Scarichi e fognature condominiali
CASSAZIONE,17 marzo 2005,n.5792: Ai sensi dell’art. 1117 n° 3 c.c. , i canali di scarico sono oggetto di proprietà comune solo fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva, e poiché la braga, quale elemento di raccordo fra la tubatura orizzontale di pertinenza del singolo appartamento e la tubatura verticale, di pertinenza condominiale, è strutturalmente posta nella diramazione, essa non può rientrare nella proprietà comune condominiale, che è tale perché serve all’uso (ed al godimento) di tutti i condomini; e, nella specie la braga qualunque sia il punto di rottura della stessa, serve soltanto a convogliare gli scarichi di pertinenza del singolo appartamento, a differenza della colonna verticale che, raccogliendo gli scarichi di tutti gli appartamenti, serve all’uso di tutti i condomini.
Costituendo la “braga” per quanto sopra detto, parte dell’impianto di scarico di proprietà esclusiva, i danni conseguenti alla rottura della stessa, non possono che essere posti a carico del condomino o proprietario dell'impianto.
Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27154 del 22/12/2014 Le gronde, i doccioni e i canali di scarico delle acque meteoriche del tetto di uno stabile condominiale costituiscono bene comune, atteso che, svolgendo una funzione necessaria all'uso comune ( in quanto < servono all'uso e al godimento comune»), ricadono tra i beni che l'art. 1117 c.c. include tra le parti comuni dell'edificio.
Che la copertura del fabbricato sia costituita da tetto a falda o da lastrico di proprietà esclusiva, il quale assolve anche la funzione di copertura di parte del fabbricato, rimane indispensabile l'esistenza delle gronde per raccogliere e smaltire le acque piovane.
Le gronde convogliano le acque meteoriche dalla sommità dell'edificio fino a terra o a scarichi fognari e svolgono quindi funzione che prescinde dal regime proprietario del terrazzo di copertura, salva anche la facoltà di un uso più intenso che, compatibilmente con il disposto dell'art. 1102 c.c., possa farne il proprietario del terrazzo stesso per suoi usi.
La proprietà esclusiva del lastrico o terrazzo dal quale provengano le acque che si immettono nei canali non muta questo regime, giacché l'art. 1126 c.c. disciplina soltanto le riparazioni o ricostruzioni del lastrico propriamente inteso e non di altre parti dell'immobile, la cui esistenza è, per esso, indipendente da quella del lastrico, salvo che altrimenti risulti espressamente dal titolo.
Né è consentita un'interpretazione che per analogia estenda il regime dei costi di riparazione stabilito in via eccezionale dall'art. 1126 c.c.
Nel condominio di edificio, l'allacciamento
di nuovi scarichi, che venga eseguito dal singolo partecipante, nella colonna
condominiale di smaltimento delle acque luride, configura un uso (più intenso)
della cosa comune. Ne consegue che la legittimità o meno di detto allacciamento
deve essere accertata non con riguardo alle disposizioni dettate dall'art. 1067
c.c., in tema di esercizio delle servitù, ma con esclusivo riferimento alle
norme che fissano i limiti del godimento del bene comune da parte dei singoli
condomini (artt. 1102, 1118 e segg. c.c.).
Cass. civ., sez II, 23 aprile 1977, n. 1529.
Va ravvisata alterazione della cosa comune
nell'ipotesi in cui un partecipante alla comunione intenda usare un condotto
corrente lungo una parete dell'edificio condominiale e destinato allo scarico di
acque piovane per immettervi il liquame di una costruenda latrina, da scaricare
in una fogna sottostante ad un cortile di proprietà altrui.
Cass. civ., 2 aprile 1969, n. 1086.
L'allacciamento degli scarichi di un
fabbricato alle fognature municipali, correnti nel sottosuolo stradale, integra
un uso eccezionale del demanio comunale, e, quindi, si ricollega ad un rapporto
di concessione di bene pubblico. Ne consegue che la controversia che attenga
soltanto al canone reclamato dal comune per tale allacciamento, senza mettere in
discussione esistenza, validità ed efficacia di quel rapporto, rientra nella
giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi dell'art. 5 secondo comma della L.
6 dicembre 1971, n. 1034.
