Rumori e odori molesti nel condominio
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Cassazione Civile, sez. II, sentenza 17/01/2018
n° 1025: Per calcolare se un rumore sia "intollerabile" bisogna
calcolare con esattezza e nell'orario indicato, anche il "rumore
di fondo", il "rumore ambientale", il "rumore residuo" e fare le
dovute comparazioni:
LEGGI LA SENTENZA
Cass. civ. Sez. II, 12/02/2016, n. 2864
Il superamento della "normale tollerabilità" dei rumori nel
condominio può essere accertata anche solo in base alle
testimonianze dei vicini.
.... quando venga accertata la non tollerabilità delle
immissioni, l'esistenza del danno è in re ipsa e, pertanto, il
vicino, fino a quando il pregiudizio derivante dalle immissioni
intollerabili non venga eliminato, ha diritto ad ottenere il
risarcimento del danno a norma dell'art. 2043 cod. civ. (Vedi:
Sez. 2, Sentenza n. 4693 del 18/10/1978, Rv. 394378; Sez. 2,
Sentenza n. 2580 del 12/03/1987, Rv. 451713; Sez. 3, Sentenza n.
5844 del 13/03/2007, Rv. 597527)..... qualsiasi criterio di
contemperamento di interessi contrastanti e di priorità
dell'uso, in quanto venendo in considerazione, in tale ipotesi,
unicamente l'illiceità del fatto generatore del danno arrecato a
terzi, si rientra nello schema dell'azione generale di
risarcimento danni di cui all'art. 2043 c.c. e, specificamente,
per quanto concerne il danno alla salute, nello schema del danno
non patrimoniale risarcibile ai sensi dell'art. 2059 c.c."
(Vedi anche: Cass.
civ. Sez. II, 31/10/2014, n. 23283.
Vedi anche: Cass.
civ. Sez. III, 09/05/2012, n. 7048; Cass. civ. Sez. III Sent.,
13/03/2007, n. 5844)
.... L'art. 246 cod. proc. civ. prevede la incapacità a
testimoniare delle persone aventi nella causa un interesse che
potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio. Nel
caso di specie, non risulta che le testimoni assunte, condómini
del medesimo edificio, abbiano un tale interesse; interesse che
potrebbe sussistere solo ove gli appartamenti da esse abitati si
trovassero nella medesima posizione — rispetto all'appartamento
dal quale provengono le immissioni rumorose — dell'appartamento
dell'attrice ovvero in una posizione assimilabile, tale da
consentire di percepire le immissioni rumorose con la medesima
intensità. Ciò nel caso di specie non risulta essere stato
dedotto. Irrilevante è l'esposto presentato da una delle
testimoni alla Questura, diversi essendo i presupposti
dell'illecito denunciato con l'esposto rispetto a quello per cui
è causa (riferibile alla fattispecie di cui all'art. 844 cod.
civ.).....
l'entità
delle immissioni rumorose e il superamento del limite della
normale tollerabilità possa essere oggetto di deposizione
testimoniale (anche in relazione agli orari e alle
caratteristiche delle immissioni stesse), spettando poi al
giudice valutare, oltre l'attendibilità, anche la congruità
delle dichiarazioni rese rispetto al thema probandum.
Rumori del condizionatore possono
raffigurarsi illecito amministrativo e sanzionabili, ma non
illecito penale se il disturbo venga anche percepito da un
numero indeterminato di persone. Cassazione penale , sez.
I, sentenza 11.01.2012 n° 270 .........Ne consegue che la
contravvenzione in esame non sussiste allorquando i rumori
arrechino disturbo, come nel caso di specie, ai soli occupanti
di un appartamento, all'interno del quale sono percepiti, e non
ad altri soggetti abitanti nel condominio in cui è inserita
detta abitazione ovvero nelle zone circostanti; infatti, in tale
ipotesi non si produce il disturbo, effettivo o potenziale,
della tranquillità di un numero indeterminato di soggetti, ma
soltanto di quella di definite persone, sicché un fatto del
genere «può costituire, se del caso, illecito civile, come tale
fonte di risarcimento di danno, ma giammai assurgere a
violazione penalmente sanzionabile ( v, per tutte, Sez. 1,
17.3/17.5.2010, Oppong, Rv 247062; Sez. 1, 12.12.1997/5.2.1998,
P.C. e Constantini, Rv. 209694).
