Soppressione "a maggioranza" del servizio di portierato anche se contenuto nel regolamento contrattuale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino - Presidente

Dott. TRIOLA Roberto Michele - rel. Consigliere

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio - Consigliere

Dott. SCHERILLO Giovanna - Consigliere

Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

C.G., C.A., elettivamente domiciliati in ROMA VIA GREGORIO RICCI CURBASTRO, 34 A/4 presso lo studio dell'Avv. CARDELLI ALESSANDRA, difesi dall'Avv. CAMPESE EUGENIO, giusta delega in atti;

- ricorrenti -

contro

CONDOMINIO (OMISSIS) in persona del suo Amministratore pro tempore G.A.;

- intimato -

avverso la sentenza n. 2331/02 della Corte d'Appello di NAPOLI, depositata il 09/07/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/05/07 dal Consigliere Dott. TRIOLA ROBERTO MICHELE;

udito l'Avv. CAMPESE EUGENIO, difensore dei ricorrenti che ha chiesto l'accoglimento del ricorso, deposita cartoline di notifica (due);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. UCCELLA Fulvio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 12 giugno 1998 A.G., C. A. e C.G., condomini dell'edificio in (OMISSIS), impugnavano davanti al Tribunale di Napoli la delibera assunta il 21 aprile 1998, con la quale a maggioranza era stato deciso di non procedere alla scelta del nuovo portiere e di sopprimere il servizio di portierato, deducendo che tale servizio era previsto nel regolamento condominiale avente natura contrattuale, che avrebbe potuto essere modificato solo con consenso unanime dei condomini.

Il condominio, costituitosi, resisteva alla domanda.

Con sentenza in data 18 marzo 2000 il Tribunale di Napoli rigettava la domanda.

C.A. e C.G., quest'ultimo anche quale procuratore della madre A.G., proponevano appello che veniva rigettato dalla Corte di Appello di Napoli in base alla seguente motivazione: E' affermazione oramai costantemente presente nella giurisprudenza di legittimità che anche nell'ambito dei regolamenti c.d. contrattuali, occorre fare una distinzione: sono disposizioni contrattuali quelle che incidono nella sfera dei diritti soggettivi e degli obblighi di ciascun condomino; hanno natura regolamentare, invece, le norme che riguardano le modalità di uso delle cose comuni e, in genere, l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi condominiali. Non è infatti essenziale che una clausola sia inserita in un regolamento di tipo contrattuale onde attribuire alla medesima identica natura posto che occorre considerare non la formale collocazione della clausola, ma il suo contenuto (principio condiviso, ex multis, da: Cass. 28 gennaio 1997 n. 854; Cass. sez. unite 30 dicembre 1999 n. 943).

Se dunque la soppressione di un servizio quale quello di portierato, determina la modificazione di una norma del regolamento e se questa norma ha oggettivamente natura regolamentare, allora alla soppressione e quindi alla modificazione della norma del regolamento l'assemblea potrà pervenire in forza non già del consenso di tutti i condomini - come detto, indispensabile solo allorquando si modifica una norma a contenuto strettamente negoziale - bensì della volontà espressa anche soltanto da quella maggioranza dei condomini prevista dall'art. 1138 c.c., comma 3. Orbene, atteso che il regolamento del condominio di (OMISSIS) - il quale fra l'altro prevede solo indirettamente il servizio di portierato avendo destinato un appartamento comune a casa del portiere, avendo previsto che, in caso di loro assenza protrattasi per un determinato numero di giorni, tutti i condomini debbano lasciare le chiavi dei loro alloggi al portiere ed avendo disciplinato la ripartizione delle spese del servizio con una specifica tabella - non attribuisce agli attuali appellanti o a qualsivoglia altro condomino particolari diritti o obblighi e non detta quindi nella materia de qua una disciplina che, incidendo sui singoli diritti, si risolve in un'alterazione della misura del godimento che ciascun condomino ha in ragione della propria quota, le norme che indirettamente lo prevedono disciplinano esclusivamente l'uso ed il godimento di un bene comune nell'ambito dell'organizzazione della vita interna del condominio, sottoposta al principio di disponibilità da parte dell'assemblea. In questa prospettiva, la mancata scelta del nuovo portiere e la soppressione del servizio di portierato decise dall'assemblea nella riunione del 21 aprile 1998 con il consenso di otto condomini (su undici) portatori di un valore pari a 748 millesimi (cfr. verbale della seduta) costituiscono materia attinente esclusivamente alla vita organizzativa interna per la quale, dunque, è necessaria non la totalità, ma la maggioranza dei consensi dei partecipanti al condominio: tutto ciò anche se la soppressione del servizio finisse per comportare il venir meno del vincolo di destinazione dei locali comuni adibiti ad alloggio del portiere (Cass. 27 gennaio 1996 n. 642; Cass. 25 marzo 1988 n. 2585).