Cass. civ., Sezioni Unite, 27 maggio 1991, n. 5974,
Nel caso in cui il costruttore - venditore di
un edificio condominiale abbia assunto - ancorché nei distinti contratti di
vendita dei singoli appartamenti - l'obbligo di provvedere all'allacciamento
dell'edificio stesso alla rete idrica e fognante, il valore della causa nella
quale alcuni condomini chiedono la condanna del costruttore-venditore al
rimborso della quota da ciascuno di essi sopportata nella complessiva spesa del
condominio, a seguito dell'inadempimento, da parte del convenuto, alla detta
obbligazione, deve essere determinato con riguardo non alle singole quote
rispettivamente dedotte in giudizio, bensì all'ammontare dell'intera
obbligazione, unitariamente afferente ad opere inerenti all'edificio nel suo
complesso e non riferibili singolarmente ai condomini.
Cass. civ., sez. II, 8 luglio 1989, n. 3237,
Qualora il canone per l'allacciamento alla
fognatura municipale venga determinato dal comune con criterio proporzionale al
numero dei locali, ed il privato insorga contro tale provvedimento, sostenendo
che il comune stesso non ha facoltà di imporre contributi per la manutenzione
delle opere fognarie, la relativa domanda integra azione di accertamento
negativo di un'obbligazione di natura tributaria, e, pertanto, esula dalle
attribuzioni giurisdizionali del giudice amministrativo, incluse quelle in
materia di concessioni di beni o servizi pubblici. (Nella specie, il Consiglio
di Stato con la decisione impugnata aveva negato la propria giurisdizione ed
affermata quella del giudice ordinario).
Cass. civ., Sezioni Unite, 4 dicembre 1989, n. 5348,
Il proprietario di un immobile al cui
servizio sia stata installata nel sottosuolo di un cortile, di cui egli è
comproprietario con altri, una tubazione fognante, non può permettere a terzi,
senza il consenso degli altri comproprietari del cortile, di allacciare a detta
tubazione i loro scarichi, rappresentando tale allacciamento una nuova servitù
che non può essere costituita senza il consenso di tutti i comproprietari del
fondo servente.
Cass. civ., sez. II, 26 ottobre 1976, n. 3892.
L'immissione, da parte del singolo condomino,
di acque di rifiuto e di scarico di latrina in un cunicolo condominiale
destinato al solo smaltimento delle acque piovane integra un'alterazione del
godimento della cosa comune, suscettibile di tutela con azione possessoria.
Cass. civ., 4 gennaio 1977, n. 14.
Un canale di scarico, pur passando nel
sottosuolo comune, può essere di proprietà esclusiva, ed in tal caso gli altri
condomini non hanno diritto di usarne, né possono pretendere di usarne
contribuendo nelle spese di manutenzione dell'opera.
Cass. civ., 26 aprile 1966, n. 1069.
Collocazione di tubi di scarico
Il principio secondo cui l'utilizzazione
delle parti comuni dell'edificio condominiale per la realizzazione di impianti a
servizio esclusivo dell'appartamento del singolo condomino esige il rispetto sia
delle regole dettate dall'art. 1102 cod. civ., sia delle norme sulle distanze,
onde evitare la violazione dei diritti degli altri condomini sulle parti di
immobile di loro esclusiva proprietà, non opera nell'ipotesi di installazione di
impianti che debbano considerarsi indispensabili per un'effettiva abitabilità
dell'appartamento, al lume dell'evoluzione delle esigenze generali dei cittadini
e delle moderne concezioni in tema di igiene. Tuttavia, anche in tal caso, nel
far uso della cosa comune il condomino deve sempre rispettare la proprietà
esclusiva degli altri condomini, non potendo invaderne la sfera di facoltà e di
diritti inerenti alla piena potestà sulla cosa, nè gravarla di pesi e
limitazioni, ove non abbia acquisito al riguardo - per legge o per convenzione -
il relativo diritto. (Nella specie la Suprema Corte ha cassato la decisione
impugnata affinché i giudici di rinvio accertino se l'installazione di un tubo
di fogna lungo il muro perimetrale dell'edificio condominiale comporti
violazione dei diritti del ricorrente, il quale è, nel contempo, condomino e
proprietario esclusivo del fondo confinante con l'edificio condominiale).