Panificio rumoroso: condannabile solo se
disturba un numero "indeterminato" di persone; Cassazione penale
, sez. I, sentenza 05.09.2011 n° 33072.
..... Con riguardo, poi, alla pur ritenuta concorrente
sussistenza della violazione di cui al comma primo dell’art. 659
cod. pen., la decisione impugnata fonda il ritenuto disturbo al
riposo delle persone sul superamento dei limiti prescritti di
emissioni sonore, che, come si è detto, nei termini contestati,
è fattispecie depenalizzata, e sulle dichiarazioni del B. circa
il disturbo notturno sofferto da lui e dai suoi congiunti
conviventi (moglie e due figli) a causa delle lavorazioni
attuate nel vicino panificio, senza alcun apprezzamento in
concreto dell’idoneità del fatto ad arrecare disturbo ad un
numero indeterminato di persone, ciò che, secondo la consolidata
giurisprudenza di questa Corte, costituisce elemento essenziale
del ritenuto reato previsto dall’art. 659, comma primo, cod. pen.
(c.f.r., tra le molte, Sez. 1, n. 246 del 13/12/2007, dep.
07/01/2008, Guzzi, Rv. 238814). In conclusione, alla stregua di
quanto precede, la sentenza impugnata deve essere annullata
senza rinvio, perché il fatto non è previsto dalla legge come
reato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la
sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge
come reato.
Immissioni rumorose intollerabili anche se non superano i
limiti di legge Cassazione civile , sez. II, sentenza 17.01.2011
n° 939 L'avvocato M..C. , costituito di persona ex art. 86
c.p.c., nella qualità di proprietario in abitato di XXXXXXX di
un immobile adibito ad abitazione e studio professionale, con
atto notificato il 6.9.01 citò al giudizio del locale Giudice di
Pace la ditta Libreria ..... in persona della titolare P.M.,
conduttrice di un immobile adiacente, al fine di sentirla
condannare alla eliminazione delle intollerabili immissioni
prodotte da un "grande ventilatore", di cui chiedeva la
rimozione, installato in un'apertura lucifera esistente nel muro
comune dividente i due immobili e collegato all'impianto di
climatizzazione del negozio-libreria. Deduceva in particolare
l'attore che la suddetta installazione era avvenuta
"abusivamente ed arbitrariamente" e che le immissioni provocate
dal ventilatore, di calore, di esalazioni e sonore, oltre a
provocare "fastidi, stress e disturbi alla quiete ed alla salute
delle persone" abitanti e lavoranti nel proprio immobile, "in
violazione dei diritti di proprietà dell’esponente”, superavano
anche i limiti di accettabilità previsti dalle dal D.P.C.M.
14.11.97 e dalla L. 26.10.95 n. 447 in materia di inquinamento
acustico ed ambientale.
In particolare va ribadito il principio, a termini del quale "in
materia di immissioni, mentre è senz'altro illecito il
superamento dei limiti di accettabilità stabiliti dalla leggi e
dai regolamenti che, disciplinando le attività produttive,
fissano nell'interesse della collettività le modalità di
rilevamento dei rumori e i limiti massimi di tollerabilità,
l'eventuale rispetto degli stessi non può far considerare
senz'altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro
tollerabilità formularsi a stregua dei principi di cui all’art.
