Usucapione
Suprema Corte
di Cassazione
Sezione II Civile Sentenza 6 luglio - 6 ottobre 2016, n. 20039: Il condómino che
intende usucapire un bene comune condominiale, deve dimostrare senza ombra di
dubbio di aver mantenuto il possesso del bene in oggetto, senza ombra di dubbio
..... Nella specie, la Corte di Appello, all'esito di una complessiva
valutazione delle testimonianze raccolte in corso di causa, ha ritenuto non
acquisita la prova della intervenuta usucapione, rilevando da un lato che i
testi escussi hanno reso dichiarazioni alquanto generiche, con particolare
riferimento all'elemento cronologico, e dall'altro che le dichiarazioni
parzialmente favorevoli alla tesi dell'appellante, rese dai testi F. e M.,
risultano contrastate dalla deposizione della teste E., la quale ha riferito che
"...con tutti gli altri occupanti lo stabile facevano le conserve di pomodoro
nel cortile comune, dove adesso il sig. C. ha chiuso...".
La valutazione espressa dal giudice del gravame circa il mancato raggiungimento
della prova della dedotta usucapione costituisce espressione di un apprezzamento
in fatto che, in quanto sorretto da una motivazione sufficiente e immune da
incongruenze logiche, si sottrae al sindacato di questa Corte, spettando solo al
giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine
valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra
le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in
discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova (Cass.
14-10-2010 n. 21224; Cass. 5-3-2007 n. 5066; Cass. 21-4-2006 n. 9368; Cass.
20-4-2006 n. 9234; Cass. 16-2-2006 n. 3436; Cass. 20-10- 2005 n. 20322).
Come si è rilevato, d'altro canto, la Corte di Appello non si è limitata a dare
atto del contrasto emerso tra le varie deposizioni testimoniali raccolte in
corso di causa, ma ha altresì osservato che le testimonianze favorevoli
all'appellante apparivano generiche, in particolare con riferimento all'elemento
cronologico; e tale valutazione di "genericità" e conseguente inidoneità della
prova a far ritenere acquisiti sufficienti elementi a dimostrazione della tesi
dell'usucapione, non ha costituito oggetto di specifiche censure da parte dei
ricorrenti.
Ciò posto, si rammenta che, secondo il costante orientamento di questa Corte, in
tema di ricorso per cassazione, qualora la decisione impugnata si fondi su di
una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a
sorreggerla sul piano logico e giuridico, l'omessa impugnazione di tutte le
rationes decidendi rende inammissibili, per difetto di interesse, le censure
relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in
quanto queste ultime, quand'anche fondate, non potrebbero comunque condurre,
stante l'intervenuta definitività delle altre non impugnate, all'annullamento
della decisione stessa (v. per tutte Cass. Sez. Un. 29-3-2013 n. 7931).
4) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese sostenute dai resistenti nel
presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
Cassazione civile, Sentenza n. 20039 del 6/10/2016 Impossibile acquisire per usucapione parti comuni condominiali 1 Con atto di citazione notificato il 19-7-1990 C.A., A.I., S.D., D.S.M., P.A. e F.A. convenivano dinanzi al Tribunale di Salerno C.F., esponendo di essere tutti proprietari condomini unità immobiliari site in ____________, e lamentando che il convenuto, in occasione della ristrutturazione di alcuni suoi immobili, aveva chiuso con opere murarie e con una porta a battenti in ferro un porticato comune a tutti i condomini e, inoltre, si era impossessato di un forno e aveva demolito un pozzo comune e dei lavatoi. Tanto premesso, gli attori chiedevano la condanna del convenuto alla demolizione delle opere illegittime e al ripristino dello stato dei luoghi, oltre al risarcimento danni. ........... Con sentenza in data 7-2-2006 il Tribunale adito accoglieva la domanda attrice e, per l'effetto, dichiarava illegittime le opere di chiusura del porticato eseguite dal convenuto, condannando quest'ultimo al loro abbattimento e al ripristino dello stato dei luoghi........ Con sentenza in data 27-10-2011 la Corte di Appello di Salerno rigettava il gravame proposto avverso la predetta decisione da C.F., rilevando che non risultava dimostrata la dedotta proprietà dell'area in contestazione in capo al convenuto, nè per titolo nè per usucapione......La valutazione espressa dal giudice del gravame circa il mancato raggiungimento della prova della dedotta usucapione costituisce espressione di un apprezzamento in fatto che, in quanto sorretto da una motivazione sufficiente e immune da incongruenze logiche, si sottrae al sindacato di questa Corte, spettando solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova (Cass. 14-10-2010 n. 21224; Cass. 5-3-2007 n. 5066; Cass. 21-4-2006 n. 9368; Cass. 20-4-2006 n. 9234; Cass. 16-2-2006 n. 3436; Cass. 20-10- 2005 n. 20322).
