Il decreto ingiuntivo per il recupero dei crediti del condominio
Corte di Cassazione Sentenza n° 751 del 18.1.2016 Spese legali e giudiziarie da applicare al moroso: Solo quando le spese legali sostenute dal condominio per il recupero crediti dal moroso trovino riconoscimento in un titolo giudiziale, sia esso una Sentenza o un Decreto ingiuntivo, l'amministratore sarà in grado di appostare nelle attività il credito discendente, e di addebitare, di riflesso, la spesa in capo al condòmino moroso.
Cassazione Sentenza n. 751/2016.… è legittima la delibera assembleare che, in via ricognitiva, addebiti al singolo condòmino le spese legali liquidate a suo carico ed a favore del condominio in un provvedimento giurisdizionale – nella specie un decreto ingiuntivo – provvisoriamente esecutivo” Confronta Cassazione sez. II 26 aprile 1994 n. 3946 (Il condominio non può preliminarmente chiedere al moroso le spese legali sostenute dalla compagine per la fase propedeutica stragiudiziale, non essendo stato ancora raggiunto un provvedimento giudiziale)
Tribunale di Verona sentenza n. 1458 del 3 giugno 2015 In sede di richiesta di opposizione a Decreto Ingiuntivo il condómino moroso non può invocare l'annullabilità o la nullità della deliberazione condominiale, che deve essere invece esperita presso l'apposito giudice..... "all'accertamento dell'idoneità formale (validità del verbale) e sostanziale (pertinenza della pretesa azionata alla deliberazione allegata) della documentazione posta a fondamento dell'ingiunzione e della persistenza o meno dell'obbligazione dedotta in giudizio” (Cass. n. 10427/2000; n. 7569/1994), in quanto: “il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo questa riservata al giudice davanti al quale dette delibere siano state impugnate” (Cass. SS.UU. 26629/2009)".
Corte di Cassazione, sentenza n. 6236 del 19 marzo 2014....... l'amministratore di condominio può e deve ricorrere al procedimento monitorio ex art. 63 disp. Att. C.p.c., così come nella fattispecie, allorquando un condomino sia moroso rispetto alle quote addebitategli a seguito di approvazione del bilancio da parte dell'assemblea dei condomini.... deve, peraltro, rammentarsi che - secondo nota ed univoca giurisprudenza - l'opposizione del condomino al D.I. ex art. 63 cit. non può mai estendersi a questioni relative alla annullabilità o nullità della delibera condominiale di approvazione delle spese, delibera che dovrà impugnata separatamente ex art. 1137 c.c. (Cass. 19 marzo 2014, n. 6436)........ deve, peraltro, rammentarsi che - secondo nota ed univoca giurisprudenza - l'opposizione del condomino al D.I. ex art. 63 cit. non può mai estendersi a questioni relative alla annullabilità o nullità della delibera condominiale di approvazione delle spese, delibera che dovrà impugnata separatamente ex art. 1137 c.c. (Cass. 19 marzo 2014, n. 6436).
Bilancio preventivo sufficiente contro condòmini morosi
Suprema Corte di Cassazione, Sezione Seconda Civile, sentenza n.24299/2008 del
29/09/08 Nuova sentenza della
Cassazione che ribadisce il concetto già precedentemente affermato:
l'amministratore può far emettere decreto ingiuntivo nei confronti del condómino
moroso sulla base del solo bilancio "preventivo" regolarmente approvato
dall'assemblea.
Il giudice di pace, infatti, ha infranto un principio basilare e ineliminabile
per la corretta gestione del condominio, che consente all'amministratore di
riscuotere le quote degli oneri in forza di un bilancio preventivo, sino a
quando questo non sia sostituito dal consuntivo regolarmente approvato. La
sentenza impugnata afferma l'erroneo principio secondo cui il bilancio
preventivo sarebbe azionabile sino a che non sia scaduto l'esercizio cui esso si
riferisce; tale principio, se applicato, renderebbe impossibile la riscossione
degli oneri - e, quindi, inciderebbe sulla possibilità stessa di gestione del
condominio - per tutto il tempo intercorrente tra la scadenza dell'esercizio e
l'approvazione del consuntivo, periodo che potrebbe ipotizzarsi anche lungo in
relazione a molteplici possibili eventi, tra cui, non ultimo, la non
approvazione del progetto da parte dell'assemblea.
Nel caso di specie, quindi, è destituita di fondamento la prima ragione della
decisione della sentenza impugnata. Non può, poi, disconoscersi che rasenta la
completa mancanza di motivazione - anch'essa denunciabile in sede di legittimità
pure in relazione alle sentenze emesse secondo equità - l'assunto del giudice
secondo cui sarebbe avvenuto quasi l'integrale pagamento delle somme richieste,
laddove non risulta sia stata data alcuna considerazione della deduzione della
parte appellata - riportata nella stessa narrativa della sentenza - secondo cui
nella richiesta di ingiunzione si era già tenuto conto dei pagamenti addotti
dalla controparte e ciò risultava dall'estratto conto allegato alla richiesta di
ingiunzione.
Nonostante l'opposizione al decreto ingiuntivo, il debitore paga comunque le spese del procedimento Cassazione civile , sez. III, sentenza 13.07.2007 n° 15725 la sentenza ribadisce: Nel procedimento per ingiunzione, la fase monitoria e quella di cognizione, che si apre con l'opposizione, fanno parte di un unico processo, nel quale l'onere delle spese è regolato in base all'esito finale del giudizio; di conseguenza, l'accoglimento parziale dell'opposizione avverso il decreto ingiuntivo, sebbene implichi la revoca dello stesso, non comporta necessariamente il venir meno della condanna dell'ingiunto, poi opponente, al pagamento delle spese della fase monitoria e di quelle attinenti all'esecuzione provvisoria del decreto, le une e le altre potendo essere legittimamente poste a carico del debitore, con riferimento ai limiti della somma definitivamente attribuita al creditore (Cass. 9/02/1993, n. 2019; Cass. 9.4.1983, n. 2521). Sospensione del giudizio d’opposizione a decreto ingiuntivo S.U. Cassazione 27 febbraio 2007, n°4421
Corte di Cassazione Sentenza 7532 del 01.04.2014 Grava
sulla parte soccombente l’imposta di registrazione della sentenza
ma non i tributi su atti a termine fisso. La Suprema corte fa il punto sulla
ripartizione delle spese nel rito monitorio. Non sono infatti a carico del
debitore quelle sostenute per la regolarizzazione fiscale della cambiale in
seguito alla quale viene emesso il decreto ingiuntivo.