Ne consegue altresì che, in quanto norma meramente regolamentare, la disposizione che prevede (indirettamente) il servizio di portierato non rientra tra quelle per la modifica delle quali il medesimo regolamento richiede il consenso unanime dei condomini.

Contro tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione, con cinque motivi C.A. e C.G., anche quali eredi di A.G..

Motivi della decisione

Con il primo motivo i ricorrenti, sulla premessa che il regolamento contrattuale vincola tutti i condomini, anche quelli diventati tali successivamente alla sua adozione, deduce che per la modifica dello stesso occorre il consenso unanime.

Il principio affermato dalla Corte di appello di Napoli, secondo il quale si potrebbe operare una differenziazione all'interno delle singole norme del regolamento condominiale contrattuale distinguendo, ai fini della liceità della relativa modifica a maggioranza, tra quelle "meramente regolamentari" e quelle propriamente convenzionali, si risolve nella violazione del principio della piena autonomia contrattuale posto dall'art. 1322 c.c..

Aggiungono i ricorrenti che comunque la sentenza impugnata non avrebbe motivato facendo semplicemente riferimento alla affermazione "oramai costantemente presente nella giurisprudenza".

Il motivo è infondato.

Premesso che in questa sede non è necessario esaminare la questione se il c.d. regolamento contrattuale (nella parte in cui non abbia il contenuto tipico previsto dall'art. 1138 c.c., comma 1), impegni anche i condomini diventati tali dopo la sua adozione, va rilevato che alla Corte di Appello di Napoli, la quale, per quanto riguarda la distinzione tra disposizioni regolamentari e clausole contrattuali inserite nel c.d. regolamento contrattuale (ed alla conseguenza di tale distinzione) si è rifatta alla pacifica giurisprudenza di questa S.C., avrebbe potuto essere imputato un difetto di motivazione solo ove fossero stati portati argomenti per sostenere che nella specie i condomini si erano reciprocamente impegnati a considerare clausole contrattuali anche le disposizioni tipicamente regolamentari inserite nel regolamento predisposto dal costruttore, in applicazione del principio dell'autonomia contrattuale di cui all'art. 1322 c.c., comma 2, (sul presupposto che in tal modo veniva perseguito un interesse giudicato meritevole di tutela dall'ordinamento).

Quali fossero tali argomenti, dai quali si doveva desumere una specifica volontà dei condomini di assumere reciprocamente l'obbligazione di rispettare le disposizioni tipicamente regolamentari come se fossero clausole contrattuali, non viene dedotto e si sostiene, invece, erroneamente che un regolamento c.d. contiene esclusivamente clausole negoziali.

Con il secondo motivo i ricorrenti deducono, innanzitutto, testualmente:

Posta la illegittimità della operata diversificazione della tipologia e valenza delle singole norme costituenti il regolamento in esame, è comunque certamente errata la ritenuta natura regolamentare di quelle norme che garantiscono, nel fabbricato de quo, la permanenza del servizio di portierato.

La particolare articolazione di tali norme, tutte pedissequamente trascritte nella premessa in "fatto" di questo ricorso, non poteva infatti che condurre alla affermazione della loro natura di vere clausole contrattuali dalle quali discendono particolari diritti, obblighi e limitazioni dei comproprietari, immodificabili senza il consenso di tutti i partecipanti al condominio ed illegittimamente soppressi con le deliberazioni impugnate dai ricorrenti. A tale conclusione non potevano che condurre:

a) la destinazione dell'unico quartino a piano terra adibito ad abitazione a casa del portiere (art. 3, innanzi trascritto);

b) la circostanza che la "tabella B" del regolamento de quo risulta imposta non solo per la ripartizione degli oneri di portierato, ma anche per la stessa attribuzione dei millesimi di comproprietà sull'indicato quartino a piano terra espressamente calcolati sulla diversa utilità tratta dai singoli cespiti dalla presenza del portiere (artt. 1 e 6, del regolamento innanzi trascritti);

c) la costituzione dell'onere e del contestuale diritto dei singoli condomini in caso di loro assenza di lasciare disponibile l'accesso alle rispettive unità allo stesso portiere (art. 7, regolamento anch'esso innanzi riportato), sì da costituire nell'esistenza di tale servizio la garanzia della sicurezza sia, delle singole abitazioni che dell'intero edificio e dei suoi utenti.

E' evidente che le norme innanzi richiamate costruiscono precisi diritti, oneri e limitazioni a carico dei comproprietari, aventi riflesso non solo nella gestione dei beni comuni, ma anche nella materiale disponibilità di quelli di singola spettanza ed addirittura nella stessa individuazione delle quote di comproprietà sulla casa del portiere in quanto tale, con la conseguente compressione del diritto di proprietà comune diversamente spettante.

Ne consegue che la illegittima soppressione del servizio di portierato ha comportato da un lato la ugualmente illegittima soppressione dei diritti scaturenti dalle norme innanzi richiamate, dall'altro la creazione di un altrettanto illegittimo vuoto normativo nella disciplina della vita condominiale.