Nessuna usucapione per un locale adibito a deposito cassoni acqua Cassazione civile , sez. VI-2, sentenza 02.08.2012 n° 13893 In virtù dell'art. 1158 del cod. civ. : deve trattarsi di un possesso continuo, ininterrotto, pacifico e pubblico; non occorre l'elemento soggettivo della buona fede, perché il possessore può anche essere in mala fede; deve comunque trattarsi di possesso e non di detenzione; deve trattarsi di un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale; non sono suscettibili di usucapione i diritti personali, e, quindi, non possono acquistarsi per usucapione i diritti inerenti alla qualità di socio di una cooperativa; occorre che il possesso si protragga ininterrottamente per venti anni e che sia accompagnato dall'intenzione di esercitare un potere sulla cosa, sia direttamente che tramite il detentore .... mancata produzione della prova di un possesso esclusivo del locale, essendo insufficienti quelle condotte (quali il deposito di scatole appartenenti ad un condomino) che sono manifestazioni di un uso da parte del compossessore non in contrasto con il concorrente diritto degli altri condomini di accedere al locale che, inoltre, era privo di serratura e, quindi, liberamente accessibile........ Impossibilità di estinzione del diritto di comproprietà per non uso in quanto non prevista la prescrizione del diritto di proprietà. D’altro canto la dismissione del sistema di approvvigionamento dell'acqua per mezzo dei cassoni non sta a significare che il locale avesse perso la sua funzione di ricovero di beni comuni.
Cassazione civile sez. II, sentenza 10.03.2011 n° 5733 Per l'usucapione della servitù di passaggio è necessario il requisito dell'apparenza ......il requisito dell'apparenza della servitù, necessario ai fini del relativo acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia (art. 1061 c.c.), si configura come presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio e rivelanti in modo non equivoco l'esistenza del peso gravante sul fondo servente, in modo da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di preciso onere a carattere stabile. Ne consegue che non è al riguardo sufficiente l'esistenza di una strada o di un percorso idonei allo scopo, essenziale viceversa essendo che essi mostrino di essere stati posti in essere al preciso fine di dare accesso attraverso il fondo preteso servente a quello preteso dominante e, pertanto, un quid pluris che dimostri la loro specifica destinazione all'esercizio della servitù" (vedi Cass., 11 febbraio 2009, n. 3389; Cass., 10 luglio 2007, n. 15447; Cass., 28 settembre 2006, n. 21087; Cass., 17 febbraio 2004, n. 2994).
E'
indispensabile un godimento esclusivo per l'usucapione di un bene condominiale
Cassazione, sezione seconda, 18 giugno 2007 n. 14171
«In materia di usucapione di beni in comunione, (la Corte) ha più volte
affermato che, ai fini della prova, non è sufficiente che gli altri
comproprietari si siano limitati ad astenersi dall'uso della cosa, né che
l'istante abbia compiuto atti di gestione consentiti al singolo proprietario
oppure atti che, comportando solo il soddisfacimento di obblighi o erogazioni di
spese per il miglior godimento della cosa comune ovvero per la sua manutenzione,
non possono dar luogo ad una estensione del possesso, occorrendo, per contro, la
prova che il comproprietario usucapente ne abbia goduto in modo inconciliabile
con la possibilità di godimento altrui, in modo tale, cioè, da evidenziare, al
di fuori di una possibile altrui tolleranza, una inequivoca volontà di possedere
il bene in via esclusiva, impedendo agli altri ogni atto di godimento o di
gestione». Violazioni ai limiti legali della proprietà e trascrizione
della domanda giudiziale Cassazione , SS.UU. civili, sentenza
12.06.2006 n° 13523 La domanda giudiziale intesa ad
ottenere il rispetto dei limiti legali della proprietà, in quanto diretta ad
interrompere l’usucapione d’un diritto di contenuto contrario ai limiti violati,
può essere trascritta ai sensi dell’articolo 2653 n. 5 Cc. Lo hanno stabilito
le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 13523 del 12 giugno 2006,
ricordando che soltanto mediante la trascrizione della domanda l’attore
potrà utilmente opporre la sentenza favorevole ottenuta nei confronti del
convenuto anche al terzo acquirente dal convenuto stesso con atto trascritto
successivamente alla trascrizione della domanda.
Cass. 15 novembre 2002, n. 16053; Cass. 7 giugno 2002, n. 8262), Usucapione di area di parcheggio condominiale: "la proprietà delle aree interne o circostanti ai fabbricati di nuova costruzione, su cui grava il vincolo pubblicistico di destinazione a parcheggio, può essere acquistata per usucapione, non comportandone tale vincolo indisponibilità, inalienabilità e incommerciabilità". Tale possesso utile ai fini di usucapione decorre in danno del proprietario dal momento dell'atto di acquisto, essendo soltanto a far tempo da esso possibile considerare distintamente il diritto dominicale (trasferito) e quello al parcheggio (non trasferito) sull'area destinata a parcheggio. E però, atteso che non è stata oggetto di censura la sentenza impugnata nella parte in cui la stessa ha riconosciuto l'usucapione abbreviata ex art. 1159 c.c. in favore degli appellanti, è stato riconosciuto configurabile, alla fattispecie, il profilo dell'usucapione decennale, ai sensi dell'art. 1159 c.c., in favore di colui che abbia acquistato, come nella specie, un'area di parcheggio asseritamente vincolata al diritto d'uso "ex lege".
Corte di Cassazione n. 9884/96, i negozi traslativi della proprietà non possono avere ad oggetto il trasferimento del possesso e che, pertanto, l'acquisto del diritto di proprietà "per effetto della usucapione, per poter essere fatto valere, e quindi costituire il possibile oggetto di un eventuale contratto di compravendita, deve essere prima accertato e dichiarato nei modi di legge".
