Emissione di fumi e odori molesti da attività commerciali nel condominio

Cassazione penale , sez. III, sentenza 04.05.2012 n° 16670  Premesso che è stato accertato, in fatto, con puntuale motivazione, che da un tubo collocato al di sotto dell’abitazione dei denuncianti pervenivano, all’interno della stessa, odori e fumi provenienti dalla cottura di cibi effettuata nella cucina dell’esercizio commerciale e che tale attività provocava caratteristici odori che arrecavano molestie a chi, per ragioni di prossimità, vi era esposto, va osservato che il tribunale si è adeguato all’indirizzo espresso da questa Corte nella sentenza n. 2475/2007 secondo cui è configurabile il reato di cui all’art. 674 cod. pen. (emissione di gas, vapori o fumi atti a offendere o molestare le persone) in presenza di molestie olfattive promananti da impianto produttivo in quanto non esiste una normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, con conseguente individuazione del criterio della stretta tollerabilità quale parametro di legalità dell’emissione, attesa l’inidoneità ad approntare una protezione adeguata all’ambiente e alla salute umana di quello della normale tollerabilità, previsto dall’art. 844 cod. civ.  Anche, in precedenza la giurisprudenza di questa Corte (Cassazione 14 gennaio 2000 n. 407) ha ricondotto l’emissione di odori molesti alla fattispecie de qua essendo la percezione di un determinato odore il risultato della liberazione (nel caso in esame cottura di cibi) di prodotti volatili, come tali percepibili anche all’olfatto e definibili, secondo il linguaggio comune, anche come gas.  Non ha, quindi, pregio alcuno il rilievo difensivo secondo cui, nella specie, non sarebbe stata violata alcuna norma di settore.

Ribadito che trattasi di un reato di pericolo, essendo sufficiente per la sua realizzazione l’attitudine dell’emissione a offendere o molestare le persone [Cassazione n. 3531/1998], laddove per molestia deve intendersi la situazione di disturbo della tranquillità e della quiete, con impatto negativo sulle normali attività della persona [Cassazione n. 678/1996], va riaffermato che, quando non esista una predeterminazione normativa dei limiti delle emissioni, si deve aver riguardo al criterio della stretta tollerabilità e non a quello della normale tollerabilità di cui all’art. 844 cod. civ. [Cassazione n. 19898/2005], anch’esso comunque condizionato, come quello della normale tollerabilità, dalla situazione ambientale e dalle altre circostanze che caratterizzano l’emissione molesta.
Nel caso in esame, non esistendo disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, è incensurabile il ritenuto superamento della stretta tollerabilità delle emissioni odorose provocate dall’attività esercitata dall’imputato in luogo abitato alla stregua delle acquisite testimonianze, valutate con adeguata motivazione.  Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la riscorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di € 1.000 in favore della cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili liquidate complessivamente in €. 1.000, oltre accessori di legge.

 

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