Lo ha sancito la Corte di cassazione con la sentenza n. 7532 del 1 aprile 2014.
In particolare per la terza sezione civile tra le spese giudiziarie da porre a
carico della parte soccombente, ai sensi dell'art. 91 cod. proc. civ., va
certamente compresa l'imposta.
Emissione del decreto ingiuntivo, onere della prova scritta Tribunale di Ferrara, sentenza 30-10-2003 n. 39-04 Costituisce prova scritta ai fini dell'emissione del decreto ingiuntivo non solo il rendiconto predisposto dall'amministratore di condominio, ma lo stato di ripartizione (art. 63 co. 1 disp. att. c.c.) delle spese approvato e deliberato dall'assemblea del condominio, purché fornisca prova scritta ai fini dell'art. 633 c.p.c.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto un conflitto giurisprudenziale e con la recentissima sentenza 27 febbraio 2007, n°4421 hanno stabilito che "il giudice dell’opposizione al decreto ingiuntivo - ottenuto dall’amministratore contro il condomino in mora – non può sospendere il processo (ex art. 295 c.p.c.) in attesa della definizione del giudizio di impugnazione della delibera assembleare (ex art. 1137 c.c.) posta a fondamento del provvedimento monitorio, mancando tra le due cause un rapporto di pregiudizialità necessaria". Finalmente è stato ribadito il principio espresso dall'art. 63 Attuazione del Codice Civile dove si ribadisce che il decreto ingiuntivo ha piena efficacia nonostante opposizione.
Nel caso di coesistenza
del processo esecutivo promosso sulla base di un decreto ingiuntivo
provvisoriamente esecutivo, del giudizio d'opposizione a decreto ingiuntivo e
del giudizio d'opposizione all'esecuzione, nel momento in cui il giudice
dell'opposizione a decreto ingiuntivo ha sospeso la provvisoria esecuzione del
decreto si concretizza l'ipotesi della sospensione dell'esecuzione disposta dal
giudice dinanzi al quale e' impugnato il titolo esecutivo, a norma dell'art.
623, c.p.c., seconda ipotesi, con conseguente impedimento della prosecuzione del
processo esecutivo, che non puo' essere riattivato fino a che, in dipendenza del
giudizio d'opposizione a decreto ingiuntivo, il titolo non abbia riacquistato
con il rigetto dell'opposizione la sua efficacia esecutiva a norma dell'art. 653
c.p.c.
E' questo il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione con la
sentenza n. 8217 depositata il 29 aprile 2004. (Sentenza "vecchia", il cui
valore è stato annullato dalle S.U. del
27 febbraio 2007, n°4421).
Ricorso per decreto ingiuntivo - "Autentica" di copia del verbale di
assemblea Tribunale Ordinario di Verbania - Decreto 24
gennaio 2005
Va respinto il ricorso per decreto ingiuntivo, richiesto per il pagamento di
spese condominiali, in assenza di allegazione al fascicolo di parte ricorrente
di copia conforme all'originale (autenticata) del verbale di assemblea
dal quale risulti l'approvazione dello stato di ripartizione dei contributi
condominiali, atteso che tale prova scritta non può essere giammai costituita da
copia del verbale dichiarata conforme all'originale dall'amministratore perché
questi non è dotato di alcun potere certificativo al riguardo.
Condominio - decreto ingiuntivo - competenza per valore - 12.12.06 La Corte di Cassazione, nel giudizio in esame, ha dichiarato inammissibile il ricorso, in quanto il ricorrente, nel giudizio di primo grado, nel formulare le proprie domande, aveva superato il limite entro il quale il giudice di pace giudica secondo equità, sicché contro la sentenza era proponibile l'appello e non il ricorso per cassazione. Infatti: “colui che propone opposizione al decreto ingiuntivo assume la veste di attore; pertanto, qualora egli aggiunga alla domanda di revoca del decreto quella di risarcimento del danno,ai fini della determinazione della competenza i valori di ciascuna delle due domande debbono essere sommati". Il principio, che trova fondamento nell'art. 10, e. 2, c.p.c, è stato ribadito, anche di recente da Cass. 8 aprile 2002, n. 4994.
Oneri Condominiali – decreto ingiuntivo - appello a sentenza del Giudice
di Pace - sentenza inappellabile se di valore inferiore a 1.000,00 euro –
04.04.07. - TRIBUNALE DI NOLA II SEZIONE CIVILE
Nella sentenza in esame il Tribunale adito, dopo aver esaminato il merito
della causa, al fine di individuare l’oggetto del giudizio di primo grado, ha
poi verificato le ricadute in tema di ammissibilità dell’impugnazione. A seguito
di tanto ha stabilito: ”Secondo il combinato disposto degli artt. 113 comma 2 e
339 comma 3 c.p.c., la sentenza emessa dal giudice di pace di risulta essere
inappellabile; infatti è noto che la pronuncia secondo equità per le cause di
valore inferiore ad euro 1.100,00 prescinde dalla possibilità che, nel concreto,
il giudice adito abbia potuto fare applicazione anche di norme di diritto;
peraltro, non essendosi il giudice pronunciato al riguardo, espressamente in
sentenza, neppure potrebbe operare, al di là della condivisibilità o meno del
distinguo attuato da Cass. sez. un. n.13917 del 2006, il principio
dell’apparenza; né la domanda afferisce a rapporti o contratti conclusi ex art.1342
c.c.; inoltre, la nuova formulazione dell’art.339 ultimo comma c.p.c. derivante
dall’entrata in vigore del d.lgs n.40 del 2006, riguarda esclusivamente le
sentenze del giudice di pace pubblicate successivamente, mentre per quelle, come
quella in esame, pubblicate in epoca antecedente, si continua ad applicare la
disciplina previdente”.