Il
partecipante alla comunione può usucapire l'altrui quota indivisa del bene
comune senza necessità di interversio possessionis ma attraverso l'estensione
del possesso medesimo in termini di esclusività; a tal fine si richiede,
tuttavia, che tale mutamento del titolo (art. 1102, 2º comma, c.c.) si concreti
in atti integranti un comportamento durevole, tali da evidenziare un possesso
esclusivo ed animo domini della cosa incompatibili con il permanere del
compossesso altrui sulla stessa e non soltanto in atti di gestione della cosa
comune consentiti al singolo compartecipante o anche atti familiarmente
tollerati dagli altri (art. 1141 c.c.) o ancora atti che, comportando solo il
soddisfacimento di obblighi o erogazione di spese per il miglior godimento della
cosa comune, non possono dar luogo a una estensione del potere di fatto sulla
cosa nella sfera di altro compossessore.
Cass., 23-10-1990, n. 10294
In
tema di comunione, non essendo ipotizzabile un mutamento della detenzione in
possesso, né una interversione del possesso nei rapporti tra i comproprietari,
ai fini della decorrenza del termine per l'usucapione è idoneo soltanto un atto
(o un comportamento) il cui compimento da parte di uno dei comproprietari
realizzi, per un verso, l'impossibilità assoluta per gli altri partecipanti di
proseguire un rapporto materiale con il bene e, per altro verso, denoti
inequivocabilmente l'intenzione di possedere il bene in maniera esclusiva, per cui
ove possa sussistere un ragionevole dubbio sul significato dell'atto materiale,
il termine per l'usucapione non può cominciare a decorrere ove agli altri
partecipanti non sia stata comunicata, anche con modalità non formale, la
volontà di possedere in via esclusiva.
Cass., 09-04-1990, n. 2944
Anche
una parte comune dell'edificio condominiale, ove sia suscettibile di possesso
esclusivo, può essere oggetto di usucapione in favore di taluno dei condomini,
e quindi sottratta al regime della comunione, purché l'utilizzazione da parte
di un compartecipante sia tale da determinare un mutamento del titolo del
possesso, in presenza di atti integranti un comportamento durevole; tali da
evidenziare un possesso esclusivo ed animo domini sulla cosa, incompatibile con
il permanere del compossesso altrui.
Cass., 25-05-1984, n. 3236
Allorché
i condomini abbiano deliberato il godimento frazionato della cosa comune,
affinché uno dei comunisti possa invocare la usucapione della quota
assegnatagli, pur non occorrendo la formale interversione del possesso, è
necessario che ponga in essere un comportamento (quale, ad esempio, il mutamento
di destinazione) diretto ad evidenziare la volontà di sottrarsi all'accordo
originario.
TRIB - T. Napoli, 30-03-1984
Il
godimento di una porzione comune dell'edificio da parte del singolo condomino
(nella specie: di un terrazzo di copertura da parte del proprietario
dell'appartamento dell'ultimo piano) può integrare possesso idoneo all'acquisto
per usucapione della porzione medesima solo quando presenti connotati di
esclusività ed incompatibilità con il compossesso degli altri partecipanti, e
non anche, pertanto, per il mero fatto che si traduca in un'utilizzazione di
detto bene più intensa o di diversa da quella praticata dagli altri condomini
(nella specie: avendo il suddetto proprietario dell'attico portato luce ed acqua
sul terrazzo, mediante collegamento con le proprie utenze).
Cass., 25-05-1984, n. 3236
I
condomini possono opporsi alla sopraelevazione eseguita dal condomino
dell'ultimo piano sul suo terrazzo a livello, o lastrico solare, che pregiudica
le caratteristiche architettoniche dell'edificio e, se eseguita, ne possono
chiedere la riduzione in pristino e il risarcimento del danno; ma la relativa
azione, posta a tutela dei proprietari esclusivi del piano sottostante,
comproprietari delle parti comuni, è soggetta a prescrizione ventennale, perché
il diritto soggettivo reale del condomino a far valere la non alterazione del
decoro architettonico, è disponibile e si prescrive per mancato esercizio
ventennale, sì che il condomino che ha sopraelevato in violazione dell'obbligo
di cui al 3º comma dell'art. 1127 c.c. acquista, per usucapione, il diritto a
mantenere la costruzione così come l'ha realizzata, diversamente dal caso in
cui con essa comprometta le condizioni statiche dell'edificio, perché in questo
caso non vi è un limite al suo diritto di sopraelevare, ma manca il presupposto
stesso della sua esistenza, e perciò la relativa azione di accertamento
negativo è imprescrittibile.
Cass., sez. II, 19-10-1998, n. 10334
In
tema di condominio di edifici, il condomino che pretenda l'appartenenza
esclusiva di un bene indicato nell'art. 1117 c.c., deve fornire la prova della
sua asserita proprietà esclusiva derivante da titolo contrario consistente in
un negozio o nell'usucapione.
Cass., sez. II, 09-11-1998, n. 11268
La
legittimazione ad agire dell'amministratore del condominio nel caso di azioni
reali concernenti l'esistenza, il contenuto o l'estensione dei diritti spettanti
ai singoli condomini in virtù dei rispettivi acquisti - diritti che restano
nell'esclusiva disponibilità dei titolari - può trovare fondamento soltanto
nel mandato conferito all'amministratore da ciascuno dei partecipanti e non nel
meccanismo deliberativo dell'assemblea condominiale, ad eccezione delle
equivalenti ipotesi di una unanime positiva deliberazione di tutti i condomini
(fattispecie di domanda riconvenzionale di accertamento dell'acquisto per
usucapione da parte del condominio di un bene rivendicato da un terzo).