Cass. civ., sez. II, 24 gennaio 1980, n. 597,
Non costituisce innovazione, ma rientra
nell'uso legittimo del cortile comune, la costruzione, nel sottosuolo del
cortile stesso, di tubo di scarico tra l'appartamento di un condomino e la fogna
comunale, giacché essa, mentre non altera la destinazione obiettiva del cortile,
che è quella di dare aria e luce agli appartamenti ed ai piani ed agli edifici
circostanti, costituisce un'utilità accessoria che il suddetto bene comune può
offrire ai condomini, purché tale uso sia mantenuto nei limiti dell'art. 1102
c.c..
Cass. civ., sez. II, 7 luglio 1978, n. 3405.
Lo stabilire se un determinato uso della cosa
comune (nella specie, collocazione nel muro comune di tubi di scarico
dell'acqua) pregiudichi in concreto i diritti degli altri condomini si risolve
in un giudizio di fatto, demandato al giudice del merito e non sindacabile in
sede di legittimità, se adeguatamente motivato.
Cass. civ., sez. II, 19 gennaio 1980, n. 454,
Deve ritenersi lecita la posizione di una
conduttura di acque luride di scarico alla parete di un pianerottolo, in modo
che essa non sia visibile poiché l'uso futuro ed eventuale, che di essa parete
vogliano fare gli altri condomini (a posizione di altri tubi, apertura di porte,
ecc.), potrà essere determinato secondo il criterio dell'equo contemperamento
dei diversi interessi.
Cass. civ., 9 giugno 1975, n. 2293.
L'installazione di nuovi tubi, per lo scarico
di servizi igienici nelle condutture di edificio condominiale, la quale venga
eseguita all'interno del solaio di separazione fra due piani, configura un uso
legittimo della cosa comune da parte del singolo condomino, ai sensi dell'art.
1102, ove non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti
di farne pari uso, e cioè non ostacoli l'allocazione di altre analoghe
tubazioni, e non è soggetta alle disposizioni che sono dettate dall'art. 889 c.c.,
in tema di distanze per pozzi, cisterne, fosse e tubi e che regolano i rapporti
di vicinato fra costruzioni e fondi finitimi.
Cass. civ., 23 aprile 1977, n. 1529.
Non altera la destinazione della cosa comune
ai sensi dell'art. 1102 c.c. il comunista che installa un tubo di scarico di
acque luride nel cortile comune interno ad un fabbricato.
Trib. civ. S. Maria Capua Vetere, 30 ottobre 1985,
Qualora a seguito della rottura di una
installazione comune dell'edificio condominiale (nella specie, tubo di scarico
del liquame), riconducibile alla colpevole condotta di uno degli utenti del
servizio comune, derivino danni al terzo, al relativo risarcimento - stante il
principio, in tema di responsabilità aquiliana, del carattere personale della
colpa - è tenuto il condominio, da individuare specificamente, che ha causato
l'evento dannoso e non il gruppo dei condomini interessati al servizio ovvero
l'intero condominio.
Cass. civ., sez. III, 12 maggio 1981, n. 3146,
In caso di allagamento di locali seminterrati
a causa esclusivamente del riflusso entro la fogna privata di acque provenienti
da quella comunale, riflusso dovuto unicamente alla mancata e doverosa
predisposizione dei dispositivi antirigurgito, si deve ritenere che responsabile
dei danni sia il condominio, ove lo stesso non abbia adottato le prescritte
valvole antirigurgito, e non il Comune proprietario della fognatura.
Corte app. civ. Roma, sez. I, 15 febbraio 1988, n. 477,
La domanda del condomino di risarcimento dei
danni per il cattivo funzionamento di un impianto comune (nella specie: condotta
delle acque luride), derivando dal pregiudizio effettivamente subito per il
fatto del terzo (il condominio rispetto ad esso condomino) e tendendo alla
ricostituzione dell'integrità patrimoniale del detto soggetto leso dal difetto
del bene comune, non postula, per la sua procedibilità, la previa richiesta
all'amministratore, né la necessità di istanza o convocazione dell'assemblea
condominiale.
Cass. civ., sez. II, 19 giugno 1984, n. 3629,
Il condominio è responsabile dei danni
causati all'appartamento di un condomino da infiltrazioni derivanti dalla parte
della fognatura condominiale che arriva sino al punto di innesto con la
fognatura stradale, mentre non è responsabile dei danni causati alla rete di
fognatura esterna al condominio stesso.