844 c.c." (Cass. 1418706). Tale principio,
nella sua prima parte, si basa sull'evidente considerazione che,
se le emissioni acustiche superano, per la loro particolare
intensità e capacità diffusiva, la soglia di accettabilità
prevista dalla normativa speciale a tutela di interessi della
collettività, così pregiudicando la quiete pubblica, a maggior
ragione le stesse, ove si risolvano in immissioni nell'ambito
della proprietà del vicino, ancor più esposto degli altri, in
ragione della vicinanza, ai loro effetti dannosi, devono per ciò
solo considerarsi intollerabili ai sensi dell'art. 844 c.c. e
pertanto illecite anche sotto il profilo civilistico. Tanto non
è stato considerato dal giudice di merito, che pur avendo
rilevato che al livello dei locali a piano terra dell'immobile
XXXXXXXX erano percepibili emanazioni sonore eccedenti la soglia
legale di accettabilità, ne ha escluso l'intollerabilità ex art.
844 c.c., non tenendo conto che, pur nel "tempo strettamente
necessario al loro utilizzo" (come detto in sentenza), chi si
trovasse in tali ambienti, sarebbe stato comunque esposto a
rumori che, per presunzione normativa, devono comunque ritenersi
nocivi per le persone, così finendo con il disattendere anche
l'altro principio, ormai consolidato nella giurisprudenza di
questa Corte, secondo cui, nel conflitto tra le esigenze della
produzione, pur contemplate dall'art. 844 c.c., ed il diritto
alla salute, un'interpretazione costituzionalmente orientata
della norma civilistica deve attribuire necessaria prevalenza al
secondo, dovendo il limite della relativa tutela ritenersi
intrinseco all'attività produttiva (v. in particolare, Cass. nn.
5564/10, 8420/06). Per quanto attiene
poi alla tollerabilità delle immissioni ai piani superiori, il
giudice di merito ha ritenuto esaustiva la semplice circostanza
che le propagazioni sonore a quel livello fossero al di sotto
(peraltro senza precisare il relativo margine) della citata
soglia di accettabilità prevista dalla legge speciale,
incorrendo così nell'ulteriore errore di attribuire tout court
rilevanza decisiva, in contrasto con la seconda parte del
principio in precedenza citato, a tale mancato superamento, e
nell'omissione di quella specifica ed approfondita indagine,
richiesta dall'art. 844 c.c. e ribadita dalla costante
giurisprudenza di questa Corte, evidenziante il carattere non
assoluto del limite civilistico di tollerabilità delle
immissioni (v., tra le più recenti, Cass. n. 3438/10), al fine
di stabilire se in concreto, avuto riguardo alla particolare
situazione dei luoghi {nella specie caratterizzata dalla
destinazione a studio ed abitazione dei piani superiori
dell'immobile dell'attore) le stesse fossero compatibili con lo
svolgimento delle ordinarie e quotidiane attività di vita
professionale e domestica dell'attore e della sua famiglia. La
sentenza impugnata va, conclusivamente, cassata in relazione
alle censure accolte, con rinvio per nuovo giudizio di appello
ad altro magistrato del Tribunale di Sulmona, cui si demanda
anche il regolamento delle spese del presente grado di giudizio.
Misure straordinarie in materia di risorse
idriche e di protezione dell'ambiente Decreto Legge , testo
coordinato 30.12.2008 n° 208 , G.U. 28.02.2009 Art. 6-ter
Normale tollerabilità delle immissioni acustiche 1.
Nell'accertare la normale tollerabilità delle immissioni e delle
emissioni acustiche, ai sensi dell'articolo 844 del codice
civile, sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e
di regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e
la priorità di un determinato uso.
Determinazione dei
requisiti acustici passivi degli edifici D.P.C.M. 5 dicembre
1997
Il cittadino può rivolgersi al Giudice di Pace (art.7 C.P.C.)
per ottenere il rispetto dell’art.844 del Codice Civile che,
regolando i rapporti di vicinato, vieta le immissioni, le
esalazioni, i rumori e gli scuotimenti che superano la "normale
tollerabilità". Non è necessaria l’assistenza di un
patrocinatore legale e per questa materia il Giudice di Pace è
competente qualsiasi sia il valore della controversia.