Cass., sez. II, 29-08-1997, n. 8246
E'
ammissibile l'usucapione della proprietà pro quota di un bene indiviso non
postulando tale modo d'acquisto un possesso esclusivo, onde non ricorrere
un'ipotesi di litisconsorzio necessario fra tutti i comproprietari pro indiviso
nel caso di domanda di accertamento dell'intervenuta usucapione proposta nei
confronti di alcuni soltanto di essi per le relative quote (nella specie la
suprema corte ha ritenuto che non ricorresse la necessità di integrare il
contraddittorio in appello in caso di rinuncia da parte dell'attore
all'originaria domanda di accertamento dell'usucapione nei confronti di uno
soltanto di comproprietari pro indiviso).
Cass., sez. II, 01-10-1997, n. 9557
Le
aperture lucifere che si trovano all'interno di un edificio condominiale o
comunque all'interno di un complesso immobiliare integrante una proprietà
condominiale, a differenza di quelle che si aprono sul fondo aperto altrui, sono
prive di quella connotazione di precarietà e di mera tolleranza che
caratterizza le luci contemplate negli art. 901-904 c.c., con la conseguenza che
esse sono sottratte alla disciplina di tali norme e che in ordine ad esse è
ipotizzabile, in favore di chi ne beneficia, la possibilità di acquisto della
relativa servitù per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.
Cass., sez. II, 01-12-1997, n. 12125
Il
singolo comunista ove intenda espandere in via esclusiva il possesso sul bene,
pur non dovendo necessariamente compiere gli atti di interversio possessionis
previsti dagli art. 1141, 1164 c.c., rispettivamente per il mutamento della
detenzione in possesso e di un diritto reale su cosa altrui in possesso
corrispondente all'esercizio della proprietà, deve tuttavia porre in essere un
comportamento durevole idoneo ad evidenziare il possesso esclusivo ed animo
domini sulla cosa, incompatibile con il permanere di quello altrui.
Cass., sez. II, 26-11-1997, n. 11842
Nel
caso in cui la domanda sia diretta all'accertamento della proprietà comune di
un bene (nella specie, autorimessa condominiale) e alcuni condomini eccepiscano
in via riconvenzionale di esserne proprietari esclusivi in base ai titoli ovvero
per intervenuta usucapione, si configura una ipotesi di litisconsorzio
necessario e il contraddittorio deve essere integrato nei confronti di tutti i
comproprietari dello stabile, essendo dedotto in giudizio un rapporto
plurisoggettivo unico ed inscindibile, con la conseguenza che la sentenza,
implicando un accertamento in ordine a titoli di proprietà confliggenti fra
loro, non può conseguire un risultato utile se non pronunciata nei confronti di
tutti i partecipanti al condominio.
Cass., sez. II, 21-08-1996, n. 7705
Il
comproprietario può usucapire la proprietà esclusiva della cosa comune solo
possedendola, animo domini, per il tempo necessario, in modo inconciliabile con
la possibilità di fatto di un godimento comune, come nel caso in cui la cosa
venga attratta nella sua sfera di materiale ed esclusiva disponibilità mediante
una attività che valga, comunque, ad escludere il concorrente compossesso degli
altri comproprietari.
Cass., sez. II, 23-05-1995, n. 5640
La
disposizione dell'art. 1102, 2º comma, c.c., secondo la quale il partecipante
alla comunione non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno
degli altri se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso
impedisce al compossessore che abbia utilizzato la cosa comune oltre i limiti
della propria quota non solo l'usucapione ma anche la tutela possessoria del
potere di fatto esercitato fino a quando questo non si riveli incompatibile con
l'altrui possesso.
Cass., sez. II, 25-11-1995, n. 12231
Il
principio secondo cui la domanda diretta all'accertamento dell'usucapione di un
bene richiede la presenza in causa di tutti i comproprietari in danno dei quali
l'usucapione si sarebbe verificata (art. 102 c.p.c.) non trova applicazione nel
caso in cui l'usucapione abbia ad oggetto un immobile del quale più persone
siano proprietarie di parti fisicamente ben individuate.
Cass., sez. II, 18-02-1995, n. 1800
Poiché
l'uso della cosa comune è sottoposto dall'art. 1102 c.c. ai due limiti
fondamentali consistenti nel divieto per ciascun partecipante di alterarne la
destinazione e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso
secondo il loro diritto, esso non può estendersi alla occupazione di una parte
del bene comune, tale da portare, nel concorso degli altri requisiti di legge,
alla usucapione della parte occupata.
Cass., sez. II, 14-12-1994, n. 10699
La
domanda diretta all'accertamento della usucapione di un bene richiede la
presenza in causa di tutti i comproprietari in danno dei quali l'usucapione si
sarebbe verificata perché comporta l'accertamento di una situazione giuridica
(usucapione e proprietà esclusiva) confliggente con quella preesistente
(comproprietà degli altri) della quale il giudice può solo conoscere in
contraddittorio di tutti gli interessati.
Cass.,
sez. II, 08-06-1994, n. 5559
L'art.
1164
c.c. regolando la sola ipotesi che taluno abbia inizialmente esercitato un
possesso corrispondente ad un diritto reale su cosa altrui non è applicabile al
caso in cui sin dall'origine il possesso si sia estrinsecato in un'attività
corrispondente ad un diritto di proprietà o di comproprietà; pertanto, non
essendo necessario alcun atto di interversione dell'usucapione della comproprietà
di un cortile da parte di colui che, pur essendo titolare di una servitù di
passaggio sul medesimo, assuma di non essersi mai limitato ad esercitare questo
solo diritto, ma di essersi sempre comportato sin dall'inizio del possesso
rispetto a quel bene come condomino, erroneamente i giudici di merito
disattendono la prova testimoniale a tal proposito dedotta, pur riconoscendo che
essa ha ad oggetto comportamenti tipici di colui che ha sul bene un diritto di
proprietà o di comproprietà.
