolo 19-bis2, emerga
una eccedenza di credito IVA, il medesimo potrà essere chiesto a
rimborso se sussistono i presupposti di cui all'articolo 30 del DPR n.
633 del 1972, ovvero potrà essere utilizzato in compensazione con altre
imposte e contributi ai sensi dell'articolo 17 del d.lgs. n. 241 del
1997.
52.10 Ulteriori modifiche
Il comma 16, infine,
modifica l'articolo 41, comma 2-bis, del decreto legge 30 agosto 1993,
n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n.
427, prevedendo che le cessioni di beni effettuate dai soggetti che
applicano il regime di franchigia di cui all'articolo 32-bis del
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non
sono cessioni intracomunitarie rese nei confronti di soggetti di altro
Stato membro, con la conseguenza che le stesse si configurano come
cessioni interne senza diritto di rivalsa.
53 DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ATTRIBUZIONE DEL NUMERO DI PARTITA IVA (art. 37, commi 18, 19 e 20)
Secondo
quanto disposto dall'articolo 35, DPR n. 633, del 1972, i "soggetti che
intraprendono l'esercizio di un'impresa, arte o professione nel
territorio dello Stato, o vi istituiscono una stabile organizzazione,
devono farne dichiarazione entro trenta giorni ad uno degli uffici
locali dell'Agenzia delle entrate ovvero ad un ufficio provinciale
dell'imposta sul valore aggiunto della medesima Agenzia la
dichiarazione è redatta, a pena di nullità, su modelli conformi a
quelli approvati con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle
entrate".
La dichiarazione di inizio attività può essere presentata:
-
direttamente presso uno degli uffici locali dell'Agenzia delle Entrate,
in duplice esemplare, esibendo un documento di riconoscimento;
- a mezzo posta mediante raccomandata, in unico esemplare, con allegata copia del documento di riconoscimento;
-
in via telematica: autonomamente, avvalendosi del servizio internet
ovvero tramite un intermediario abilitato utilizzando il servizio
Entratel;
- all'Ufficio del Registro Imprese della Camera di
Commercio dai soggetti tenuti all'iscrizione in questo Registro e da
parte di coloro i quali sono tenuti alla denuncia al Rea (Repertorio
delle notizie economiche e amministrative).
Il citato articolo 35
dispone inoltre che ai soggetti che intraprendono l'esercizio di
un'impresa, arte o professione, a seguito della presentazione della
dichiarazione di inizio attività, "l'ufficio attribuisce (...) un
numero di partita I.V.A. che resterà invariato anche nelle ipotesi di
variazioni di domicilio fiscale fino al momento della cessazione
dell'attività e che deve essere indicato nelle dichiarazioni, nella
home-page dell'eventuale sito web e in ogni altro documento ove
richiesto". La partita IVA identifica il contribuente esercente
attività di impresa, arte o professione in tutti i rapporti con
l'Erario.
L'articolo 37, comma 18, del decreto ha introdotto
nell'articolo 35 del DPR n. 633 del 1972 i commi 15-bis e 15-ter,
disciplinanti gli adempimenti degli uffici da espletarsi a seguito
dell'attribuzione della partita IVA. In particolare il comma 15-bis
prevede che "l'attribuzione del numero di partita IVA determina la
esecuzione di riscontri automatizzati per l'individuazione di elementi
di rischio connessi al rilascio dello stesso nonché l'eventuale
effettuazione di accessi nel luogo di esercizio dell'attività,
avvalendosi dei poteri previsti dal presente decreto".
Attraverso la
nuova disposizione si è introdotta una procedura volta a verificare la
ricorrenza sostanziale dei requisiti che giustificano l'attribuzione
del codice identificativo di cui trattasi e, in particolare,
dell'effettivo esercizio dell'attività dichiarata. I menzionati
controlli, finalizzati ad individuare gli elementi di rischio connessi
all'attribuzione della partita IVA, possono essere esercitati sia
attraverso riscontri automatizzati sia attraverso l'esecuzione di
accessi nel luogo di esercizio dell'attività, avvalendosi dei poteri di
cui all'articolo 51 del DPR n. 633 del 1972.
Il comma 15-ter prevede che con apposito provvedimento del direttore dell' Agenzia delle entrate siano stabilite:
a) le specifiche informazioni da richiedere all'atto della dichiarazione di inizio di attività;
b)
le tipologie di contribuenti per i quali l'attribuzione del numero di
partita IVA determina la possibilità di effettuare gli acquisti
intracomunitari, di cui all'articolo 38 del decreto-legge 30 agosto
1993, n. 331, a condizione che sia rilasciata polizza fidejussoria o
fidejussione bancaria per la durata di tre anni dalla data del rilascio
e per un importo rapportato al volume d'affari presunto e comunque non
inferiore a 50.000 euro.
Ai sensi del comma 19 dell'articolo 37, le disposizioni del decreto entrano in vigore "a decorrere dal 1 novembre 2006".
L'Agenzia
delle entrate e la Guardia di finanza programmeranno specifici
controlli nei confronti di contribuenti ai quali è attribuito il numero
di partita IVA. L'attività di controllo potrà essere effettuata anche
nei confronti di contribuenti che abbiano richiesto e/o ottenuto un
numero di partita Iva in data antecedente al 1 novembre 2006 (in data
antecedente a quella di decorrenza della disposizione di cui al comma
18).