Avvalendosi di un consulente tecnico d’ufficio per gli
accertamenti, il Giudice potrà inibire immediatamente
l’attività rumorosa, oppure imporre, se tecnicamente possibile,
determinati accorgimenti che riducano il fastidio provocato.
Il trasgressore potrà essere condannato al risarcimento dei
danni nei confronti di coloro che hanno dovuto subire il
fastidio provocato dal rumore.
Nei confronti di chi provoca rumore può anche essere intentata
anche una causa penale sulla base dell’art.659 del Codice
Penale:
il disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone (ad
esempio a causa di schiamazzi notturni provenienti dai
frequentatori di un locale, abuso di strumenti sonori o
segnalazioni acustiche);
L’art.659 C.P. è disposto a tutela della quiete pubblica e
privata e colui che viene riconosciuto colpevole di reato è
sottoposto ad una serie di "spiacevoli" conseguenze. L’azione
penale inizia con un atto di denunzia-querela presentato alla
Polizia Giudiziaria (ad es. Carabinieri, Polizia) che lo
trasmette immediatamente alla Pretura (competente in base
all’art.7 c.p.p.) perché proceda agli accertamenti volti a
verificare la sussistenza del reato.
L'ente certificatore dei livelli sonori è l'ARPA.
Il suo intervento può essere richiesto dal comune cittadino o
dal giudice ed è oneroso per il richiedente.
L’A.R.P.A., che è l’ente tecnico competente alla misurazione dei
livelli di rumore, provvederà a contattare l’esponente per poter
effettuare i rilievi ed i controlli di merito; se risultano
superati i limiti previsti dalla legge, il verbale di
rilevamento viene trasmesso al Comune, affinché con opportuni
provvedimenti sia imposto al titolare dell’attività rumorosa di
adeguarsi ai valori limite di rumore previsti dalla legge.
I tecnici dell’ARPA verificheranno in seguito se è avvenuto il
risanamento e, nel caso in cui accertino la continuazione
dell’attività rumorosa, è prevista una sanzione amministrativa
da € 258 a € 10.329 ai sensi dell’art. 10 co.3 L.Q. 447/95 e può
essere inoltrata l’informativa di reato all’Autorità Giudiziaria
competente (giudice unico) ai sensi dell’art.650 del Codice
Penale, per inosservanza di un provvedimento legalmente dato
dall’autorità.
SENTENZA
Poiché nel nostro Paese mancano
norme di legge circa l'isolamento acustico e i rumori
ammissibili nelle abitazioni, la giurisprudenza, necessitata a
supplire alla carenza legislativa, ha elaborato, al fine di
stabilire i livelli di tollerabilità delle immissioni, un
criterio comparativo-relativo che "determina" come punto di
riferimento il rumore di fondo e ritiene intollerabili le
immissioni che lo superano di oltre 3 dB. Poiché il decibel,
unità di misura dell'intensità del suono, ha scala logaritmica,
il limite massimo ammissibile di 3 dB sul rumore di fondo
comporta un raddoppio della intensità del rumore e significa che
la componente del rumore immesso, considerata da sola, non può
superare il rumore di fondo.
* Corte app. civ. Milano, sez. IV, 17 luglio 1992, n. 1351,
Di Corleto c. Rimini e altri e Soc. Negri Immobiliare, in Arch.
Loc. e Cond.1993, 496.
Condominio, disturbo delle occupazioni e del riposo delle
persone: devono incidere sulla tranquillità pubblica, per essere
penalmente rilevanti, il rumore e gli schiamazzi vietati.
Tribunale di Caltagirone Sezione Penale - Sentenza n. 641/02
R.S.del 13/12/2002
In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle
persone, il rumore e gli schiamazzi vietati, per essere
penalmente rilevanti, debbono incidere sulla tranquillità
pubblica – essendo l’interesse specificatamente tutelato dal
legislatore quello della pubblica tranquillità sotto l’aspetto
della pubblica quiete – di guisa che gli stessi debbono avere la
potenzialità di essere percepiti da un numero indeterminato di
persone, pur se, in concreto, soltanto alcune se ne possono
lamentare.