Cass., sez. II, 24-09-1994, n. 7846
Con
riguardo ad un cortile comune a più fabbricati ma in possesso di un solo
condomino, il giudizio contro di questi promosso da altro condomino per sentirsi
riconoscere condomino del cortile stesso per una quota pari alla metà, nel
quale sia invocata dal convenuto, in via riconvenzionale, la verificatasi
usucapione dell'intero immobile in suo favore, deve essere svolto nei confronti
di tutti i proprietari dei fabbricati circostanti sussistendo una situazione di
litisconsorzio necessario in ragione dell'unità ed inscindibilità del rapporto
plurisoggettivo su cui deve incidere la richiesta pronuncia giudiziale.
Cass. , sez. II, 24-08-1991, n. 9092
La
mancata partecipazione al negozio costitutivo di una servitù di taluno dei
comproprietari di un fondo indiviso non priva l'atto di effetti giuridici atteso
che nel caso di servitù attiva la stipulazione effettuata dagli altri condomini
è valida ed efficace anche nei confronti dell'assente, in quanto con il
contratto a favore di terzo può essere attribuito a quest'ultimo anche uno jus
in re aliena; mentre nel caso di servitù passiva, la concessione vincola il
proprietario concedente ai sensi dell'art. 1059 c.c., e la servitù resta
definitivamente costituita quando si verifichi l'adesione degli altri condomini
o maturi, nei casi consentiti, l'usucapione ovvero vengano acquisite dal
condomino concedente anche le quote degli altri condomini.
Cass. , sez. II, 27-01-1992, n. 855
Con
riguardo ad un cortile comune a più fabbricati ma in possesso di un solo
condomino, il giudizio contro di questi promosso da altro condomino per sentirsi
riconoscere condomino del cortile stesso per una quota pari alla metà, nel
quale sia invocata dal convenuto, in via riconvenzionale, la verificatasi
usucapione dell'intero immobile in suo favore, deve essere svolto nei confronti
di tutti i proprietari dei fabbricati circostanti sussistendo una situazione di
litisconsorzio necessario in ragione dell'unità ed inscindibilità del rapporto
plurisoggettivo su cui deve incidere la richiesta pronuncia giudiziale.
Cass., 24-08-1991, n. 9092
Il
partecipante alla comunione può usucapire l'altrui quota indivisa del bene
comune senza necessità di interversio possessionis ma attraverso l'estensione
del possesso medesimo in termini di esclusività; a tal fine si richiede,
tuttavia, che tale mutamento del titolo (art. 1102, 2º comma, c.c.) si concreti
in atti integranti un comportamento durevole, tali da evidenziare un possesso
esclusivo ed animo domini della cosa incompatibili con il permanere del
compossesso altrui sulla stessa e non soltanto in atti di gestione della cosa
comune consentiti al singolo compartecipante o anche atti familiarmente
tollerati dagli altri (art. 1141 c.c.) o ancora atti che, comportando solo il
soddisfacimento di obblighi o erogazione di spese per il miglior godimento della
cosa comune, non possono dar luogo a una estensione del potere di fatto sulla
cosa nella sfera di altro compossessore.
Cass., 23-10-1990, n. 10294
La
comunione di una strada la cui nascita derivi ex collatione privatorum agrorum
in base ai fatti obiettivi del distacco del sedime dal terreno dei fondi
latistanti, nonché del suo conferimento allo scopo di dare accesso ai fondi
medesimi, non può cessare di esistere per il solo venir meno dell'indicata
destinazione, o per non uso, essendo a tal fine necessario, come per ogni altra
comunione, una pronuncia dell'autorità giudiziaria o una convenzione tra i
comunisti o l'acquisto per usucapione ad opera di uno o più dei proprietari dei
predetti fondi.
Cass., 10-04-1990, n. 2995
Il
partecipante alla comunione può usucapire l'altrui quota indivisa del bene
comune senza necessità di interversio possessionis, ma attraverso l'estensione
del possesso medesimo in termini di esclusività; a tal fine si richiede,
tuttavia, che tale mutamento del titolo (art. 1102, 2º comma, c.c.) si concreti
in atti integranti un comportamento durevole, tali da evidenziare un possesso
esclusivo ed animo domini della cosa incompatibili con il permanere del
compossesso altrui sulla stessa e non soltanto in atti di gestione della cosa
comune consentiti al singolo compartecipante o anche atti familiarmente
tollerati dagli altri (art. 1141 c.c.) o ancora atti che, comportando solo il
soddisfacimento di obblighi o erogazione di spese per il miglior godimento della
cosa comune, non possono dar luogo a una estensione del potere di fatto sulla
cosa nella sfera di altro compossessore.
Cass., 23-10-1990, n. 10294
In
tema di comunione, non essendo ipotizzabile un mutamento della detenzione in
possesso, né una interversione del possesso nei rapporti tra i comproprietari,
ai fini della decorrenza del termine per l'usucapione è idoneo soltanto un atto
(o un comportamento) il cui compimento da parte di uno dei comproprietari
realizzi, per un verso, l'impossibilità assoluta per gli altri partecipanti di
proseguire un rapporto materiale con il bene e, per altro verso, denoti
inequivocamente l'intenzione di possedere il bene in maniera esclusiva, per cui
ove possa sussistere un ragionevole dubbio sul significato dell'atto materiale,
il termine per l'usucapione non può cominciare a decorrere ove agli altri
partecipanti non sia stata comunicata, anche con modalità non formale, la
volontà di possedere in via esclusiva.
