Sentenze sull'usucapione di parti comuni condominiali
Corte di Cassazione n. 5324 del 17 marzo 2016: .... è possibile diventare proprietari di un bene in condominio per usucapione, qualora venga dimostrato il possesso continuo e non interrotto per venti anni, pacifico e non occulto ..... comunque il solo uso più intenso da parte di uno dei proprietari nel condominio non determina il diritto all'usucapione.
Parere dell'Agenzia delle Entrate in merito a successioni relative a beni dichiarati "usucapiti": RISOLUZIONE N. 52/E Roma, 25 febbraio 2009:
"Con l’istanza di consulenza specificata in oggetto, concernente la presentazione della dichiarazione di successione e l’indicazione, in essa, di beni acquisiti per usucapione, in assenza di una sentenza dichiarativa è stato esposto il seguente
Quesito
Viene chiesto di conoscere se possa ritenersi corretto che in dichiarazione di successione venga indicato, come facente parte dell’asse ereditario del
de-cuius, un immobile allo stesso pervenuto per usucapione, pur in assenza della sentenza di accertamento della stessa.Soluzione interpretativa prospettata dall’istante
In mancanza di una sentenza di usucapione, non si ritiene corretto enunciare in dichiarazione di successione il diritto di proprietà in capo al
de- cuius per avvenuta usucapione, al fine di farne valere i diritti successori. Ciò in quanto la sentenza dichiarativa dell’avvenuta usucapione costituisce atto necessario ai fini dell’opponibilità ai terzi del diritto di proprietà acquisito per effetto dell’usucapione stessa."Condominio: esercizio
del possesso sulle parti comuni da parte del proprietario
In tema di condominio, il possesso delle parti comuni, inteso come esercizio di
fatto corrispondente al diritto, si atteggia diversamente a seconda che le cose,
gli impianti ed i servizi siano oggettivamente utili alle singole unità
immobiliari, cui sono collegati materialmente o per destinazione funzionale
(come ad esempio fondazioni, muri maestri, facciate, tetti, lastrici solari,
oggettivamente utili per la statica), oppure siano utili soggettivamente, e
perciò la loro unione materiale o la destinazione funzionale ai piani o porzioni
di piano dipende dall'attività dei rispettivi proprietari (come ad esempio
scale, portoni, anditi, portici, stenditoi, ascensore, impianti centralizzati
per l'acqua calda o per aria condizionata).
Infatti, nel primo caso l'esercizio del possesso consiste nel beneficio che il
piano o la porzione di piano - e soltanto per traslato il proprietario - trae da
tali utilità; nel secondo caso il possesso si esercita tramite l'espletamento
della predetta attività da parte del proprietario.
Nella caso di specie la Suprema Corte ha ritenuto illegittima l'attività di un
condomino che, nel proprio locale sito al piano terra del condominio, aveva
eseguito lavori, autorizzati dal Comune, di rifacimento del pavimento e
abbassamento del suo livellocon opere di impermeabilizzazione. Tale attività,
infatti, incide sul "suolo" su cui sorge l'edificio che rientra nella categoria
delle cose comuni suscettibili di utilità oggettiva.
Cassazione , sez. II civile, sentenza 28.04.2004 n° 8119
I
condomini possono opporsi alla sopraelevazione eseguita dal condomino
dell'ultimo piano sul suo terrazzo a livello, o lastrico solare, che pregiudica
le caratteristiche architettoniche dell'edificio e, se eseguita, ne possono
chiedere la riduzione in pristino e il risarcimento del danno; ma la relativa
azione, posta a tutela dei proprietari esclusivi del piano sottostante,
comproprietari delle parti comuni, è soggetta a prescrizione ventennale, perché
il diritto soggettivo reale del condomino a far valere la non alterazione del
decoro architettonico, è disponibile e si prescrive per mancato esercizio
ventennale, sì che il condomino che ha sopraelevato in violazione dell'obbligo
di cui al 3º comma dell'art. 1127 c.c. acquista, per usucapione, il diritto a
mantenere la costruzione così come l'ha realizzata, diversamente dal caso in
cui con essa comprometta le condizioni statiche dell'edificio, perché in questo
caso non vi è un limite al suo diritto di sopraelevare, ma manca il presupposto
stesso della sua esistenza, e perciò la relativa azione di accertamento
negativo è imprescrittibile.