I saldi
passivi degli esercizi precedenti possono essere approvati dall'assemblea,
inseriti nel nuovo piano di riparto e riscossi con ingiunzione immediatamente
esecutiva nonostante opposizione
Importante pronuncia di rilevante interesse pratico che risolve, correttamente e
condivisibilmente, un’annosa questione giuridica. Il condominio potrà, così,
evitare tutti i rischi connessi al ritardo nel pagamento dei contributi dovuti
dai condomini per l’erogazione delle spese relative alle parti comuni, essendo
il condominio sfornito di un patrimonio autonomo, così come di una personalità
giuridica. Non è infrequente leggere in molte rubriche giornalistiche che non è
possibile inserire nel «rendiconto» che l’amministratore deve rendere alla fine
di ciascun anno, ex art. 1130 c.c., i c.d. «saldi passivi» relativi ai
precedenti esercizi e, conseguentemente, nel piano di ripartizione da allegare
alla richiesta dello speciale decreto ingiuntivo previsto dall’art. 63 delle
disposizioni di attuazione del codice civile. Tale singolare opinione discende
dalla “impropria” configurazione di tale rendiconto quale bilancio consuntivo,
diffusasi, verosimilmente, per il fascino suscitato da una sua maggiore «dignità
contabile», giungendo, progressivamente, a sostenere che il c.d. «bilancio
consuntivo condominiale» (figura ignota alla specifica disciplina condominiale)
debba essere redatto con l’applicazione del criterio di competenza e non di
cassa: il criterio di competenza impedisce - si sostiene - l’inserimento in esso
dei saldi passivi dei precedenti esercizi. A conforto di tale elitaria
configurazione è stata anche invocata la statuizione di Cass. 16 agosto 2000, n.
10815 che, invece, non avalla affatto tale assunto. Essa afferma, al contrario,
che «la Corte non deve risolvere la questione di diritto se l’amministratore di
un condominio... debba rispondere della gestione sulla base del criterio di
competenza o del criterio di cassa ... [in quanto] ... che alla scadenza
l’amministratore è tenuto a restituire tutto ciò che ha ricevuto nell’esercizio
del mandato per conto del condominio - vale a dire tutto ciò che ha in cassa -
si argomenta dalla considerazione che egli potrebbe avere avuto anche l’incarico
di recuperare somme dovute da condomini morosi e riguardanti la “precedente
gestione”». Tale pronuncia sconfessa la tesi di una presunta applicazione del
criterio di competenza, in quanto l’amministratore è legittimato a pretendere il
pagamento delle quote inevase anche se è terminata la «sua» gestione annuale e,
soprattutto, se subentri ad altro amministratore. La decisione in rassegna ha
confermato la pronuncia di primo grado che - nell’escludere la presunta
incompetenza dell’assemblea a deliberare sulla situazione contabile relativa
agli esercizi precedenti ed alla morosità maturatasi - aveva richiamato Cass. 23
luglio 1988, n. 475, 13 ottobre 1999, n. 11526 e 30 dicembre 1997, n. 13100
sulla semplicità che caratterizza tale rendiconto, non esistendo alcuna
prescrizione normativa di una rigorosa sequenza temporale e separazione dei
diversi periodi di esercizio. La Corte genovese afferma sostanzialmente che una
volta approvato dall’assemblea del condominio il piano di ripartizione dei
contributi dovuti dai condomini, con una deliberazione non impugnata
tempestivamente, la riscossione delle somme ivi indicate non incontra ostacoli
di sorta ed il singolo partecipante al condominio sarà costretto all’adempimento
di quello che è un dovere di contribuzione, più che un debito in senso stretto.
La sentenza in esame risulta particolarmente pregevole perché fa giustizia di un
non corretto inquadramento della vicenda condominiale che spesso aleggia in
numerose decisioni di merito che presuppongono, inavvertitamente, un’autonomia
patrimoniale ed una personalità giuridica che sono, invece, pacificamente
insussistenti. Dall’attenta lettura della disciplina codicistica emerge,
infatti, che per il condominio è previsto un «preventivo» delle spese occorrenti
per la gestione, con la ripartizione delle quote necessarie che possono essere
sollecitamente riscosse attraverso la «speciale ingiunzione» di cui all’art. 63
disp. att. cod. civ. nonostante opposizione, con una deroga o deviazione dalle
regole ordinarie che è giustificata dall’assorbente ragione che tali contributi
servono per la costituzione della provvista dell’amministratore, senza la quale
il condominio si bloccherebbe, con il pregiudizio dell’amministrazione ordinaria
delle parti comuni. Al preventivo fa riscontro un rendiconto e non un bilancio
consuntivo che è radicalmente estraneo alla concezione normativa del condominio.
Infatti la normativa peculiare prevista per il condominio prevede un preventivo
(art. 1135) che, in ipotesi, «dovrebbe» risultare esaustivo e sufficiente per
l’erogazione di tutte le spese, attraverso anche il recupero coattivo speciale e
tempestivo (purtroppo autentica chimera per l’incapacità della macchina
giudiziaria), tanto che, significativamente, viene prevista l’approvazione del
rendiconto e - si badi bene - l’impiego del «residuo attivo» presupposto dalla
disciplina condominiale. In poche parole, i c.d. saldi passivi non dovrebbero
affatto sussistere (pura anomalia) perché ciò significherebbe che
l’amministratore non ha potuto attendere alla cura delle parti comuni. Ciò vuol
dire anche che eventuali saldi passivi devono essere prontamente recuperati e
non che questi possano essere relegati ad una mera posta contabile di esercizi
precedenti, da riscuotere separatamente, con un aggravio procedurale e
gestionale. La pronuncia in commento sgombra, pertanto, apprezzabilmente il
campo da tutti gli equivoci, perché una volta approvata la deliberazione
comprensiva «anche» delle quote non ancora versate dal singolo condomino per la
pregressa gestione, «anche» per queste trova applicazione la speciale procedura
ingiuntiva di recupero coattiva onnicomprensiva che, peraltro, non può essere
assolutamente sospesa dall’eventuale impugnativa della relativa delibera che non
sia stata sospesa autonomamente, come statuito dalle Sezioni Unite con la
sentenza 27 febbraio 2007 n. 4421. Con ciò viene superata, automaticamente e
radicalmente, ogni questione di prescrizione, comunque inconfigurabile perché
nella specie - come sostenuto in altro scritto - non ricorre un vero e proprio
diritto di credito, bensì un «dovere» di corresponsione ed un «potere» di
riscossione, potendo, peraltro, trovare applicazione - a tutto voler concedere -
la sospensione di cui all’art. 2941, n. 6, c.c. trattandosi di genuina
«rappresentanza legale», piuttosto che di un mandato di diritto comune, al quale
si suole «assimilare», con la consapevolezza, però, inespressa della non
identità delle due situazioni.