54 COMUNICAZIONE DATI DELLE IMPRESE DA PARTE DELLE
CAMERE DI COMMERCIO, INDUSTRIA, ARTIGIANATO ED AGRICOLTURA (ART. 37,
COMMI 21, 21-BIS, 22 E 23)
Per semplificare gli adempimenti dei
contribuenti ai fini degli obblighi dichiarativi e, nel contempo, per
rafforzare la capacità informativa dell'anagrafe tributaria, è stato
istituito l'obbligo per le camere di commercio, industria, artigianato
ed agricoltura di comunicare all'anagrafe tributaria i dati e le
notizie contenute nelle domande di iscrizione, variazione e
cancellazione delle imprese di cui alla lettera f) del primo comma
dell'articolo 6 del DPR 29 settembre 1973, n. 605, anche se relative a
singole unità locali, nonché i dati dei bilanci di esercizio depositati.
Si
attua, in tal modo, quanto previsto dall'articolo 50 del codice
dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo
2005, n. 82, come modificato dal decreto legislativo 4 aprile 2006, n.
159, che prevede l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di rendere
accessibili e fruibili i dati richiesti da altre pubbliche
amministrazioni qualora l'utilizzazione degli stessi sia necessaria per
lo svolgimento dei compiti istituzionali del richiedente.
I dati
devono essere resi disponibili in formato elettronico elaborabile, come
definito da decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di
concerto con il Ministro per lo sviluppo economico, sentita l'Agenzia
delle entrate. Tale decreto, da emanare entro il 31 dicembre 2006,
dovrà altresì stabilire la data, comunque non successiva al 31 marzo
2007, a decorrere dalla quale diventa obbligatoria l'adozione di tale
modalità di presentazione da parte di chi è tenuto a comunicare al
registro delle imprese i bilanci di esercizio e gli altri atti. I
termini e le modalità delle trasmissioni dei dati all'anagrafe
tributaria da parte delle camere di commercio, industria, artigianato
ed agricoltura, nonché le specifiche tecniche del formato degli stessi
saranno stabiliti con decreto interdirigenziale dell'Agenzia delle
entrate e del Ministero dello sviluppo economico.
Si fa presente,
tuttavia, che il comma 22 dell'articolo 37 del decreto legge dispone
che "fino alla realizzazione delle modalità tecniche di deposito degli
atti in formato elettronico elaborabile, le camere di commercio,
industria, artigianato ed agricoltura forniranno le informazioni (...)
senza oneri per lo Stato, nel formato elettronico disponibile". La
prima trasmissione dei dati deve essere effettuata, ai sensi del
successivo comma 23, entro il 31 ottobre 2006.
55 TERMINI DI DECADENZA DELL'ACCERTAMENTO (art. 37, commi da 24 a 26)
L'articolo
37 del decreto, commi da 24 a 26, modifica, sia ai fini delle imposte
sul reddito che ai fini Iva, la disciplina dei termini per l'attività
di accertamento di cui, rispettivamente, all'articolo 43 del decreto
del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e
all'articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 633.
La norma è volta a garantire all'amministrazione
finanziaria, a fronte di fattispecie che assumono rilevanza penale,
l'utilizzabilità degli elementi istruttori che emergano nel corso delle
indagini condotte dall'autorità giudiziaria per un periodo di tempo più
ampio rispetto a quello previsto a pena di decadenza per l'accertamento.
E',
infatti, previsto che l'ordinario termine decadenziale per l'attività
di accertamento è aumentato al doppio quando il contribuente abbia
commesso una violazione che comporta obbligo di denuncia, ai sensi
dell'articolo 331 del codice di procedura penale, per uno dei reati
previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74. Si tratta, in
particolare, delle ipotesi in cui i pubblici ufficiali e gli incaricati
di pubblico servizio abbiano notizia di reato perseguibile d'ufficio
nell'esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, caso
in cui detti soggetti sono tenuti a farne denuncia per iscritto.
In
queste ipotesi l'amministrazione potrà, dunque, notificare gli avvisi
di accertamento entro il 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a
quello in cui è stata presentata la dichiarazione e, nel caso di omessa
presentazione o di presentazione di dichiarazione nulla, fino al 31
dicembre del decimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione
avrebbe dovuto essere presentata, sia ai fini delle imposte sui redditi
che dell'IVA.
L'ampliamento dei termini nel senso sopra esposto è,
tuttavia, limitato al solo periodo di imposta in cui è stata commessa
la violazione che assume rilevanza penale, mentre non si estende ad
altri periodi d'imposta, per i quali valgono gli ordinari termini per
l'accertamento.
La disposizione che introduce il suddetto
ampliamento trova applicazione, secondo quanto disposto dall'articolo
37, comma 26, del decreto, a partire dal periodo d'imposta per il
quale, alla data del 4 luglio 2006 (data di entrata in vigore del
decreto), i termini per l'accertamento, di cui al primo e secondo comma
dell'articolo 43 del d. P.R. 600 del 1973 e dell'articolo 57 del d. P.R
633 del 1972, siano ancora pendenti.