Cass., sez. II, 19-10-1998, n. 10334
In
tema di condominio di edifici, il condomino che pretenda l'appartenenza
esclusiva di un bene indicato nell'art. 1117 c.c., deve fornire la prova della
sua asserita proprietà esclusiva derivante da titolo contrario consistente in
un negozio o nell'usucapione.
Cass., sez. II, 09-11-1998, n. 11268
La
legittimazione ad agire dell'amministratore del condominio nel caso di azioni
reali concernenti l'esistenza, il contenuto o l'estensione dei diritti spettanti
ai singoli condomini in virtù dei rispettivi acquisti - diritti che restano
nell'esclusiva disponibilità dei titolari - può trovare fondamento soltanto
nel mandato conferito all'amministratore da ciascuno dei partecipanti e non nel
meccanismo deliberativo dell'assemblea condominiale, ad eccezione delle
equivalenti ipotesi di una unanime positiva deliberazione di tutti i condomini
(fattispecie di domanda riconvenzionale di accertamento dell'acquisto per
usucapione da parte del condominio di un bene rivendicato da un terzo).
Cass., sez. II, 29-08-1997, n. 8246
E'
ammissibile l'usucapione della proprietà pro quota di un bene indiviso non
postulando tale modo d'acquisto un possesso esclusivo, onde non ricorrere
un'ipotesi di litisconsorzio necessario fra tutti i comproprietari pro indiviso
nel caso di domanda di accertamento dell'intervenuta usucapione proposta nei
confronti di alcuni soltanto di essi per le relative quote (nella specie la
suprema corte ha ritenuto che non ricorresse la necessità di integrare il
contraddittorio in appello in caso di rinuncia da parte dell'attore
all'originaria domanda di accertamento dell'usucapione nei confronti di uno
soltanto di comproprietari pro indiviso).
Cass., sez. II, 01-10-1997, n. 9557
Le
aperture lucifere che si trovano all'interno di un edificio condominiale o
comunque all'interno di un complesso immobiliare integrante una proprietà
condominiale, a differenza di quelle che si aprono sul fondo aperto altrui, sono
prive di quella connotazione di precarietà e di mera tolleranza che
caratterizza le luci contemplate negli art. 901-904 c.c., con la conseguenza che
esse sono sottratte alla disciplina di tali norme e che in ordine ad esse è
ipotizzabile, in favore di chi ne beneficia, la possibilità di acquisto della
relativa servitù per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.
Cass., sez. II, 01-12-1997, n. 12125
Il
singolo comunista ove intenda espandere in via esclusiva il possesso sul bene,
pur non dovendo necessariamente compiere gli atti di interversio possessionis
previsti dagli art. 1141, 1164 c.c., rispettivamente per il mutamento della
detenzione in possesso e di un diritto reale su cosa altrui in possesso
corrispondente all'esercizio della proprietà, deve tuttavia porre in essere un
comportamento durevole idoneo ad evidenziare il possesso esclusivo ed animo
domini sulla cosa, incompatibile con il permanere di quello altrui.
Cass., sez. II, 26-11-1997, n. 11842
Nel
caso in cui la domanda sia diretta all'accertamento della proprietà comune di
un bene (nella specie, autorimessa condominiale) e alcuni condomini eccepiscano
in via riconvenzionale di esserne proprietari esclusivi in base ai titoli ovvero
per intervenuta usucapione, si configura una ipotesi di litisconsorzio
necessario e il contraddittorio deve essere integrato nei confronti di tutti i
comproprietari dello stabile, essendo dedotto in giudizio un rapporto
plurisoggettivo unico ed inscindibile, con la conseguenza che la sentenza,
implicando un accertamento in ordine a titoli di proprietà confliggenti fra
loro, non può conseguire un risultato utile se non pronunciata nei confronti di
tutti i partecipanti al condominio.