Conclusivamente, qualora gli amministratori di condominio, veri professionisti,
abbiano la cura di indicare, specificatamente ed analiticamente, i c.d. saldi
passivi delle precedenti gestioni nel rendiconto annuale, ovvero in quello che
piace denominare, più enfaticamente, bilancio consuntivo, nessun ostacolo potrà
essere configurato avverso la sollecita riscossione coattiva che, a seguito
della nota sentenza delle sezioni unite n. 9148 del 2008, sulla parziarietà,
interna ed esterna, delle obbligazioni contrattuali assunte «in nome e per conto
dei condomini», integra un obbligo imprescindibile e non dilazionabile degli
amministratori di condominio, pena la loro responsabilità personale
nell’espletamento dell’incarico.
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L’art. 63 comma 1, disp. att. cod. civ. prevede una speciale disciplina per il procedimento d’ingiunzione diretto a recuperare i crediti vantati dal condominio nei confronti dei singoli condomini. Si stabilisce, infatti, che per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore può ottenere decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione. Si tratta di un modo speciale per ottenere un decreto ingiuntivo utilizzabile soltanto in relazione ai crediti condominiali. In concreto, il decreto ingiuntivo previsto dall’art. 63, comma 1, disp. att. cod. civ. si caratterizza perché si riferisce ai soli contributi dovuti dai singoli condomini nei confronti del condominio, presuppone l’esistenza di una ripartizione spese approvata dall’assemblea e perché è immediatamente esecutivo anche qualora sia stata presentata l’opposizione del condomino ingiunto. La disciplina generale sul decreto ingiuntivo si trova sugli artt. 633-656 cod. proc. Civ., ma per il recupero dei crediti condominiali si può fare ricorso anche alla speciale disciplina prevista dall’art. 63 disp. att. cod. civ. Alla varietà e alle particolarità delle situazioni che si presentano nella pratica ha risposto la giurisprudenza elaborando numerose importanti regole. Anche se il procedimento per ingiunzione costituisce un’attività di competenza dell’avvocato, è opportuno che anche l’amministratore di condominio sia informato sulla disciplina applicativa del decreto ingiuntivo, dato che il ricorso a esso rappresenta spesso la strada obbligata per ottenere, senza ritardi, il pagamento delle quote condominiali da parte dei condomini morosi. In generale, il decreto ingiuntivo può essere utilizzato dal creditore per ottenere, con maggiore rapidità rispetto al procedimento ordinario, dal giudice l’ordine nei confronti del debitore di pagare il suo debito. Per ottenere il decreto ingiuntivo devono sussistere alcune condizioni di ammissibilità che sono indicate nell’art. 633 cod. proc. Civ., nel quale si stabilisce che il creditore di una somma liquida di denaro o di una determinata quantità di cose fungibili oppure chi ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata può chiedere al giudice competente la pronuncia dell’ingiunzione di pagamento o di consegna nei seguenti 3 casi:
Copia autentica del ricorso e del ricorso e del decreto ingiuntivo devono essere notificati al debitore entro e non oltre il termine di 60 giorni nel territorio della repubblica e di 90 giorni negli altri casi a pena di inefficacia. Se non viene fatta opposizione entro il termine stabilito (oppure l’opponente non si costituisce) il giudice che ha pronunciato il decreto ingiuntivo, su istanza del ricorrente, lo dichiara esecutivo (Art. 647 cod. proc. civ.). E’ ammessa anche l’opposizione tardiva dall’art. 650 cod. proc. civ., secondo cui l’intimato può fare opposizione pure dopo che è scaduto il termine fissato nel decreto, se prova di non averne avuta tempestiva conoscenza per irregolarità della notifica o per caso fortuito o forza maggiore; in tal caso l’esecutorità può essere sospesa; l’opposizione però non è più ammessa dopo che sono decorsi 10 giorni dal primo atto di esecuzione. Se l’opposizione viene rigettata con sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva oppure viene dichiarata con ordinanza estintiva del processo, il decreto, che non ne sia già munito, acquista efficacia esecutiva. Se l’opposizione è accolta solo in parte, il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione già compiti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta. Il decreto ingiuntivo dopo che è diventato esecutivo a norma dell’art. 647, può essere impugnato per revocazione nei casi indicati nei numeri 1,2,3,4 e 6 dell’art. 395 e con l’opposizione di terzo nei casi previsti dall’art. 404 comma 2. Infine bisogna tenere presente che i decreti dichiarati esecutivi a norma degli art. 642, 647, 648, e quelli rispetto ai quali è stata rigettata l’opposizione costituiscono titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale (Art. 655 cod. proc. civ.). |
PRONTUARIO LEGALE PER L’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO
Capita non di rado che l’amministratore incontri delle difficoltà per ottenere dal condòmino il credito vantato, e purtroppo non sempre la vertenza si risolve in via bonaria.
In questi casi è suggeribile rivolgersi ad uno Studio legale che provvederà a riscuotere il credito secondo la seguente procedura:
1. Come primo atto d’intimazione lo Studio legale, a seguito del colloquio informativo con l’amministratore, ingiunge al condòmino inadempiente di estinguere il proprio debito entro un dato termine, di regola 7 giorni, inviandogli una raccomandata a/r ed avvertendolo che in difetto si procederà al recupero del credito per via giudiziaria.
2. In caso di mancato pagamento nel termine assegnato, lo Studio procede per via giudiziaria, inoltrando al Giudice di Pace ovvero al Tribunale (la cui competenza varia a seconda dell’entità del credito preteso) un “Ricorso per decreto ingiuntivo” (per il cui costo si veda oltre): questo ricorso consente all’amministratore di ottenere nell’arco di breve tempo – di regola 15/20 gg. – un provvedimento giudiziario, che prende appunto il nome di “Decreto ingiuntivo”, col quale s’ingiunge al debitore di pagare la somma dovuta oltre le spese legali, i diritti e gli onorari, avvertendolo che in difetto si procederà nei suoi confronti esecutivamente, ossia al recupero coattivo del credito.