56 MODIFICHE ALLA
DISCIPLINA DELLE NOTIFICAZIONI DEGLI ATTI TRIBUTARI NONCHE' ALLA
DISCIPLINA DELLE COMUNICAZIONI E NOTIFICAZIONI DEGLI ATTI PROCESSUALI
(ART. 37, COMMA 27 E 28)
L'articolo 37, comma 27 del decreto ha apportato le seguenti modifiche all'articolo 60 del DPR n. 600 del 1973.
Al
primo comma è stata inserita, dopo la lettera b), la lettera b-bis),
che così dispone: "se il consegnatario non è il destinatario dell'atto
o dell'avviso, il messo consegna o deposita la copia dell'atto da
notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il
numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in
calce all'originale e alla copia dell'atto stesso. Sulla busta non sono
apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto
dell'atto. Il consegnatario deve sottoscrivere una ricevuta e il messo
dà notizia dell'avvenuta notificazione dell'atto o dell'avviso, a mezzo
di lettera raccomandata".
Precedentemente alla modifica apportata
dal decreto, l'agente notificatore, in caso di assenza del destinatario
dell'atto, effettuava la notifica nei confronti dei soggetti
legittimati a riceverla ex art. 139 c.p.c.
Con la modifica in
commento, invece, l'agente notificatore - qualora la notifica venga
effettuata a persona diversa dal destinatario dell'atto o dell'avviso -
"consegna o deposita" al consegnatario, che sottoscrive una ricevuta,
la copia del notificando atto in una busta sigillata, sulla quale non
deve essere apposta alcuna indicazione o segno dai quali possa
desumersi il contenuto dell'atto stesso.
Successivamente, l'agente
notificatore dà notizia al destinatario dell'atto, a mezzo
raccomandata, dell'avvenuta notificazione dell'atto o dell'avviso.
Al
primo comma, lettera e), del predetto articolo 60 del DPR n. 600 del
1973, dopo le parole "...l'avviso del deposito prescritto dall'art. 140
del codice di procedura civile", sono state aggiunte le seguenti: ", in
busta chiusa e sigillata,".
Nelle ipotesi di irreperibilità relativa
o assoluta del destinatario dell'atto la notifica va effettuata,
rispettivamente, ai sensi dell'articolo 140 del c.p.c. e dell'articolo
60, primo comma, lettera e), del DPR n. 600 del 1973.
Nelle predette
ipotesi, a seguito della modifica in esame, l'avviso dell'avvenuto
deposito presso la casa comunale dell'atto da notificare deve essere
inserito in una busta chiusa e sigillata.
Appare evidente, quindi,
la volontà del legislatore di tutelare il diritto alla privacy del
destinatario dell'atto che non riceva in mani proprie l'atto notificato.
Si
può dedurre, sulla scorta di un'interpretazione sistematica con la
precedente lettera b-bis) dell'articolo 60 in parola, che anche in
questa ipotesi sulla busta chiusa e sigillata non devono essere apposti
segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell'atto.
Sempre
al primo comma del predetto articolo 60 del DPR n. 600 del 1973, dopo
la lettera e), è stata, inoltre, inserita la lettera e-bis), che così
dispone: "è facoltà del contribuente che non ha la residenza nello
Stato e non vi ha eletto domicilio ai sensi della lettera d), o che non
abbia costituito un rappresentante fiscale, comunicare al competente
ufficio locale, con le modalità di cui alla stessa lettera d),
l'indirizzo estero per la notificazione degli avvisi e degli altri atti
che lo riguardano; salvo il caso di consegna dell'atto o dell'avviso in
mani proprie, la notificazione degli avvisi o degli atti è eseguita
mediante spedizione a mezzo di lettera raccomandata con avviso di
ricevimento".
La disposizione in esame attribuisce al contribuente
la facoltà di comunicare al competente Ufficio locale dell'Agenzia
delle entrate l'indirizzo estero dove intende ricevere la notifica
degli atti tributari che lo riguardano.
La possibilità di avvalersi di siffatta facoltà presuppone che il contribuente:
- non abbia la residenza in Italia;
- non vi abbia eletto domicilio ai sensi della lettera d) dell'articolo 60, primo comma, del DPR n. 600 del 1973;
-
non vi abbia costituito un rappresentante legittimato a ricevere, in
sua vece, la notifica degli avvisi e degli altri atti che lo riguardano.
La
comunicazione all'Ufficio locale dell'indirizzo estero va effettuata
con le stesse modalità di cui alla lettera d) del primo comma
dell'articolo 60 del DPR n. 600 del 1973.
Qualora il contribuente
intenda avvalersi della predetta facoltà, la notificazione degli atti
tributari verrà effettuata a mezzo raccomandata con avviso di
ricevimento all'indirizzo estero così comunicato.
Tale modalità di notificazione degli atti ovviamente non esclude la notificazione in mani proprie al destinatario.
Posto
che la comunicazione in parola costituisce per il contribuente una
facoltà, nel caso in cui questi non intenda avvalersene l'Ufficio
locale notificherà gli atti secondo le ordinarie procedure previste
dalle vigenti disposizioni normative, attenendosi alle istruzioni a suo
tempo impartite con circolare n. 16/E del 27 gennaio 2000.
Il
secondo comma dell'articolo 60 del DPR n. 600 del 1973 è sostituito dal
seguente: "L'elezione di domicilio non risultante dalla dichiarazione
annuale ha effetto dal trentesimo giorno successivo a quello della data
di ricevimento delle comunicazioni previste alla lettera d) e alla
lettera e-bis) del comma precedente".