Cass., sez. II, 21-08-1996, n. 7705
Il
comproprietario può usucapire la proprietà esclusiva della cosa comune solo
possedendola, animo domini, per il tempo necessario, in modo inconciliabile con
la possibilità di fatto di un godimento comune, come nel caso in cui la cosa
venga attratta nella sua sfera di materiale ed esclusiva disponibilità mediante
una attività che valga, comunque, ad escludere il concorrente compossesso degli
altri comproprietari.
Cass., sez. II, 23-05-1995, n. 5640
La
disposizione dell'art. 1102, 2º comma, c.c., secondo la quale il partecipante
alla comunione non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno
degli altri se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso
impedisce al compossessore che abbia utilizzato la cosa comune oltre i limiti
della propria quota non solo l'usucapione ma anche la tutela possessoria del
potere di fatto esercitato fino a quando questo non si riveli incompatibile con
l'altrui possesso.
Cass., sez. II, 25-11-1995, n. 12231
Il
principio secondo cui la domanda diretta all'accertamento dell'usucapione di un
bene richiede la presenza in causa di tutti i comproprietari in danno dei quali
l'usucapione si sarebbe verificata (art. 102 c.p.c.) non trova applicazione nel
caso in cui l'usucapione abbia ad oggetto un immobile del quale più persone
siano proprietarie di parti fisicamente ben individuate.
Cass., sez. II, 18-02-1995, n. 1800
Poiché
l'uso della cosa comune è sottoposto dall'art. 1102 c.c. ai due limiti
fondamentali consistenti nel divieto per ciascun partecipante di alterarne la
destinazione e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso
secondo il loro diritto, esso non può estendersi alla occupazione di una parte
del bene comune, tale da portare, nel concorso degli altri requisiti di legge,
alla usucapione della parte occupata.
Cass., sez. II, 14-12-1994, n. 10699
La
domanda diretta all'accertamento della usucapione di un bene richiede la
presenza in causa di tutti i comproprietari in danno dei quali l'usucapione si
sarebbe verificata perché comporta l'accertamento di una situazione giuridica
(usucapione e proprietà esclusiva) confliggente con quella preesistente
(comproprietà degli altri) della quale il giudice può solo conoscere in
contraddittorio di tutti gli interessati.
Cass.,
sez. II, 08-06-1994, n. 5559
L'art.
1164
c.c. regolando la sola ipotesi che taluno abbia inizialmente esercitato un
possesso corrispondente ad un diritto reale su cosa altrui non è applicabile al
caso in cui sin dall'origine il possesso si sia estrinsecato in un'attività
corrispondente ad un diritto di proprietà o di comproprietà; pertanto, non
essendo necessario alcun atto di interversione dell'usucapione della comproprietà
di un cortile da parte di colui che, pur essendo titolare di una servitù di
passaggio sul medesimo, assuma di non essersi mai limitato ad esercitare questo
solo diritto, ma di essersi sempre comportato sin dall'inizio del possesso
rispetto a quel bene come condomino, erroneamente i giudici di merito
disattendono la prova testimoniale a tal proposito dedotta, pur riconoscendo che
essa ha ad oggetto comportamenti tipici di colui che ha sul bene un diritto di
proprietà o di comproprietà.
Cass., sez. II, 24-09-1994, n. 7846
Con
riguardo ad un cortile comune a più fabbricati ma in possesso di un solo
condomino, il giudizio contro di questi promosso da altro condomino per sentirsi
riconoscere condomino del cortile stesso per una quota pari alla metà, nel
quale sia invocata dal convenuto, in via riconvenzionale, la verificatasi
usucapione dell'intero immobile in suo favore, deve essere svolto nei confronti
di tutti i proprietari dei fabbricati circostanti sussistendo una situazione di
litisconsorzio necessario in ragione dell'unità ed inscindibilità del rapporto
plurisoggettivo su cui deve incidere la richiesta pronuncia giudiziale.
Cass. , sez. II, 24-08-1991, n. 9092
La
mancata partecipazione al negozio costitutivo di una servitù di taluno dei
comproprietari di un fondo indiviso non priva l'atto di effetti giuridici atteso
che nel caso di servitù attiva la stipulazione effettuata dagli altri condomini
è valida ed efficace anche nei confronti dell'assente, in quanto con il
contratto a favore di terzo può essere attribuito a quest'ultimo anche uno jus
in re aliena; mentre nel caso di servitù passiva, la concessione vincola il
proprietario concedente ai sensi dell'art. 1059 c.c., e la servitù resta
definitivamente costituita quando si verifichi l'adesione degli altri condomini
o maturi, nei casi consentiti, l'usucapione ovvero vengano acquisite dal
condomino concedente anche le quote degli altri condomini.
