Muri perimetrali

Corte di Cassazione Sezione 2 Civile Sentenza del 17 giugno 2010, n. 14626 Parti Comuni - Rimozione delle finestre aperte su facciate condominiali di due distinti corpi di fabbrica, all'interno di due mansarde, deducendone la contrarietà al disposto dell'articolo 11 del regolamento condominiale, che vietava di apportare varianti che potessero alterare la stabilità, l'estetica, il decoro e la simmetria dell'edificio - amministratore legittimato, senza necessità di autorizzazione dell'assemblea dei condomini, ad instaurare il giudizio. Una volta che il regolamento contrattuale di origine contrattuale abbia configurato il concetto di decoro architettonico in maniera piu' pregnante, dandone una definizione piu' rigorosa di quella accolta dall'articolo 1120 cod. civ., si da includervi la conservazione degli originari valori estetico-simmetrici del fabbricato, la compromissione (accertata dal giudice del merito) dei rapporti di simmetria derivanti dall'apertura, sulla facciata esterna, di finestre di forma trapezoidale, disarmoniche rispetto all'estetica dell'edificio, non e' impedita ne' dal fatto che detta forma sia frequentemente impiegata in interventi similari, posto che la legittimita' dell'opera prescinde dalla rispondenza della soluzione tecnica adottata all'interesse del condomino che l'adotta o a generali ed astratti standards costruttivi; ne' dalla necessita' dell'opera per rendere abitabile la porzione (nella specie, sottotetto) di proprieta' del singolo condomino, giacche' l'illegittimita' di un'opera lesiva dell'interesse dei partecipanti al condominio non e' preclusa dal vantaggio personale che il proprietario abbia a trarre dalla trasformazione edilizia della propria porzione.

Corte di Cassazione Sentenza n. 13874 del 9 giugno 2010  Apertura di vedute sul cortile comune - L'apertura di finestre ovvero la trasformazione di luce in veduta su un cortile comune rientra nei poteri spettanti ai singoli condomini ai sensi dell'art. 1102 cod. civ., posto che i cortili comuni, assolvendo alla precipua finalità di dare aria e luce agli immobili circostanti, sono utilmente fruibili a tale scopo dai condomini stessi, senza incontrare le limitazioni prescritte, in materia di luci e vedute, a tutela dei proprietari degli immobili di proprietà esclusiva. 

Condominio, apertura vedute, legittimità, limiti    Cassazione civile , sez. II, sentenza 09.06.2010 n° 13874 In tema di condominio, ai sensi dell'art. 1102 cod. civ., comma 1, ciascun condomino è libero di servirsi della cosa comune, anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilità, purchè non alteri la destinazione della cosa comune e consenta un uso paritetico agli altri condomini. L'apertura di finestre ovvero la trasformazione di luce in veduta su un cortile comune rientra nei poteri spettanti ai condomini ai sensi dell'art. 1102 cod. civ. tenuto conto che i cortili comuni, assolvendo alla precipua finalità di dare aria e luce agli immobili circostanti, ben sono fruibili a tale scopo dai condomini, cui spetta anche la facoltà di praticare aperture che consentano di ricevere aria e luce dal cortile comune o di affacciarsi sullo stesso, senza incontrare le limitazioni prescritte, in tema di luci e vedute, a tutela dei proprietari dei fondi confinanti di proprietà esclusiva. Ed invero, in considerazione della peculiarità del condominio, caratterizzato dalla presenza di una pluralità di unità immobiliari che insistono nel medesimo fabbricato, i diritti e gli obblighi dei partecipanti vanno necessariamente determinati alla luce della disciplina dettata dall'art. 1102 cod. civ.: qualora il condomino abbia utilizzato i beni comuni nell'ambito dei poteri e dei limiti stabiliti dalla norma sopra richiamata, l'esercizio legittimo dei diritti spettanti al condomino iure proprietatis esclude che possano invocarsi le violazioni delle norme dettate in materia di distanze fra proprietà confinanti. E, se certamente è configurabile e meritevole di tutela anche nel condominio il diritto alla riservatezza, il pregiudizio in concreto risentito non può prescindere da un valutazione comparativa degli opposti interessi dei condomini, dovendo il diritto di ciascuno proprietario di godere e di utilizzare la proprietà esclusiva essere naturalmente limitato dalla necessaria contiguità degli appartamenti, che inevitabilmente comporta restrizioni delle facoltà di godimento che al proprietario spetterebbero, dovendo al riguardo ritenersi connaturate quelle limitazioni che siano l'effetto dell'esercizio legittimo dei poteri spettanti agli altri comproprietari. Pertanto, l'indagine che il giudice di merito deve compiere ha ad oggetto esclusivamente se l'uso della cosa comune sia avvenuto nel rispetto dei limiti stabiliti dal citato art. 1102, dovendo al riguardo verificarsi se siano contemperate le opposte esigenze, ciò in attuazione di quel principio di solidarietà cui devono essere informati i rapporti condominiali e che richiede un costante equilibrio tra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione: una volta accertato che l'uso del bene comune sia conforme a tali parametri deve escludersi che sia configurabile una innovazione vietata. E, nella specie, tale valutazione è stata per l'appunto compiuta dal giudice di merito il quale ha in sostanza escluso il pregiudizio lamentato dalle condomine ricorrenti, avendo ritenuto che non era impedito il pari uso della cosa comune, tanto più che analoghi interventi erano stati già realizzati sulle finestre degli appartamenti siti al primo e al secondo piano e che l'opera da realizzarsi sarebbe stata eseguita nel rispetto delle distanze prescritte in materia di veduta, così implicitamente ritenendo attuato quel diritto alla riservatezza che il legislatore ha inteso assicurare stabilendo dei parametri obiettivi nel rispetto dei quali si devono ritenere soddisfatte le esigenze del vicino, e ciò tanto più nell'ambito del condominio degli edifici ove, come si è detto, occorre tenere conto del bilanciamento degli interessi in gioco. Ed ancora la peculiarità del fabbricato condominiale rende del tutto evidente che non può trovare applicazione nell'ambito del condominio la disciplina dettata dal D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, in materia di distanze fra edifici.

