Per chi commetta reati di violenza privata e lesioni, applicabile il divieto di dimora, quindi allontanabili da casa i vicini violenti.
 

Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, sentenza n. 38101/2006 (Presidente: B. Foscarini; Relatore: A. Nappi)

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE V PENALE

SENTENZA

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’ordinanza impugnata il tribunale di Napoli in accoglimento dell’appello de libertate [1] proposto dal PM ha applicato la misura cautelare del divieto di dimora nella via Riviera di Chiaia di Napoli

ad A.D., G.P., B.P., B.P. e A.C., persone sottoposte a indagini per violenza privata e lesioni personali ai danni di G., G. ed E. G..

Hanno ritenuto i giudici del merito, quanto al presupposto probatorio della misura, che le dichiarazioni della persona offesa G.G. sono attendibili, perché corroborate da documentazione sanitaria e deposizioni testimoniali; e quanto al presupposto cautelare della misura che la violenta aggressività dimostrata in passato dagli indagati giustifica la previsione di una reiterazione delle loro condotte, originate da contrasti con i propri inquilini abitanti nel medesimo stabile, sicché la sola misura adeguata a prevenire un tale pericolo è quella del loro allontanamento dall’alloggio.

Ricorrono per cassazione A.D., G.P., B.P., e A.C., che propongono due motivi di impugnazione.

Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione dell’art. 292 co. 2 ter c.p.p., per l’omessa considerazione degli elementi di prova a difesa, ed errore di valutazione delle dichiarazioni di G.G., poste a fondamento di una ricostruzione unilaterale della vicenda, essendo mancata l’acquisizione e la valutazione degli elementi di prova forniti dagli indagati, dai quali risultavano le lesioni che essi avevano subito nelle liti con gli inquilini e l’inattendibilità delle insinuazioni della querelante circa il loro intento di indurla ad abbandonare l’alloggio condotto in locazione.

Con il secondo motivo i ricorrenti deducono violazione dell’art. 192 co. 4 c.p.p., sostenendo che le dichiarazioni della querelante dovevano essere valutate come provenienti da un imputato di reato connesso, in quanto accusato di aggressioni ai danni dei P.

Il ricorso è infondato quanto alla denuncia di violazione dell’art. 292 c.p.p., perché i giudici del merito hanno preso in esame le preesistenti denunce reciproche tra le parti; è inammissibile per violazione dell’art. 606 co. 1 c.p.p. quanto alle deduzione dell’erronea e illegittima valutazione delle dichiarazioni della querelante G.G., plausibilmente valutata attendibile in una prospettiva di ricostruzione della vicenda che considera pretestuose le recriminazioni dei P. intenzionati a liberarsi dei fastidiosi inquilini G.

Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti ne deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento, secondo un formula giurisprudenziale ricorrente (Cass., sez. V, 30 nov. 1999, Moro, m. 215745, Cass., sez. II, 21 dic. 1993, Modesto, m. 196955).

P.Q.M.

La corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del procedimento.

Roma, 12 ott. 2006.

 

Depositata in Cancelleria il 20 dicembre 2006.