Cass. , sez. II, 27-01-1992, n. 855
Con
riguardo ad un cortile comune a più fabbricati ma in possesso di un solo
condomino, il giudizio contro di questi promosso da altro condomino per sentirsi
riconoscere condomino del cortile stesso per una quota pari alla metà, nel
quale sia invocata dal convenuto, in via riconvenzionale, la verificatasi
usucapione dell'intero immobile in suo favore, deve essere svolto nei confronti
di tutti i proprietari dei fabbricati circostanti sussistendo una situazione di
litisconsorzio necessario in ragione dell'unità ed inscindibilità del rapporto
plurisoggettivo su cui deve incidere la richiesta pronuncia giudiziale.
Cass., 24-08-1991, n. 9092
Il
partecipante alla comunione può usucapire l'altrui quota indivisa del bene
comune senza necessità di interversio possessionis ma attraverso l'estensione
del possesso medesimo in termini di esclusività; a tal fine si richiede,
tuttavia, che tale mutamento del titolo (art. 1102, 2º comma, c.c.) si concreti
in atti integranti un comportamento durevole, tali da evidenziare un possesso
esclusivo ed animo domini della cosa incompatibili con il permanere del
compossesso altrui sulla stessa e non soltanto in atti di gestione della cosa
comune consentiti al singolo compartecipante o anche atti familiarmente
tollerati dagli altri (art. 1141 c.c.) o ancora atti che, comportando solo il
soddisfacimento di obblighi o erogazione di spese per il miglior godimento della
cosa comune, non possono dar luogo a una estensione del potere di fatto sulla
cosa nella sfera di altro compossessore.
Cass., 23-10-1990, n. 10294
La
comunione di una strada la cui nascita derivi ex collatione privatorum agrorum
in base ai fatti obiettivi del distacco del sedime dal terreno dei fondi
latistanti, nonché del suo conferimento allo scopo di dare accesso ai fondi
medesimi, non può cessare di esistere per il solo venir meno dell'indicata
destinazione, o per non uso, essendo a tal fine necessario, come per ogni altra
comunione, una pronuncia dell'autorità giudiziaria o una convenzione tra i
comunisti o l'acquisto per usucapione ad opera di uno o più dei proprietari dei
predetti fondi.
Cass., 10-04-1990, n. 2995
Il
partecipante alla comunione può usucapire l'altrui quota indivisa del bene
comune senza necessità di interversio possessionis, ma attraverso l'estensione
del possesso medesimo in termini di esclusività; a tal fine si richiede,
tuttavia, che tale mutamento del titolo (art. 1102, 2º comma, c.c.) si concreti
in atti integranti un comportamento durevole, tali da evidenziare un possesso
esclusivo ed animo domini della cosa incompatibili con il permanere del
compossesso altrui sulla stessa e non soltanto in atti di gestione della cosa
comune consentiti al singolo compartecipante o anche atti familiarmente
tollerati dagli altri (art. 1141 c.c.) o ancora atti che, comportando solo il
soddisfacimento di obblighi o erogazione di spese per il miglior godimento della
cosa comune, non possono dar luogo a una estensione del potere di fatto sulla
cosa nella sfera di altro compossessore.
Cass., 23-10-1990, n. 10294
In
tema di comunione, non essendo ipotizzabile un mutamento della detenzione in
possesso, né una interversione del possesso nei rapporti tra i comproprietari,
ai fini della decorrenza del termine per l'usucapione è idoneo soltanto un atto
(o un comportamento) il cui compimento da parte di uno dei comproprietari
realizzi, per un verso, l'impossibilità assoluta per gli altri partecipanti di
proseguire un rapporto materiale con il bene e, per altro verso, denoti
inequivocamente l'intenzione di possedere il bene in maniera esclusiva, per cui
ove possa sussistere un ragionevole dubbio sul significato dell'atto materiale,
il termine per l'usucapione non può cominciare a decorrere ove agli altri
partecipanti non sia stata comunicata, anche con modalità non formale, la
volontà di possedere in via esclusiva.