Cass., 09-04-1990, n. 2944
Poiché
la domanda diretta ad accertare l'avvenuta usucapione di un bene comune richiede
la presenza in causa di tutti i comproprietari in danno dei quali l'usucapione
si sarebbe verificata, nel caso di tempestiva impugnazione della relativa
sentenza di accoglimento proposta da uno solo di essi il giudice di appello deve
disporre l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 331 c.p.c. nei
confronti degli altri comproprietari non appellanti che citati in integrazione
sono abilitati anche a proporre impugnazione incidentale tardiva ai sensi
dell'art. 334 c.p.c., restando, anche in caso di contumacia, parti nel giudizio
di appello ritualmente instaurato dal loro litisconsorte, senza che possa
ritenersi passata in giudicato nei loro confronti la sentenza di primo grado.
Cass., 14-03-1988, n. 2438
Nel
caso in cui, in un edificio condominiale, il contatore dell'energia elettrica di
una delle unità immobiliari di proprietà esclusiva di uno dei condomini, si
trovi installato su una porzione di pianerottolo di proprietà esclusiva di
altro condomino, con la conseguente facoltà accessoria, per il primo, di
accedere a tale spazio sia per le verifiche periodiche, sia per la riattivazione
dell'apparecchio in caso di interruzione, si ha una servitù con i caratteri
dell'apparenza suscettibile di costituzione per destinazione del padre di
famiglia, oltre che di acquisto per usucapione, e il cui possesso è tutelabile
con le azioni possessorie in caso di altrui spoglio o di turbativa.
Cass., 15-04-1987, n. 3723
Il
sottotetto di un edificio, quando assolve l'esclusiva funzione di isolare i vani
dell'alloggio ad esso sottostanti, si pone in rapporto di dipendenza con i vani
stessi cui serve da protezione e non può essere, pertanto, da questi ultimi
separato senza che si verifichi l'alterazione del rapporto di complementarietà
dell'insieme; conseguentemente, non essendo in tale ipotesi il sottotetto idoneo
a essere utilizzato separatamente dall'alloggio sottostante cui accede, non è
configurabile il possesso ad usucapionem dello stesso da parte del proprietario
di altra unità immobiliare.
Cass., 08-08-1986, n. 4970
La
presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c.c. postula la destinazione delle
cose elencate in tale norma al godimento od al servizio del condominio, mentre
viene meno allorché si tratti di un bene dotato di propria autonomia ed
indipendenza e pertanto non legato da una destinazione di servizio rispetto
all'edificio condominiale; tale presunzione, che è juris tantum, può essere
vinta dal titolo contrario, con ciò intendendosi non solo l'ipotesi in cui il
titolo convenzionale che dà luogo alla nascita del condominio includa,
espressamente od implicitamente, un dato bene nell'ambito della proprietà
esclusiva di uno dei condomini, ma anche l'ipotesi in cui, all'atto del
frazionamento dell'edificio, un dato bene, sia pur rientrante nell'ambito di
quelli elencati nell'art. 1117 c.c., abbia una sua specifica destinazione a
servizio di un appartamento in proprietà esclusiva, ovvero sia stato posseduto
in via esclusiva da uno dei condomini (o da terzi), per il tempo necessario
all'usucapione.
Cass., 08-08-1986, n. 4987
L'illegittima
costruzione in appoggio al muro perimetrale dell'edificio condominiale, eseguita
dal condomino che sia anche proprietario esclusivo del suolo adiacente a detto
muro, può dar luogo alla costituzione per usucapione di una servitù a favore
del fondo di proprietà esclusiva ed a carico di quello di proprietà
condominiale e, comportando un uso della cosa comune in violazione dell'art.
1102 c.c., costituisce una lesione del diritto di proprietà degli altri
condomini, la quale, salvi gli effetti dell'usucapione, è perseguibile senza
limiti temporali quanto al diritto di ottenere la rimozione dell'opera
illegittima, mentre il diritto al risarcimento del danno, conseguendo ad un
illecito permanente, dato dall'iniziale comportamento lesivo e dalla successiva
omessa eliminazione della situazione illegittima, soggiace a prescrizione pro
rata temporis.
Cass., 13-08-1985, n. 4427
Il
comproprietario che abbia l'autonomo godimento del bene comune, per poterne
utilmente invocare l'usucapione, deve dimostrare di avere usato detto bene,
avendone il possesso esclusivo, inteso questo come costituito sia dal corpus che
dall'animus, oltre la quota in relazione alla quale, nei limiti del suo diritto,
tale possesso si presume, ovvero, qualora abbia successivamente esteso il
proprio diritto, deve provare di avere, da un determinato momento, sostituito
all'originario godimento uti condominus quello animo domini e di avere, quindi,
esercitato il relativo possesso esclusivo per tutto il periodo richiesto ai fini
della usucapione.
Cass., 18-08-1986, n. 5079
Il
sottotetto di un edificio quando assolve la esclusiva funzione di isolare i vani
dell'alloggio ad esso sottostanti si pone in rapporto di dipendenza con i vani
stessi cui serve da protezione e non può essere, pertanto, da questi ultimi
separato senza che si verifichi l'alterazione del rapporto di complementarietà
dell'insieme; conseguentemente, non essendo in tale ipotesi il sottotetto idoneo
a essere utilizzato separatamente dall'alloggio sottostante cui accede, non è
configurabile il possesso ad usucapionem dello stesso da parte del proprietario
di altra unità immobiliare.