3. I documenti che si rendono necessari per ottenere il decreto ingiuntivo di pagamento sono: il riconoscimento del debito tramite verbale di approvazione del bilancio preventivo, la ripartizione delle spese o il verbale del consuntivo con la relativa ripartizione.
4. Ottenuto questo provvedimento, lo Studio provvede a notificarlo al debitore, il quale ha 40 gg. di tempo dall’avvenuta notifica per proporre “opposizione”: l’opposizione è lo strumento giudiziario che l’ordinamento mette a disposizione del debitore per contrastare il decreto ingiuntivo, se lo ritiene ingiusto. In ogni caso, l’opposizione non è obbligatoria ma facoltativa, per cui può ben accadere che il debitore paghi immediatamente dopo la notifica del decreto non ritenendo opportuno impugnarlo.
5. Se il decreto ingiuntivo non viene opposto nei termini di legge (i suddetti 40 gg. dalla notifica al debitore) ed il debitore persiste nel non pagare, lo Studio provvede a notificargli un secondo atto di intimazione, detto “atto di precetto”, a mezzo del quale si ingiunge nuovamente al debitore il pagamento del quantum dovuto, oltre le spese legali, entro 10 gg. dalla notifica.
6. Se, decorsi i suddetti 10 gg., il debitore non ha ancora estinto il proprio debito, lo Studio procede al recupero del credito coattivamente chiedendo un pignoramento mobiliare e la successiva vendita giudiziale dei beni del debitore.
7. Nel caso, invece, in cui il debitore proponga “opposizione” contro il decreto ingiuntivo (cfr. punto nr.3), s’instaura un ordinario processo, il cui scopo è quello di accertare la fondatezza del credito azionato dall’amministratore e le motivazioni di contrasto sollevate dal debitore. Nel corso del processo può accadere che le parti in causa concilino e che si arrivi ad un accordo transattivo; diversamente, se non si riesce ad addivenire ad un accordo, il processo si chiude con la sentenza del Giudice. Le spese legali del processo, in caso di vittoria dell’amministratore (condominio), vengono interamente addebitate al debitore. L’entità delle spese processuali varia in funzione del valore della controversia. La durata del processo dipende dalla complessità della controversia e dalla consistenza probatoria delle rispettive posizioni: infatti, più certo e provato è il credito azionato dal condominio, più rapida sarà la definizione del processo.
fino a E. 129,11 20,66 44,93 25,82 91,41
da 129,11 a 258,23 20,66 55,78 41,32 117,75
da 258,74 a 516,00 20,66 98,64 51,65 170,95
da 516,46 a 1032,91 20,66 175,08 67,14 262,88
e così via.
N.B.
1. Si ricorda che i suddetti costi vengono interamente addebitati al debitore quando viene emesso il decreto ingiuntivo di pagamento;
2. I costi della procedura variano in funzione del valore della controversia, e quindi del credito che s’intende conseguire;
3. Può accadere che in funzione dell’elevato valore e della complessità della controversia lo Studio chieda al condominio l’istituzione di un piccolo fondo spese per affrontare taluni costi della procedura.
I costi della procedura esecutiva: spese vive, diritti ed onorari
- Atto di precetto -
Per la redazione e per la notifica dell’atto di precetto, gli oneri - comprendenti le spese vive, i diritti e gli onorari - partono da un minimo di circa Euro 120,00 in su, a seconda del valore della lite.
N.B. Il costo minimo si riferisce alle cause di valore fino a Euro 129,11 . I costi di cui sopra sono posti a carico del debitore inadempiente, unitamente al capitale ingiunto, agli interessi sul capitale ed alle spese della procedura per ottenere il d.i. .
- Pignoramento mobiliare -
Per la richiesta di pignoramento mobiliare le spese legali, comprendenti il costo fisso della richiesta, i diritti di procuratore e gli onorari, vanno da un minimo di Euro 46,00 ad un massimo di Euro 294,73 in funzione del valore della causa.
- Vendita mobiliare -
Per la vendita mobiliare dei beni pignorati le spese legali, comprendenti il costo fisso della procedura, i diritti di procuratore e gli onorari, vanno da un minimo di Euro 156,00 ad un massimo di Euro 1.302,41 in funzione del valore della procedura.
ATTENZIONE: se dopo tutti i suesposti tentativi di recuperare il credito in via bonaria e giudiziale il debitore fosse ancora inadempiente, il creditore è comunque tenuto a pagare tutte le spese legali come sopra precisate.
MODALITA'
La
notificazione è l’attività con la quale un atto viene portato a conoscenza del
destinatario.Gli atti amministrativi possono essere notificati (art.10 L.265/99):
Tramite posta, secondo quanto disposto dalla legge n.890/82;
L’infrazione, se il destinatario, ricevuta la cartolina di avviso di
ricevimento, non ritira il verbale depositato presso l’ufficio postale e non
aderisce al secondo invito effettuato per raccomandata dalle Poste Italiane,
s’intende notificata dopo il decimo giorno dalla ricezione del secondo invito
(Ordinanza Corte Cost. n.119 del 7-9 maggio 2001).
Di persona da parte dell’agente notificatore, secondo le disposizioni del Codice
di Procedura Civile, con la compilazione della relata di notifica,attività con
cui si certifica l’avvenuta notificazione, che deve contenere la data, l’orario,
il luogo, la qualità del ricevente e la sottoscrizione del verbalizzante e del
ricevente:
Art.139 C.P.C.- Se il destinatario è assente (non reperibile presso la sua
residenza o dove svolge la propria attività), l’atto può essere notificato in
busta chiusa:
ad una persona di famiglia o addetta alla casa o all’ufficio, purchè non sia
minore di quattordici anni o palesemente incapace;
in mancanza delle persone sopra indicate, l’atto può essere notificato al
portiere dello stabile dove risiede o dove ha l’ufficio il destinatario, ed, in
mancanza del portiere, ad un vicino che accetti di riceverlo. In questi casi,
dell’avvenuta notificazione, bisogna dare notizia al destinatario con
raccomandata semplice.