Cass., 09-04-1990, n. 2944
Poiché
la domanda diretta ad accertare l'avvenuta usucapione di un bene comune richiede
la presenza in causa di tutti i comproprietari in danno dei quali l'usucapione
si sarebbe verificata, nel caso di tempestiva impugnazione della relativa
sentenza di accoglimento proposta da uno solo di essi il giudice di appello deve
disporre l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 331 c.p.c. nei
confronti degli altri comproprietari non appellanti che citati in integrazione
sono abilitati anche a proporre impugnazione incidentale tardiva ai sensi
dell'art. 334 c.p.c., restando, anche in caso di contumacia, parti nel giudizio
di appello ritualmente instaurato dal loro litisconsorte, senza che possa
ritenersi passata in giudicato nei loro confronti la sentenza di primo grado.
Cass., 14-03-1988, n. 2438
Nel
caso in cui, in un edificio condominiale, il contatore dell'energia elettrica di
una delle unità immobiliari di proprietà esclusiva di uno dei condomini, si
trovi installato su una porzione di pianerottolo di proprietà esclusiva di
altro condomino, con la conseguente facoltà accessoria, per il primo, di
accedere a tale spazio sia per le verifiche periodiche, sia per la riattivazione
dell'apparecchio in caso di interruzione, si ha una servitù con i caratteri
dell'apparenza suscettibile di costituzione per destinazione del padre di
famiglia, oltre che di acquisto per usucapione, e il cui possesso è tutelabile
con le azioni possessorie in caso di altrui spoglio o di turbativa.
Cass., 15-04-1987, n. 3723
Il
sottotetto di un edificio, quando assolve l'esclusiva funzione di isolare i vani
dell'alloggio ad esso sottostanti, si pone in rapporto di dipendenza con i vani
stessi cui serve da protezione e non può essere, pertanto, da questi ultimi
separato senza che si verifichi l'alterazione del rapporto di complementarietà
dell'insieme; conseguentemente, non essendo in tale ipotesi il sottotetto idoneo
a essere utilizzato separatamente dall'alloggio sottostante cui accede, non è
configurabile il possesso ad usucapionem dello stesso da parte del proprietario
di altra unità immobiliare.
Cass., 08-08-1986, n. 4970
La
presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c.c. postula la destinazione delle
cose elencate in tale norma al godimento od al servizio del condominio, mentre
viene meno allorché si tratti di un bene dotato di propria autonomia ed
indipendenza e pertanto non legato da una destinazione di servizio rispetto
all'edificio condominiale; tale presunzione, che è juris tantum, può essere
vinta dal titolo contrario, con ciò intendendosi non solo l'ipotesi in cui il
titolo convenzionale che dà luogo alla nascita del condominio includa,
espressamente od implicitamente, un dato bene nell'ambito della proprietà
esclusiva di uno dei condomini, ma anche l'ipotesi in cui, all'atto del
frazionamento dell'edificio, un dato bene, sia pur rientrante nell'ambito di
quelli elencati nell'art. 1117 c.c., abbia una sua specifica destinazione a
servizio di un appartamento in proprietà esclusiva, ovvero sia stato posseduto
in via esclusiva da uno dei condomini (o da terzi), per il tempo necessario
all'usucapione.
Cass., 08-08-1986, n. 4987
L'illegittima
costruzione in appoggio al muro perimetrale dell'edificio condominiale, eseguita
dal condomino che sia anche proprietario esclusivo del suolo adiacente a detto
muro, può dar luogo alla costituzione per usucapione di una servitù a favore
del fondo di proprietà esclusiva ed a carico di quello di proprietà
condominiale e, comportando un uso della cosa comune in violazione dell'art.
1102 c.c., costituisce una lesione del diritto di proprietà degli altri
condomini, la quale, salvi gli effetti dell'usucapione, è perseguibile senza
limiti temporali quanto al diritto di ottenere la rimozione dell'opera
illegittima, mentre il diritto al risarcimento del danno, conseguendo ad un
illecito permanente, dato dall'iniziale comportamento lesivo e dalla successiva
omessa eliminazione della situazione illegittima, soggiace a prescrizione pro
rata temporis.