Su tutto, la perdurante esistenza della tabella B - modificabile soltanto all'unanimità dei consensi - originariamente redatta a vantaggio delle unità immobiliari che traggono minor utilità dalla presenza del portiere, si traduce necessariamente, a seguito della soppressione di tale servizio, in un ingiusto e illegittimo detrimento per le medesime unità, private ingiustificatamente della maggior quota ad esse spettante sul quartino a piano terra di proprietà ed uso comune, ma costrette tuttavia a contribuire al pagamento degli oneri di comproprietà.

E poichè le norme disciplinanti la materia impongono che "le tabelle millesimali allegate a regolamento condominiale contrattuale non possono essere modificate se non con il consenso unanime di tutti i condomini o per atto dell'autorità giudiziaria a norma dell'art 69 disp. att. c.c., e conservano piena efficacia e validità (quali leggi del condominio) sino a che non intervenga una rituale modifica delle stesse" (Cass. 2.6.99 n. 5399), ne consegue, nel caso de quo, la comprovata immodificabilità a maggioranza delle norme che impongono il servizio di portierato con la ulteriore illegittimità della sentenza con la quale è stata erroneamente negata la illegittimità della deliberazione impugnata.

La doglianza è infondata.

E' sufficiente, in proposito, osservare che in base all'art. 72 disp. att. c.c., è inderogabile il precedente art. 69, il quale, prevede, ove ricorrano determinate condizioni, la revisione delle tabelle millesimali.

Ne consegue che se nulla sì oppone, in teoria, a che, a seguito della soppressione del servizio di portierato, vengano modificate le tabelle millesimali nella parte in cui si era tenuto conto della utilità che le singole unità immobiliari ritraevano da tale servizio, viene a cadere la base del ragionamento svolto dai ricorrenti.

Questi ultimi, poi, ribadiscono la loro tesi secondo la quale le disposizioni del regolamento condominiale che prevedono il servizio di portierato possono avere natura negoziale.

Anche tale doglianza è infondata, in quanto, come già detto, in considerazione della natura normalmente tipicamente regolamentare delle disposizioni in questione, spetta a chi ne invochi la natura negoziale provare la relativa volontà dei condomini al momento della adozione del regolamento, non essendo a tal fine sufficiente dedurre la particolare utilità del servizio di portierato.

Con il terzo motivo i ricorrenti invocano l'art. 5, lett. C, del regolamento di condominio, il quale stabilisce che le delibere concernenti modifiche del regolamento devono essere adottate con l'unanimità dei consensi e per atto scritto da registrare e da trascrivere.

Il motivo è infondato.

La norma in questione, per quanto riguarda le disposizioni tipicamente regolamentari, in tanto potrebbe trovare applicazione, in deroga al disposto dell'art. 1138 c.c., comma 3, in quanto fosse dimostrato che i condomini avevano inteso considerare tali disposizioni come negoziali.

Per quanto riguarda le disposizioni contrattuali la norma in questione è superflua, in quanto non vi potrebbero essere dubbi che le stesse potrebbero essere modificate solo col consenso unanime dei condomini, che il relativo atto dovrebbe essere registrato in adempimento ad obblighi fiscali e dovrebbe essere trascritto (in considerazione del suo eventuale contenuto) ai fini della opponibilità ai terzi.

Con il quarto motivo i ricorrenti deducono che i giudici di merito non avrebbero tenuto conto della disposizione del regolamento di condominio la quale vieta tutte le innovazioni che siano lesive dei diritti acquisiti anche di un solo condominio.

Anche tale motivo è infondato.

A prescindere dalla considerazione che la soppressione del servizio di portierato, in sè considerata, non costituisce innovazione, la disposizione in questione è sostanzialmente inutile, non costituendo altro che la ripetizione dell'altrettanto inutile dell'art. 1138 c.c., comma 4, (essendo comunque indubitabile che il regolamento, che ha ad oggetto la gestione delle cose comuni, non potrebbe incidere sui diritti spettanti ai singoli condomini sulle proprietà esclusive o sulle parti comuni), e comunque non viene chiarito come costituirebbe diritto acquisito anche di un solo condomino il servizio di portierato.

Con il quinto motivo i ricorrenti deducono che i giudici di merito non avrebbero preso in considerazione la norma del regolamento la quale individua nella sola "amministrazione, gestione, conservazione, manutenzione, riparazione, ricostruzione delle parti e impianti comuni" (art. 6, lett. C), le materie legittimamente soggette ai poteri decisori dell'assemblea.

Il motivo è infondato, in quanto il rigetto di tale argomento è implicito nella motivazione della sentenza impugnata, per la quale la norma regolamentare sarebbe stata comunque modificata con la delibera di soppressione del servizio di portierato.

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Non avendo il condominio svolto attività difensiva in questa sede, nessun provvedimento va emesso in ordine alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2007.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2007

 

 

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