I muri perimetrali sono da considerarsi comuni a tutti i condomini  Corte di Cassazione, n. 4.978 del 06/03/2007 
I muri perimetrali dell’edificio in condominio – i quali, anche se non hanno natura e funzione di muri maestri portanti, delimitano la superficie coperta, determinano la consistenza volumetrica dell’edificio unitariamente considerato, proteggendolo dagli agenti termici e atmosferici, e ne delimitano la sagoma architettonica – sono da considerarsi comuni a tutti i condomini anche nelle parti che si trovano in corrispondenza dei piani di proprietà singola ed esclusiva e quando sono collocati in posizione, avanzata o arretrata, non coincidente con il perimetro esterno dei muri perimetrali esistenti in corrispondenza degli altri piani, come normalmente si verifica per i piani attici.

Giudici di legittimità hanno affermato che "l'apertura di varchi e l'installazione di porte o cancellate in un muro ricadente fra le parti comuni dell'edificio condominiale eseguiti da uno dei condomini per creare un nuovo ingresso all'unita immobiliare di sua proprietà esclusiva, di massima, non integrano abuso della cosa comune suscettibile di ledere i diritti degli altri condomini, non comportando per costoro una qualche impossibilita di far parimenti uso del muro stesso ai sensi dell'art. 1102 c.c. e rimanendo irrilevante la circostanza che tale utilizzazione del muro si correli non gia alla necessita di ovviare ad un'interclusione dell'unita immobiliare al cui servizio il detto accesso e stato creato, ma all'intento di conseguire una più comoda fruizione di tale unita immobiliare da parte del suo proprietario" (Cass. Civ, sez. II 29/4/1994 n. 4155)

Cass. Civ. 27.10.2003 n.16097 - Muro perimetrale: diritto del singolo condomino ad apportarvi modificazioni a sé utili.
Per il principio di comproprietà dell’intero muro perimetrale dell’edificio condominiale, il singolo condomino è legittimato ad apportarvi modificazioni che gli garantiscono una utilità aggiuntiva rispetto agli altri condomini, a condizione che 1) non venga limitato il diritto all’uso del muro degli altri condomini; 2) non ne venga alterata la normale destinazione; 3) tali modificazioni non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio. Giurisprudenza Conforme: Cass.Civ. 26.03.2002, n.4314; Cass.Civ. 18.02.1998 n.1708.

Apertura legittima di una porta finestra sul lastrico solare di copertura Cassazione, sezione seconda, 23 maggio 2007 n. 12047
Pur potendo le concrete modalità di godimento della cosa comune, desumibili dagli artt.1102 e 1120 c.c., assurgere a contenuto di una posizione possessoria tutelabile contro l’attività del condomino che costituisca una molestia di fatto per gli altri partecipanti alla comunione, ai fini dell’esperibilità dell’azione di manutenzione occorre che detta attività si risolva in una immutazione della situazione dei luoghi che renda incomodo o restringa a vantaggio del singolo condomino il precedente modo di esercizio del possesso degli altri. Tale condizione non si realizza quando le opere eseguite dal compossessore, oltre a non modificare la consistenza materiale del bene comune, non ne determinino neppure una modifica della destinazione, ma rispondano allo scopo di consentire da parte sua un uso dello stesso più agevole e, conseguentemente, più intenso e proficuo, senza incidere sulla possibilità degli altri condomini della antecedente pari utilizzazione.
Nel caso di specie la Corte ha confermato la decisone dei giudici di merito che hanno respinto il ricorso per manutenzione, affinché fosse ordinato ad una condomina la chiusura della porta-finestra, munita di un cancello di chiusura in ferro, da lei aperta nel muro perimetrale del fabbricato al fine di mettere in comunicazione il proprio appartamento, sito al piano attico, con la terrazza condominiale che costituiva il lastrico solare di copertura di parte dell’edificio.