La disposizione in commento
prevede che l'elezione di domicilio, non risultante dalla dichiarazione
annuale, abbia effetto dal trentesimo giorno successivo a quello della
data di ricevimento delle comunicazioni di cui al primo comma, lettere
d) ed e-bis) da parte dell'ufficio finanziario territorialmente
competente. Precedentemente, invece, tale lasso temporale era di
sessanta giorni.
Al terzo comma dell'articolo 60 del DPR n. 600 del
1973, dopo le parole "...ai fini delle notificazioni," sono state
aggiunte le seguenti: "dal trentesimo giorno successivo a quello
dell'avvenuta variazione anagrafica".
L'elemento innovativo del
comma in commento riguarda la riduzione dei termini - che passano da
sessanta a trenta giorni - di efficacia delle variazioni e/o
modificazioni dell'indirizzo, non risultanti dalla dichiarazione
annuale.
E' stato recepito, in tal modo, il principio enunciato
dalla sentenza del 10 dicembre 2003, n. 360, con cui la Corte
Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'ultimo
comma dell'articolo 60 del DPR n. 600 del 1973, "...nella parte in cui
prevede che le variazioni e le modificazioni dell'indirizzo del
contribuente, non risultanti dalla dichiarazione annuale, hanno
effetto, ai fini delle notificazioni dal sessantesimo giorno successivo
a quello dell'avvenuta variazione anagrafica."
All'articolo 60 del
DPR n. 600 del 1973 è stato aggiunto, in fine, un nuovo comma, il
quarto, che così dispone: "Qualunque notificazione a mezzo del servizio
postale si considera fatta nella data della spedizione; i termini che
hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l'atto è
ricevuto".
Con questa nuova disposizione il legislatore ha inteso
recepire un principio giuridico già ampiamente affermato dalla Corte
costituzionale.
Infatti, con sentenze del 26 novembre 2002, n. 477 e
del 23 gennaio 2004, n. 28, la Corte, nel fornire una interpretazione
sistematica delle norme sostanziali e processuali in materia di
notificazioni, ha precisato che il procedimento notificatorio si
perfeziona in tempi diversi.
In particolare, nei confronti del
notificante, la notifica si perfeziona al momento della consegna
dell'atto all'agente notificatore (ufficiale giudiziario, messo o
servizio postale), mentre, nei confronti del destinatario, nel momento
in cui l'atto è dallo stesso ricevuto o è pervenuto nella sua sfera di
conoscibilità.
L'articolo 37, comma 28 del decreto ha apportato le
seguenti modifiche all'articolo 16 del decreto legislativo 31 dicembre
1992, n. 546, recante disposizioni in materia di contenzioso tributario.
Al
comma 1, dopo le parole "con avviso di ricevimento", sono state
inserite le seguenti: ", sul quale non sono apposti segni o indicazioni
dai quali possa desumersi il contenuto dell'avviso."; al comma 3, dopo
le parole "con avviso di ricevimento", sono state inserite le seguenti:
", sul quale non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa
desumersi il contenuto dell'atto,".
Anche in questo caso, così come
già evidenziato per le analoghe modifiche apportate all'articolo 60 del
DPR n. 600 del 1973, il legislatore ha inteso adeguare la disciplina
dettata in materia di comunicazioni e di notificazioni degli atti
processuali alle disposizioni riguardanti la protezione e la
riservatezza dei dati personali.
Ne consegue, quindi, che le
comunicazioni e le notificazioni effettuate per il tramite del servizio
postale non devono riportare sul plico nè segni nè indicazioni dai
quali possa desumersi il contenuto dell'avviso o dell'atto.
57 POTERI ISTRUTTORI DELLA GUARDIA DI FINANZA. SANZIONI (Art. 37, commi 29 e 30)
L'articolo
37, comma 29, del decreto integra la disciplina dei poteri istruttori
della Guardia di finanza, completando il sistema delle sanzioni
applicabili in relazione all'esercizio delle funzioni di polizia
economica e finanziaria a tutela del bilancio pubblico, delle regioni,
degli enti locali e dell'Unione europea, a norma del decreto
legislativo 19 marzo 2001, n. 68.
58 COMUNICAZIONI DI VIOLAZIONI TRIBUTARIE (Art. 37, comma 31)
L'articolo
37, comma 31, modifica l'articolo 36 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 rubricato "comunicazione di
violazioni tributarie".
La norma richiamata amplia il novero dei
soggetti tenuti a comunicare al Comando della Guardia di finanza,
competente in relazione al luogo di rilevazione, i fatti che possono
configurare violazioni tributarie.
In dettaglio, sono tenuti ad
effettuare la predetta comunicazione i soggetti pubblici incaricati
istituzionalmente di svolgere attività ispettive e di vigilanza, nonché
gli organi giurisdizionali requirenti e giudicanti in materia penale,
civile e amministrativa e, previa autorizzazione, gli organi di polizia
giudiziaria, che, a causa o nell'esercizio delle loro funzioni, vengono
a conoscenza di fatti che possono configurarsi come violazioni
tributarie.
La ratio della norma è quella di consentire una più efficace azione di contrasto delle violazioni tributarie.