Corte app. civ. Roma, 30 novembre 1964,
La P.A. è tenuta sia ad adeguare la propria
rete fognaria in modo di evitare il ripetersi di frequenti allagamenti che si
verifichino in occasione di precipitazioni meteoriche, sia al risarcimento dei
danni subiti dai cittadini a causa degli allagamenti suddetti. (Fattispecie
nella quale è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni ai
condomini di uno stabile i cui garages avevano subito gravi danni dovuti a
consistenti allagamenti).
Trib. civ. Roma, 28 febbraio 1997, n. 4522,
Qualora un pozzetto e tubi di ispezione della
fognatura attengano ad un servizio generale dell'edificio esso è sottoposto a
custodia condominiale anche se collocato in proprietà solitaria. In caso di
fuoriuscita però il condominio perde la responsabilità se esso è stato manomesso
dall'occupante della proprietà privata.
Trib. civ. Milano, 27 febbraio 1992,
Nell'ipotesi di cose destinate in modo
permanente all'uso di edifici limitrofi, ma ubicate nell'area di uno solo di
essi (nella specie, scarico fognario), l'applicabilità della presunzione di
comunione di cui all'art. 1117 cod. civ. postula che quella destinazione all'uso
comune sia avvenuta allorché non era ancora unico il proprietario di entrambi
gli edifici, atteso che, ove questi abbia venduto anche uno degli appartamenti
dello stabile nella cui area si trova quel bene, il bene stesso diventa comune
nell'ambito di detto stabile e può essere esteso in comunione a terzi solo con
il consenso dei relativi condomini.
Cass. civ., sez. II, 19 giugno 1980, n. 3910,
Le spese inerenti alla pulizia della gronda,
trattandosi di spesa relativa a cosa comune, devono gravare su tutti i
condomini, difettando qualsiasi prova che l'intasamento della gronda stessa sia
dovuto a fatto esclusivo di un condomino.
Trib. civ. Milano, 14 gennaio 1991,
La costruzione di un pozzo nero, eseguita nel
cortile comune da parte di uno dei condomini dell'edificio, che ricada, in virtù
del principio dell'accessione, in comunione pro indiviso, e del quale, pertanto,
gli altri condomini possono fare uso al pari del condominio costruttore,
rappresenta un uso consentito della cosa comune, non dando luogo ad alterazione
dell'utilizzazione diretta dell'area sovrastante secondo la sua destinazione
naturale e non impedendo, nel caso in cui non sia sufficiente a soddisfare le
esigenze delle varie unità immobiliari, la possibilità di una pari utilizzazione
della parte residua del fondo.
Cass. civ., sez. II, 29 marzo 1978, n. 1456.
La comproprietà di pozzi neri scavati sotto
un cortile non comporta necessariamente la comproprietà del cortile soprastante,
che può essere esclusa dal titolo e da una diversa situazione di destinazione.
Cass. civ., 17 ottobre 1966, n. 2488.
Il naturale scolo,
in un cortile condominiale, delle acque grondanti da cornicioni, balconi o
terrazze delle abitazioni che vi si affacciano, il quale non si ricollega ad un
diritto di servitù, ma configura esercizio del diritto di comproprietà, resta
soggetto ai limiti fissati dall'art. 1102 cod. civ., e non può quindi implicare
un'alterazione della destinazione della cosa comune, od un impedimento del pari
uso degli altri partecipanti, né un danneggiamento della cosa medesima o delle
proprietà esclusive dei singoli condomini. (Nella specie, alla stregua del
principio di cui sopra, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione dei giudici
del merito, che avevano dichiarato illegittima l'apertura di un foro, alla base
di un parapetto, convogliante l'acqua piovana nel cortile con violenta caduta e
danneggiamento di porzioni condominiali).
Cass. civ., sez. II, 11 ottobre 1986, n. 5949,
L'art. 1123, primo cpv., cod. civ., che
nell'ipotesi di cose destinate a servire i condomini in misura diversa dispone
che le relative spese sono ripartite in proporzione dell'uso da ciascuno
fattone, non può subire deroga per la circostanza che l'unità immobiliare sia
compresa nella tabella millesimale generale dell'edificio condominiale, in
quanto tali tabelle, formate in base al solo valore delle singole unità
immobiliari, servono solo per il riparto delle spese generali e di quelle che
riguardano le parti dell'edificio comuni a tutti i condomini, ma non sono
utilizzabili per il riparto delle spese che non sono comuni a tutti i condomini
in ragione del diverso uso delle cose condominiali. (Nella specie, in
applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha confermato la pronuncia
della corte di merito che aveva ritenuto non dovute dalla parte attrice, la cui
proprietà era pur inclusa nelle tabelle millesimali, le spese per la
manutenzione delle fognature, in quanto il suo locale al piano interrato era
sfornito di impianti igienici).