Ne consegue che la contravvenzione in esame non sussiste
allorquando i rumori arrechino disturbo ai soli occupanti di un
appartamento, all’interno del quale sono percepiti, e non ad
altri soggetti abitanti nel condominio in cui è inserita detta
abitazione ovvero nelle zone circostanti; infatti, in tale
ipotesi non si produce disturbo della tranquillità di un numero
indeterminato di soggetti, sicché un fatto del genere può
costituire, se del caso, illecito civile, come tale fonte di
risarcimento di danno, ma giammai assurge a violazione
penalmente sanzionabile (cfr. cassazione 12 dicembre 1997 n.
1406).
Suprema Corte, Cass. pen., sez. I, 19/04/2001, “Rispondono
del reato di cui all'art. 659 comma 1 c.p. un uomo
e una donna che non impediscono il molesto abbaiare, anche in
ore notturne, di due cani di loro proprietà, custoditi
nel cortile di un edificio condominiale”.
Risarcibile chi non dorme per
il cane che abbaia (Cassazione 26107/2006)
Chi
non riesce a dormire a causa dell’abbaiare ininterrotto dei cani
ha diritto ad un risarcimento. Lo ha stabilito la Settima
Sezione Penale della Corte di Cassazione, che hanno accordato un
risarcimento di mille euro ad un signore di Catania che,
certificati medici alla mano, aveva dimostrato che il continuo
abbaiare, anche di notte, dei due cani del vicino, avevano
impedito il suo riposo. La Suprema Corte ha in proposito
sottolineato che “il ridotto ambito delle molestie non esclude
la sussistenza del reato potendo esso ravvisarsi anche nel caso
in cui rimanga leso l’interesse di una persona singola”,
considerato che, oltretutto, “l’abbaiare di cani, specialmente
di notte, è un fatto potenzialmente idoneo a disturbare il
riposo o l’occupazione delle persone che risiedono nelle
vicinanze della fonte del rumore”.
Cani in
condominio: abbaiano troppo forte? Si paga anche se disturbano
un solo vicino
Cassazione – Sezione prima penale (up) –
sentenza 8 luglio-13 settembre 2004, n. 36241
Non ha importanza se a lamentarsi per i latrati dei cani e'
un solo vicino. A fare scattare la responsabilita' del
proprietario dell'animale, infatti, non e' ''l'effettivo
raggiungimento di plurime persone'', ma la ''potenzialita'
diffusiva'' dell'abbaiare dell'animale.
Contravvenzione all’articolo 659 Cp - Latrato dei cani, che di
giorno e di notte rendevano impossibile il riposo e la quiete
delle persone (Cassazione – Sezione prima penale (up) – sentenza
8 luglio-13 settembre 2004, n. 36241)Cassazione – Sezione prima
penale (up) – sentenza 8 luglio-13 settembre 2004, n. 36241
Osserva Con la sentenza di cui in epigrafe, il Tribunale
dichiarava il Cxxxxxx colpevole di contravvenzione all’articolo
659 Cp, condannandolo alla pena di 170 euro di ammenda, oltre
alle pronunce accessorie, dichiarava invece l’improcedibilità
dell’azione penale nei suoi confronti quanto al reato di minacce
lievi, per mancanza di querela. Osservava il primo giudice che
sia il denunciante Santarnecchi, sia il teste Licciardi, avevano
confermato che il Cxxxxxx non aveva impedito il latrato dei
propri cani, che di giorno e di notte rendevano impossibile il
riposo e la quiete delle persone; si trattava di un fatto
diffusivo – al di là del concreto numero delle persone raggiunte
dai rumori molesti – che quindi integrava la contravvenzione
contestata. Avverso tale pronuncia ricorreva per cassazione il
Cxxxxxx, che denunciava violazione di legge e vizio della
motivazione. Il reato in addebito sussiste solo quando la fonte
sonora denunciata attinga un numero indeterminato di persone di
media sensibilità; nella specie, i latrati disturbavano il solo
Santarnecchi e non altri, come il confinante, che aveva deposto
in proposito. Il luogo del reato era in campagna, lontano da
altre abitazioni ed edifici, con la conseguente inidoneità della
lamentata turbativa ad integrare una ipotesi penalmente
rilevante.