59 POTERI DEGLI UFFICI IN MATERIA DI ACCERTAMENTO (Art. 37, comma 32)
L'articolo
37, comma 32 del decreto rafforza i poteri degli uffici nell'attività
di accertamento rilevante ai fini delle imposte sui redditi, incidendo,
in particolare, sulle disposizioni contenute nell'articolo 32, comma 1,
numeri 4) e 8), del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600.
In particolare, l'articolo 32, comma 1,
numero 4), prevede, nella versione antecedente alle modifiche, che, per
l'adempimento dei propri compiti, gli uffici possono inviare ai
contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere
specifico rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti con
l'invito a restituirli compilato e sottoscritti.
Per effetto delle
novità apportate dal decreto gli organi accertatori, a decorrere dal 4
luglio 2006, possono inviare i predetti questionari anche al fine di
acquisire dati ed informazioni relative a soggetti diversi dai
destinatari degli stessi, con i quali i contribuenti abbiano
intrattenuto rapporti.
La disposizione di cui all'articolo 32, comma
1, numero 8), riconosceva all'amministrazione il potere di richiedere
ai soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili di cui
all'articolo 13 del medesimo DPR n. 600 del 1973 dati, notizie e
documenti relativi ad attività svolte in un determinato periodo
d'imposta nei confronti di clienti, fornitori e prestatori di lavoro
autonomo, purché nominativamente indicati.
Per effetto delle
modifiche apportate dal decreto i predetti dati e le notizie, in quanto
rilevanti ai fini dell'accertamento, possono essere richieste
genericamente nei confronti di clienti, fornitori e prestatori di
lavoro autonomo, senza necessità di indicazione nominativa degli stessi.
Le
modifiche apportate alle disposizioni predette sono finalizzate ad
implementare gli strumenti mediante i quali il fisco è in grado di
acquisire dati ed elementi rilevanti ai fini dell'accertamento. In
particolare, il legislatore ha inteso procedere ad un adeguamento della
disciplina relativa ai poteri in materia di accertamento delle imposte
sui redditi a quella già vigente in materia di Iva; ai fini
dell'imposta sul valore aggiunto, infatti, già si prevede la
possibilità per gli uffici di "inviare ai soggetti che esercitano
imprese, arti e professioni, con invito a restituirli compilati e
firmati, questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico
rilevanti ai fini dell'accertamento, anche nei confronti di loro
clienti e fornitori".
60 COMUNICAZIONE TELEMATICA DEI CORRISPETTIVI (ART. 37, COMMI DA 33 A 37)
Le
disposizioni in esame introducono, per i soggetti di cui all'art. 22
del DPR n. 633 del 1972, l'obbligo di trasmettere telematicamente
all'Agenzia delle entrate l'ammontare complessivo dei corrispettivi
giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi
effettuate.
La procedura in argomento costituisce una ulteriore
semplificazione degli adempimenti contabili per i soggetti che svolgono
attività di commercio al minuto e assimilate in locali aperti al
pubblico, già esonerati dall'obbligo di emissione della fattura se non
richiesta dal cliente e tenuti alla certificazione fiscale dei
corrispettivi mediante il rilascio della ricevuta o dello scontrino
fiscale.
Il beneficio della sostituzione dell'obbligo di
certificazione fiscale dei corrispettivi incontra, comunque, un limite
nella facoltà del cliente di richiedere il rilascio della fattura;
l'ultimo periodo del comma 34 dell'articolo 37 del decreto dispone,
infatti, espressamente che è fatto salvo l'obbligo di emissione della
fattura su richiesta del cliente "non oltre il momento di effettuazione
dell'operazione..." (cfr. articolo 22 del DPR n. 633 del 1972).
La
trasmissione dei dati, che dovrà avvenire distintamente per ciascun
punto vendita, sostituisce l'obbligo di registrazione dei corrispettivi
previsto dall'articolo 24 del citato DPR n. 633 del 1972.
Il comma
35 dell'articolo 37 del decreto, come sostituito in sede di
conversione, introduce un credito di imposta pari a 100 euro,
utilizzabile esclusivamente in compensazione mediante modello F24, a
favore dei contribuenti che scelgono di adattare tecnicamente gli
apparecchi misuratori in uso in funzione della trasmissione telematica
dei dati registrati giornalmente.
Il credito compete una sola volta
indipendentemente dal numero dei misuratori adattati alle nuove
funzionalità e, comunque, solo a seguito dell'avvenuta prestazione
dell'intervento tecnico e del relativo pagamento.
Le disposizioni in
esame entrano in vigore il 1 gennaio 2007, con l'obbligo di effettuare
la prima trasmissione telematica entro il mese di luglio dello stesso
anno, anche con riferimento ai dati relativi ai mesi precedenti.
In
caso di omissione degli adempimenti previsti dai commi in precedenza
esaminati è prevista la sanzione amministrativa da 1000 a 4000 euro,
ferma restando l'applicabilità delle sanzioni per le violazioni degli
obblighi di registrazione e di quelli relativi alla contabilità.
61 PLUSVALENZE DERIVANTI DA CESSIONI DI IMMOBILI OGGETTO DI DONAZIONI (Art. 37, commi 38 e 39)
Il
comma 38 dell'art. 37 del decreto apporta modifiche all'art. 67, comma
1, lett. b), del TUIR, in tema di cessioni a titolo oneroso di immobili
acquisiti per donazione.