Cass., 08-08-1986, n. 4970
Anche
una parte comune dell'edificio condominiale, ove sia suscettibile di possesso
esclusivo, può essere oggetto di usucapione in favore di taluno dei condomini,
e quindi sottratta al regime della comunione, purché l'utilizzazione da parte
di un compartecipante sia tale da determinare un mutamento del titolo del
possesso, in presenza di atti integranti un comportamento durevole; tali da
evidenziare un possesso esclusivo ed animo domini sulla cosa, incompatibile con
il permanere del compossesso altrui.
Cass., 25-05-1984, n. 3236
L'illegittima
costruzione in appoggio al muro perimetrale dell'edificio condominiale, eseguita
dal condomino che sia anche proprietario esclusivo del suolo adiacente a detto
muro, può dar luogo alla costituzione per usucapione di una servitù a favore
del fondo di proprietà esclusiva ed a carico di quello di proprietà
condominiale e, comportando un uso della cosa comune in violazione dell'art.
1102 c.c., costituisce una lesione del diritto di proprietà degli altri
condomini, la quale, salvi gli effetti dell'usucapione, è perseguibile senza
limiti temporali quanto al diritto di ottenere la rimozione dell'opera
illegittima, mentre il diritto al risarcimento del danno, conseguendo ad un
illecito permanente, dato all'iniziale comportamento lesivo e dalla successiva
omessa eliminazione della situazione illegittima, soggiace a prescrizione pro
rata temporis.
Cass., 13-08-1985, n. 4427
Il
godimento di una porzione comune dell'edificio da parte del singolo condomino
(nella specie: di un terrazzo di copertura da parte del proprietario
dell'appartamento dell'ultimo piano) può integrare possesso idoneo all'acquisto
per usucapione della porzione medesima solo quando presenti connotati di
esclusività ed incompatibilità con il compossesso degli altri partecipanti, e
non anche, pertanto, per il mero fatto che si traduca in un'utilizzazione di
detto bene più intensa o di diversa da quella praticata dagli altri condomini
(nella specie: avendo il suddetto proprietario dell'attico portato luce ed acqua
sul terrazzo, mediante collegamento con le proprie utenze).
Cass., 25-05-1984, n. 3236
La
separazione di condominî, deliberata nel presupposto di una autonomia
strutturale delle parti del complesso edilizio costituente oggetto di un
originario condominio unico, ma non accompagnata da comportamenti incidenti sul
possesso, non toglie rilevanza, anche agli effetti dell'usucapione, al
preesistente possesso delle cose comuni esercitato da un condomino mediante
l'unificazione di più appartamenti contigui che a seguito della separazione si
trovano ricompresi in condominî diversi.
Cass., 07-08-1982, n. 4439
Al
fine di dichiarare a chi spetti la proprietà di un locale, facente parte di un
edificio condominiale ma situato al disotto del pianterreno, è necessario
accertare in primo luogo se la proprietà esclusiva non spetti ad un condomino
in base al titolo d'acquisto; quindi se, tacendo il titolo, non si sia
verificata in suo favore l'usucapione; infine, se il locale risulti
obiettivamente destinato all'uso e al godimento comune ovvero a quello esclusivo
di uno dei condomini (nella specie: è stata cassata la sentenza di merito che
aveva omesso l'indagine su quest'ultimo punto in presenza di locali cui poteva
accedersi soltanto attraverso due botole aperte sul pavimento del magazzino
soprastante di proprietà esclusiva di un condomino).
Cass., 04-03-1983, n. 1632
Il
godimento del bene comune può essere invocato dal comproprietario al fine
dell'usucapione della proprietà dello stesso solo quando si traduca in un suo
possesso di tipo esclusivo, con riguardo sia al corpus sia all'animus,
incompatibile con la possibilità degli altri condomini di far uso del bene
medesimo.
Cass., 16-07-1983, n. 4908
Dato
il valore di atto ricognitivo dello scioglimento del condominio di edificio,
secondo la previsione degli art. 61 e 62 disp. att. c.c., con la costituzione di
condominii separati per le parti di detto edificio che presentino i connotati di
autonomi e distinti edifici, il singolo condomino, il quale proprietario di più
appartamenti, ricadenti, per l'avvenuto scioglimento in edifici distinti, li
abbia unificati (abbattendo un muro divisorio) prima dello scioglimento stesso,
può ritenersi obbligato alla separazione degli appartamenti medesimi, ovvero
autore di un'indebita imposizione di servitù, per il fatto di continuare ad
utilizzare determinate cose comuni di ciascun distinto edificio per l'intera sua
proprietà esclusiva, salvo che ricorra la dimostrazione dell'insussistenza
della distinzione degli edifici, e la ricorrenza, in realtà, di un unico
edificio; peraltro, qualora manchi tale dimostrazione, sicché debba ritenersi
che si tratti di edifici effettivamente distinti, con conseguente legittimità
dello scioglimento dell'unico condominio e della costituzione di condominii
separati, l'unificazione degli appartamenti, in data anteriore allo scioglimento
stesso, implica il protrarsi di una situazione possessoria iniziata con buona
fede, ed in forza di titolo astrattamente idoneo all'acquisto del diritto reale,
anche ai fini dell'usucapione decennale.