 

Muro Perimetrale 

Il principio della comproprietà dell'intero muro perimetrale comune di un edificio legittima il singolo condomino ad apportare ad esso (anche se muro maestro) tutte le modificazioni che gli consentano di trarre, dal bene in comunione, una peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini (e, quindi, a procedere anche all'apertura, nel muro, di un varco di accesso ai locali di sua proprietà esclusiva), a condizione di non impedire agli altri condomini la prosecuzione dell'esercizio dell'uso del muro - ovvero la facoltà di utilizzarlo in modo e misura analoghi - e di non alterarne la normale destinazione. Costituisce, per converso, uso abnorme del muro perimetrale l'apertura, da parte di un condomino, di un varco che consenta la comunicazione tra il proprio appartamento ed altra unità immobiliare attigua, sempre di sua proprietà, ma ricompresa in un diverso edificio condominiale, il collegamento tra tali unità abitative determinando, inevitabilmente, la creazione di una servitù a carico di fondazioni, suolo, solai e strutture del fabbricato (a prescindere dalla creazione di una eventuale servitù di passaggio a carico di un ipotetico ingresso condominiale su via pubblica). Cass. civ., sez. II, 18 febbraio 1998, n. 1708

Cass. civ., Sent. n. 3753, 15 aprile 1999, Sez. II   Umidità conseguente a inadeguata coibentazione delle strutture perimetrali - Danni a singoli condomini - Responsabilità del condominio    L'umidità conseguente a inadeguata coibentazione delle strutture perimetrali di un edificio, può integrare, ove sia compromessa l'abitabilità e il godimento del bene, grave difetto dell'edificio ai fini della responsabilità del costruttore ex art. 1669 cod. civ.; tuttavia, qualora il fenomeno sia causa di danni a singoli condomini, nei confronti di costoro è responsabile in via autonoma ex art. 2051 cod. civ. il condominio, che è tenuto, quale custode, a eliminare le caratteristiche lesive insite nella cosa propria. Vedi anche Tribunale di Napoli con la pronuncia n. 687 del 20 gennaio 2016

In ipotesi di danni cagionati da una parte comune alla proprietà esclusiva di un condomino (nella specie: infiltrazioni di acqua provenienti da un muro perimetrale dell'edificio), l'azione risarcitoria di quest'ultimo nei confronti del condominio non postula per la sua ammissibilità, ancorchè‚ il processo dannoso sia ancora in atto, il previo esperimento della procedura prevista dall'art. 1105, quarto comma, c.c. per l'eliminazione della causa dei danni, rilevando la relativa omissione, quale inerzia imputabile anche a detto condominio, solo in sede di liquidazione de danni stessi agli effetti e nei limiti di cui all'art. 2056, in relazione all'art. 1227 c.c. Trib. civ. Napoli, 14 gennaio 1987

I muri perimetrali dell’edificio in condominio, pur non avendo funzione di muri portanti, vanno intesi come muri maestri al fine della presunzione di comunione di cui all’art. 1117 cod. civ., in quanto determinano la consistenza volumetrica dell’edificio unitariamente considerato proteggendolo dagli agenti atmosferici e termici, delimitano la superficie coperta e delineano la sagoma architettonica dell’edificio stesso. Pertanto, nell’ambito dei muri comuni dell’edificio rientrano anche i muri collocati in posizione avanzata o arretrata rispetto alle principali linee verticali dell’immobile.  Cass. civ., sez. II, 11 giugno 1986, n. 3867

I muri perimetrali di un edificio, anche se relativi a chiostrine o cortili su cui affaccino solo una parte dei condomini, sono comuni a tutti i proprietari di unità immobiliari dello stabile, in quanto, costituendo l’ossatura della costruzione, svolgono una funzione di utilità comune, anche se, ovviamente, più intensa per coloro che hanno appartamenti prospicenti su dette chiostrine o cortili. Pertanto, alle assemblee condominiali che devono deliberare su argomenti interessanti i muri perimetrali hanno diritto di partecipare tutti i condomini dello stabile e non solo quelli che, per la particolare posizione delle loro unità immobiliari, traggono da detti muri un vantaggio particolare rispetto al vantaggio generale e comune derivante dalla naturale funzione degli stessi.  Cass. civ., sez. II, 12 dicembre 1986, n. 7402

L’abbattimento di muro perimetrale di edificio condominiale in cemento armato ad opera di un condomino - ravvisabile anche nel caso in cui venga rimossa la muratura (di tompagnamento) facente parte di detto muro - incidendo sulla sostanza essenziale della cosa, non rientra nell’ambito dell’art. 1102 cod. civ., che, nel regolare i diritti dei partecipanti alla comunione al fine di salvaguardare l’interesse comune e quello dei singoli consente solo modificazioni delle cose comuni nei limiti indicati, bensì costituisce innovazione, soggetta, come tale, alle regole dettate dall’art. 1120 cod. civ. Cass. civ., sez. II, 18 giugno 1982, n. 3741

 

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