Art.140 C.P.C. - Se il destinatario è irrintracciabile e le persone
sopraindicate rifiutano o sono incapaci, l’atto s’intende notificato quando:
copia dell’atto è stato depositato nella Casa Comunale del luogo di residenza
del destinatario, ufficio Protocollo Generale;
è stato affisso avviso di deposito sulla porta dell’abitazione o dell’ufficio
del destinatario;
il destinatario è stato informato dell’attività svolta con raccomandata con
avviso di ricevimento.
Qualora l’atto, inviato per posta o portato dall’agente notificatore, non
raggiunge il destinatario per l’impossibilità d’individuare un luogo in cui
poterlo consegnare o lasciare avviso,deve essere esposto all’Albo Pretorio
secondo quanto stabilito dall’art. 143 C.P.C., procedendo a:
redigere la relazione di notifica su entrambi gli esemplari dell’atto, dalla
quale emerga:
1. l’esito degli accertamenti presso l’ufficio anagrafe o la Camera di
commercio;
2. l’accesso infruttuoso all’indirizzo indicato dal destinatario e l’assenza di
altre indicazioni (da parte del portiere o dei vicini) utili per rintracciarlo;
3. l’eventuale “blocco anagrafico”.
- Consegnare all’ufficio Albo Pretorio l’originale dell’atto per l’affissione e
di una sua copia per il deposito nella Casa Comunale-Protocollo Centrale.
Ritirare, dopo 20 giorni di esposizione, l’atto che si intende così notificato,
integrando la relazione di notifica.
Novità contenute nella legge finanziaria 2005 per le spese giudiziarie
Aumenti del costo dei processi (Art. 1, cc. 306-309 e 323) 306. All'articolo 10, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, le parole: «il processo di valore inferiore a euro 1.100 e» sono soppresse.307. I commi 1 e 2 dell'articolo 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono sostituiti dai seguenti: «1. Il contributo unificato è dovuto nei seguenti importi: a) euro 30 per i processi di valore fino a 1.100 euro; b) euro 70 per i processi di valore superiore a euro 1.100 e fino a euro 5.200 e per i processi di volontaria giurisdizione, nonchè per i processi speciali di cui al libro IV, titolo II, capo VI, del codice di procedura civile; c) euro 170 per i processi di valore superiore a euro 5.200 e fino a euro 26.000 e per i processi contenziosi di valore indeterminabile di competenza esclusiva del giudice di pace; d) euro 340 per i processi di valore superiore a euro 26.000 e fino a euro 52.000 e per i processi civili e amministrativi di valore indeterminabile; e) euro 500 per i processi di valore superiore a euro 52.000 e fino a euro 260.000; f) euro 800 per i processi di valore superiore a euro 260.000 e fino a euro 520.000; g) euro 1.110 per i processi di valore superiore a euro 520.000. 2. Per i processi di esecuzione immobiliare il contributo dovuto è pari a euro 200. Per gli altri processi esecutivi lo stesso importo è ridotto della metà. Per i processi di opposizione agli atti esecutivi il contributo dovuto è pari a euro 120». 308. L'articolo 46, comma 1, della legge 21 novembre 1991, n. 374, è sostituito dal seguente: «1. Le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di euro 1.033,00 e gli atti e i provvedimenti ad esse relativi sono soggetti soltanto al pagamento del contributo unificato, secondo gli importi previsti dall'articolo 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni». 309. Il maggior gettito derivante dall'applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 306 a 308 è versato al bilancio dello Stato, per essere riassegnato allo stato di previsione del Ministero della giustizia per il pagamento di debiti pregressi nonchè per l'adeguamento delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari. 323. L'articolo 30, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è sostituito dal seguente: «1. La parte che per prima si costituisce in giudizio, che deposita il ricorso introduttivo, ovvero che, nei processi esecutivi di espropriazione forzata, fa istanza per l'assegnazione o la vendita di beni pignorati, anticipa i diritti, le indennità di trasferta e le spese di spedizione per la notificazione eseguita su richiesta del funzionario addetto all'ufficio, in modo forfettizzato, nella misura di euro 8, eccetto che nei processi previsti dall'articolo unico della legge 2 aprile 1958, n. 319, e successive modificazioni, e in quelli in cui si applica lo stesso articolo». |
Circolare dell'Agenzia delle Entrate
I decreti ingiuntivi revocati con sentenza non scontano il Registro al 3%
Servizio di documentazione tributaria Agenzia delle Entrate DIREZIONE CENTRALE NORMATIVA E CONTENZIOSO Risoluzione del 07/11/2006 n. 122
Oggetto: Decreti ingiuntivi esecutivi revocati - imposta di registro
Testo: La Direzione Regionale ..., a seguito di istanza presentata da Alfa ha chiesto di conoscere il regime tributario, ai fini dell'imposta di registro, da applicare ai decreti ingiuntivi esecutivi, revocati nel procedimento di opposizione ex articolo 645 c.p.c. Piu' specificamente, ha chiesto se la revoca del decreto ingiuntivo con sentenza passata in giudicato, intervenuta prima dell'assoggettamento a tassazione dell'atto, comporti comunque l'applicazione dell'imposta di registro nella misura proporzionale del 3 per cento sulla somma richiesta.
Ha chiesto, altresi', di precisare le modalita' di applicazione dell'imposta, al fine di uniformare i comportamenti degli uffici.
In via preliminare, si fa presente che la disciplina degli atti dell'autorita' giudiziaria, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, e' delineata dal combinato disposto dei seguenti articoli del Testo unico approvato con d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131:
. articolo 37, che prevede l'assoggettamento all'imposta degli atti dell'autorita' giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio, dei decreti ingiuntivi esecutivi, dei provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e delle sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere "...anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato...";
. articolo 8 della Tariffa Parte I, che elenca gli atti
dell'autorita' giudiziaria soggetti a registrazione in termine fisso. Per tali atti, comunque, ai sensi dell'articolo 41, comma 2 del citato Testo unico, la somma dell'imposta principale dovuta non puo' essere in ogni caso inferiore alla misura fissa di euro 168,00, salvo ipotesi particolari.