Cass., 07-08-1982, n. 4439
Il
sottotetto di edificio condominiale sia quando assolve ad una esclusiva funzione
isolante, a protezione dell'ultimo piano, costituendo pertinenza e, quindi,
parte integrante dello stesso, sia, ove adempia anche ad altre funzioni, ovvero
abbia dimensioni e caratteristiche tali da consentirne l'utilizzazione come vano
autonomo, la cui appartenenza va determinata solo in base ad un titolo, può
considerarsi di proprietà comune se, per caratteristiche strutturali e
funzionali, risulti, sia pure in via potenziale, oggettivamente destinato
all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune, non essendo
all'uopo sufficiente che i condomini ne usufruiscano in concreto per i più
svariati usi, in quanto ciò può unicamente comportare l'acquisizione del
"sottotetto" al condominio per usucapione.
Cass., 05-04-1982, n. 2090
In
tema di condominio negli edifici, al rapporto di proprietà condominiale sulle
parti comuni ex art. 1117 c.c., quali devono considerarsi sia quelle aventi
attitudine oggettiva al servizio o al godimento collettivo, sia quelle definite
tali nel titolo, ben può sostituirsi in base ad un titolo ad hoc, ove la natura
della cosa lo consenta, un rapporto di proprietà esclusiva ovvero pertinenziale
con una parte di immobile appartenente al singolo condomino (nella specie: in
cui si trattava di una porzione di edificio condominiale pattiziamente destinata
all'uso comune, ma in concreto incorporata nell'appartamento di un condomino, il
supremo collegio, enunciando il surriportato principio, ha ritenuto che
legittimamente il giudice del merito aveva dato ingresso all'eccezione di
usucapione della porzione in questione, sollevata da tale condomino per
resistere alla domanda con cui gli altri condomini ne invocavano la condanna
all'esecuzione della predetta pattuizione).
Cass., 29-03-1982, n. 1947
L'uso
della cosa comune da parte del singolo condomino non può estendersi alla
occupazione permanente di una parte del bene comune, tale che, nel concorso
degli altri requisiti di legge, possa portare alla usucapione della parte
occupata.
Cass., 05-02-1982, n. 663
Il
litisconsorzio necessario presuppone che oggetto della decisione sia una
situazione plurisoggettiva inscindibile attuale e pertanto non è configurabile
per il fatto che la pronuncia debba prendere in considerazione una situazione
plurisoggettiva unica pregressa e non più esistente; consegue che, ove si
controverta tra il proprietario attuale di un immobile ed il possessore attuale
di esso (già comproprietario con altri soggetti del bene) sull'intervenuta
usucapione o meno in favore di quest'ultimo, non ricorre un'ipotesi di
litisconsorzio necessario nei confronti di precedenti comproprietari, nei
riguardi dei quali la decisione non può avere effetti, riguardando la
definizione di una situazione interessante solo le parti in causa.
Cass., 27-04-1982, n. 2622
Il
principio secondo cui le azioni di revindica e di accertamento di diritti reali
immobiliari non danno luogo a litisconsorzio necessario nei confronti di tutti
coloro che compossiedono e vantano la comunione del diritto preteso dall'atto,
non si applica quando l'azione, soltanto apparentemente diretta all'attuazione
di un obbligo ovvero ad un mero accertamento, comporta la necessità di una
pronuncia su uno status che si presenta concettualmente unico rispetto a tutti i
comproprietari; pertanto, la domanda diretta a far accertare l'avvenuta
usucapione di un bene richiede la presenza in causa di tutti i comproprietari in
danno dei quali l'usucapione si sarebbe verificata, poiché, in tal ipotesi,
risulta dedotta una situazione giuridica (usucapione e proprietà esclusiva)
confliggente con quella preesistente (comproprietà) della quale il giudice non
può conoscere se non in contraddittorio di tutti gli interessati.
Cass., 04-12-1982, n. 6606
Il
comproprietario che abbia l'autonomo godimento del bene comune, per poterne
utilmente invocare l'usucapione, deve dimostrare di avere usato detto bene,
avendone il possesso esclusivo, inteso questo come costituito sia dal corpus che
dall'animus, oltre la quota in relazione alla quale, nei limiti del suo diritto,
tale possesso si presume, ovvero, qualora abbia successivamente esteso il
proprio diritto, deve provare di avere, da un determinato momento, sostituito
all'originario godimento uti condominus quello animo domini.
Cass., 16-12-1981, n. 6669
L'azione,
con la quale il condomino di un edificio chiede la rimozione di opere, che altro
condomino abbia effettuato sulla cosa comune in violazione della disciplina
dettata dagli art. 1102, 1120 e 1122 c.c., ha natura reale, e, pertanto, non è
suscettibile di prescrizione, salvi gli effetti di eventuale usucapione in
favore del predetto convenuto (art. 1164 c.c., in relazione all'art. 1102 2º
comma c.c.).
Cass., 16-03-1981, n. 1455
La
mancata partecipazione al negozio costitutivo di una servitù di taluno dei
comproprietari di un fondo indiviso non priva l'atto di effetti giuridici; se,
infatti, trattasi di servitù attiva, la stipulazione effettuata dagli altri
condomini, è valida ed efficace anche nei confronti dell'assente, in quanto,
con il contratto a favore di terzo, può essere attribuito a quest'ultimo anche
un ius in re aliena; se, invece, si tratta di servitù passiva, la concessione
vincola il proprietario concedente, ai sensi dell'art. 1059 c.c., e la servitù
resta definitivamente costituita quando si verifichi l'adesione degli altri
condomini, o maturi, nei casi consentiti, l'usucapione, ovvero vengano acquisite
dal condomino concedente anche le quote degli altri condomini.
Cass., 16-07-1981, n. 4643