In base all'art. 67, nella formulazione
vigente prima della modifica, "costituiscono plusvalenze tassabili, se
non costituiscono redditi di capitali ovvero non sono conseguiti
nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da
società in nome collettivo e in accomandita semplice, nè in relazione
alla qualità di lavoratore dipendente, ... le plusvalenze realizzate
mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o
costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per
successione o donazione e le unità immobiliari urbane per la maggior
parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la
cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei
suoi familiari ...".
Quindi, prima dell'entrata in vigore del
decreto l'eventuale plusvalenza (differenza tra il prezzo di vendita e
valore del bene acquisito per donazione) realizzata in occasione della
vendita di immobili acquisiti per donazione, non era imponibile.
La
norma introdotta intende invece evitare eventuali manovre elusive,
congegnate in modo che il proprietario dell'immobile, che non aveva
ancora maturato i cinque anni dall'acquisto (o costruzione), donava
l'immobile a un terzo, il quale poi, successivamente, procedeva alla
vendita.
Per effetto della modifica apportata all'art. 67, ad opera
del comma 38, lettera a), è stato uniformato il trattamento fiscale
previsto nel caso di cessioni di immobili acquistati a titolo oneroso a
quello stabilito nell'ipotesi in cui l'acquisizione è avvenuta per
donazione.
Per quanto concerne le condizioni per la tassabiità,
l'art. 37, comma 38, lett. b), del decreto stabilisce che è soggetta a
tassazione la plusvalenza conseguita a seguito della cessione a titolo
oneroso di immobili acquisiti per donazione a condizione che non siano
decorsi 5 anni dalla data di acquisto dell'immobile da parte del
donante alla data della cessione.
Si sottolinea che le disposizioni
in commento, in quanto elevano a presupposti per la tassazione alcune
fattispecie precedentemente non rilevanti, hanno efficacia innovativa e
pertanto trovano applicazione alle sole cessioni effettuate a partire
dalla data di entrata in vigore del decreto.
Il successivo comma 39
dell'art. 37 in commento, modifica l'art. 68 del TUIR precisando che la
plusvalenza, in caso di immobili acquisiti per donazione e ceduti entro
5 anni a decorrere dalla data di acquisto da parte del donante è
determinata ponendo a confronto il corrispettivo della cessione e il
costo di costruzione o di acquisto sostenuto dal donante.
62 NOTIFICA CARTELLE DI PAGAMENTO E TASSAZIONE INDENNITA' DI FINE RAPPORTO (ART. 37, COMMI DA 40 A 43)
I
commi 40 e 41 dell'art. 37 hanno modificato i termini previsti per
l'iscrizione a ruolo e per il rimborso delle somme dovute,
rispettivamente a debito o a credito, in relazione alla tassazione dei
redditi derivanti dalle indennità di trattamento di fine rapporto e le
altre indennità equipollenti di cui agli articoli 19 e 20 del D.P.R. n.
917 del 1986.
In particolare, sono aumentati a quattro gli anni,
successivi a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto
di imposta, entro cui devono essere notificate le cartelle di pagamento
per le somme dovute in relazione ai redditi suddetti.
Prima
dell'introduzione delle disposizioni in commento, l'iscrizione a ruolo
delle maggiori imposte o il rimborso di quelle pagate in eccedenza
doveva avvenire entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello
di presentazione del modello 770.
Con la modifica apportata, la
notifica delle cartelle di pagamento relative a quanto dovuto ai sensi
degli articoli 19 e 20 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, deve
avvenire entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di
presentazione della dichiarazione del sostituto d'imposta.
In
sostanza, la norma tiene conto della complessità nella determinazione
dell'imposta dovuta, per la quale l'Amministrazione finanziaria
necessita di informazioni precise derivanti dai modelli dei sostituti
d'imposta, e mira ad evitare i disagi che potrebbero derivare ai
contribuenti in conseguenza di eventuali erronee iscrizioni a ruolo
Il
comma 42 dell'art. 37, coerentemente con le modifiche apportate dai
commi 40 e 41, ha modificato l'art. 2 del d.lgs. n. 462 del 1997,
relativo al termine per l'iscrizione a ruolo conseguente ai controlli
formali delle dichiarazioni dei redditi, ai sensi dell'art. 36-bis del
D.P.R. n. 600 del 1973, e dell'IVA, ai sensi dell'art. 54-bis del
D.P.R. n. 633 del 1972.
Il comma 43 del medesimo articolo stabilisce
che non si procede ad iscrizione a ruolo ed alla comunicazione al
contribuente (di cui all'art. 1, comma 412 della legge 30 dicembre
2004, n. 311), nè all'effettuazione di rimborsi, se, per le indennità
di fine rapporto nonché per le altre indennità e somme e per le
indennità equipollenti di cui all'art. 19 del D.P.R. 22 dicembre 1986,
n. 917, e per le prestazioni pensionistiche di cui all'art. 20 del
medesimo decreto, corrisposte negli anni 2003, 2004 e 2005, l'imposta
rispettivamente a debito o a credito è inferiore a 100 euro.