Cass. civ., sez. II, 18 novembre 1987, n. 8484,
La spesa per la riparazione dei canali di
scarico dell'edificio in condominio, che, ai sensi dell'art. 1117 n. 3 c.c.,
sono oggetto di proprietà comune fino al punto di diramazione degli imputati ai
locali di proprietà esclusiva dei singoli, sono a carico di tutti i condomini
per la parte relativa alla colonna verticale di scarico ed a carico dei
rispettivi proprietari per la parte relativa alle tubazioni che si diramano
verso i singoli appartamenti. (Nella specie, sulla base del principio affermato,
si è ritenuto che il giudice di merito avesse correttamente posto a carico del
singolo la spesa di riparazione del tratto della tubazione orizzontale che si
innesta in quella verticale)
Cass. civ., sez. II, 18 dicembre 1995, n. 12894,
Con riguardo all'impianto di fognatura di un
edificio in condominio l'indagine diretta a stabilire se il condomino che non
utilizzi detto impianto, per essere l'unità abitativa di sua proprietà collegata
con l'impianto idrico sanitario di un altro condominio, sia egualmente
comproprietario dell'impianto condominiale e quindi, in applicazione dell'art.
1123 c.c., sia tenuto a concorrere nelle spese inerenti alla sua conservazione,
va condotta in base ai criteri indicati nell'art. 1117 c.c. sull'individuazione
delle parti comuni dell'edificio, tenendo conto che la comunione di detto
impianto ove debba essere negata in base alla citata norma può essere
riconosciuta per effetto di diversa previsione del regolamento condominiale,
quando esso abbia natura contrattuale perché predisposta dall'originario unico
proprietario dell'edificio e poi accettato con i singoli atti di acquisto,
ovvero perché adottato con il consenso unanime di tutti i partecipanti,
manifestato nelle debite forme.
Cass. civ., sez. II, 6 dicembre 1991, n. 13160,
Le opere destinate a servire una parte
dell'intero fabbricato, e i conseguenti danni, sono a carico del gruppo di
condomini che ne trae utilità (nella specie si trattava di interventi
condominiali diretti al rifacimento della condotta fecale).
Trib. civ. Napoli, sez. III, 27 giugno 1992, n. 8205,
Le riparazioni alle tubature effettuate
nell'interno degli appartamenti sono a carico dei rispettivi proprietari.
Trib. civ. Milano, 26 giugno 1970,
Le prese per la costruzione di nuovi canali
di scarico e di nuova fognatura, necessari per sostituire il preesistente
sistema di scarico, a pozzi perdenti, con altro collegato direttamente alla
fogna comunale, vanno ripartite tra i condomini, non in proporzione all'uso che
ciascuno di essi può farne, secondo la previsione di cui all'art. 1123, comma 2,
c.c., bensì in misura proporzionale ai valori di proprietà individuale espressi
in millesimi, a norma del comma 1 dello stesso articolo, purché i relativi
condotti costituiscano un impianto unico non suscettibile di frazionamenti,
quali parti integranti del medesimo condotto principale nel quale confluiscono
senza del quale non potrebbero funzionare.
Cass. civ., 12 ottobre 1979, n. 533.
Le cause aventi ad oggetto con la formazione
delle tabelle millesimali la ripartizione di spese attinenti all'uso e al
godimento dei servizi condominiali e dei beni comuni (nella specie spese di
spurgo della fossa biologica e di pozzetti) non rientrano tra le controversie
relative alle modalità di uso e alla misura dei servizi condominiali
rispettivamente di competenza del conciliatore (art. 7 cpv., c.p.c.) e del
pretore (art. 8, n. 4, c.p.c.) - in quanto la patrimonialità del thema
decidendum prevale sull'accertamento della misura e delle modalità dell'uso, che
costituisce soltanto un presupposto necessario per la determinazione delle
singole quote di spesa.
Cass. civ., sez. III, 23 giugno 1993, n. 6936,