Cass., 13-08-1985, n. 4427
Il
comproprietario che abbia l'autonomo godimento del bene comune, per poterne
utilmente invocare l'usucapione, deve dimostrare di avere usato detto bene,
avendone il possesso esclusivo, inteso questo come costituito sia dal corpus che
dall'animus, oltre la quota in relazione alla quale, nei limiti del suo diritto,
tale possesso si presume, ovvero, qualora abbia successivamente esteso il
proprio diritto, deve provare di avere, da un determinato momento, sostituito
all'originario godimento uti condominus quello animo domini e di avere, quindi,
esercitato il relativo possesso esclusivo per tutto il periodo richiesto ai fini
della usucapione.
Cass., 18-08-1986, n. 5079
Il
sottotetto di un edificio quando assolve la esclusiva funzione di isolare i vani
dell'alloggio ad esso sottostanti si pone in rapporto di dipendenza con i vani
stessi cui serve da protezione e non può essere, pertanto, da questi ultimi
separato senza che si verifichi l'alterazione del rapporto di complementarietà
dell'insieme; conseguentemente, non essendo in tale ipotesi il sottotetto idoneo
a essere utilizzato separatamente dall'alloggio sottostante cui accede, non è
configurabile il possesso ad usucapionem dello stesso da parte del proprietario
di altra unità immobiliare.
Cass., 08-08-1986, n. 4970
Anche
una parte comune dell'edificio condominiale, ove sia suscettibile di possesso
esclusivo, può essere oggetto di usucapione in favore di taluno dei condomini,
e quindi sottratta al regime della comunione, purché l'utilizzazione da parte
di un compartecipante sia tale da determinare un mutamento del titolo del
possesso, in presenza di atti integranti un comportamento durevole; tali da
evidenziare un possesso esclusivo ed animo domini sulla cosa, incompatibile con
il permanere del compossesso altrui.
Cass., 25-05-1984, n. 3236
L'illegittima
costruzione in appoggio al muro perimetrale dell'edificio condominiale, eseguita
dal condomino che sia anche proprietario esclusivo del suolo adiacente a detto
muro, può dar luogo alla costituzione per usucapione di una servitù a favore
del fondo di proprietà esclusiva ed a carico di quello di proprietà
condominiale e, comportando un uso della cosa comune in violazione dell'art.
1102 c.c., costituisce una lesione del diritto di proprietà degli altri
condomini, la quale, salvi gli effetti dell'usucapione, è perseguibile senza
limiti temporali quanto al diritto di ottenere la rimozione dell'opera
illegittima, mentre il diritto al risarcimento del danno, conseguendo ad un
illecito permanente, dato all'iniziale comportamento lesivo e dalla successiva
omessa eliminazione della situazione illegittima, soggiace a prescrizione pro
rata temporis.
Cass., 13-08-1985, n. 4427
Il
godimento di una porzione comune dell'edificio da parte del singolo condomino
(nella specie: di un terrazzo di copertura da parte del proprietario
dell'appartamento dell'ultimo piano) può integrare possesso idoneo all'acquisto
per usucapione della porzione medesima solo quando presenti connotati di
esclusività ed incompatibilità con il compossesso degli altri partecipanti, e
non anche, pertanto, per il mero fatto che si traduca in un'utilizzazione di
detto bene più intensa o di diversa da quella praticata dagli altri condomini
(nella specie: avendo il suddetto proprietario dell'attico portato luce ed acqua
sul terrazzo, mediante collegamento con le proprie utenze).
Cass., 25-05-1984, n. 3236
La
separazione di condominî, deliberata nel presupposto di una autonomia
strutturale delle parti del complesso edilizio costituente oggetto di un
originario condominio unico, ma non accompagnata da comportamenti incidenti sul
possesso, non toglie rilevanza, anche agli effetti dell'usucapione, al
preesistente possesso delle cose comuni esercitato da un condomino mediante
l'unificazione di più appartamenti contigui che a seguito della separazione si
trovano ricompresi in condominî diversi.