63 NOTIFICA DELLE CARTELLE DI PAGAMENTO CONSEGUENTI AI CONDONI (ART. 37, COMMA 44)
Il
comma 44 dell'art. 37 del decreto reca disposizioni in materia di
notifica delle cartelle di pagamento nei confronti dei contribuenti che
si sono avvalsi di una delle modalità di definizione previste dalla
Legge n. 289/2002.
La disposizione in parola, colmando un vuoto
normativo, individua il termine del 31.12.2008 per la notifica delle
cartelle di pagamento nei confronti di quei contribuenti che, essendosi
avvalsi degli istituti definitori previsti dagli artt. 7, 8, 9, 14, 15
e 16, non hanno effettuato in tutto o in parte i pagamenti rateali alle
previste scadenze.
Ai sensi dell'art. 9 bis della legge n. 289/2002
i contribuenti potevano altresì definire i ritardati od omessi
versamenti risultanti dalle dichiarazioni originariamente presentate.
Ove
i versamenti relativi a siffatto condono non abbiano condotto alla
integrale definizione dei debiti risultanti dalle dichiarazioni
originariamente presentate, il legislatore ha individuato lo stesso
termine del 31.12.2008 per la notifica delle cartelle di pagamento dei
debiti d'imposta che non hanno formato oggetto di definizione.
La
disposizione in esame si è posta, pertanto, la precipua duplice
finalità di garantire al contribuente la conoscenza della effettiva
pretesa tributaria e, nel contempo, di assicurare l'interesse pubblico
alla riscossione dei crediti tributari a fronte della verifica
dell'idoneità del ricorso al condono a definire i debiti originari.
64 AMMORTAMENTO DEI BENI IMMATERIALI - ARTICOLO 103 TUIR (ART. 37, COMMI 45 - 46)
Il comma 45 dell'articolo 37 del decreto ha apportato all'articolo 103, comma 1, TUIR le seguenti modifiche:
a)
il limite massimo della quota di ammortamento deducibile del costo dei
diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno, dei brevetti
industriali, dei processi e know how è incrementato da un terzo al 50
per cento del costo;
b) il limite massimo della quota di
ammortamento deducibile del costo dei marchi di impresa è ridotto da un
decimo a un diciottesimo del costo. La disciplina dell'ammortamento del
costo dei marchi, in definitiva, viene equiparata a quella
dell'avviamento.
Il comma 46 dell'articolo 37 stabilisce che le
disposizioni in commento si applicano a decorrere dal periodo d'imposta
in corso alla data di entrata in vigore del decreto anche per le quote
di ammortamento relative ai costi sostenuti nel corso dei periodi di
imposta precedenti. Pertanto, i soggetti con periodo d'imposta
coincidente con l'anno solare applicheranno le nuove aliquote di
ammortamento a partire dall'esercizio 2006.
Con riferimento ai
brevetti industriali, il comma 46 stabilisce che la nuova misura
dell'ammortamento deducibile si applica ai brevetti registrati dalla
data di entrata in vigore del decreto, nonché a quelli registrati più
di recente, ovvero "nei cinque anni precedenti".
Per i brevetti
registrati prima dei cinque anni antecedenti la data di entrata in
vigore del presente decreto continua, invece, ad applicarsi l'articolo
103, comma 1, del TUIR nella versione previgente alle modifiche in
commento (deduzione in misura non superiore ad un terzo del costo).
Con
riferimento ai marchi già registrati, per quantificare gli ammortamenti
deducibili è sufficiente applicare il nuovo limite massimo di un
diciottesimo (5,56 per cento) al costo originario, senza rideterminare
le quote in modo da completare l'ammortamento in un arco temporale di
diciotto esercizi a partire da quello di iscrizione del costo
(analogamente a quanto già affermato dalla scrivente con riferimento
alle recenti modifiche che hanno interessato la disciplina
dell'ammortamento dell'avviamento).
Sulla base di corretti principi
contabili il periodo di ammortamento dei marchi è normalmente collegato
al periodo di produzione e commercializzazione in esclusiva dei beni
cui essi si riferiscono; in assenza della possibilità di determinazione
di tale periodo, l'ammortamento dovrà effettuarsi entro un limite
massimo di venti anni.
Ne consegue che, rispetto alla quota di
ammortamento iscritta in bilancio sulla base delle valutazioni
civilistiche, dovrà essere effettuata una variazione in aumento qualora
la durata dell'ammortamento contabile sia inferiore (ad esempio, 10
anni) a quella fiscale (18 anni). Diversamente, potrà essere effettuata
una variazione in diminuzione - mediante l'attivazione del quadro EC -
laddove la durata dell'ammortamento contabile sia superiore (ad
esempio, 20 anni) a quella fiscale.
65 SPESE RELATIVE A STUDI E RICERCHE (Art. 37, commi 47 e 48)
L'art.
37, comma 47, del decreto ha sostituito il secondo periodo della
lettera b) del comma 4, dell'articolo 109 del TUIR. Detta norma ora
recita: "Gli ammortamenti dei beni materiali e immateriali, le altre
rettifiche di valore, gli accantonamenti, le spese relative a studi e
ricerche di sviluppo (...) sono deducibili se in un apposito prospetto
della dichiarazione dei redditi è indicato il loro importo complessivo,
i valori civili e fiscali dei beni, delle spese di cui all'articolo
108, comma 1, e dei fondi".