Il Testo unico dell'imposta di registro, con riferimento alle sentenze e ai provvedimenti giurisdizionali, prevede che:
1. la richiesta di registrazione dell'atto deve essere fatta dai cancellieri nei termini previsti dall'articolo 13, comma 3 del d.P.R. n. 131/1986;
2. :"...la registrazione e' eseguita previo pagamento dell'imposta liquidata dall'ufficio..." (articolo 16 del Testo unico dell'imposta di registro);
3. il pagamento dell'imposta va effettuato dalle parti in giudizio entro 60 giorni dalla notifica dell'avviso di liquidazione da parte dell'ufficio cui l'atto e' stato trasmesso per la registrazione dal cancelliere (articolo 54 del d.P.R. n. 131/86).
Il principio generale che traspare dal sopra citato articolo 37 e'
quello dell'obbligo della registrazione e dell'assolvimento del tributo
anche se l'atto e' impugnato o impugnabile, salvo conguaglio o rimborso in
base a successiva sentenza passata in giudicato. Ne deriva, pertanto,
che l'imposta applicata al momento della registrazione e' considerata <
L'imposta di registro, infatti, colpisce una manifestazione di capacita' contributiva (articolo 53 Costituzione), indipendentemente dalla volonta' dell'istante di procedere all'esecuzione del titolo. Pertanto, l'atto che presenti tutti i requisiti formali del decreto ingiuntivo deve essere assoggettato a tassazione, non ostandovi la possibilita' che lo stesso, nei giudizi successivi, sia dichiarato nullo, salvo pero' conguaglio o rimborso a seguito di successiva sentenza passata in giudicato.
Con l'opposizione al decreto ingiuntivo non si introduce un procedimento nuovo e autonomo rispetto a quello di ingiunzione, ma si realizza una continuazione del giudizio gia' iniziato, in cui il creditore, nel momento della domanda di rigetto della opposizione, chiede indirettamente la condanna del debitore gia' ottenuta con il decreto.
E' opportuno precisare che "decreto ingiuntivo e sentenza sono due atti separati, per ciascuno dei quali e' previsto l'obbligo della registrazione"(Comm. Trib. Centrale, Sez. XXIV, dec. n. 6511 del 09/11/1989); pertanto una volta terminato il giudizio di opposizione, con sentenza passata in giudicato, si determina la tassazione definitiva, che, in genere, fa sorgere in capo al contribuente l'obbligo all'eventuale conguaglio o il diritto all'eventuale rimborso, rispetto alle imposte pagate in occasione della registrazione del decreto ingiuntivo. Il problema rappresentato si pone quando il passaggio in giudicato della sentenza precede la registrazione del decreto ingiuntivo. Tale situazione - che e' conseguenza del protrarsi spesso ingiustificato del procedimento della registrazione degli atti giudiziari - si verifica allorquando la notifica dell'avviso di liquidazione dell'imposta principale avvenga dopo un considerevole lasso di tempo (comunque non superiore al termine decadenziale di tre anni dalla richiesta di registrazione, di cui all'articolo 76, comma 2, lettera a del Testo unico sopra citato). In tal caso puo' accadere che, nel frattempo, l'autorita' giudiziaria abbia adottato il successivo provvedimento e che lo stesso sia divenuto definitivo. Nei casi di specie, per consolidata giurisprudenza, si ritiene che l'obbligazione tributaria venga meno. In base a tale orientamento, pertanto, l'ufficio, se l'imposta sul primo provvedimento non e' stata ancora chiesta in pagamento con la notifica dell'avviso di liquidazione, non puo' insistere nella sua richiesta, allorquando sia intervenuta una sentenza definitiva.
Posto che la sentenza e' intervenuta prima della notificazione dell'avviso di liquidazione dell'imposta (provvisoria) ovvero prima che le parti abbiano eseguito, in base al predetto avviso, il relativo pagamento, deve ritenersi, invero, che sia venuto meno l'obbligo di corrispondere l'imposta proporzionale per la registrazione del decreto ingiuntivo. Resta fermo, in ogni caso, il principio in base al quale l'imposta di registro viene riscossa in relazione ai singoli provvedimenti che definiscono, anche parzialmente, il giudizio. Orbene, se interviene la sentenza definitiva di revoca del decreto ingiuntivo prima della notifica dell'avviso di pagamento dell'imposta proporzionale, quest'ultima non e' piu' dovuta; tuttavia, considerato che decreto ingiuntivo e sentenza sono entrambi atti giudiziari soggetti distintamente all'obbligo di registrazione in termine fisso, per ciascuno di essi deve essere corrisposta l'imposta in misura fissa (articoli 37 e 41, comma 2, del TUR). La soluzione interpretativa prospettata, finalizzata ad evitare defatiganti e inutili procedure di riscossione e conseguenti richieste di rimborso altrettanto onerose, e' in linea con il criterio di economicita' dell'azione amministrativa di cui all'articolo 61 D.Lgs. n. 300 del 1999.
Per modalità e costi presso il Giudice di Pace leggere qui:
http://www.giudicedipace.bologna.it/quando_agire.htm
Cancellazione di ipoteca giudiziale iscritta per crediti condominiali - Consenso rilasciato dall’Amministratore del condominio - Idoneità quale titolo per la cancellazione
Risoluzione dell'Agenzia del Territorio (RIS) n. 2 /T del 22 novembre 2005
E’ pervenuta alla Scrivente, da parte di un Ufficio provinciale dell’Agenzia,
una richiesta di chiarimenti in ordine alla seguente particolare questione:
eseguibilità di una domanda di cancellazione di ipoteca giudiziale, iscritta a
favore di un condominio, sulla base di una dichiarazione unilaterale
autenticata, nella quale l’amministratore del condominio, dato atto
dell’intervenuta regolarizzazione della posizione debitoria del condomino
moroso, rilascia il proprio consenso alla cancellazione.
L’Ufficio provinciale, prima di eseguire la formalità di cancellazione, ha
ritenuto opportuno richiedere, in sede istruttoria, l’esibizione della
documentazione attestante il conferimento, da parte dell’assemblea condominale,
di specifici poteri all’amministratore in ordine al rilascio del consenso alla
cancellazione della suddetta garanzia reale.