Cass., 07-08-1982, n. 4439
Al
fine di dichiarare a chi spetti la proprietà di un locale, facente parte di un
edificio condominiale ma situato al disotto del pianterreno, è necessario
accertare in primo luogo se la proprietà esclusiva non spetti ad un condomino
in base al titolo d'acquisto; quindi se, tacendo il titolo, non si sia
verificata in suo favore l'usucapione; infine, se il locale risulti
obiettivamente destinato all'uso e al godimento comune ovvero a quello esclusivo
di uno dei condomini (nella specie: è stata cassata la sentenza di merito che
aveva omesso l'indagine su quest'ultimo punto in presenza di locali cui poteva
accedersi soltanto attraverso due botole aperte sul pavimento del magazzino
soprastante di proprietà esclusiva di un condomino).
Cass., 04-03-1983, n. 1632
Il
godimento del bene comune può essere invocato dal comproprietario al fine
dell'usucapione della proprietà dello stesso solo quando si traduca in un suo
possesso di tipo esclusivo, con riguardo sia al corpus sia all'animus,
incompatibile con la possibilità degli altri condomini di far uso del bene
medesimo.
Cass., 16-07-1983, n. 4908
Dato
il valore di atto ricognitivo dello scioglimento del condominio di edificio,
secondo la previsione degli art. 61 e 62 disp. att. c.c., con la costituzione di
condominii separati per le parti di detto edificio che presentino i connotati di
autonomi e distinti edifici, il singolo condomino, il quale proprietario di più
appartamenti, ricadenti, per l'avvenuto scioglimento in edifici distinti, li
abbia unificati (abbattendo un muro divisorio) prima dello scioglimento stesso,
può ritenersi obbligato alla separazione degli appartamenti medesimi, ovvero
autore di un'indebita imposizione di servitù, per il fatto di continuare ad
utilizzare determinate cose comuni di ciascun distinto edificio per l'intera sua
proprietà esclusiva, salvo che ricorra la dimostrazione dell'insussistenza
della distinzione degli edifici, e la ricorrenza, in realtà, di un unico
edificio; peraltro, qualora manchi tale dimostrazione, sicché debba ritenersi
che si tratti di edifici effettivamente distinti, con conseguente legittimità
dello scioglimento dell'unico condominio e della costituzione di condominii
separati, l'unificazione degli appartamenti, in data anteriore allo scioglimento
stesso, implica il protrarsi di una situazione possessoria iniziata con buona
fede, ed in forza di titolo astrattamente idoneo all'acquisto del diritto reale,
anche ai fini dell'usucapione decennale.
Cass., 07-08-1982, n. 4439
Il
sottotetto di edificio condominiale sia quando assolve ad una esclusiva funzione
isolante, a protezione dell'ultimo piano, costituendo pertinenza e, quindi,
parte integrante dello stesso, sia, ove adempia anche ad altre funzioni, ovvero
abbia dimensioni e caratteristiche tali da consentirne l'utilizzazione come vano
autonomo, la cui appartenenza va determinata solo in base ad un titolo, può
considerarsi di proprietà comune se, per caratteristiche strutturali e
funzionali, risulti, sia pure in via potenziale, oggettivamente destinato
all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune, non essendo
all'uopo sufficiente che i condomini ne usufruiscano in concreto per i più
svariati usi, in quanto ciò può unicamente comportare l'acquisizione del
"sottotetto" al condominio per usucapione.
Cass., 05-04-1982, n. 2090
In
tema di condominio negli edifici, al rapporto di proprietà condominiale sulle
parti comuni ex art. 1117 c.c., quali devono considerarsi sia quelle aventi
attitudine oggettiva al servizio o al godimento collettivo, sia quelle definite
tali nel titolo, ben può sostituirsi in base ad un titolo ad hoc, ove la natura
della cosa lo consenta, un rapporto di proprietà esclusiva ovvero pertinenziale
con una parte di immobile appartenente al singolo condomino (nella specie: in
cui si trattava di una porzione di edificio condominiale pattiziamente destinata
all'uso comune, ma in concreto incorporata nell'appartamento di un condomino, il
supremo collegio, enunciando il surriportato principio, ha ritenuto che
legittimamente il giudice del merito aveva dato ingresso all'eccezione di
usucapione della porzione in questione, sollevata da tale condomino per
resistere alla domanda con cui gli altri condomini ne invocavano la condanna
all'esecuzione della predetta pattuizione).