Doveva altresì rilevarsi che, per quanto il capo d’imputazione
contenesse una specifica data di accertamento, nessuna indagine
era stata fatta in proposito, facendo la sentenza impugnata
generico riferimento al fatto contestato, senza alcuna
localizzazione cronologica. Il ricorso è infondato.
Contrariamente a quanto ritiene il ricorrente, la
contravvenzione addebitatagli non si realizza per l’effettivo
raggiungimento di plurime persone, da parte della fonte
rumorosa, idonea a realizzare la turbativa lamentata in concreto
dal denunciante; ciò che rileva penalmente è la potenzialità
diffusiva della fonte stessa, che deve essere oggettivamente
idonea – al di là delle caratteristiche soggettive della
fattispecie – a disturbare le occupazioni o il riposo delle
persone, ovvero della generalità di soggetti che fossero attinti
dai rumori (nella specie, dai latrati); infatti, il reato in
questione colpisce il bene giuridico dell’ordine e della
“tranquillità” pubblici. Nel caso in esame, la sentenza
impugnata motiva senza incorrere in vizi logico-giuridici e alla
stregua del compendio testimoniale esaminato su tale
potenzialità; né a questa Corte è dato procedere ad una
rivisitazione del quadro probatorio, che è indagine fattuale
istituzionalmente interdetta al giudice della legittimità.
Quanto alla collocazione nel tempo nell’ipotesi
contravvenzionale in questione, la censura di un difetto di
indagine sul giorno del contestato accertamento è speciosa,
giacché quella data segna la denuncia del fatto lesivo, poi
retrospettivamente accertato a mezzo appunto dell’indagine
dibattimentale, cui la decisione gravata di ricorso fa richiamo.
Il ricorso stesso deve dunque essere rigettato, colle ulteriori
statuizioni indicate nel dispositivo. PQM Rigetta il
ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, oltre alla rifusione delle spese sostenute dalla
parte civile nel presente giudizio, che liquida in complessivi
euro 1600 di cui euro 1200 per onorari.
Vicino rumoroso? anche un solo inquilino può farlo condannare
Cass. Sez. I penale, sentenza n° 41478
L'inquilino rumoroso che se ne infischia dei "richiami bonari"
del dirimpettaio la cui quiete viene turbata, può essere
condannato penalmente anche se la lamentela è partita da un solo
condomino. La rivoluzionaria sentenza riguarda il caso di un
salernitano, che era solito fare con i suoi cani "un gioco
induttivo del loro frequente abbaio" e suonare uno strumento
elettrico anche a tarda ora.
La Prima sezione penale ha convalidato la condanna del condomino
anche in ragione della "indifferenza" dell'inquilino rumoroso" a
qualsivoglia bonario richiamo", sottolineando "l'irrilevanza
della mancata proposizione di doglianza da parte di altri
condomini".
Sicché, "pur quando dell'evento di disturbo si sia lamentata
anche solo una persona, ben può ravvisarsi il reato di disturbo
allorché i rumori abbiano determinato oggettivamente, in ragione
della loro potenzialità diffusiva, una situazione tale da poter
recare disturbo ad una pluralità di soggetti".
Per questo motivo, invano è stato il ricorso dell'inquilino
rumoroso (già multato dal Tribunale di Salerno per il reato
previsto dall'art. 659 c.c.) in Cassazione facendo notare che il
"maggioritario indirizzo giurisprudenziale" prevede che in tema
di disturbo del riposo e delle occupazioni delle persone, il
disturbo deve essere segnalato da una "pluralità di persone"
altrimenti si resta nell'illecito civile.