La richiesta di integrazione documentale formulata dall’ufficio non è stata
ritenuta legittima dal richiedente la formalità, alla luce di quanto previsto
dagli artt. 1130 e 1131 del codice civile, sul presupposto che l’ambito
delineato dalle predette disposizioni dovrebbe ricomprendere, altresì, il potere
di procedere al rilascio, da parte dell’amministratore, dell’atto di assenso
alla cancellazione di cui trattasi, in via autonoma, quindi senza previa
delibera assembleare.
Va preliminarmente chiarito, sul piano formale ed in via generale, come
eventuali richieste di integrazione documentale formulate dai Conservatori in
sede di esame delle domande di annotazione siano da considerare legittime, in
quanto direttamente riconducibili nell’ambito degli ampi poteri istruttori
riconosciuti ai Conservatori medesimi. Ciò in particolare in materia di
cancellazione di formalità ipotecarie, i cui effetti estintivi irreversibili
impongono, in via generale, l’adozione del massimo rigore in sede di controllo
delle relative domande di annotazione.
Venendo ai profili di merito, si osserva.
L’art. 1130 c.c. ricomprende, tra le attribuzioni dell’amministratore di
condominio, la riscossione dei contributi e il compimento degli atti
conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni. Ai sensi di quanto previsto
dall’art. 1131, l’amministratore ha la rappresentanza dei condomini nei limiti
delle attribuzioni stabilite dall’art. 1130 o dei maggiori poteri conferitigli
dal regolamento o dall’assemblea.
L’art. 63 delle disposizioni di attuazione e transitorie del codice civile,
dispone, inoltre, che l’amministratore, per la riscossione dei contributi, può
ottenere decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo.
Dal combinato disposto delle norme richiamate, appare chiara l’attribuzione
all’amministratore del potere "autonomo" di riscuotere i contributi ed
eventualmente di agire giudizialmente per il recupero del relativo credito;
qualche dubbio potrebbe, invece, residuare per quanto concerne l’attribuzione
del potere di prestare il consenso alla cancellazione delle ipoteche giudiziali
iscritte a garanzia del suddetto credito.
D’altra parte, la formulazione letterale della locuzione di apertura dell’art.
1131 c.c. ("Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo precedente…")
sembrerebbe far trasparire l’intenzione del Legislatore di circoscrivere le
ipotesi di rappresentanza diretta dell’amministratore alle fattispecie che in
qualche modo siano direttamente connesse alle attribuzioni espressamente ed
analiticamente individuate dall’art. 1130.
In estrema sintesi, seguendo una interpretazione estremamente aderente al
dettato normativo, l’evento "cancellazione ipotecaria" potrebbe ritenersi
collocato al di fuori del contesto delineato dalle disposizioni più volte
richiamate, contesto che potrebbe ritenersi riferito essenzialmente alla sola
attività prodromica al recupero del credito.
Per contro, non può sottacersi che, in base all’art. 63 disp. att., come
accennato, l’amministratore, con riferimento specifico all’azione diretta per la
riscossione dei contributi condominiali, ha il potere di agire in giudizio in
rappresentanza dei condomini, senza necessità di alcuna autorizzazione
dell'assemblea.
Tanto premesso, la Scrivente, non avendo rinvenuto sulla peculiare e delicata
tematica specifici orientamenti giurisprudenziali, ha ritenuto opportuno
sottoporre la problematica in questione all’attenzione del Ministero della
Giustizia, titolare del potere di vigilanza sull’attività dei Conservatori, ai
sensi dell’art. 25 della legge 27 febbraio 1985, n. 52.
Il Dipartimento per gli Affari di Giustizia del predetto Ministero, con parere
del 4 ottobre 2005, n. DAG. 4/10/2005.20413, dopo aver passato in rassegna i
compiti e gli obblighi dell’amministratore di condominio, con specifico
riferimento alla problematica segnalata, ha focalizzato la propria attenzione su
due facoltà tipiche riconosciute all’amministratore condominiale dalle norme
codicistiche:
a) la facoltà, prevista dall’ art. 63 disp. att. c. c., di ottenere decreto
ingiuntivo immediatamente esecutivo per la riscossione dei contributi di cui al
n. 3) dell’art. 1130 c.c., in base allo stato di ripartizione approvato
dall’assemblea;
b) la facoltà, prevista dall’art. 1131 c.c., di agire in giudizio sia contro i
condomini, sia contro i terzi, pur nei limiti delle attribuzioni stabilite
dall’art. 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento o
dall’assemblea.
Ad avviso del citato Dipartimento, tenendo conto delle due peculiari facoltà
appena richiamate, l’amministratore condominiale può essere ritenuto titolare di
un potere "autonomo" di gestione del credito condominiale, comprensivo della
possibilità di riscuotere i contributi e di agire giudizialmente per il recupero
del relativo credito. Sotto tale profilo, pertanto – ha proseguito lo stesso
Dipartimento - il potere di rilasciare il consenso alla cancellazione
dell’ipoteca è da ritenere connesso "…alle attività precedentemente poste in
essere dall’amministratore e che non necessitano di una autorizzazione ad hoc da
parte dell’assemblea condominiale.".
Sulla scorta delle osservazioni che precedono, il predetto Dicastero ha ritenuto
di poter superare i dubbi interpretativi prospettati, affermando che "...il
potere di rilascio del consenso alla cancellazione dell’ipoteca, in quanto
conseguente all’adempimento del debito da parte del condomino moroso, è da
considerare direttamente connesso all’azione di recupero intrapresa
dall’amministratore e quindi sussumibile ai poteri attribuiti in maniera
autonoma all’amministratore.".
Alla luce di tale autorevole prospettazione – sostanzialmente coerente con il
complessivo assetto dei poteri riconosciuti all’amministratore di condominio
dalle disposizioni sopra richiamate – può, dunque, ritenersi che nell’ambito dei
predetti poteri sia riconducibile anche il rilascio del consenso alla
cancellazione dell’ipoteca iscritta a garanzia del credito condominale, ove tale
credito sia soddisfatto, e che pertanto il suddetto consenso possa essere
ritenuto idoneo per l’esecuzione, a cura del Conservatore, della stessa
formalità estintiva.