Cass., 29-03-1982, n. 1947
L'uso
della cosa comune da parte del singolo condomino non può estendersi alla
occupazione permanente di una parte del bene comune, tale che, nel concorso
degli altri requisiti di legge, possa portare alla usucapione della parte
occupata.
Cass., 05-02-1982, n. 663
Il
litisconsorzio necessario presuppone che oggetto della decisione sia una
situazione plurisoggettiva inscindibile attuale e pertanto non è configurabile
per il fatto che la pronuncia debba prendere in considerazione una situazione
plurisoggettiva unica pregressa e non più esistente; consegue che, ove si
controverta tra il proprietario attuale di un immobile ed il possessore attuale
di esso (già comproprietario con altri soggetti del bene) sull'intervenuta
usucapione o meno in favore di quest'ultimo, non ricorre un'ipotesi di
litisconsorzio necessario nei confronti di precedenti comproprietari, nei
riguardi dei quali la decisione non può avere effetti, riguardando la
definizione di una situazione interessante solo le parti in causa.
Cass., 27-04-1982, n. 2622
Il
principio secondo cui le azioni di revindica e di accertamento di diritti reali
immobiliari non danno luogo a litisconsorzio necessario nei confronti di tutti
coloro che compossiedono e vantano la comunione del diritto preteso dall'atto,
non si applica quando l'azione, soltanto apparentemente diretta all'attuazione
di un obbligo ovvero ad un mero accertamento, comporta la necessità di una
pronuncia su uno status che si presenta concettualmente unico rispetto a tutti i
comproprietari; pertanto, la domanda diretta a far accertare l'avvenuta
usucapione di un bene richiede la presenza in causa di tutti i comproprietari in
danno dei quali l'usucapione si sarebbe verificata, poiché, in tal ipotesi,
risulta dedotta una situazione giuridica (usucapione e proprietà esclusiva)
confliggente con quella preesistente (comproprietà) della quale il giudice non
può conoscere se non in contraddittorio di tutti gli interessati.
Cass., 04-12-1982, n. 6606
Il
comproprietario che abbia l'autonomo godimento del bene comune, per poterne
utilmente invocare l'usucapione, deve dimostrare di avere usato detto bene,
avendone il possesso esclusivo, inteso questo come costituito sia dal corpus che
dall'animus, oltre la quota in relazione alla quale, nei limiti del suo diritto,
tale possesso si presume, ovvero, qualora abbia successivamente esteso il
proprio diritto, deve provare di avere, da un determinato momento, sostituito
all'originario godimento uti condominus quello animo domini.
Cass., 16-12-1981, n. 6669
L'azione,
con la quale il condomino di un edificio chiede la rimozione di opere, che altro
condomino abbia effettuato sulla cosa comune in violazione della disciplina
dettata dagli art. 1102, 1120 e 1122 c.c., ha natura reale, e, pertanto, non è
suscettibile di prescrizione, salvi gli effetti di eventuale usucapione in
favore del predetto convenuto (art. 1164 c.c., in relazione all'art. 1102 2º
comma c.c.).
Cass., 16-03-1981, n. 1455
La
mancata partecipazione al negozio costitutivo di una servitù di taluno dei
comproprietari di un fondo indiviso non priva l'atto di effetti giuridici; se,
infatti, trattasi di servitù attiva, la stipulazione effettuata dagli altri
condomini, è valida ed efficace anche nei confronti dell'assente, in quanto,
con il contratto a favore di terzo, può essere attribuito a quest'ultimo anche
un ius in re aliena; se, invece, si tratta di servitù passiva, la concessione
vincola il proprietario concedente, ai sensi dell'art. 1059 c.c., e la servitù
resta definitivamente costituita quando si verifichi l'adesione degli altri
condomini, o maturi, nei casi consentiti, l'usucapione, ovvero vengano acquisite
dal condomino concedente anche le quote degli altri condomini.
Cass., 16-07-1981, n. 4643