Inquinamento acustico e
potere regolamentare del comune
Cassazione , sez. I civile, sentenza 01.09.2006 n° 18953 Se
nessun ente locale può disapplicare le disposizioni della legge
n. 447/1995, introducendo, in specie, fuori dei casi
espressamente consentiti (v. l’articolo 6, comma 1, lettera h),
in relazione allo svolgimento di attività e manifestazioni
temporanee) valori limite di emissione o di immissione dei
rumori diversi e, comunque, inferiori rispetto a quelli
risultati dai decreti emanati a norma dell’articolo 3, comma 1,
lettera a) della legge statale (cfr. articoli 3 e 4 del Dpcm 14
novembre 1997), ciò non impedisce, tuttavia, ai comuni di
adottare una più specifica regolamentazione dell’emissione e
dell’immissione dei rumori nel loro territorio, la quale, nel
rispetto dei vincoli derivanti dalla legge n. 447/1995, prenda
in considerazione, non già il dato oggettivo del superamento di
una certa sogli di rumorosità considerato, per presunzione
assoluta, come generativo di un fenomeno di inquinamento
acustico, a prescindere dall’accertamento dell’effettiva lesione
del complesso di valori indicati nell’articolo 1, comma 1,
lettera a), della legge, ma i concreti effetti negativi
provocati dall’impiego di determinate sorgenti sonore sulle
occupazioni o sul riposo delle persone e, quindi, sulla
tranquillità pubblica o privata. E' quanto stabilito dai
giudici della Corte di Cassazione con la sentenza 1 settembre
2006, n. 18953. La disposizione di cui all’articolo 51 del
Regolamento di Polizia urbana del Comune di Jesolo rientra per
l’appunto nell’ambito della disposizioni dianzi indicate:
inserita nel Titolo IV, dedicato alla «quieto e sicurezza nel
centro abitato», e non già nel successivo Titolo V,
specificamente finalizzato alla «tutela dall’inquinamento
acustico», essa è rivolta infatti a salvaguardare la
tranquillità degli abitanti del comune in confronto alla offese
concretamente recate tramite l’inopportuno impiego, nell’ambito
dall’«esercizio di locali da ballo», di «apparecchi per la
riproduzione o l’amplificazione del suono o delle voci o delle
attrazioni musicali o della esibizioni». E ciò a prescindere
dall’avvenuto obiettivo superamento dei limiti di rumorosità
fissati dalla legge 447/95 e dal Dpcm 14 novembre 1997.
integrativo dell’autonoma violazione prevista dall’articolo 10
della legge statale, che nella specie non è stata infatti
contestata al ricorrente. Pertanto, non si trattava di
stabilire se fossero stati osservati i limiti massimi al
riguardo introdotti da detto Dpcm, né di compiere le rilevazioni
nelle località e con i criteri individuati dalle norma dianzi
indicate, tali da richiedere l’utilizzazione di appositi
apparecchi di precisione; bensì di accertare se il rumore
generato dalla condotta ascrivibile al ricorrente fosso idoneo a
determinare l’evento di disturbo della tranquillità pubblica
avuto di mira dalla norma regolamentare. In tale prospettiva,
la sentenza impugnata ha dunque legittimamente fondato la
verifica circa la sussistenza dell’illecito sugli accertamenti
al riguardo compiuti dalla Polizia municipale, la quale ha
evidenziato come le casse acustiche posta nel parcheggio
antistante il parco acquatico ......, all’entrata dell’esercizio
di intrattenimento e svago ...... esercizio riconducibile al
novero dei locali da ballo agli affetti dell’articolo 51 del
regolamento diffondessero musica a volume tale da poter essere
udita, anche in presenza di traffico veicolare, fino ad una
distanza di settanta metri, ossia fino all’incrocio, munito di
semaforo, tra le Vie Buonarroti e Padania (circostanza, questa,
peraltro incontestata), cosi da recare disturbo e molestia alle
vicine abitazioni residenziali, ubicate ad una distanza
inferiore a quella dell’accertamento.
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