Attraverso tale modifica sono state
incluse le spese di ricerca e sviluppo tra quelle per le quali è
consentito l'utilizzo del meccanismo delle deduzioni extracontabili di
cui all'articolo 109 del TUIR, da evidenziare nel quadro EC del modello
Unico, con la conseguente attivazione del vincolo sul patrimonio netto
previsto in correlazione alle predette deduzioni.
L'introduzione della norma in esame nasce dall'esigenza di risolvere il contrasto esistente tra:
-
i principi contabili, i quali dettano dei requisiti ben precisi in
presenza dei quali l'impresa non ha più la facoltà, bensì l'obbligo di
capitalizzare le spese di ricerca e sviluppo, consentendo il loro
ammortamento esclusivamente a partire dal momento in cui il risultato
dalla ricerca è disponibile per l'utilizzazione economica;
- la
disposizione fiscale di cui all'art. 108, comma 1, del TUIR, la quale
prevede che le spese in commento vengano dedotte "nell'esercizio in cui
sono state sostenute ovvero in quote costanti nell'esercizio stesso e
nei successivi ma non oltre il quarto".
La modifica normativa, in
sostanza, consente la deduzione dei costi di ricerca sviluppo ai
soggetti che per facoltà o per obbligo le abbiano capitalizzate a
prescindere dal loro transito a conto economico.
Tali disposizioni,
ai sensi del comma 48 dell'art. 37, si applicano alle spese sostenute a
decorrere dal periodo di imposta successivo alla data di entrata in
vigore del decreto.
66 VERSAMENTI DOVUTI DAI TITOLARI DI PARTITA IVA (Art. 37, comma 49)
L'articolo
37, comma 49, del decreto stabilisce che i soggetti titolari di partita
IVA dal 1 ottobre 2006 sono obbligati ad effettuare i versamenti
fiscali e previdenziali dovuti ai sensi degli articoli 17, comma 2, e
28, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997 n. 241,
esclusivamente mediante modalità telematiche, anche servendosi di
intermediari.
La norma è finalizzata a rendere più efficiente la gestione di tali versamenti.
Pertanto
i contribuenti IVA devono effettuare il versamento unitario delle
imposte e dei contributi in via telematica direttamente utilizzando il
modello telematico F24 on line ovvero per il tramite degli intermediari
abilitati, che sono tenuti a utilizzare il modello F24 cumulativo.
Restano,
quindi, esclusi dall'obbligo del versamento delle imposte e dei
contributi con modalità telematiche i contribuenti non titolari di
partita IVA, che potranno effettuare i versamenti con modello F24
presso gli sportelli dell'ufficio postale, della banca o del
concessionario della riscossione, ovvero con modalità telematiche.
67 RIMBORSO TRIBUTI - ESCLUSIONE DELL'ANATOCISMO (ART. 37, COMMA 50)
Il
comma 50 dell'articolo 37 del decreto, ponendo fine alla dibattuta
questione sorta in giurisprudenza a proposito del riconoscimento del
diritto del contribuente agli interessi anatocistici, ne esclude la
corresponsione sui rimborsi di tributi di ogni specie. La specifica
normativa tributaria, come espressamente evidenziato nella relazione di
accompagnamento al disegno di legge di conversione del decreto,
"assorbe e sostituisce la disciplina dettata dal codice civile".
In
tal modo, gli interessi maturati sui tributi rimborsati sono dovuti
nella misura fissa stabilita dalla singola legge d'imposta e non sono
cumulabili con gli interessi anatocistici di cui all'articolo 1283 del
codice civile, per il quale: "In mancanza di usi contrari, gli
interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della
domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro
scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei
mesi".
La disciplina contenuta nel comma 50, in assenza di
specifiche disposizioni, entra in vigore il 4 luglio 2006, in base
all'art. 41 del decreto; ne consegue che essa si applica agli interessi
che maturano dalla data di entrata in vigore del decreto in commento.
68 PROGRAMMAZIONE FISCALE CONCORDATA (Art. 37, comma 51)
La
norma abroga le disposizioni in tema di programmazione fiscale
concordata e di adeguamento per gli anni pregressi, introdotte
dall'art. 1, comma 499 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266
(legge Finanziaria per il 2006).
69 ATTI E CONTRATTI STIPULATI O POSTI IN ESSERE NEL GIORNO DI PUBBLICAZIONE DEL DECRETO (Art. 40-bis)
L'articolo
40-bis, norma di carattere transitorio, stabilisce che gli eventuali
atti e contratti sia pubblici che privati, formati nello stesso giorno
di entrata in vigore del decreto, ovvero il 4 luglio 2006, in base alle
disposizioni precedentemente vigenti non costituiscono ipotesi di
violazioni della disciplina recata dal decreto stesso.
Le Direzioni Regionali vigileranno sulla corretta applicazione delle presenti istruzioni.
Leggi anche le risposte delle Entrate alla stampa con la circolare 16.02.2007 n° 11
La circolare n. 28 del 4 agosto 2006 l'Agenzia delle Entrate ha fornito i primi chiarimenti in merito alle disposizioni di carattere fiscale contenute nel decreto-legge n. 223 del 2006 (c.d. "decreto Bersani"), così come modificato dalla legge di conversione.